FUCK! SHIT! FUCK! JESUS FUCKING CHRIST! JESUS FUCK! FUCKING JESUS! SHITFUCKSHIT!
(motto ufficiale del dipartimento di polizia di Raccoon City)
La mia scena preferita di Resident Evil: Welcome to Raccoon City è quella in cui Kaya “Kaiju” Scodelario, di mestiere persona che dovrebbe scegliersi meglio i film, ha il suo primo vero faccia a faccia con una zombi. Terrorizzata da questa mostruosità che perde sangue dagli occhi e urla frasi sconnesse, Kaya si guarda intorno freneticamente, finché lo sguardo non le cade su una motocicletta, ovviamente, per far sentire a casa il fandom. Kaya corre verso la motocicletta e salta in sella con agile mossa! Indossa il casco, ma prima ancora di mettere in moto fa una mossa a sorpresa: tira su la zip della giacchetta.
Perché una persona che sta fuggendo per salvarsi la vita sente il bisogno di sprecare due preziosi secondi per tirare su la zip della giacchetta? Che era abbassata fino a metà, forse meno, niente di tragico, cioè: sono ragionevolmente sicuro che non lo faccia per ragioni aerodinamiche. È una mossetta nata spontaneamente dalla straordinaria creatività di Kaya Scodelario, entrata talmente tanto nella testa di Claire Redfield da averne codificato anche questi piccoli, decisivi tic che la rendono un personaggio tridimensionale e sfaccettato? Gliel’ha suggerita Johannes Roberts? Ve lo ricordate Johannes Roberts? Il suo film di squali mi era piaciuto un sacco, un po’ meno il suo sequel semi-apocrifo di The Strangers, ma insomma, Johannes Roberts non sarà Eric Roberts né Jordan Vogt-Roberts e sicuramente non è Julia Roberts, ma non è neanche il peggiore dei Roberts. Non era. Non so, Benvenuti alla Città di sti Procioni mette alla prova la mia fiducia in lui in quanto Roberts e in quanto persona di cinema in generale.
L’altro giorno un lettore dei Calci che non nominerò ma che di nome fa Andrea mi ha scritto per chiedermi come mai non avessimo ancora recensito Resident Evil: Welcome to Raccoon City. Nel corso della chiacchierata che ne è seguita il film mi è stato presentato come “un autosabotaggio”. La definizione mi è subito piaciuta e, ora che ho visto il film, Claire Redfield che si tira su la zip mi sembra un esempio perfetto e simbolo di tutta questa brutta faccenda.
La mia seconda scena preferita di Resident Evil: Quello Nuovo è quando finisce: i titoli di coda mi hanno lasciato addosso una sensazione di sollievo che non provavo dall’ultima volta che ho provato del sollievo. SIGLA!
Ah ma io ve li brucio quegli anni Novanta prima o poi. Voi e le vostre Jennifer Paige e 4 Non Blondes e le citazioni dei Journey per far capire che il personaggio che la fa è un boomer e non è hip con la musica del tempo.
Il tempo è il 1998, ma sono anche gli anni Ottanta. Resident Evil: Titolo Di Film si apre con un flashback – una piaga che non ci abbandonerà più per tutto il film, e che a tratti addirittura si mescolerà con il presente per disorientare più di quanto non facciano tutte le riprese ultramosse e superbuie che lo caratterizzano – che ci spiega come l’orfanotrofio di Raccoon City, sede della potentissima multinazionale del farmaco-e-non-solo Umbrella Corporation, sia in realtà un fronte per una serie di esperimenti illegali e dall’etica discutibile condotti su larve di adulto selezionate senza un apparente criterio.
Dopodiché arriviamo finalmente nel presente, dove una scazzatissima Kaya Scodelario e il suo compagno di viaggio Compagno D. Viaggio, di mestiere camionista e molestatore, discutono di come Raccoon City sia ormai in rovina ora che la Umbrella ha deciso di abbandonarla, e come le uniche persone che ci abitano ormai sono le forze dell’ordine, i pochi dipendenti della stessa Umbrella e la gente troppo povera per andarsene.
A QUESTO PUNTO compare questo cartello:
Siamo al minuto 12:28 e Johannes Roberts ha appena sprecato 748 preziosi secondi della mia vita a spiegarmi la stessa roba tre volte in tre modi diversi da tre angoli diversi senza aggiungere mai alcuna informazione utile rispetto alle due/tre essenziali che servono per capire il resto del film. Mi piacerebbe dirvi che è questo il più grosso problema di ResiVil, ma d’altra parte mi piacerebbe anche avere un castello in montagna e che non ci fossero più le guerre, le malattie e il riscaldamento globale, per cui il massimo che posso fare è mettervi in guardia: ci sono problemi ancora più grossi.
