Serve un motivo per fare una retrospettiva su William Friedkin? No. Ma noi ce l’abbiamo: il motivo è che non avevamo ancora coperto praticamente niente di suo. E quindi ora copriamo tutto. Seguiteci nel nostro nuovo, imprescindibile speciale: Le basi – William Friedkin.
“Un cast eccezionale. Un’ottima sceneggiatura. Locations da sogno.
Come si poteva fallire?”
William Friedkin
Il campione di incassi negli Stati Uniti del 1987 è Tre Scapoli e un Bebè, forse uno dei film meno calciabili della storia del Cinema. Al secondo posto, con un incasso poco più basso, 156 contro 167 milioni di dollari, troviamo invece un titolo ben più interessante. Il film in questione è diretto da Adrian Lyne (da poco fortunatamente tornato dietro la macchina da presa con Deep Water), ha come protagonisti Michael Douglas e Glenn Close, un coniglio morto, si intitola Attrazione Fatale ed è un erotic thriller. Grazie per la domanda.
La professoressa di cinema Linda Ruth Williams descrive il genere come “storie noir di intrighi sessuali che contengono una qualche forma di criminalità o ambiguità, spesso a fare da fragile cornice per sequenze softcore“. È un genere ombrello, difficile da definire, perché al suo interno possiamo ritrovare altri sottogeneri. Mentre la parte erotic rimane abbastanza facile da identificare, è la parte thriller ad essere più sfuggente. Ci possono essere tradimenti, omicidi, crimini di varia natura, divagazioni psicologiche. Attrazione Fatale è stato il primo film di questo genere (anche se ci sono diverse teorie a riguardo e sicuramente qualcuno potrà citare casi antecedenti) che ha avuto il suo acme con Basic Instinct nel 1992, ma che poi è andato velocemente a scemare, scomparendo di base dopo la seconda meta dei Novanta, o diventando appannaggio per l’home video.
Protagoniste indiscusse degli erotic thriller sono le nuove Femme Fatale: donne misteriose, sensuali e pericolose (quando non letali) che si prendono gioco delle loro controparti, i Fall Guy, i maschi, i fresconi che appena le vedono non capiscono più niente perché pensano solo al sesso. Lo spiega bene Christina Newland nel suo articolo “The Gruesome Demise of the 90s Erotic Thriller“: “Nei thriller erotici, le dinamiche di potere vengono sovvertite nel momento in cui le Femme Fatale trasformano gli uomini in pupazzi… Quasi tutti questi film ruotanbo attorno a un’idea: gli uomini sono fondamentalmente stupidi; accecati dal sesso e impotenti di fronte ad esso“. Prima di chiudere con questa piccola lezioncina sul genere, un’annotazione: nella definizione della William, ho tradotto come “ambiguità” il termine “duplicity“. Spesso negli erotic thriller è presente un personaggio che ha due distinte personalità: una “normale” e una violenta, omicida, triggerata dal sesso. Va bene, dai, ci siamo. Sigla.
Siamo nella prima metà degli anni Novanta e, come sappiamo grazie a Stanlio, William Friedkin non se la passa molto bene. Incredibilmente però, le stelle si allineano e gli arriva una bella proposta, una di quelle non è che non puoi rifiutare, ma che sarebbe quantomeno stupido lasciarsi sfuggire. Il capo della Paramount, Bob Evans, evidentemente gli vuole bene e anche se ormai non becca un film da anni, lo vuole come regista della nuova sceneggiatura di Joe Eszterhas, la penna più pagata di Hollywood. Eszterhas è uno scrittore, sceneggiatore, saggista ungherese naturalizzato statunitense che nel tempo ha messo a punto una sua formula perfetta, che potremmo sintetizzare in “sex & violence”. Un po’ di prove generali con F.I.S.T. e Flashdance, per poi capire cosa desidera Hollywood in quegli anni. Una volta fatto questo sforzo, scrive film come Doppio Taglio o Betrayed – Tradita, per poi sbancare tutto nel 1992 con Basic Instinct, come detto l’erotic thriller per eccellenza.
