Devo confessare che io ho un debole per quel bell’uomo che è Roland Emmerich, per i suoi film che desiderano tantissimo essere una cosa gigante, che non ce la fanno a stare chiusi dentro lo schermo di un cinema, che smaniano perché nell’inquadratura rettangolare non si può infilare proprio tutto il mondo che si accartoccia completamente, tutto insieme. Un cinema che è un po’ come La fonte meravigliosa, quel film degli anni ‘40 con un architetto rivoluzionario e avanti rispetto ai suoi anni che nessuno capisce e lui, che la prende bene, fa mega progetti e poi li fa anche saltare in aria. Ecco Emmerich è così, tutte le sue costruzioni digitali stanno lì perché poi devono saltare in aria. È uno di quelli che si guardano i video dei palazzi che implodono e poi esultano ad ogni crollo.
E qui ha fatto un passetto più in là nella follia senza senso. Che nel suo caso è quasi un’operazione ragionevole.
L’idea che l’orbita della Luna si stia avvicinando a quella della Terra sempre di più e che questa finisca per scartavetrare la Terra è la meno assurda di tutto Moonfall. E per questo è un gran film. Anzi per questo è un gran film degli anni ‘90.
Ci sono buone probabilità che questa trama Emmerich l’abbia ricevuta dal passato, come Marty McFly con il plico inviatogli da Doc Brown dal vecchio West. Dovrebbe essere arrivata all’incirca dal 1998 o dal 2000, giù di lì. Lo capiamo dall’identikit del protagonista, un uomo duro che si è scontrato con i suoi superiori perché la sua destrezza e il suo ardore hanno fatto sì che salvasse tutti ma con un’azione personale e non seguendo le regole e che ora è senza lavoro e ripara la sua macchina in garage per regalarla al figlio della donna da cui ha divorziato e che, non avendo un padre, è un ribelle che sfoga nella direzione sbagliata la sua rabbia avendo problemi con la legge. Ecco su questo canovaccio che grida America-pre 9/11, arriva il fatto che la Luna si sta avvicinando alla Terra, e a dirlo sono non solo una serie di persone con gli occhiali che l’hanno letto sugli schermi luminosi dei loro computer, ma anche un ciccione complottista. Quindi è indubbiamente vero.
Siamo sempre nella parte realistica e probabile della trama eh, quella in cui il ribelle viene convocato dalla stessa NASA che l’aveva congedato con disonore perché solo lui può guidare A MANO un razzo per andare sulla Luna. E il razzo va guidato A MANO perché sulla Luna c’è qualcosa che respinge l’elettronica. E qui ci addentriamo nella seconda trama. Perché Moonfall è così, ti attira con la Luna e la Terra che si danno un tenero bacio e ti tiene con tutta un’altra trama che strizza l’occhio a Carl Sagan facendogli il favore di stravolgere le sue idee levandogli qualsiasi respiro filosofico e trasformando tutto in “Ragazzo, il pianeta è fottuto ma dobbiamo provare a salvarlo lo stesso per i nostri figli”.
Davvero della trama non c’è da dire molto di più, se avete visto 2001: Odissea nello spazio e Contact state a posto, siete già molto più preparati del necessario. Del resto anche il buon Emmerich ha bisogno di Patrick Wilson e di John Bradley solo come comparse che interagiscano con i suoi effetti visivi. L’unico regista che, tra l’attore e la pallina da golf su un palo davanti ad un green screen usata come referente per tutta la parte digitale che poi sarà creata in post produzione, dà indicazioni di regia alla pallina da golf. E così, nonostante questo non sia un film con il budget che sarebbe necessario, il suo desiderio di grandiosa distruzione è soddisfatto. La Terra ancora una volta è offerta in sacrificio per noi con eccezionali inquadrature di una Luna gigante che arriva, o della gente che salta altissimo per la vicinanza della Luna che crea una seconda spinta gravitazionale verso l’alto. Tutta scienza eh, sia chiaro.
