La cosa bella di Hollywood è che è un’industria che si rinnova in continuazione, una fucina di idee che non smette mai di cambiare, trasformarsi, adattarsi, osare e sfornare novità. Il brutto di Hollywood, che poi è il motivo per cui la cosa che ho appena detto tende a passare inosservata, è che ogni volta che una idea nuova funziona, immediatamente si innesca un trend che porta alla sua produzione in massa, alla nascita di una serie apparentemente infinita di copie che invadono il mercato, lo saturano, prosciugano quanto di originale ci potesse essere all’inizio lasciandoci sfiniti e annoiati mentre alziamo gli occhi al cielo come il meme di Iron Man e commentiamo ANCORA?
Quando va “bene” sono copie che hanno effettivamente capito cosa rendeva forte l’originale, l’hanno replicato in maniera scolastica ma con padronanza del mezzo, e il risultato sono fotocopie che non hanno la freschezza del primo, ma sono comunque efficaci. Tipo il Marvel Cinematic Universe: quaranta film tutti uguali con gli stessi pregi e gli stessi difetti, la stessa estetica, gli stessi temi e la rassicurante consapevolezza che se ti era piaciuto il primo molto probabilmente ti piaceranno tutti gli altri.
Quando invece va male abbiamo il filone dei finti grindhouse, degli horror meta che si sentono intelligenti perché dicono ad alta voce cosa sta succedendo, delle avventure anni 80 di ragazzini in bicicletta, dei supereroi “per adulti”… All’origine c’è sempre un tipo non troppo sveglio che vede una roba che funziona e urla “ANCH’IO!” senza avere capito veramente cosa funzionava, ne copia gli aspetti più superficiali e pensa sia sufficiente.
I cloni di John Wick, nel momento storico in cui scrivo, sono già troppi e si distribuiscono abbastanza equamente tra il primo (“bene”) e il secondo gruppo (“male”). Personalmente sono molto più contento che questo trend abbia riportato l’azione al centro dei film d’azione nelle produzioni di fascia alta, che non arrabbiato per il fatto che c’ha riempiti di neon.
Però sti neon.
Sti cazzo di neon.

STI CAZZO DI NEON CAZZO
La recensione di Gunpowder Milkshake l’avete già letta, il che ci torna molto utile perché la trama di Kate è la stessa.
Forse non ho reso abbastanza l’idea scrivendolo in minuscolo, ci riprovo: la trama di Kate è L A S T E S S A.
Karen Gillan Mary Elizabeth Winstead è Kate, un’assassina prezzolata addestrata fin da bambina per essere la migliore in quello che fa, al costo di un’infanzia traumatica e un’esistenza votata alla solitudine. Il suo unico amico, nonché figura paterna, è Paul Giamatti Woody Harrelson, il volto affabile dell’organizzazione segreta che ha reso Kate un’assassina — che ovviamente la tradirà entro l’inizio del terzo atto. Durante una missione che sembrava facile facile, Kate uccide una persona che non avrebbe dovuto uccidere, rendendo orfana una bambina e innescando una reazione a catena che porterà il sottobosco del crimine organizzato a volere la sua testa. Kate si accollerà la ragazzina, un po’ perché è la chiave per portare a termine la sua ultima missione, un po’ per una sorta di istinto materno e desiderio di redenzione. Le due formeranno una male assortita ma adorabile famiglia finché la ragazzina non scoprirà che è stata proprio Kate a uccidere suo padre: le due si separeranno ma poi, rendendosi conto di volersi bene, si riuniranno in tempo per il pirotecnico finale, che vedrà la protagonista avere la meglio su un esercito di cattivi senza volto e regolare i conti col mentore-traditore.
Ok, ok, lo so cosa state pensando: quando recensite Dune? (lunedì prossimo, duh)
Ma anche: non stai dimenticando l’originalissimo meccanismo narrativo della protagonista-coi-minuti-contati, che vede Kate in corsa contro il tempo perché all’inizio del film è stata avvelenata e le restano solo 24 ore per vendicarsi di chi l’ha fregata?