Nell’altra mia puntata dello Speciale dedicata a Friedkin, ho azzardato una spiegazione di carattere musicale per il suo bellissimo Vivere e Morire a Los Angeles: la famosa mossa del disco omonimo. Mi avvalgo ancora della mia frivolezza musicale per spiegare un concetto importante per capire quel enorme fallimento (almeno dal punto di vista commerciale) che è Jade. Ricordo un’intervista al cantante degli Smash Mouth, autori proprio in quel periodo di una manciata di singoli di incredibile successo. Steve Harwell, da poco ritiratosi dopo questa incredibile esibizione live, disse qualcosa come: “È facilissimo farcela nel mondo dello spettacolo: devi fare quello che la gente vuole. Se non ce la fai, vuol dire che non sei abbastanza intelligente!“. Ed effettivamente gli Smash Mouth, col loro rassicurante intruglio di pop punk, ska e surf ’60 furono in grado di leggere quello che desiderava il pubblico di quel periodo. Riuscirono, anche grazie a una cover di I‘m a Believer dei The Monkees, a razzolare il razzolabile per poi andare a spegnersi. Normale, eh? Quel genere musicale lì, fatto di somme di sottogeneri, ha una sua scadenza. Dopo un po’, come col thriller erotico, il tempo scade. Se vuoi fare il pazzo cash devi essere rapido e veloce. Questo per dire che, se nel 1995, ti arriva dal cielo una sceneggiatura di Eszterhas e tu non sei in grado di trasformarla in un successo, forse non hai capito quello che la gente vuole. O, molto più probabilmente, visto che parliamo di Friedkin, di quello che il pubblico desidera… mi sa che non te ne frega un cazzo.
Ora, è difficile capire cosa sia successo realmente, ma Eszterhas nel suo libro Hollywood Animal, dice che lavorare con Billy è stato un casino e che soprattutto il nostro gli ha stravolto la sceneggiatura. Eszterhas si rivolse addirittura alla Paramount chiedendo che il suo nome fosse tolto dai credits del film. A quel punto i produttori, per tenere buoni tutti, furono costretti a concedergli un blind script deal (ovvero un “Scrivi il cazzo che vuoi, guarda, manco mi devi far leggere nulla e ti giuro che noi facciamo il film e ti paghiamo un sacco”) per un valore compreso tra i 2 e i 4 milioni di dollari. Dall’altra parte c’è però la versione di Friedkin che ha sempre negato. Diciamo quasi sempre. La già citata Linda Ruth Williams lo intervisterà per il suo libro The Erotic Thriller in Contemporary Cinema e qui viene fuori che, “uhmmm, sì, potrei aver cambiato qualcosa. Ma rimane comunque il mio film preferito“.
C’è qualcosa che non torna. Jade, con un budget di 50 milioni, ne incassa meno di 10. Le critiche sono pessime, quando non addirittura violente, mezzi insulti sotto forma di recensione. Lo sceneggiatore minaccia di togliere il suo nome dal progetto e, scandalo degli scandali, lo script viene candidato ai Razzie Awards. Sorte che capita anche all’attore principale, David Caruso, che con questo film tentava di fare il grande passo dalla televisione al cinema. E nonostante tutto questo, è il film preferito del suo regista. Uno che nella sua vita, certo, ha pestato un po’ di merde, ma ha pur sempre fatto almeno 3 fottuti capolavori.
La mia idea è piuttosto semplice. A Friedkin non fregava nulla dell’erotic thriller. Niente. Tanto è vero che anni dopo fece la sua comparsa sul mercato una director’s cut in VHS con 12 minuti in più, fondamentalmente fatto solo di scene di sesso. Quello che interessava a Friedkin era sperimentare un po’ col linguaggio cinematografico e girare un altro inseguimento in macchina. Con ordine: ricordate le schegge impazzite di Vivere e Morire a Los Angeles? Fotogrammi che spezzavano la normale continuity e che andavano ad anticipare alcuni elementi del racconto. La scintilla veniva, ancora una volta, dal finale de Il Braccio Violento della Legge: quel rumore di sparo che rendeva l’inseguimento finale una sequenza quasi astratta, onirica. In To Live and Die in L.A. la cosa si spostava più sul lato visivo della questione e soprattutto diventava una scelta più consapevole, ragionata. Friedkin tenta di fare lo stesso in Jade. Se la messa in scena è piuttosto canonica non si può fare a meno di notare come alcune parti del film siano incorniciate da dei flash, immagini quasi subliminale, con l’aggiunta di uno “swooooh” e, ogni tanto, anche di un piccolo lampo in sovrimpressione. Il risultato, almeno per noi, oggi, è pessimo. Perché? Perché traghetta pesantemente il film nel territorio del televisivo, perché richiama alla memoria quelle transizioni di cui è piena roba come C.S.I. (e non è forse un caso che Caruso finisca poi per riscattare la sua carriera proprio come Horatio in C.S.I. Miami).