E poi i classici emmerichiani ci sono tutti, dal rapporto padre-figlio che ha la stessa identica importanza della salvezza del pianeta, fino alle peripezie di un gruppo di persone che sta proprio lì, nel punto esatto in cui infuria la catastrofe, che si muove in mezzo alla distruzione senza senso, mentre il mondo praticamente finisce, finendone molto graffiata e un po’ anche abbozzata. E il piacere alla fine davvero è tutto lì, quello di costruire il plastico e poi distruggerlo, far muovere gli omini e poi far arrivare la Luna. Perché il resto della sceneggiatura, che si intravede se dietro alle pagine mettete una sorgente di calore, come antichi manoscritti dei pirati, in realtà è un’altra storia di verità e falsità, stato e complottisti, ma anche (se immergete la sceneggiatura in un liquido di contrasto) emerge pure la storia che doveva stare lì ancora prima, una di alieni e megastrutture, di umanità e conquista dello spazio.
Ecco tutti questi strati sono stati quasi cancellati dall’ultima riscrittura di Emmerich, che ha coperto a lungo il resto lasciandolo emergere solo nel finale quando non aveva più idee (perché obiettivamente quando fai scontrare Terra e Luna e nessuna delle due esce distrutta per sempre poi che altro fai succedere?): lì ancora si intravedono stracci di una precedente trama. Questo fa di Moonfall più di un film di distruzione: un film di distruzione con razze aliene che cercano di comunicare con noi. Anzi no. È più di un film di distruzione: è un film di distruzione operata da nanotecnologie che scavano nella Luna. Anzi no aspettate. È più di un film di distruzione: è un film di distruzione che nasconde l’origine della vita sulla Terra!
Dvd-quote suggerita:
“È come sentirsi sussurrare dolcemente da Roland Emmerich ‘Distruggimi il pianeta e ti dirò da dove vieni’”
Jackie Lang, i400calci.com
Scorrendo la filmografia di Emmerich la cosa più assurda secondo me è che nel 2011, dopo aver già distrutto il mondo almeno una mezza dozzina di volte, gira un film (ovviamente complottaro) su Bill Shakespeare.
Teorie complottistiche su Shakespeare? Non fingerò di essere esterrefatto, ma mi si permetta almeno l’ingenuità di essere stupito e incuriosito. Che razza di teorie complottistiche si possono escogitare riguardo un drammaturgo di secoli fa?
Ci sono un sacco di ipotesi sulla sua VERA identità.
https://it.wikipedia.org/wiki/Attribuzione_delle_opere_di_Shakespeare
Consiglio la lettura del delizioso “Il mondo è un teatro” del sempre eccellente Bryson. C’è anche la storia delle teorie “alternative” sull’identità Shakespeare, e di come siano fondamentalmente senza senso.
Tra l’altro dal libro si scoprono altre cose affascinanti sul bardo. Ad esempio, abbiamo circa una decina di sue firme autografe, e in nessuna il nome è scritto correttamente, il che per l’epoca era la norma. Riporto un passo che mi ha molto divertito (Bryson è probabilmente il miglior umorista vivente):
“Il suo successo, va detto, non fu privo di scorciatoie. Shakespeare non si faceva scrupolo di rubare trame, dialoghi, nomi, titoli o qualsiasi cosa facesse al caso suo. Per parafrasare George Bernard Shaw, Shakespeare era un magnifico raccontatore di storie, a patto che qualcuno le avesse raccontate prima.
D’altra parte, questa era un’accusa che si poteva muovere a quasi tutti gli scrittori del tempo. Per i drammaturghi elisabettiani, gli intrecci e i personaggi erano un bene comune. […]
Al suo peggio, Shakespeare rubava battute “quasi meccanicamente”, per dirla con Stanley Wells, il quale cita un brano dell’Enrico V in cui al giovane re (e, cosa più importante, al pubblico) viene offerto un ripasso di storia francese che è preso più o meno testualmente dalle Cronicles (“Cronache”) di Holinshed. Il Coriolano, nel primo in-folio, contiene due battute che non hanno alcun senso a meno che non si risalga alle Lives of the Noble Grecians and Romans (“Vite dei nobili greci e romani”) di sir Thomas North e non si rintraccino le stesse identiche parole e la riga precedente, che Shakespeare (o più probabilmente un copista o, in seguito, un compositore) aveva involontariamente tralasciato. Marlowe, da parte sua, aveva preso diverse battute da La regina delle fate di Spenser e le aveva inserite quasi senza modifiche nel Tamerlano. E la stessa Regina delle fate conteneva brani presi di peso (anche se tradotti) da Ludovico Ariosto.”