E avete ragione, in effetti c’è anche quello, a parte il fatto che è rilevante unicamente nell’incipit e nel finale, mentre per tutto il resto del film Kate barcolla un po’ quando è narrativamente conveniente, ma quando serve che spari nel culo a una formica mentre esegue un triplo avvitamento bendata ci riesce senza problemi grazie all’uso di provvidenziali “stimolanti” che la rimettono in pista alla velocità della luce. Per carità, non mi sto lamentando dell’implausibilità di un film del genere (né sto condannando l’abuso di stupefacenti), dico solo: a che serve creare un ostacolo, se un secondo dopo tiri fuori dal cilindro una soluzione che ne azzera gli effetti?
Sapete chi la faceva bene questa cosa dell’ostacolo, del veleno, delle ore contate? Crank!
In Crank Jason Statham, anche lui un killer prezzolato vittima di un avvelenamento mortale, era affetto dal morbo del cuore che smette di battere: per restare vivo doveva costringere il suo corpo a produrre adrenalina in continuazione e per questo motivo passava l’intero film a correre, pippare, fare a botte e scopare… era una trovata geniale! Il fatto che fosse stato avvelenato non era solo un pretesto per farlo andare da un punto A a un punto B o per dare, santo cielo, gravitas a una situazione che altrimenti non ne avrebbe avuta: era qualcosa che influenzava le sue azioni, che lo costringeva a deviare dal percorso originale e a improvvisare, che arricchiva la trama e che dava spessore al personaggio. In Kate Mary, Elizabeth Winstead si pianta una siringa nella coscia ogni 15 minuti per un’ora e mezza, dopodiché la consapevolezza che sta per schiattare dovrebbe rendere il combattimento finale particolarmente epico e solenne. Spoiler: non funziona.

Un momento di solennità
A questo punto ho capito che su Kate c’è così poco da dire che se ne può parlare solo attraverso quello che non è. Non è Crank, abbiamo appurato. E non è John Wick, né Atomica bionda, nonostante i neon e il fatto di essere anch’esso un parto dalla 87North Production, lo studio di Chad Stahelski e David Leitch. Qui Leitch risulta come produttore, ma a nulla serve il suo buon nome contro il buco nero di idee che è Cedric Nicholas-Troyan, regista di fatto ma effettista speciale per vocazione. Lasciamo perdere il suo curriculum composto quasi solo di robe imbarazzanti come “regista di Biancaneva e il cacciatore 2” e “regista della seconda unità di Maleficent”, si vede che quel che gli piace fare è giocare con le lucine rosa, gli slowmo e fare i numeri con la telecamera che gira su se stessa e tutto sommato non è neanche brutto da vedere. Ma è davvero tutto qua. Quello che Cedric scambia per “personalità” è una fascinazione per il Giappone degna di un sedicenne nel 2003, fatta di sale giochi, studentesse kawaii, cartoni animati proiettati sui grattacieli e yakuza incravattati — una roba così vecchia e così grossolana che fa sembrare Tokyo Drift un film di Ozu.

Non è neanche Tokyo Drift

(e non è neanche Army of the Dead, anche se Kate è in cosplay da Tig Notaro)
Se i film di Leitch e Stahelski hanno dimostrato che uno stuntman può fare un figurone anche dietro la macchina da presa, Kate è un monumento all’importanza per i mestieranti di riconoscere i propri limiti. La sua salvezza è che è uscito un mese dopo Gunpowder Milkshake che era molto, ma molto, ma molto peggio: Kate almeno si lascia guardare, ha almeno un paio di coreografie accettabili e non lesina sulla violenza.

Non lesina
Non avendo una frase a effetto con cui congedarmi, chiudo con una dedica alle amiche del forum Gothic Lolita e con una considerazione sul cameo di Miyavi, j-rocker di cui non ho mai ascoltato la musica ma che ho sempre considerato un’icona di stile: di tutti i musicisti incapaci di recitare, ingessati e resi inespressivi dal botulino che abbia mai visto recitare male in un film d’azione, lui è a mani basse quello con i tatuaggi migliori.