Veniamo dunque all’inseguimento. Una macchina nera pedina una donna, la investe e fugge. Caruso salta sulla sua macchina e si getta all’inseguimento dell’assassino. Per prima cosa sfruttano le discese di San Francisco per fare dei salti matti poi, dopo un momento di pausa, dovuto a un ingorgo stradale, le due si gettano in mezzo a una manifestazione nel bel mezzo di Chinatowon, inseguendosi in mezzo a una marea di gente travestita da dragone, ballerini, carri allegorici e via dicendo. La sequenza è pazzesca, vale da solo il prezzo del biglietto… ma. Ma cosa c’è, Casanova? Ma perché devi rompere il cazzo a questo film? Cosa ti ha fatto di male Jade? Ma niente, giuro. Solo che c’entra poco o nulla. Ok, anche le altre due sequenze di inseguimento fatte da Friedkin (ancora: il Braccio Violento della Legge e Vivere e Morire a Los Angeles) sono dei piccoli film nel film, ma qui manca proprio una continuità. In un film di base fatto di gente che parla, parla, parla… a un certo punto c’è questa cosa incredibile. Non aiuta il fatto che sia Caruso il protagonista di questa sequenza, uno che fino a quel momento ha faticato a trovare un’espressione che sia una, non sembra aver nessuno movente per trasformarsi da un momento all’altro in un uomo capace di una cosa del genere e che avanza nel film col carisma di un comodino dai capelli rossi e il fisico chiavato.
Rimane dunque la storia. Ci sono tutti gli elementi dell’erotic thriller. C’è una Femme Fatale, la misteriosa Jade del titolo, e una serie di Fall Guys resi stupidi dalla fregna. C’è un omicidio, delle foto compromettenti, un avvocato forse un po’ losco, un governatore sicuramente losco, dei poliziotti corrotti e qualcuno che blatera di “cecità isterica”, una condizione medica che porterebbe i pazienti a sdoppiarsi (la “duplicity” citata dalla Williams) per compiere azioni distruttive che non farebbero in condizioni normali. Insomma, c’è tutto quello che ci dovrebbe essere in un film del genere, ma francamente sembra non interessare molto a nessuno. Il plot è eccessivamente complesso, arzigogolato e finisce per perdersi in un mare di chiacchiere. Non aiuta lo score di James Horner qui convinto di essere l’erede di Bernard Herrmann e che questo sia un film hitchcockiano. Linda Fiorentino non è Sharon Stone e la sequenza torbida tra lui e Caruso cementa ancora di più per me l’idea che a Friedkin di questa roba qui dell’erotic thriller non fregasse nulla. Se escludiamo quindi la sequenza dell’inseguimento, rimane il fascino da canaglia di Chazz Palminteri, un Michael Biehn con un bel baffo e una piccolissima parte per Victor Wong.
DVD-quote:
“Un’erotic scusa per girare un bell’inseguimento”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
BONUS: Blue Chips – Basta vincere (1994) – di Toshiro Gifuni
Il vangelo del gossip di Hollywood contiene una storia buffa. Nel 1991 un semi-disgraziato (professionalmente parlando) William Friedkin appende al chiodo il suo avvocato divorzista, dopo una lunga e fruttuosa collaborazione, e convola a giuste nozze con la quarta e ultima moglie. Sherry Lansing non è neanche per sbaglio la proverbiale grande donna che c’è sempre dietro il grande uomo di turno. Col cacchio. Sherry Lansing è una produttrice di enorme successo, che ha iniziato gli anni 80 diventando (a 35 anni) presidente di 20th Century Fox, e li ha conclusi con una nomination agli Oscar per Attrazione fatale. Nel ’92, Lansing passa a Paramount (sempre nel ruolo di presidente) e la foto segnaletica di Friedkin negli uffici della major (che gli aveva prodotto Il salario della paura) scompare magicamente, sostituita dal contratto per Blue Chips (e per i successivi tre film del regista). Le malelingue potranno dire quello che vogliono, ma io me ne fotto: Friedkin torna a lavorare al cinema con budget e produzioni di serie A, e si mette a fare un film sul basket! Porco Kazaam!
