
Sempre un po’ quell’energia da «Se fosse possibile vorrei parlare con un responsabile»
Cinquanta punti Zaia per chi ha colto la citazione (parafrasata tradotta geolocalizzata) del titolo. Come vi ponete di fronte a una carriera come quella di Megan Fox? Ci sono molte risposte valide, attenzione. Le persone sotto i 27 anni, ad esempio, potrebbero benissimo rispondere «E chi cazz’è Megan Fox?». D’altronde, nel 2007 essi erano ai margini dell’adolescenza e il fomento lo riservavano per, chennesò, un Drago bianco occhi blu di Yu-Gi-Oh; mica per l’esordio nel porno di Michael Bay – la versione Bayhem di un film pornografico funziona che dopo un incipit classico, al posto dei coiti acrobatici arrivano i robottoni giganti e l’epilessia. Alcune persone sopra i 27 anni, invece, potrebbero a buon diritto rispondere con un sonoro fottesega: ha fatto un paio di Transformers e poi una serie di film a caso che l’hanno cancellata (più giustamente che no) dai nostri radar; perfetto contraltare per i tanti altri che invece sono rimasti conturbati a vita dai rumorosissimi esordi di Fox e stanno ancora lì, con addosso quella curiosità puramente accademica: potrà mai ella divenire interprete degna di nota dell’arte cinematografica, o rimarrà incastrata al destino (vidimato Bayhem) di corpo cinematografico da bramare-oggetto del desiderio-specchio specchio delle mie brame chi è la più passera del reame?

Didascalie superflue
La sorpresa mica tanto sorprendente, in una realtà che non è mai così nettamente binaria come ci piacerebbe, è che Megan Fox è diventata una valida via di mezzo: un corpo cinematografico che, nel giusto contesto, è in grado di essere un’interprete degna di nota. Till Death è il punto più alto di questo giusto mezzo figlio del caos, unico apice possibile nella carriera di una persona che dice di scegliersi i film perché c’ha i presentimenti – «A volte li scelgo perché me lo sento che il luogo in cui girerò sarà significativo per qualche ragione, o anche perché sento che qualcosa riguardante il film sarà significativo per la mia vita» – e il passo successivo è far scegliere i copioni all’astrologo («Burton ha urano in saturno con il sagittario carpiato, il suo prossimo film sarà brutto», grazie al cazzo Branko) che sicuramente già succede perché siamo una specie stronza. Till Death l’ha diretto l’esordiente S.K. Dale, l’ha scritto il semi-esordiente Jason Carvey, ed è quello che succede quando dai a due giovanotti con la testa sulle spalle una manciata di soldi, una mezza dozzina di tonnellate di maestranze bulgare e un set a basso costo e senza norme Covid (si fa per dire, suvvia) a Sofia. Sigla!
Till Death è un film gentilmente offerto dal Sindacato comparse bulgare (gemellato con la Macelleria dei figuranti indonesiani), dal Comitato “Jennifer’s Body classico dimenticato del cinema femminista” e dal Buon uso della grammatica cinematografica. Il primo ha concesso a regista sceneggiatore il lusso di poter maltrattare il corpo di un extra che, nei panni di un cadavere ammanettato a Megan Fox, viene trascinato senza creanza giù per le scale e in mezzo alla neve per un buon quaranta minuti di film. Il secondo ha fornito un cattivo simbolico – il patriarcato e il suo indotto di manipolazioni psicologiche maligne – in aggiunta a quelli letterali, e un motivo (ulteriore) per tifare abbastanza forte Megan Fox nel suo complicato percorso di emancipazione. Il terzo ha permesso a una trama sottile sottile (ma gestita con mestiere abbastanza solido) di allungarsi fino a raggiungere un minutaggio degno, senza annacquarsi ricorrendo a trucchetti pretestuosi dimmerda tipo panoramiche di una lentezza esasperante sulla purezza dell’orizzonte innevato in antitesi alle sadiche violenze perpetrate dentro casa. In questo thriller psicologico – che alla fine, sotto sotto, è un po’ la versione più divertente di Storia di un matrimonio: meno studio sui personaggi e più gente appesa per il cervelletto a un gancio per cappotti – Megan Fox interpreta sostanzialmente se stessa: una donna di una bellezza abbacinante con strani gusti in fatto di uomini. Ella, di nome Emma, è incastrata in un matrimonio che la rende molto infelice e la terrorizza quasi altrettanto, tanto da farle troncare all’improvviso ogni rapporto con l’amato amante, non avendo il coraggio di chiedere il divorzio e temendo le ritorsioni nel caso in cui venisse scoperta. Egli, il marito, è un avvocato di quelli grossi e senza scrupoli, con un carattere da dominatore ben oltre i limiti del fascino da tenebroso 50 sfumature di babbo di minchia, e con una faccia un bel po’ da cazzo.