Beh, senza dubbio è interessante, ma avrei qualcosa da obiettare sul tuo senso dell’umorismo, se ritieni che questo brano sia una prova dello scettro che attribuisci al suo autore…
@Michele. La mia conoscenza del Bardo è abbastanza scolastica. Ma le teorie sulla sua identità e sul fatto che avesse effettivamente scritto di suo pugno il suo Corpus sono molteplici e sono basate su dubbi fondati.
Io aggiungo un mio personale dilemma. Sono Stato a Stratford on Havon e, come da foto di Internet, si vede la Casa del Bardo. Ora non ricordo se la casa Natale o dove è vissuto. Ma il contesto è risibile. In centro al paese in questa Main Street piastrellata e circondata da case basse ma moderne…resiste questa costruzione di campagna del 1600. Pulita, Linda. Una trappola per turisti? Mah.
On Avon….
@ Bugo l’umorismo, come la musica, è questione di gusti. Ma in effetti avrei dovuto specificare. La maestria di Bryson come umorista sta nell’aver introdotto l’umorismo in campi dove non si è mai visto, come la divulgazione scientifica (“Breve storia di (quasi) tutto”, eccezionale). Anche il libro su Shakespeare è biograficamente rigoroso, e allo stesso tempo godibile. Non è da sganasciamento, visto che è sul genere inglese, anche se Bryson è americano (storia complicata). Comunque dove ha dato il meglio è nelle sue cronache di viaggio e camminate. Per farsi un’idea (da “Una passeggiata nei boschi”, cronaca del suo tentativo di farsi l’Appalachian trail):
“Gli orsi Bruni raramente sono aggressivi. Ma qui sta il punto. A volte lo sono. Gli orsi sono animali agili e fortissimi, a parte il fatto ovviamente di essere perennemente affamati. Se un orso avesse l’intenzione di uccidervi e mangiarvi, potrebbe farlo in qualunque momento e in assoluta comodità. Ciò non accade di frequente, ma – ed è proprio questo il punto che mi preme sottolineare – una volta è più che sufficiente. […]
Tutti i libri sono categorici nel dire che se un grizzly ci corre incontro, non si deve mai cercare di scappare. Questo è il genere di consiglio che può venire solo da una persona che, nel momento in cui lo dà, si trova comodamente seduta davanti alla tastiera del suo computer. Datemi retta: se siete all’aperto, senz’armi, e un grizzly vi si fa incontro, correte. Correte senza problemi. Se non altro, occuperete produttivamente gli ultimi sette secondi della vostra vita.”
@ Pier no, non lo sono. Non hanno il minimo fondamento. Lascio nuovamente la parola a Bryson, che alla fine del capitolo dove le teorie sui vari “Shakespeare alternativi” vengono smantellate, tira così le somme:
“L’unica mancanza nella documentazione coeva non riguarda il collegamento fra Shakespeare e le sue opere, ma il rapporto fra queste e qualsiasi altro essere umano. Come ha osservato lo studioso Jonathan Bate, nessuno, “durante la vita di Shakespeare o per i primi duecento anni dopo la sua morte, ha espresso il benché minimo dubbio sulla paternità delle sue opere”. […]
In breve, è possibile, con una sorta di strabismo selettivo, concedere ai vari pretendenti il tempo, il talento e il desiderio di anonimato necessari a scrivere le opere teatrali di William Shakespeare. Ma ciò che nessuno ha mai presentato è la benché minima briciola di prova che possa suggerire che sia andata così. […] Se si trattò di un complotto, fu davvero straordinario. Avrebbe dovuto richiedere la collaborazione di Jonson, Heminges e Condell, di quasi tutti o tutti gli altri membri della compagnia di Shakespeare, nonché di un numero incalcolabile di amici e famigliari. Ben Jonson mantenne il segreto perfino nei suoi taccuini privati.”
Ciao Pier, ti dirò che mi eri mancato.