A me il basket piace quasi quanto il cinema. E il cinema mi piace in un ordine di grandezza che raggiunge la magnitudo di orrore toccata dalla filmografia di Shaquille O’Neal. Basket e cinema messi insieme, però e purtroppo, hanno la stessa tara del 90% dei film sullo sport: raramente riescono a reggersi in piedi senza la stampella di una retorica un po’ stucchevole e sempre uguale. Non vuol dire che smetterò di guardare tutti i film sul basket, anche quelli con Ben Affleck, piangendo inevitabilmente tutte le mie lacrime quando gli underdog di turno riusciranno a superare i loro limiti e a dimostrare a tutti che il cuore (previo gettamento oltre l’ostacolo) è la cosa più importante. Ma non avrò nemmeno la disonestà intellettuale di dire che sono bei film. Oltre a Semi-Pro, che meriterebbe una categoria a sé, le pellicole sulla pallacanestro più riuscite di sempre rimangono quelle che, per un motivo o per l’altro, si tengono alla larga da quella retorica da quattro soldi: He Got Game e Chi non salta bianco è. Friedkin si approccia al genere da appassionato (è tifoso dei Celtics) e con la preziosa collaborazione di Ron Shelton. Shelton è il sultano del film sportivo – è stato regista e sceneggiatore di Chi non salta bianco è (e di Tin Cup), ma ha scritto anche Sotto tiro e Bad Boys II: idolo – e il suo copione anticipa di quattro anni alcune delle tematiche che renderanno memorabile He Got Game. Blue Chips mette sullo sfondo il percorso sportivo di una squadra universitaria – fittizia, ma con i celebri colori di UCLA – per concentrarsi sulle storture di un sistema, quello NCAA, in cui gli atleti sono considerati secondo regolamento degli amatori (quindi senza possibilità di compenso), ma poi nella pratica subiscono le stesse pressioni di un professionista. Questo succede perché il giro d’affari del campionato universitario di basket si attesta nell’ordine di qualche manciata di miliardi di dollari all’anno, nonostante la NCAA (come la FIFA) si dichiari associazione non a scopo di lucro.
Il segreto di Pulcinella peggio custodito della pallacanestro collegiale americana è che quasi tutti, prima o poi e scoperti o meno, hanno provato a reclutare per il loro ateneo qualche grande promessa liceale allungandogli sottobanco contanti, auto, dischi di Little Tony o qualsiasi altra cosa lo convincesse a scegliere il tal programma. Il coach interpretato da Nick Nolte in Blue Chips è uno di quegli integerrimi che non ci ha neanche mai pensato a farle, robe del genere. Circostanze (un’annata considerata fallimentare) e pressioni, interne ed esterne, lo spingono ad accettare la proposta indecente di uno dei ricchi ex-alunni (e donatori) della scuola, che finalizza il reclutamento di tre nuovi talenti sfruttando mezzucci non consentiti. La mano di Friedkin c’è, anche se il film svacca nel finale non riuscendo a risparmiarsi la predica sull’etica sportiva, e si vede soprattutto in un protagonista che, anche se marcia sul lato opposto dello spettro “bene” e “male”, comunque si porta appresso dei toni di grigio simili a quelli di Jimmy Doyle. L’altra magata friedkiniana sono, come al solito, le fazze belle e giuste. Bill sceglie atleti a cui insegnare come recitare dignitosamente, piuttosto che attori poco credibili dal punto di vista atletico e cestistico. Non solo giocatori veri: appaiono anche una discreta manciata di celebri coach universitari – Rick Pitino e Bobby Knight hanno i ruoli più ciccioni, con quest’ultimo (notoriamente una belva scaglia sedie) che ha allenato veramente la sua squadra quando sono state girate le sue scene – ex giocatori, Larry Bird nei panni di se stesso e il mitologico ex Celtic degli anni 50 Bob Cousy in un piccolo ruolo, e bordocampisti. E poi, ovviamente – oltre all’inutile mozzarellone sessuomane dell’Indiana che poi è finito a giocare a Ferrara, Bellinzona, Sidney, Lisbona e Murcia: idolissimo – i giovani Shaquille O’Neal e Penny Hardaway, funzionali ai ruoli e mai troppo cani. Per dire quanto Friedkin sia il migliore di tutti: non solo ha cambiato per sempre la storia del cinema, ma ha messo mano anche a quella del basket. O’Neal, dopo l’esperienza sul set con Hardaway, ha convinto la sua squadra (gli Orlando Magic) a tramacciare nell’ombra per ottenere i diritti di scelta di Penny al draft del 1994 e poterci giocare insieme, creando una delle coppie più esaltanti (e indimenticabili) del periodo. Friedkin out.
P.S.: se siete interessati al disastro criminoso della NCAA che fa da contesto al film, qua c’è un agile e ottimo riassunto fatto dal buon John Oliver.