«Aaah ho capito, dunque non sei una bocconiana»
Faccia un bel po’ da cazzo che, c’è da dire, molto presto verrà impreziosita da un foro d’entrata abbastanza grande e abbastanza mortale. Prima di fare SPLAT con le sue stesse cervella, però, il maritino trascina Emma nella loro remota casa al lago con la scusa di festeggiare l’anniversario di matrimonio, poi le apparecchia la magione come l’escape room meno divertente di sempre, quindi si ammanetta alla moglie e via: finalmente può spararsi in testa e dare il la alla più clamorosa delle vendette meschine da maschio psicopatico offeso nell’orgoglio perché la femmina è di mia proprietà e guai a chi mi contraddice e gnègnègnè se le cose non vanno come dico io allora tutti devono soffrire come i maledetti miserabili che sono e blablabla perché babbo non sei mai venuto alle mie partite di lacrosse e non mi hai mai fatto un complimento? Il marito, oltretutto, fa anche lo sforzo di ripescare il trauma peggiore della vita di Emma, non a caso il momento fondante del loro “amore”, e di sguinzagliarglielo contro; un buon modo (anche se un po’ telefonato) per dare alla tensione del film una traiettoria meno lineare e un po’ meno banale: nel momento in cui i personaggi cominciano a sentirsi al sicuro, viene introdotto un nuovo pericolo.

I nuovi pericoli vengono sempre inquadrati dal basso per sembrare più imponenti
Diciamo che, però, dell’allegoria sottesa non ve ne sbatta un beato ciufolo. È legittimo, nel senso che Till Death non è mica un film di denunzia sociale o di impegno etico, anche se sfrutta la potenza e la rilevanza di quei discorsi qui per darsi un senso e un tono leggermente meno superficiali, o esclusivamente legati ai formalismi del genere. Ebbene, se con l’allegoria sottesa vi ci sciacquate il perineo e non c’avete voglia di seguire il film nel suo pucciare appena gli alluci nelle torbide acque del Uomini che odiano le donne, vi rimane comunque fra le mani un thriller di 90 minuti solido e quadrato come una cassapanca bulgara, sceneggiato senza clamorosi picchi di inventiva ma con un buon senso per la tensione e per la distribuzione centellinata dell’informazione allo spettatore, girato con il corretto ammontare di fronzoli (non troppi) ma senza rinunciare a un certo gusto per l’inquadratura studiata (se non ricercata) e per stacchi di montaggio a effetto (comunque funzionali, mai solo per il gusto di fare l’elicottero con l’uccello). Till Death è meglio (decisamente meglio) del thriller da cestone medio che finisce direttamente On Demand (pandemia o meno). Gli manca forse un guizzo estetico ulteriore (il celebre birignao) o un respiro leggermente più profondo (il famigerato impegno) per poter essere considerato memorabile. Ma io dico anche che ben vengano questi film perfettamente medi, perfettamente competenti e perfettamente d’intrattenimento. Ciao Megan Fox, ci rivediamo fra una decina di film, quando i tuoi presentimenti del cacchio torneranno ad azzeccarci.
VOD Quote:
“Adesso possiamo finalmente dirlo: Megan Fox > Adriana Volpe”
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Siamo all’extreme del “tagliarsi le balle per far dispetto alla moglie”.
