Serve un motivo per fare una retrospettiva su William Friedkin? No. Ma noi ce l’abbiamo: il motivo è che non avevamo ancora coperto praticamente niente di suo. E quindi ora copriamo tutto. Seguiteci nel nostro nuovo, imprescindibile speciale: Le basi – William Friedkin.
Immaginate di essere William Friedkin.
Immaginate di avere dominato il cinema per vent’anni, di aver concepito e diretto alcuni dei più grandi film degli anni Settanta e Ottanta. Di avere inventato o reinventato o ridefinito l’horror, il thriller, il noir, il poliziesco, gli inseguimenti, le sparatorie, la violenza, la paura.
Poi all’improvviso e più o meno inspiegabilmente le cose cominciano ad andare sempre peggio. Più credete in un progetto più questo va male; la gente è ancora felice di lavorare con voi, ma non di andare in sala a darvi i propri soldi. Le tentate un po’ tutte, dal ritorno all’horror per poter scrivere “… L’esorcista” sulla locandina al film sul basket. Non siete disperati, perché avete comunque un ego grosso così, ma un po’ cominciano a girarvi i coglioni. Gli anni Novanta stanno per finire ed è arrivato il momento di svoltare. Che cosa fate?
Un remake per la TV di La parola ai giurati di Sidney Lumet, ovviamente.
Non fu una commissione o un qualche lavoro strano piovutogli addosso chissà come. No, La parola ai giurati è un film fortemente voluto da William Friedkin, una roba che molto semplicemente gli andava di fare. Racconta Friedkin che l’idea gli venne durante il processo a OJ Simpson; rimase particolarmente colpito dal fatto che il figlio ne discutesse spesso con gli amici, confrontandosi con loro sul modo in cui funzionava la giustizia in America. Nello specifico del processo, poi, Friedkin notò due cose: innanzitutto quanto l’etnia dell’imputato ne avesse influenzato e in parte guidato l’andamento. E poi quanti punti in comune ci fossero tra certe discussioni sull’omicidio di Nicole Brown e quel film di Sidney Lumet che lui amava tanto, uscito quasi quarant’anni prima ma ancora incredibilmente attuale.
E quindi si disse: perché non rifarlo, aggiornandolo quel tanto che basta da dare un senso all’operazione ma lasciandolo per tutto il resto assolutamente intatto, omaggiandolo ai limiti del plagio?
Superficialmente, La parola ai giurati potrebbe sembrare solo un divertissement, un progetto perseguito da Friedkin per pura vanità, una grande sega fatta guardando negli occhi Sidney Lumet. Un’analisi solo lievemente più approfondita riporta immediatamente ad Assassino senza colpa?: è come se Friedkin avesse voluto fare un sequel o meglio uno spin-off, una versione quasi-alternativa della vicenda vista dagli occhi della giuria e non dell’imputato.
Allargando ancora di più lo sguardo, invece, La parola ai giurati diventa un film necessario nella carriera del suo regista, il tassello mancante di un grande mosaico che Friedkin ha costruito nel corso dei decenni: un’esplorazione approfondita e il più completa possibile del concetto di “crimine”, che Billy ha seguito passo dopo passo, film dopo film, dal concepimento all’esecuzione all’investigazione al processo al giudizio. Abbiamo scritto più volte nel corso di questo speciale quanto tempo ed energie Friedkin abbia dedicato all’idea di “Male”; quella del Male inteso in senso giuridico, di infrazione del patto sociale, è una delle sfaccettature del discorso che ha affrontato più spesso, per cui La parola ai giurati è la logica prosecuzione (o conclusione) di un percorso cominciato con Il braccio violento della legge. SIGLA!
La parola ai giurati è talmente rispettoso dell’originale che Friedkin lo fece scrivere a Reginald Rose, autore della sceneggiatura televisiva del 1954 che venne poi riadattata da lui stesso tre anni dopo per il film di Sidney Lumet. Il lavoro di Rose è delicato e chirurgico, influenzato con ogni probabilità dai suggerimenti dello stesso Friedkin che aveva un’idea molto precisa di come aggiornare la vicenda dei dodici giurati (tutti maschi, ci torno a breve) che devono decidere della colpevolezza di un imputato. Cambia innanzitutto l’etnia di quest’ultimo: nel film di Friedkin è con ogni probabilità messicano (lo definiscono letteralmente “wetback”), nel dubbio un immigrato proveniente dal Centro o Sud America. Cambiano quindi anche un paio dei discorsi che vengono affrontati, e che sono inevitabilmente colorati dall’attualità del 1997: da segnalare in particolare un monologo turborazzista di Mykelti Williamson che si lamenta della nuova generazione di immigrati che sta rubando il lavoro alla “sua gente”, e loro sì che erano immigrati con i fiocchi e perfettamente integrati, mica come questi drogati stupratori geneticamente inferiori et cetera.