Anche a me piace molto il basket, e blue chips mi piacque tantissimo.
Ecco, lo volevo dire.
Jade invece dovrei averlo visto ma non me lo ricordo, significherà qualcosa.
Jade l’ho visto all’uscita e con rammarico confermo di non ricordare nulla se non la bellissima sequenza dell’inseguimento (che in effetti sembrava appartenere a un’altra storia).
Blue Chip furry dal mio radar ma mi interessa, grazie per la segnalazione.
Mi sembra di sentire il vecchio Billy sbraitare sul set di Jade: «Giriamola sta scena de merda de baci de merda».
Anche io sono un grande fan di basket e Blue Chips all’epoca lo avrò visto almeno 100 volte
Jade e un film che si dimentica, nonostante quando ero più giovane attirava la mia attenzione come se fosse un Basic instint dei poveri. Infoiava Linda Fiorentino, mentre Caruso aveva sempre la stessa espressione da scamorza irlandese. Basta vincere invece non ho mai avuto il piacere di vederlo. Ovviamente.
Di Jade ricordo un gustosissimo dialogo a base di ficogelatine e tappaculo (doppiato, vado a ripescarmi oggi stesso la v.o per capire la possibile storpiatura), e poi quella fazze clamorose di Chazz e Michael Biehn col baffo che pare catalputato lí come se fosse uno spinoff del suo personaggio di The Abyss.
Di Blue Chips ricordo un grande Nick Nolte che valeva da solo il prezzo del biglietto.. Ops Vhs…
Semi-pro è il film più bello di Will Ferrell.
Basta Vincere è una scusa per vedere Shaquille ‘O Neal e va bene così alla fine.
Di “Semi Pro” ti dico solo che lo scorso Natale ho comprato su Amazon la canotta dei Tropics…
Abbracciami forte fratello (anche perché questa sera sfido un orso)
Io ti abbraccio Rupert, ma Semi Pro se la gioca con Eurovision. Ho riso più del dovuto con quello…
Insomma l’anno scorso organizzavo ogni mercoledì serate cinema a casa mia. Giro internazionale che vivo all’estero. Impongo Eurovision (nell’istante stesso in cui ne scopro l’esistenza). Io con le lacrime agli occhi per 90 minuti, le altre 9 persone attonite. Li ho cacciati tutti dalla mia vita senza alcun rimorso. Però Semi-pro più film. Come anche Rikky Bobby, sempre nel cuore.
Anche io nei primi 90 avevo la fotta per il basket (e per Shaq e Hardaway in particolare), ma avevo molta paura di vedere i miei eroi far cagare sul grande schermo. Fui molto contento di constatare che i due sembravano davvero attori, e non sfiguravano di fianco allo schizzatissimo Nick Nolte.
Non lo vedo da una vita ma mi piacque molto. Non sapevo fosse di Friedkin.
Devo ammettere che, recensione dopo recensione, sta emergendo il profilo di uno che se conoscessi probabilmente mi starebbe molto sul cazzo. Come molti degli artisti che mi piacciono, comunque.
Ron Shelton soprattutto é quello di Bull Durham, il film definitivo sul baseball (e non ne hanno fatto pochi di film sul baseball)
shaq resta un genio della lampada migliore e più credibile di will smith
@ Toshiro
Dai però nel film con Ben Affleck (calciabilita’ zero) la retorica sugli underdogs è marginale. Condivido che nei film sportivi sia un passaggio obbligato ma in questo caso mi è sembrata solo funzionale al tema principale del film (i fantasmi del protagonista). In questo senso mi aveva diciamo sorpreso.
Venendo ot, ho poco da dire perché non ho visto nessuno dei due film. Di basta vincere però ricordo che il trailer era onnipresente sulle VHS dell’epoca e la fazza di Nick Nolte mi sembrava perfetta come coach retto e duro! Devo recuperarlo.
Bellissime recensioni
Avrei però una domanda off topic: chi è il califfo supremo che vi ha disegnato gli avatar?
A lui vanno i miei complimenti e tanto rosicamento!
grazie per “califfo supremo”. l’ho apprezzato molto!
christian
Io invece ho apprezzato la tua pagina di behance (nella quale tra le altre cose mi sono spoilerato gli avatar del team 400calci)
Che dire, da imbrattatavolettawacom quale sono non posso che rosicare al cospetto del tuo talento!
Sempre nel cuore Chi Non Salta Bianco È. Il titolo in italiano è uno dei migliori adattamenti di sempre.
