Ve lo ricordate l’horror found footage? L’ultima volta che si era visto qualcosa di sensato del genere era il 2014, a Parigi: il film era americano ma si andava in una piacevole gita nel sottosuolo parigino tra baguette, fisarmonica e demoni. Adesso sono proprio dei francesi a dire che c’è ancora molto da esplorare con il video digitale e, per dimostrare quanto le potenzialità del mezzo non siano state sfruttate da questi yankee che cosa ne vuoi che ne sappiano del vero cinema, vanno sott’acqua. Cioè fanno qualcosa che ovviamente nessuno aveva ancora fatto, che non è proprio una maniera di spiegare che il genere ha ancora da dare, ma è una maniera di saltare lo squalo sott’acqua, o di mettere le ali alle tue macchine per andare nello spazio. Arte, quella di mettere le ali e i razzi alle cose e mandarle nello spazio, inventata dagli americani. Ma non voglio stare qui a fare polemica. Questa è una recensione professionale e i miei sentimenti non devono interferire.
Ad ogni modo siccome è un found footage al passo con i tempi i protagonisti vogliono fare una ricerca su un luogo sperduto per il loro canale YouTube, alla ricerca di click. Ah che bei ricordi di quando i found footage erano autentici fake e non questi fake da interwebs. Quando si andava nei boschi con le videocamerine analogiche, si consumavano le suole delle scarpe, senza tutti questi droni subbaqqui e queste GoPro. Era un mondo più semplice e più autentico in cui se devi fingere che il tuo film sia vero non hai bisogno di tutta questa tecnologia. Solo delle videocamere digitali a basso costo, di un software di montaggio abbordabile, di un sito per divulgare la bufala e di un sistema di interconnessione mondiale di tutti i computer perché gli altri la leggano. Ah! Che tempi.
Invece Alexandre Bustillo e Julien Maury hanno il complesso del cinema francese e tutto è meta, tutto è una metafora del cinema stesso. Quindi i protagonisti sono i primi a dire che “I jump scare fanno like” o “Le bambole inquietanti funzionano sempre” (capito? I personaggi parlano del film stesso, il cinema che commenta il cinema!!!). Insomma tocca sopportare tutto questo per un bel po’, tutto questo essere francesi che fanno film francesi e ne sanno più degli altri sul cinema e che non si fanno i film senza parlare in realtà del cinema! Il cinema!!! TUTTO È UNA METAFORA DELLA VISIONE! MA VUOI METTERE LO SGUARDO PORCA TROIA!?! E LA TRASFIGURAZIONE DELLE OMBRE SULLO SCHERMO??? GUARDA CHE CAZZO DI SECONDE LETTURE!!! L’HAI VISTA L’ALLEGORIA DELLA VISIONE?!?!? Cristo santo. Scusate.
La verità è che quando hanno finito con queste badilate di significati intensissimi, l’idea di La casa in fondo al lago non è manco male! Di nuovo, un po’ come Necropolis unisce il found footage alla claustrofobia (c’abbiamo le videocamerine ma sappiamo anche andarci a ficcare in posti da cui non siamo in grado di uscire e piangiamo per questo), mette i personaggi ad esplorare sott’acqua e lì ambienta tutto il resto del film. Non vi stupirà scoprire che una volta entrati nella casa sott’acqua non ne se ne esce più e tutto quello che trovano di stanza in stanza un po’ è un classico (vi ricordate REC? Bello quello eh… Comunque non siamo lontani dal punto di vista dell’esplorazione). Ci sono almeno un paio di buone idee spaventose in cui il fatto di stare sott’acqua aggiunge la dimensione della lentezza, senza contare che un po’ di applausi se li prendono perché nonostante le difficoltà subbaqque è montato molto bene e (quasi) tutto chiaro.
Ecco, se un film così lo produceva Jason Blum, prendendo a scappellotti tutti al primo accenno di riflessione acuta e bruciando le pagine con tutte le metaforine, poteva venire uno dei suoi horror casalinghi diverso e intenso, perché poi Bustillo e Maury un po’ di paura la sanno fare, non sono dei cialtroni. Anzi azzarderei che in diversi punti il film è proprio buono, specie quando cercano di replicare uguali, ma sott’acqua, delle dinamiche tipiche dell’horror (come il nascondersi sotto al letto) e ne viene qualcosa di un po’ più fresco e funzionante.
Solo che poi non ci riescono, non ce la fanno proprio a stare buoni con le mani. E allora si scopre che anche in quella casa gli abitanti che ora la infestano filmavano a loro volta (CAPITO CAZZO?!!? FILMARE LA GENTE CHE FILMAVA, L’ORRORE CHE SI IMPRIME SULLA CAZZO DI PELLICOLA!!!!) e tutto finisce in una sala cinema con qualcuno che straccia lo schermo e ci entra dentro, perché i personaggi squarciano a loro volta il velo della finzione e penetrano il sottile confine tra spettatore e opera fino a… Basta non ce la faccio più.
Davvero, lo dico col cuore: anche meno.
Dvd-quote suggerita:
“Sott’acqua Godard non può sentirti urlare”
Jackie Lang, i400calci.com
Un film che interessa molto i lettori, vedo..
DVD quote: puro genio. Bravissimo.
La recensione che mi ha fatto piú ridere nel 2021. Necropolis rivisto da poco: sí l’ambientazione é figa, sí lo vidi al cinema e fu un raro caso di film che lascia qualcosa, ma tutta la solfa del Locus horribilis “kinghiano” che ti scatena le paure ed i ricordi bruttarelli meritetebbe anche quella di essere riassunta tutta in “blocco maiuscole” per quanto era vecchia già allora.
Bravo Jackie!
Necropolis era un horroretto un po’ meh, ma ‘Sovrapponendo queste due mappe in scale completamente diverse capiremo qual è il punto dove scavare’ la ricordo ancora come una delle battute più geniali del sito!
Scopro con orrore, io che credevo che il FF fosse finalmente quasi morto: https://foundfootagecritic.com/
Io tutto questo allegorizzare l’onnipossibile e meta-metaforizzare il cosmo tutto non ce li ho proprio scorti. Si, inizia come blair-witch waters (quello del 2016, con drone poco collaborativo annesso e non connesso) e a na certissima diventa una sorta di Sinister con le pinne fucile ed occhiale ma senza chissà quale pedanteria metacognitiva, ma poi in apnea ti ci manda anche più di Buried e Oxygen sommati. Ammetto di non fare testo, ché l’ho esperito in un momento di difese particolarmente abbassate (la mattina dopo aver dormito poco e male: altro che visioni a tarda notte!), ma vivendolo come un horror di genere senza troppo badare a sgomitate e sottotesti, una più che discreta asma me l’ha dispensata.