Mi interessa particolarmente questo momento non solo perché Williamson ha raccontato in passato che è stato il momento più difficile della sua carriera perché ha dovuto dire cose delle quali si vergognava, ma anche e soprattutto perché mi fa venire in mente un altro discorso fatto da Friedkin più o meno nell’intorno dell’uscita del film. E cioè che la sua idea di rifare La parola ai giurati nel 1997, e di aggiornarlo quindi a tutte le novità successe alla società americana in quarant’anni, era secondo lui infinitamente ripetibile; auspicava addirittura un rifacimento a intervalli regolari del film, magari una volta ogni dieci anni, per rimetterlo in pari con la realtà e trasformarlo in un quasi-franchise ma anche in un esame di coscienza ricorrente per il suo Paese.
Al netto delle differenze sociali tra il 1957 e il 1997, però, l’impianto di La parola ai giurati, sia narrativo sia ideologico, rimane lo stesso. È un progetto curioso se confrontato con, be’, tutta la precedente carriera di Friedkin: quante volte in LE BASI abbiamo scritto che il suo Cinema ha la C maiuscola perché mostra invece di raccontare a parole? Questo film fa esattamente l’opposto: ci sono dodici persone chiuse in una stanza e da lì non ci si muove per un paio d’ore. Tutta l’azione, la violenza, i crimini che rappresentano il cuore della vicenda di cui si discute non ci vengono mai mostrati – non ci sono flashback o trucchetti simili, è tutto raccontato e descritto a parole dai 12 protagonisti, la sua rappresentazione grafica lasciata alla nostra immaginazione. È quasi anti-cinema (manca anche tutta la patina estetica del film di Lumet, per esempio il modo in cui le inquadrature si fanno progressivamente più strette e claustrofobiche con il passare dei minuti e l’accendersi delle discussioni), nella misura in cui il cinema è movimento e azione e non parola.
È però tantissimo cinema nella misura in cui il cinema è fatto di gente che recita. Non vorrei esagerare o vivaddio sembrare eretico, ma se c’è un vantaggio che la versione di Friedkin ha su quella di Lumet è il cast. E non perché Billy sia andato necessariamente sul sicuro. Certo, il 65% circa del peso del film sta sulle spalle di Jack Lemmon e figuratevi se lui non se lo accolla con tutto il talento e il carisma del mondo, portando a casa una prestazione talmente fuori scala che ai 55esimi Golden Globe Ving Rhames, che fu premiato come miglior attore per Don King, lo chiamò sul palco per consegnargli il premio dicendogli “te lo meriti più di me”.
Il resto del cast, però, è dominato da volti che sarebbero diventati noti di lì a poco, ma che al tempo erano ancora delle relative scommesse. C’è un James Gandolfini pre-Soprano ma già perfettamente in parte; Edward James Olmos recuperato da Miami Vice e in procinto di iniziare una nuova, soddisfacente fase della sua carriera; Tony Danza, che veniva dalle sitcom; Armin Mueller-Stahl, freschissimo di nomination all’Oscar per Shine e dunque all’inizio della fase americana della sua vita dopo trent’anni di lavoro in Germania. Sono tutti (compresi gli altri che non ho ancora citato, Ossie Davis, William Peterson, George Scott, Courtney Vance, Dorian Harewood, Hume Cronyn) clamorosamente in parte, clamorosamente calati nella situazione, e il motivo per cui La parola ai giurati funziona e ti tiene appiccicato allo schermo per due ore di gente che non fa altro che parlare, litigare, confrontarsi, discutere e ogni tanto quasi venire alle mani.
Una parentesi su quest’ultimo dettaglio. È significativo il fatto che un paio di volte la violenza verbale rischi di degenerare in violenza fisica, ed è secondo Friedkin conseguenza diretta del fatto che il film si intitoli in originale 12 Angry Men e non 12 Angry Persons. Nelle sue parole, “avevamo pensato di metterci qualche donna, ma il film non è scritto per le donne. È un film che parla di uomini, di testosterone. È la stessa ragione per cui Piccole donne è un romanzo per donne, non per uomini”. Non voglio addentrarmi in discorsi troppo spinosi e contestare il rigido binarismo di questa posizione; ricordo solo che stiamo parlando del 1997, e che semmai cambiamenti in questo senso andrebbero affidati alle “nuove versioni” del film auspicate dallo stesso Friedkin. Segnalo solo che il fatto che i protagonisti del film siano dodici uomini arrabbiati e non dodici persone arrabbiate informa molti dei passaggi fondamentali della discussione, ed è parte integrante del carattere del film.