Devo riconoscere a Johannes “Neutro” Roberts di averci provato, almeno all’inizio. Tutta la sequenza flashback che ci presenta Claire, Chris, Lisa Trevor e l’orfanotrofio di Raccoon City sembra voler mettere subito in chiaro che non siamo di fronte a un semplice reboot narrativo ma anche stilistico; dove i film del Migliore degli Anderson erano degli action muscolari con zombi e tecnologie pazze (e più avanti con la postapocalisse e i superpoteri), il Mediocre dei Roberts vuole tornare all’horror, agli angoli ciechi che ci terrorizzano, alle creature che strisciano nel buio. Un sacco di buio. Tutto il buio che i vostri stanchi occhi sono in grado di sopportare.
Dura giusto il tempo di una sequenza e mezza che sembra portare ancora addosso le stigmate del fatto che Welcome to Raccoon City nasce come progetto di James Wan.
Poi va tutto a ramengo.
C’è quest’idea del cazzo di scandire tutta l’azione con L’ORARIO IN SOVRAIMPRESSIONE, tipo stacco, cambio di scena, 2:11 AM scritto grosso così. Perché? Poi succede che ti fermi a pensarci e ti rendi conto, per esempio, che Claire Redfield ci mette mezz’ora a fare due scale e scendere in cantina. C’è anche quest’altra idea del cazzo di volersi gestire due/tre gruppi di personaggi separatamente, così da buttare dentro il maggior numero possibile di riferimenti ai videogiochi (il film è un mischione dei primi due e in parte di The Umbrella Chronicles); e così capita che la sceneggiatura se li dimentichi per strada e li lasci lì a cazzeggiare mentre dall’altro capo della città c’è una nuova grana da risolvere.
Vorrebbe, credo, essere un film a orologeria, nel quale l’azione fluisce ininterrottamente da un gruppo all’altro senza soluzione di continuità e con l’ansia crescente del tempo che passa, generata dal fatto che scopriamo quasi subito che la città verrà distrutta all’alba. In realtà è un film a orologeria nell’accezione più sbagliata del termine, che non so se esista ma nel caso l’ho appena inventata: si ha sempre la sensazione che le cose succedano solo quando guardiamo, e che per tutto il resto del tempo il cast, i mostri, tutto quanto, si fermi, rimanga congelato in attesa del suo turno. Come una grande partita a un, due, tre, stella, con gli zombi che si muovono solo quando li guardi.
Non sto esagerando a uso ridere, c’è questo zombi qui su che sta letteralmente seduto tranquillo in una cella insieme a un succoso umano e decide di risvegliarsi solo nel momento esatto in cui aprono la cella. Forse è voluto, forse nelle intenzioni di Roberts dovrebbe fare l’effetto “tunnel degli orrori del circo”, e forse questo sempre nella sua testa è la sua personale interpretazione del lato assurdo di Resident Evil, che è sempre stato presente ma che è sempre stato coniugato alla giapponese, non risciacquato nelle limacciose acque del cinema horror americano a medio budget.
O forse è che Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un pessimo film che non sa esattamente cosa vuole essere, come illustrato plasticamente dall’utilizzo smodato e sempre fuori luogo di classiconi anni Novanta da heavy rotation su MTV che sono sicuro che nella testa di Roberts volessero fare atmosfera e dare personalità al film, ma in realtà danno solo tanto tanto fastidio. O dal fatto che l’intero cast è caratterizzato dal fatto di dire un sacco di parolacce, perché loro sono gente tosta, i maschi tutti armadi, le femmine tutte ennesima variazione sul tema Vasquez.
E guardate che non è facile perdersi così male nel labirinto del proprio stesso culo quando si lavora con una storia in teoria semplicissima: questo Resi è, più di qualsiasi versione andersoniana, un film di zombi, con gente che arriva in un posto, ci rimane intrappolata, fuori c’è l’orda, devono fuggire. Hanno una macchina, ma le strade sono chiuse. Hanno un elicottero, ma uno zombi glielo sfascia. Hanno i tunnel, che sono un’ottima scusa per inscenare una sequenza dietro l’altra fatta di buio pesto, immagini mosse e, quando ci sono, pessimi effetti speciali.
Cosa rimane quindi? L’enorme quantità di citazioni, riferimenti, ammiccamenti, easter eggs e altre inutili puttanate del genere date in pasto al fandom per tenerselo buono? È così che va se ci piacciono i videogiochi e crediamo che alcuni di questi abbiano la potenzialità per diventare storie cinematografiche interessanti? Dobbiamo continuare a vivere ai piedi del tavolo dei ricchi, raccogliendo quelle scarne briciole che ci fanno piovere in testa nella loro magnanimità e ringraziandoli per l’attenzione? Wow, che bello, è uscito un nuovo Resident Evil e contiene esattamente 807 riferimenti ai videogiochi: riesci a trovarli tutti?