Netflix-quote:
“Non è Crank, non è Atomica bionda, sa soltanto quello che non è”
Quantum Tarantino, i400calci.com
inizio a pensare che la Winstead abbia una calamita per film mediocri. un gran peccato. recensione super di un film nato stanco.
Ho dato un’occhiata alla sua filmografia e mi sa che hai un po’ ragione, di interessanti rimangono Grindhouse, Scott Pilgrim vs. the World, 10 Cloverfield Lane. È un peccato davvero.
non l’avrei vista male come Ripley dei nuovi Alien o in Tomb Raider o anche come Catwoman..ma vabbè è ancora relativamente ggiovane si rifarà
M.E.W. c’è anche in Swiss Army Man, che per quanto mi riguarda è uno dei film più belli degli ultimi (inserire numero a caso) anni.
… mah … a me è piaciuto … non solo il film, ma anche e soprattutto, il personaggio della protagonista e l’interpretazione … ed aggiungerei il finale non scontato … per certo ci sono film che lo richiamano, ma, mi sembra, comunque, che nell’insieme abbia persino, addirittura, una sua originalità … e per questo genere, non è neanche troppo richiesta …
Fammi indovinare, non è neanche Drive.
mmmmmm…visto con pochissime aspettative sul divano di casa e sul pc (Netflix vuole così no? ..e no non ho visto Gunpowder qualcosa perchè mi puzzava e l’avete strabocciato) e sinceramente mi è piaciuto non poco.
Non farei la punta al cazzo, come dicono i giusti qua, sul fatto della siringa rigeneratrice, nè per il realismo della cosa nè per la bontà del meccanismo narrativo (soprattutto se si parte parlando di serailità e idee originali citando i pigiami, dove i meccanismi narrativi sono una cosa che neanche un bambino di 6 anni ecc vabbè lasciamo stare dai…).
L’ambientazione giapponese nel suo essere “banale” ha il suo perchè e si è visto decisamente di peggio, gli attori esistono e fanno il loro con quel poco che hanno (la storia e i colpi di scena sono telefonati come nel 99 per cento dei film di questo tipo, però almeno un pò si recita, al contrario dei vari The Raid e simili dove ci si mena per due ore ma per il resto siamo a livelli veramente infimi).
Per me, come giustamente è stato scritto nella recensione, questo filone post Wick e Atomic Blonde, con i suoi ovvi alti bassi, vale più di mille pigiami e filoni horror vari, perchè finalmente ci sono tanti film di azione duri e puri senza tanti fronzoli, al massimo declinati più al maschile o al femminile o al più o meno ironico. Ho rivisto l’altro giorno Triple Frontier, per fare un esempio di genere un pò resuscitato da Netflix…poco da fare è un gran film con bravi attori e una storia solida, seppur già vista e rivista…(ma se un classico esiste, come non so Il salario della paura, a cui assomigliano tutti i film di quel tipo per dirne uno, meglio ispirarsi a quello se non si hanno mezzi e capacità di creare un nuovo classico no?)
p.s. attendo la recensione di Dune che ho visto ieri, ma non mi ci farei molte seghe, visto che gli ultimi “filmoni” di fanta action ecc sono tutti dei fottuti remake di roba già vista e fatta e spesso meglio, in più con lo stesso titolo…a proposito di originalità e serialità varia….
Dal riassunto scritto qui ho notato anche un po’ di “Professione Assassino” (uno dei due) e “Le ultime 24 ore” con Ethan Hawke
E anche D.O.A. (Cadavere in Arrivo) con Dennis Quaid e Meg Ryan.
…che era un signor film.
vado OT visto che si parla di altre recensioni..Mondocane è un film calciabile?speravo di leggere la vostra recensione
In un’ipotetica classifica di film usciti recentemente su queste donne killer e che mi sono sparato tutti (sono uno stronzo, lo so…), questo KATE balza al primo posto. Non è un capolavoro manco per il cazzo ed è primo perché gli altri vanno dal “mediocre” (JOLT, salvato solo dalla turbofregnaggine della Beckinsale) a “merda fumante”, (GUNPOWDER MILKSHAKE) e un po’ perché rispetto ad altri è semplicemente fatto meglio.