Dopo il 1997 Friedkin si prenderà tre anni di pausa e poi entrerà a gamba tesa nel 2000 con il primo dei film della rinascita (o almeno io l’ho sempre visto come tale, tra una settimana scoprirò se è vero), che verrà ufficialmente certificata nel 2006 con Bug. In questo cammino di redenzione, La parola ai giurati rimane in apparenza una curiosa deviazione, utile a fargli fare pace con la critica ma apparentemente casuale, il capriccio di un cinefilo. È in realtà molto di più, un pezzo importante del percorso autoriale di Friedkin, solo che al tempo non se ne accorse quasi nessuno perché Jack Lemmon attirava tutta l’attenzione. Se non vi fanno paura le parole è arrivato il momento di riscoprirlo.
Quote della giuria letta davanti al giudice
«La rissa verbale del decennio!»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
Ciao Stanlio, ammetto di non aver mai visto questo il film di Friedkin, che recuperererò quanto prima, ma in compenso ho visto il film di Lumet diverse volte. Il protagonista non è Jack Lemmon, ma Henry Fonda.
Mi sembra di ricordare che ci sia anche una versione russa del film in cui l’imputato è un ceceno.
Jack Lemmon è il protagonista della versione di Friedkin, non di quella di Lumet!
Ah, scusa, errore mio.
Yes, di Nikita Michalkov. Si chiama “12”.
Versione russa altrettanto buona, c’è da dire
E chi lesse il nome di Ving Rhames dalla busta?
Coincidenze?
https://www.youtube.com/watch?v=Tk3EgDPZD0w&ab_channel=MrCache73
Ma che carini! Sono quei video che ti lasciano la voglia di credere che a Hollywood siano tutti amici, come alla fine dell’episodio dei Simpson sul film dell’Uomo Radioattivo.
beh se può tener testa al buon Sidney (un altro candidato ad un infinito le Basi, nel 2007 over 80 ha tirato fuori Onora il Padre e la Madre..ma che voglia c’hanno?) allora è da vedè
Lumet era un regista drammatico e intellettuale, molto poco calciabile, a parte pochi titoli, .
Del resto ho sempre considerato poco calciabile anche Friedkin, e questa retrospettiva, con i suoi tanti capitoli interlocutori che girano un po’ a vuoto, me lo ha quasi confermato. Forse una cosa più veloce e stringata con solo quei 5 o 6 titoli davvero pertinenti alla filosofia del blog sarebbe stata meglio.
Mah… si intrerebbe nella spinosa discussione della calciabilità in generale …sicuramente lo è meno di chi è già stato “basato”.. ma quanti hanno fatto cose calciabili dopo aver visto un suo film? per me tanto basta…per il resto se lo trovo sui 400 calci (salvo le esplicite eccezioni meritevoli) è insindacabilmente calciabile
1) Esiste un remake di 12 Angry Men Con Tony Soprano e io non lo sapevo! Grazie Stanlio!
2) Quando ho visto George C. Scott ho pensato “Che bello, lo hanno richiamato perche era nell’originale.” E invece non c’era, me lo confondevo con Lee J. Cobb. Oh si somigliavano, eh?
Mai visto ma il capolavoro di Lumet, cineasta immenso che seppur non calciabile era sicuramente imbattibile nelle “eccezioni meritevoli” (in fondo 12 Angry Men non ha esplosioni ma, per citare la locandina originale, esplode come 12 candelotti di dinamite!), è e rimane un film sensazionale. Non conoscevo la riflessione di Friedkin su questo film, riflessione peraltro molto condivisibile.
Comunque quello di Friedkin ora devo recuperarlo giusto per vedere il generale Patton, il comandante Adama e Tony Soprano chiusi nella stessa stanza.
Film che a suo tempo mi è piaciuto, non avendo visto quello originale. Ma se quello originale rispecchiava i tempi in cui è stato realizzato, questo invece scazza nella scelta dei giurati, che mai avrebbe passato la selezione da parte di accusa e difesa. Diventa quindi un buon film d’ intrattenimento, ma se poi ci fai un’ analisi basandoti sulla realtà dei meccanismi dei tribunali americani, ti accorgi che manca qualcosa. E quel qualcosa rende quasi surreale l’ epilogo o ti fa capire quanto sia troppo film questa versione del film.