Fun fact: per un paio di decenni sono stato erroneamente convinto che fosse di Spike Lee. Solo io?
Sì. Spike Lee non metterebbe mai un bianco a perculare dei neri. :-) Sto scherzando. Adoro Spike: mi ha regalato He Got Game , la scena delle assistenti del coach e la scoperta di Rosario.
Pensiero fuori contesto: siccome parlate poco di libri di critica cinematografica dei film fancalcisti (a parte le vostre bibbie dico). Vi chiederei se vi andasse di farci un bel listone di libri di cinema di menare e libri di cinema di paura.
Tra gli erotic thriller ci metto Boxing Helena. Lei che fa impazzire lui sia da intera che da meno intera, la tipa che lui si zompa ( era da Oscar alla gnoccaggine, per me) e il finale “ehi, stavo sognando” , lo rende…lo rende…inrendibile al tuo amico che te l’ ha prestato dicendo di farti poche pippe. Per la sua salute mentale, sia chiaro. Forse.
Jade e un film che si dimentica, nonostante quando ero più giovane attirava la mia attenzione come se fosse un Basic instint dei poveri. Infoiava Linda Fiorentino, mentre Caruso aveva sempre la stessa espressione da scamorza irlandese. Basta vincere invece non ho mai avuto il piacere di vederlo. Ovviamente.
Se ti piace il basket merita. Sembra un documentario per le scene dal campo, non mancano i siparietti divertenti e poi c’è Shaq che si muove come si muoveva a Orlando. E io adoro come si muoveva a Orlando rispetto a come spostava a Los Angeles. :-)
Domandone! :
Questo articolo mi ha ricordato un trailer di un film, credo sul basket.. ricordo un frame finale in cui uno saltava x schiacciare a canestro, ma un avversario gli teneva il piede al momento del salto… Col risultato che il suddetto piede si “staccava” dalla gamba. (Assurdo lo so, ma cosí lo ricordo qsto trailer)
Domanda? Qlcuno sa che razza di film fosse??
Si parla di 20 anni fa circa
Non so, ma quello che scrivi mi ricorda una puntata dei Simpsons.
Durante una partita di football americano, un giocatore infortunato (che prima chiedeva la sostituzione, ma poi viene convinto da Homer a restare in campo) calcia il pallone che va in meta. E mentre tutti applaudono e gioiscono, si vede prima il pallone e poi il piede insanguinato andare in meta. Bellissimo.
Jade comunque da rivedere.
Mah, sarà un po’ presto per tirare le somme, ma a meno di ribaltamenti iperclamorosi con le ultime cartucce mi sembra più un no che un sì, questo Friedkin.
Aspetta The Hunted. È l’ equivalente del “colpo di vena” quando credi di averlo sparato fuori tutto e non averne più.
Eh? Scusa, ma non ho capito davvero. È una battuta in gergo da peromani?
Il colpo di vena è una tecnica che ti impedisce di chiazzare i boxer. Si tramanda di padre in figlio per evitare gli schiaffoni di mamma che fa le lavatrici. Tradotto: quando da Friedkin ti sei aspettato la fine della carriera, il commiato, ecco che con mooolta esperienza ti butta fuori l’ ultimo filmone sul Male, imho.
E niente, manco lo leggo più sto sito: mi fa male agli occhi.
Avevo dimenticato il giustificato. Giustificato ed inerlinea, LE BASI, no Friedkin, per uno che vuole essere letto.
E invece? Avevano un sito dove G&I ( Giustificato ed inerlinea) erano buoni ma no… Peggioriamo.
Un sito che parla di estetica di Cinema e non sa un CAZZO di estetica di parole scritte.
E Vabbè, mò mi devo scusare per il messaggio appena scritto. E Io e il sito sappiamo perchè.
Sì, non è Sharon Stone, ci mancherebbe, ma Linda Fiorentino è l’unica cosa che mi ricordo di questo film, insieme al grande Palminteri e alla sua mitica faccia da Chazz che furoreggiava in quegli anni.
Ah, c’era pure Caruso, vedi.
Parlando di erotic Friedkin, come ricordate Killer Joe e il lavoretto di Gina Gershon alla coscia di pollo?
“Linda Fiorentino non è Sharon Stone”? Linda Fiorentino è la cosa migliore di ogni film che abbia fatto e sarebbe potuta diventare ancora più grande se non fosse sparita, quella donna aveva carisma che usciva da tutti i pori e ogni volta che mi guardo Basic Instinct mi viene voglia di ripescare The Last Seduction