E dopo questo ne vorrebbero fare altri, capito?
T-virus quote
«Ma cosa cazzo vi dice il cervello»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
Riguardando il video de I Cardigans la memoria vola alla scena di questo action tamarro al quale nonostante tutto sono affezionato https://youtu.be/YugtQouXa-0
Ahah, ma cos’è, il sequel de I figli degli uomini?
Lui che piomba nel furgone come Filini alla curva del ristorante durante la Coppa Cobram. Arte.
Unanimi noi
È un film più brutto di RE6.
E date un agente degno a Kaya vi prego.
Ho giocato RE su playstation 1 che sarà stato, boh, il 98?… quindi non ricordo una sega del gioco se non che m’era piaciuto. Non capisco come tanta gente della mia età ricordi ancora tutto per filo e per segno e riesca a notarne le differenze (e non parlo dei videogiocatori che giocano ancora oggi, ma di tutti quelli che c’hanno giocato all’epeca mia e stop). I film di Anderson sono mediamente terribili ma hanno a loro modo un fascino torbido e certe atmosfere, pure a me che vedo quasi-solo horror, hanno sempre inquietato. Anche questo nella sua evidente sconclusionatezza ci é riuscito. E’ un pregio (o molto piú probabilmente un limite) mio, ma sarà la musica (sentita ma bella), o saranno le location tetre, ma con le cuffie e di notte ha me ha messo il magone. Per me guilty(ssimo) pleasure.
” Claire Redfield ci mette mezz’ora a fare due scale e scendere in cantina.”
Per “mia moglie che si prepara per uscire” non basta neanche il sequel
Visto un mese fa e non mi ricordo una scena una…
Siamo in due,ricordo più facilmente Dead Rising.
Bof, a me e’ piaciuto.
Parere sincero? Per me e’ il film di Resident Evil per cui allora un fan come me sarebbe stato disposto pure a morire.
Non quella vaccata del film di Anderson, che col gioco non c’entrava pure una mazza.
Il guaio sta proprio nella parola che ho usato.
Allora.
Piu’ di vent’anni fa.
E’ fuori tempo massimo, purtroppo. E su molte cose.
Ma l’ho apprezzato proprio per il fatto che i miei RE preferiti sono quelli dal primo fino a Code:Veronica.
Dal 4 in poi una svecchiata era obbligatoria, ma di fatto me l’hanno trasformato in uno sparatutto.
Ci ho visto parecchio affetto, da parte di uno che da pischello dev’essere impazzito quasi quanto ero impazzito io, e che di fatto ha ripreso la stessa struttura direttamente dal 1998 fino ai primi anni del 2000.
Come se fosse rimasto tutto congelato fino ad allora.
Fuori tempo massimo, ripeto. Ma ho apprezzato, piu’ che altro per avermi fatto ricordare quelli che per me sono ancora gli episodi migliori.
La svogliatezza. Come il film.
Lasciamo perdere la rece di Venerdì.
Oggi un film uscito l’hanno passato al cinema e recensione fuori tempo massimo.
Che NON di ci dice di andare a recuperarlo, perchè fa schifo, ma che serve all’ego del recensore per fare il comico.
E se leggo ancora Boomer in una rece di Stanlio….
La rece che non si doveva fare di un film che non si doveva fare.
Complimenti anche stavolta, ne sentivamo fortemente il bisogno.
Ma non ho capito: ti pagano per leggere di recensioni che non ti piacciono di film che comunque non ti piacciono?
commento di Pier più lunedì mattina..accoppiata terribile.. comunque in effetti al posto di boomer si potrebbe scrivere direttamente Pier…è più corto e più offensivo
Chi scrive Boomer è una di queste due persone:
– un giovanotto alquanto Pirla che crede la sua giovane età un valore in sè ( ma invecchierai lurido coglione, ma cosa te lo dico a fare, mai hai letto un libro).
– Uno avanti con gli anni ( avanti sempre rispetto a un brufoloso) che vuole fare il supergiovane ( modello Elio e le storie tese) che fa così figo. “Eh, ma io non sono vecchio vedi? Uso e scrivo Boomer? ”
E se proprio dovesse usare Boomer come termine offensivo, cosa che fa (come dice piermonday) che infinita tristezza.
Chi sarà il recensore? Vedete voi….
che palleeeeeeee
Pierrrrrr!!!!