Esco dalla mia caverna solo per dire che mi sono accorto di amare Mary Elizabeth Winstead e sono geloso di Ewan McGregor (per mille cose, in questo caso per essere il suo compagno) e che questo film ha mille difetti che questa recensione evidenzia in maniera egregia… ma che L’ultimissima inquadratura, quella con cui si chiude il film proprio, mi è sembrata bellissima nella sua semplicità. Non ricordo altri film che poi non abbiano poi voluto azzardare una panoramica o altro per mostrare quello che sta attorno al protagonista o due frasi dette a cazzo da altri personaggi come chiusura. Tutto qui.
Vi voglio bene e vi leggo da sempre, torno nella mia caverna.
Fa veramente cacare, lo batte giusto Jolt (gunpowder manco l’ho visto).
Ma parliamo di Tadanobu Asano. PARLIAMONE, per favore.
Io da un po’ non ho più il polso del cinema giapponese, allora chiedo a chi è più informato: sto sant’uomo ormai fa solo cacate o in patria spacca ancora culi come 20 anni fa?
Nikita + D.O.A.= Kate
Me lo guardero’ a prescindere perche’ la Winstead e’ la Madonna
La faccenda dell’iniezione assassina che ti ammazza dopo 24 ore risale (perlomeno) a “1997 – Fuga da New York”, di Carpenter (1981, ho controllato). Quindi ancora se la rivendono? Non ha anche un po’ fatto la storia? Eddài!
“Quando invece va male abbiamo il filone dei finti grindhouse, degli horror meta che si sentono intelligenti perché dicono ad alta voce cosa sta succedendo, delle avventure anni 80 di ragazzini in bicicletta, dei supereroi “per adulti”…”
tristemente vero
Per estetica, scenari, setting generale, musica e fotografia è una specie di “Cyberpunk 2077 the movie”. Sarà lo zeitgeist.
di tutti i musicisti incapaci di recitare, ingessati e resi inespressivi dal botulino che abbia mai visto recitare male in un film d’azione… parli di Johnny Hallyday in Vendicami (Vengeance) di Johnnie To?
Veramente? Montale buttato lì alla fine di una rece? motli spunti di riflessione, per me e per te….
Troppo severi.
Tra i film da schedare sotto “i danni di John Wick” é finora quello venuto meglio.
Un certo gusto cromatico per le inquadrature lo fa guardare dall’inizio alla fine con piacere – anche perché la violenza é girata bene e non si lesina.
MEW é cedibile nel dare botte anche se é uno scricciolo.
Aspettate: si intitola con il nome proprio della protagonista, esattamente come “John Wick”.
Questo la avvicina di più alla filmografia di Keanu Reeves di “GUNPOWDER MILKSHAKE”.
Se c’è Ramona guardo anche la pubblicità degli assorbenti con le ali.
SOPRATTUTTO quella.
Un altro remake di Nikita, con una spruzzata di John Wick questa volta. Sono trent’anni che ogni singolo film con una donna assassina e’ una variazione di Nikita, sarebbe anche ora di farsi venire qualche idea nuova.
Merita la lode anche solo perchè l’auto che la Winstead ruba a inizio film è una KPGC-10 come quella che Paul Walker guidava in FF5, quando Fast and Furious fingeva ancora di essere un film di macchine. Ed è una cosa che scalda il cuore (e i pistoni).
visto nel weekend e tutto sommato l’ho trovato carino, basta non aspettarsi niente dalla trama e godersi l’azione e basta. ragionavo mentre scorrevano le varie esecuzioni in pieno schermo, che Netflix è la salvezza dei film in cui della gente deve morire: mentre il cinema allarga per fare più biglietti (coff..coff.. Venom), Netflix non ha problemi ad aumentare il tasso di violenza mostrata perché tanto l’abbonamento è già pagato per tutto il mese. viva lo streaming.
La scena con la macchina è grafica PS3 pura…inguardabile
Certo che da gente che ancora guarda Argento sentir dire “è una roba tutta uguale”…