
Va’ che stile
Mi ricordo abbastanza bene quando – per mancanza di famigliarità con e di comprensione per un linguaggio che si stava evolvendo velocemente, o per sminuire, o anche solo per descrivere banalmente tramite raffronto – quasi tutti ci si divertiva a usare la similitudine cinematografica per raccontare la serialità televisiva. Quella serie tv è un film lungo 13 ore, diceva il Fabrizio che c’è in ognuno di noi per risparmiare tempo, comunque fornendo una certa idea di massima sulla faccenda. Però è come se qualcuno ti chiedesse di spiegare cos’è una gamba, e tu gli dicessi che è tipo un braccio più lungo, più forte e con un pollice diverso; anche più caruccio volendo, ma meno utile. C’è della pigrizia. E con altrettanta ma speculare pigrizia (la pigrizia oscura) ho scoperto che l’unica tesi plausibile per spiegare ‘sta baracconata di regime di Gunpowder Milkshake è la seguente: quel film qui è una serie tv lunga due ore. Perfino la colonna sonora – un tormentone ribattuto su ralenti più o meno (meno) eroici – è la sigla di una serie tv. E la maggior parte delle scene senza azione sono girate con la pacatezza dei NELLE PUNTATE PRECEDENTI di una telenovela sudamericana, ma di quelle super raffinate che in colonna sonora hanno solo stralci di canzoni spiegone che ti raccontano quello che è appena successo. Poi ci sono anche delle cose simpatiche in Gunpowder Milkshake, eh. Che è da leggere come un’affermazione, credo, abbastanza oggettiva; non come la proverbiale fallacia retorica del Musso ha fatto anche cose Linì gnègnègnè. Però ci tenevo a sturare il discorso su questo film con la cosa che più mi ha mandato ai matti: hanno evidentemente raccolto idee per una serie tv, poi l’hanno riassunta in due ore (DUE ORE, anatema su voi) e quindi l’hanno impacchettata nella confezione dei film. Sono pazzeschi. La gente è pazzesca. Sigla.

Evviva i micetti
La trama di Gunpowder Milkshake è un costosissimo TED Talk intitolato Come complicare inutilmente la storia più semplice del mondo. La base di partenza è: caso vuole che Sempronia uccida per autodifesa Tizio sconosciuto, ma Tizio è anche figlio di un Caio molto potente che giura vendetta; di mezzo ci stanno un sacco di Cosi più o meno utili alla vicenda, succedono un sacco di botte e fracasso e zuffe con armi da fuoco. La fine. Bello dritto come un fuso, la storia più vecchia del mondo da quando quella roba lì di esagerare con la vendetta mobilitando eserciti poi finiva con un cavallo di legno farcito di gente con la spada. Però Gunpowder Milkshake, che di mestiere farebbe il film e non il poema epico, prima fa partire la sua storia di vendetta da lontanissimo, con un flashback per raccontare il rapporto tra mamma Cersei Lannister, assassina in cerca di indovina un po’: vendetta, e la figlia Karen Gillan, futura assassina abbandonata dalla mamma che ha fatto due etti e mezzo di vendetta e ha lasciato. Poi Gunpowder Milkshake infila tutta questa storia qui in una cornice simil John Wick, un universo narrativo in cui una manciata di vecchi malavitosi incravattati (si fanno chiamare l’Impresa) gestisce, tramite Paul Giamatti con il pilota automatico, una pletora di assassini prezzolati che agiscono per loro conto e che come zona franca hanno un diner (frullati e polvere da sparo, che è anche il titolo del film! Sono sollevato) piuttosto che un albergo di lusso. Ed è lo strato numero due.

Le complesse stratificazioni
Quindi arriviamo al punto in cui il worldbuilding e le backstory – che sono cose belle, ma che da sole sono tipo un artbook e non un film – incontrano la struttura portante della trama, la base di partenza di cui sopra: Karen Gillan scappella non per colpa sua, ammazza il tizio sbagliato, il vocione di Ralph Ineson giura vendetta scagliandole contro un fiume di sgherri da falcidiare. A posto no? E invece. Gunpowder Milkshake non è mica contento, e continua ad aggiungere situazioni – la missione secondaria per recuperare soldi sottratti all’Impresa, che diventa una corsa contro il tempo per salvare la bambina a cui Karen Gillan ha appena ucciso il padre perché era quello che ha rubato all’Impresa, però egli ha fatto il mariuolo per salvare sua figlia quindi insomma CHE FATICA – e poi, non ancora soddisfatto, insiste nel mettere sopra alla pila altri personaggi e backstory – le tre bibliotecarie degli assassini con i libri pieni di armi, le quali accolsero Karen Gillan e sua mamma Cersei Lannister quando il babbo/marito fu morto ammazzato e poi hanno vissuto tutte insieme come una famiglia finché Cersei Lannister non è scomparsa ma dico io, ma serviva davvero tutta questa roba? – e finalmente riesce a trascinare le sue stanche membra fluo fino alla lunga resa dei conti, che nei cervelli bacati di regista e sceneggiatore dovrebbe incollarti alla poltrona anche grazie al peso emotivo che la storia si porta appresso dopo tutto questo popò di parentesi tonde quadre graffe angolate uncinate ungolate macinate. E invece, dio del cinema che non è più cinema, sei solo stanco morto perché hai appena visto due infingardi israeliani (Navot Papushado ed Ehud Levski, regista/sceneggiatore e co-sceneggiatore) buttare alla rinfusa dentro a un film tutto e il contrario di tutto perché il loro unico scopo era spargere un po’ di fumo tipo ninja scarso che vuole scappare ma lo si vede ancora; uno scamuffo per cercare di convincere la folla che loro non hanno mica fatto “John Wick con le femmine”, quando in realtà “John Wick con le femmine” era quasi sicuramente il titolo della prima sceneggiatura di Gunpowder Milkshake.