Diciamo che c’avete cagato….dai su mi aspettavo una rece su qualcosa di meno specifico e più interessante! Ora al netto che la Fox il suo momento l’ha avuto praticamente nel 2007, quasi 15 ANNI OR SONO per poi scomparire dentro due film imprescindibili e allo stesso tempo inutili, Jennifer Body e soprattutto Jonah Hex, con l’inossidabile Josh Brolin quando ancora non era pronto a comparire pelato e viola-to nel ruolo del distruttore dell’universo Merda-marvel Tana-thos. Comunque la nostra dopo qualche altro ruolo di NULLA ha avuto una mini-rinascita come spalla di quattro tartarughe giganti ed esperte di arti marziali, in cui le tartarughe ovviamente rubavano la scena. Finita comunque nell’oblio, invece di continuare con una soddisfacente carriera nel porno, che mi avrebbe visto interessato ha optato nell’ordine per finire la carriera oramai nel quasi tv-movie action-horror e compagnia di serie b. Rogue, till death, Midnight in the Switchgrass, e ovviamente Night death, che credo sia il SEQUEL. Della serie, continuare a farsi del male, ma vabbè è la Fox.
Ehi, sindacato degli stunt bulgari, io posso offrirvi qualcosa di molto meglio di un semplice till death: the raid di Gareth Evans?
Potrei darvi un DTV di Steven Seagal.
Gnacchisnà.
Liam Neeson al telefono? Non vi interessa?
Gnacchisnà.
E’ proprio vero che ogni testa è un piccolo mondo. Dal “film del cazzo” di Del Toro al “thriller solido e quadrato” su uno che se ammazza e si ammanetta alla moglie?.
Mah!
Credevo fosse sparita perchè implicata nel Ruby Ter. Le confondo facilmente, ormai.
non ho ancora letto ma lascio questa https://www.youtube.com/watch?v=X06NF29iJig
Piacevole. :)
E io ci metto “Crazy like a fox” dei Motorhead.
https://www.youtube.com/watch?v=c4av9X9wc5g
e via così
https://www.youtube.com/watch?v=XiyDdyg5qKE
Samantha Fox e la figlia, Foxy D e la chiudiamo qui?
di Foxy in Foxy, di film in film:
https://www.youtube.com/watch?v=L1yv3-gExPM
sipario!
Beh, sarò banalissimo ma…. The Doors
https://www.youtube.com/watch?v=qb8LXfb0acY
Ma come? Non è un’idea delle più fichissime, la premessa? Davvero siete tutti così smaliziati da liquidarla senza dolervi che sia andata sprecata (e insieme a lei quella bellezza spudorata della fox)?
PS Non ho avuto il coraggio di googlare, ma non ditemi, vi prego, che quello è Machine Gun Kelly.
Johnny the Fox… meets Jimmy the Weed:
https://youtu.be/kbZpaVRfqzM
@Pepato. Grande: I Thin Lizzy
E caro Toshiro…dopo ore… ci è rimasto solo il riferimento alla Fox. La versione ‘mmerigana di Ilary Blasi. Che noi non ci facciamo mancare niente.
https://www.youtube.com/watch?v=Zmgjr_XSmV8
Bellissimo il tag “adriana volpe che presenta il the lion trophy show unica religione monoteista che riconosco”.
Non solo ricordo bene quel periodo, ma ad una fiera del fumetto la incontrai di persona, allo stand appunto della barretta lion, con la sua tutina attillatissima. E dire che fu una visione mistica rende l’idea solo fino ad un certo punto.
Si perchè con sta rece ve meritate questo…
https://www.youtube.com/watch?v=4F-wG5Xo8N0
Bravissimo Toshiro. Rece scritta benissimo. Mi hai incuriosito e divertito. Complimenti.
Intanto mi sono recuperato Jennifer’s Body. In verità, non è che mi fossi perso chissà quale pietra miliare, ma è vero che è molto più di quel che lo sciagurato manifesto e l’ottico trailer avessero suggerito. E poi la Seyfried è brava e la Fox… vabbè, che le vuoi dire alla Fox?
Spoiler in locandina impagabile