@ Michele, non male eh, ma Wodehouse è lontano, e non è comunque mai stato tra i miei prefe. Poi, voglio dire, qui sui Calci ci sono certi comici… (tu forse dirai: appunto, comici, non umoristi – e allora io ti risponderei:
sì, boh, certo, ma anche no, cioè, non sono poi sicuro di saper cogliere una differenza) certi comici che adesso posto due link, ma prima faccio una mezza confessione. Alla fine penso che tanti vengano qui come si è soliti venire su un sito di cinema, per rivivere le emozioni che ci ha suscitate il film di turno, discuterne e così via. Ecco, io invece vengo qui per rivivere e commentare le emozioni che mi han dato le rece dei regaz di Valverde, dei film alla fine me ne importa poco. Ecco, dicevo, due rece belle riderevoli:
https://www.i400calci.com/2014/04/out-of-the-furnace-like-a-severgnini/
https://www.i400calci.com/2013/02/how-i-met-your-maker-gli-shockumentary-di-tsurisaki-kiyotaka/
Adesso me le vado a rileggere per bene, ma già me la sghigno.
Beh, sì, Wodehouse è lontano, in ogni senso, visto che tra l’altro è morto da quasi mezzo secolo. E pur avendo scritto tanto (e tanto di buono), non ha mai tentato di fare divulgazione scientifica o storica. Poi, ribadisco, sono gusti. C’è chi trova noiosi i Monty Python. Io però consiglio un tentativo. Quando un americano scrive un libro raccontando il suo viaggio in giro per l’Inghilterra e viene votato dagli inglesi come il libro che meglio rappresenta il loro Paese, sai mai che merita. Ad ognuno poi giudicare.
Sì, tranqua, era per dire che lo humor di stampo inglese non è la mia miscela di caffè preferita, ma ho apprezzato. Breve storia di quasi tutto ce l’ho anche sul comodino (leggi: l’ho piratato a cazzo da qualche sito losco) e se mai un giorno mi rimetterò a leggere gli darò un occhio.
@Bugo. Non so se crederti ma la cortesia mi impone di ringraziare per il pensiero. Ciao Bugo. :)
Emmerich è un inguaribile innamorato della fantascienza anni ’50.
ci sono i nazi sulla luna anche in questo?
“E con il ghiaccio dentro al bicchiere /
Faremo un brindisi tintinnante /
A questo viaggio davvero mondiale /
E a questa luna gigante“
Ahah, molto bene. La suggerirei come Dvd-quote suggerita.
(Dvd-quote meta-suggerita.)
Non ho letto il libro di Stephenson, che però di regola mette insieme trame solide e con discreto background scintifico/tecnologico (anche se non è proprio hardsf), per cui sospetto che la sceneggiatura sia stata rimaneggiata a colpi di motosega per cancellare qualsiasi cosa non fosse rilevante alla fragorosa devastazione che è oramai il marchio di fabbrica di Emmerich (che per scelta evidentemente artistica prevede per pima cosa la fragorosa distruzione della barriera del ridicolo, qualcuno ha detto la parola con la A? Non io! Non sono stato io!).
Spero che nessuno prenda in mano Anathem. Ma ho grossi timori.
La rece spoilera poco, giustamente, quindi il film lo guarderò. A me interessa vedere la classica scena disaster in cui Rio de Janeiro viene distrutta, col Jesus gigante che vola via. Se manca quella scena non è un vero disaster movie.
Meglio questo che the Batman
Io vorrei solo ricordare il miglior film di Emmerich secondo me. E l’essere il miglior film di emmerich non è comunque essere un buon film.
Per me è Godzilla. Si lo so, è diverso dall’originale. Ma all’epoca, tra un Jurassic Park e l’altro dove i Mostri Grossi stavano in mezzo agli alberi, lo Zilla di Emmerich distruggeva New York. E non ricordo molti Mostri Grossi fatti bene che polverizzavanao la merdosa razza umana, all’epoca.
Sul grande schermo fu molto divertente.
Per me il miglior Emmerich era e rimane Stargate. Seguito da Independence day.
Indipendence Day vince su tutto, lì c’è già tutto tutto tutto il cinema di Rolandone.
Poi io amo anche 2012, non da tutti apprezzato, secondo me invece cogli anni verrà rivalutato come classico del nuovo millennio.