Un faro nella notte
Mi sono scaldato troppo, è vero. Un po’ perché l’idea di due bro che fanno un filmetto al femminile con intenti di exploitation ormai mi fa partire una reazione pavloviana di leggero disagio. Ma soprattutto perché, porca vacca, l’ultimo atto di Gunpowder Milkshake – tutta la resa dei conti, divisa in due parti, la coda (con obbligatorio ammicco ammicco al sequel) e l’epilogo tarantiniano – è roba abbastanza buona. Girata bene, architettata con intelligenza e con una discreta dose di inventiva. Ed è roba abbastanza buona con in più due bonus eccellenti: Michelle Yeoh falciatrice di cattivi con mitra, poi catena e infine un paio di pistolette, che è cosa buona e giusta, loro dovere e fonte di salvezza; e poi il boss finale, l’incredibile voce di Ralph Ineson, che ha motivazioni migliori (meglio esplicitate) della maggior parte dei villain in film di questo calibro, anche se le espone fin troppo tardi e ormai anche chi se ne frega. Caro Gunpowder Milkshake, ti pigli qualche punto swag per essere riuscito a coinvolgere così tanta gente brava e fica (a quelli già citati aggiungeteci pure Angela Bassett e Carla Gugino) e a farla lavorare senza che si vergognasse per quello che stava facendo. Ma il resto, e sto parlando con te Papushado, è proprio tanto faticoso da mandare giù. Tipo un frullato alla polvere da sparo.
Libro di Storia del cinema femminista edito nel 2121 quote:
«Nope, noi non c’entriamo»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Fondamentalmente è il “pilot” di una serie televisiva che non ci sarà mai… siamo tornati a fine anni ’80
LE tre bibliotecarie come le fatine della bella addormentata.
La giacca da bowling tipo Drive.
Un gatling.
Credo di avere gli standard bassi, a me è piaciuto.
Ma in tutto questo, Karen Gillian continua a sognare di fare un film con Michael Haneke?
Tenuto conto di altre produzioni Amazon (vedi Cosmic Sin) lo trovo abbastanza calciabile. Il mio problema con il film è l’aver constatato una Lena Headey terribilmente simile alla D’Urso… e
Oggettivamente è un film non riuscito ed è un peccato perché qualche scena e idea buona ce l’ha. Sembra che nonostante gli abbiano chiesto di fare “John Wick al femminile” il regista ci abbia comunque voluto provare a fare qualcosa decente.
Salvo la sparatoria al diner al ritmo della cover di ‘it’s all over now baby blue’ degli Animals.
In una settimana mi sono visto prima Jolt e poi questo. Il primo aveva la Beckinsale che mi ha tenuto sveglio, qua la turbofregna non c’era. In compenso c’è qualche buona scena ma peccato sia contornata da una mare di merda. Alla fine rimane in testa la merda e non le buone scene… Guardabile e dimenticabile.
Lo guarderò male adrormentandomi più volte …come quasi tutti i film dimenare declinati al femminile senza motivo e soprattutto fatti un po’ così ad minchiam…comunque al netto della componente girlpower è esattamente come hanno pensato e girato l’ultimo Suicide Squad
Io che Paul Giamatti alla sua età e coi suoi trascorsi ancora avesse bisogno di soldi mica me l’aspettavo, ma d’altronde era già sceso allo Shoot’em up level per cui non mi impressionerebbe nemmeno vederlo in un prossimo Furious 11 o 12 e mezzo.
Si tutto già vistissimo, se poi aggiungi che le scene action non sono un granché (quella al bowling davvero brutta con botte al rallenty)…
Non so se l’intento fosse davvero John Wick now with fregna, ma ciò che è certo va nel calderone dei danni provocati da John Wick.
Lo dico? Ok lo dico: non mi é dispiaciuto. Meglio di Jolt sicuramente. Poi va guardato col cervello spento, ovvio. Tipo che ad un certo punto mi sono mangiato le ciabatte come snack e ho fatto la pipí in un angolo del salotto. Peró, dai, almeno lei ha una fisicitá di menare piú credibile di quella della Beckinsale.