Invece il tuo commento era davvero indispensabile
@pier
..tanto per fare una non richiestissima punta al cazzo:
La “giovane età” È un valore in sé.
è più offensivo in una scala da 0 a 10 dove boomer sta a livello 1/2 e Pier 9/10
Secondo me molte case videolidiche dovrebbero tentare di vendere i diritti in Europa o Giappone per gli adattamenti cinematografici. Gli Stati Uniti producono molti videogiochi, ma l’industria cinematografica non riesce ancora a prenderli abbastanza seriamente per sforzarsi nel trasporli anche solo in film decenti; fatte pochissime eccezioni come il primo Silent Hill.
Ormai siamo agli sgoccioli. Films tratti da videogiochi ne vedremo sempre meno per il semplice fatto che ormai le grafiche dei videogames sono sempre più realistiche, quindi l’ effetto “andiamo al cinema per vedere come sono i protagonisti in carne ed ossa e fare wow” svanisce.
@Adolf non sono convinto che andrà così. Le IP sono troppo ricche perché i produttori ci rinuncino. Quello che succederà secondo me sarà un’evoluzione del linguaggio di trasposizione. Ci si renderà conto, come dici tu, che non ha senso riproporre la superficie di un videogame, e si troverà un modo per integrarne lo spirito adattandolo al linguaggio cinema (o viceversa).
Se pensi, anche i cinecomic hanno creato film orribili, finché Feige non ha trovato la formula vincente.
Ultimamente vedi una serie come Arcane che era ottima pur rispettando gli elementi originali di LoL, ma senza ricalcarla pari pari. Andrà sempre più così, secondo me.
Boh, sarà che vedo uno stallo completo dell’ industria videoludica da quando è uscita l’ ultima generazione. Pochissimi titoli, poche idee innovative, tanta riproposizione di vecchi titoli con la nuova grafica. Nel frattempo spremono al cinema ancora i Resident Evil e i Tomb Raider, giochi usciti 25 anni fa e che avevano fatto fare wow a milioni di giocatori, con sequels ogni anno. Inoltre oggi non vedo titoli che possano competere a livello di vendite per poter portare una base di appassionati al cinema e fare incassi.
“Un due tre, stai là!” , volgarmente conosciuto come “Un due tre, stella!” è stato un gioco molto in voga nel periodo in cui gli esseri umani molto piccoli uscivano di casa. Un essere umano molto piccolo si metteva spalle girate a tanti altri umani molto piccoli e dopo aver detto “Un due tre, stella!” , si girava e doveva dichiarare quale altro essere umano molto piccolo gli stava sulle palle dicendo “ti sei mosso!”. Il gioco è stato abolito in alcuni quartieri per i traumi causati alle umane molto piccole di nome Stella, che ogni volta si sentivano prese di mira e si suicidavano. Il nome Stella non è più molto diffuso in Italia. Alcuni ex genitori di umane molto piccole suicidatesi, in alcune interviste lasciate alle tv locali, hanno detto che se avessero chiamato le figlie Stai Là!, forse queste sarebbero ancora vive.
Per non parlare del personaggio di Leon, che pare un ritardato fin da subito e poi risolve tutto con una bazookata. Un film vergognoso
Vi dirò a me è piaciuto! Non rimpiango i 5.00e spesi per vederlo in un cinema “vuoto”!
Boh, forse la roba della zip era in un filmato del gioco.
io pensavo peggio, peccato però che la tensione scemi minuto per minuto e alla fine i personaggi c’hanno i cheat del tempo infinito e dell’invincibilità. A dimostrazione Leon che usa un lanciarazzi dentro il vagone treno con gli altri a 10 cm dal boss finale. Nessuno dopo che gli dà del cretino, nessuna conseguenza, niente di niente. E sarebbe anche stata una trovata divertente e liberatoria messa nella giusta ottica, e invece no.
Il film è chiaramente una cazzata, però il mood generale a me non dispiaceva.
@pier
..tanto per fare una non richiestissima punta al cazzo:
La “giovane età” È un valore in sé.
Quando ho visto “quel genere di fissati di videogames capaci di dire che Assassin’s Creed era un buon film” storcere il naso dopo la visione di questo RE, la sensazione che le cose fossero andate male un po’ mi era salita.
Mamma mia come mi sono girate le palle dopo aver visto sta cosa!!! Una serata buttata nel cesso…
Penso che in live action o azione viva come piace ai nazionofili sia uno dei migliori in assoluto di adattamento ad un videogame, non pesa nemmeno qualche leggera differenza di melatonina ed il film funziona benissimo.
La Scodellaro penso sia il primo film o serie che azzecca.
Si a me Skins con lei ha fatto cagarissimo.