La moquette di Shining al minuto 31. Perchè?
Un pensiero stimolatomi dalla visione del film. Il film è lì da finire. Il pensiero non è molto originale ma lo esprimo.
C’è un topos ( un tema centrale ripetuto) in questi disaster movies. Ma anche in molti horror: Il fatto che la civiltà sia sono una sottile pellicola che ricopre una sostanziale animalità pronta a liberarsi in ogni momento. Questo tema è molto presente nella cultura cinematografica americana e ha senso in quel paese. Ora, io l’ho visitato poco ma nel mio infimo penso di avere capito qualcosa. Gli Stati uniti non sono un popolo, non sono gli Italiani ( che già dopo millenni sono ancora diversi).
Non hanno una idea comune di società: neri, bianchi suprematisti, bible belt, mormoni, figli di sette, dispersi nel west… Hanno solo una cosa li tiene uniti (questa civiltà appunto). Una forma di controllo sociale chiamata Legge, e sistemi energetici. Non appena questo salta in qualche punto, Bam, il ritorno al medioevo immediato. E cito, solo per essere sintetico, il famoso Blackout di NewYork del 1977. E’ saltata la luce per 24 o meno. Violenza totale. Una cosa che non credo sarebbe avvenuta in Italia. E molte altre a seguire. Un paese paranoico. Dove se ti ferma un poliziotto in macchina devi tenere le mani sul volante, e se fai dei complimenti a un infante ti spacciano per pedofilo. Dove i supermercati hanno muri interi di foto di bambini rapiti e mai ritrovati.
Provate a farvi 100km di strada da soli nel west in mezzo al niente, e the Texas Chainsaw massacre apparirà molto reale: facile ammazzarvi, mangiarvi e seppellirvi e mai nesuno vi troverà.
Questo Topos è presente in moltissima cinematografia Statunitense.
Avrei anche voglia di vomitare merda su questo film. Ma è facile e voi l’avete fatto con “simpatia”.
Ecco, siate violenti e brutali. Perchè capisco che il vostro lavoro di recensori si regge sull’esistenza stessa del cinema e quindi inscosciamente non raggiungete livelli di critica e censura che noi Pubblico facciamo.
E questa violenza non usatela con produzioni minori, già risibili di per se. Abbiate coraggio di farlo coi “Nomi”.
Perchè i siti danno ai film un massimo di cinque stelle… e l’ultimo di argento ne becca due (DUE)? e pure emmerich? ( e vado per voti pià bassi). E pure DIABBOLIK? Voi non mettete le stelle, ok…Voi siete ironici e sarcastici. Forse troppo coi minori e meno coi maggiori.
Ma mettete meno 3 stelle, meno 4.
O ignorateli.
Forse fareste un favore al cinema.
Come,l’ho gia detto? è 13 anni che spiegate blabla… ;)
Film orribile, e in qualche modo puzza di propaganda con citazioni di Elon Musk qua e là, russi inesistenti nello spazio. Voto -1000
Leggi della fisica inesistenti, resto del mondo ( e pure resto degli States) inesistente sulla terra…..
Del resto non mi aspettavo niente di più. Peccato veramente che sia stato fatto fuori tempo massimo e peccato pure che non ho più 13 anni.
Un Emmerich non al massimo della forma soprattutto nella costruzione dei personaggi (che secondo me raggiunge l’apice con 2012). Nel finale poi mette tanta tanta carne al fuoco….ma tanta….forse troppa.
Ad ogni modo gli si vuole non bene ma di più
Visto solo ieri, corpo di mille balene,!!
Sono qui solo per dire 2 cose: il “mi dispiace” più finto della storia del cinema è in questo di, nel finale.
Si chiama Emmerich, non Virzì. Godetevelo per il genere che fa, ricordando che “cinema” deriva da KINETOS = movimento.
Sbaglierò, ma quando il personaggio di Wilson, all’interno della Luna interagisce con l’IA, non vi pare un copia/incolla di The Abyss?
un film abominevole dall’inizio alla fine
Qui Emmerich fa ancora così più tanto casino del solito con le famiglie che fino alla fine non davvero capito chi è figlio, padre, madre, ex, di chi.