Manca un “ancora” : prima ho visto questo e poi l’ originale, che per me vince.
Fico, mi chiedo quali altri film potrebbero ambire all’onore/onere di essere rifatti ogni tre per due secondo i calcisti. (Non ditemi Shakespeare per carità – o se dovete dirmelo datemi una spiegazione di questo suo esser sempre attuale che non ho mai capito)
Io butto lì, senza troppa convinzione, Anatomia di un rapimento.
In pratica chiedi un film che venga rifatto in base ai cambiamenti culturali…La domanda è lecita e la risposta è difficile, poichè per me, in superficie, l’ unica grande svolta dell’ umanità degli ultimi 50 anni è stato internet e tutto quello che ne è derivato. Il resto è ancora in quel limbo dove si lotta da sempre per avere una svolta definitiva e su cui il cinema ha già investito tempo e denaro ( leggi ad esempio cinema di menare con le donne dopo il MeToo). Quindi sarebbe da prendere tutti i film di una volta per portarli nella società degli smartphone, se e solo se le trame venissero sensibilmente modificate grazie a questa nuova discriminante. E sai quanti me ne vengono in mente? Al momento zero. E forse neanche internet ha poi rivoluzionato così tanto la società come ci è stato fatto credere. La guerra in corso, che doveva essere una guerra alla luce del sole, con tutti che filmavano in diretta e condividevano, si è trasformata in una guerra di notizie oscurate, filtrate o manipolate. Ci arrivano solo pezzi del puzzle. Quindi c’è da chiedersi se anche internet sia stato, stringi stringi, una rivoluzione così rivoluzionaria o solo una specie di Tamagochi col quale distrarci senza farsi troppo male.
Io credo che internet abbia rovinato tutto. Ma neanche internet…il telefonino. Ma neanche il telefonino: lo smartphone. Non è bello vedere un bambino di tre anni con uno smartphone in mano alienato dalla realtà dentro un supermarket. Non è bello vedere giovani bullizzati sui social ( ne spaete qualcosa?) che credono che quella sia la realtà e soffrono. Non è bello vedere un concerto con migliaia di Zombie che non guardano più il palco ma il palco attraverso lo smartphone ( perchè ormai nel loro cervello niente è reale se non è registrato…. e poi, porco cane un filmato professionale sempre esisterà!) . Non è bello vedere una Guerra dove l’invasore ditrugge tutti i telefoni di chiunque dove arriva. Ormai tu come persona ESISTI se hai lo smartphone con la APP giusta dello STATO/BAnca etc. E Hollywood, priva di idee fà remake reboot etc.
Ma c’è tanto altro cinema nuovo e buono da vedere la fuori. Guardate “Luriana” film del Buthan che avrebbe dovuto, per me vincere l’oscar. Meraviglioso. E anche recuperabile su vie “fluviali”.
ERRATA CORRIGE
Lunana ( Lunana: a Yak in the Classroom)
Ma sai che del fenomeno MeToo ho sentito l’eco qui sui Calci, nei commenti, ma per il resto non l’ho colto? Deve essere un qualcosa che ha a che fare prettamente col cinema, con Hollywood in particolare, o al massimo con quel mondo che nelle community (pessime) che bazzico io si associa a Twitter e Tumblr. Mi sembra però che fuori da questi ambiti non sia uscito.
Comunque parlando di internet mi hai reso troppo felice, finalmente qualcuno che abbocca all’amo e mi dà corda sull’OT su cui cerco di far deragliare una conversazione sin da quando sono arrivato qui, nella speranza che sia questa la comunità di utenti che mi può dar qualche ragguaglio sulla materia.
Riguardo al discorso “postverità”, “fakenews” etc io mi son fatto l’idea che tantissimo si debba ai social, anzi più in generale alle megacorporation che controllano internet, Google in primis. Quindi il problema dipende non da internet, ma dal fatto che internet sia stato in massima parte inglobato da queste entità della malora.
Nel quotidiano, da una parte abbiamo molta più possibilità di informarci e lo facciamo anche effettivamente, ma dall’altra sappiamo e sentiamo che le informazioni e idee che ci siamo fatti sono le nostre, proprie della nostra bolla: dunque quando ti trovi di fronte al collega o al compare al bar senti che non avete un terreno comune, che non puoi avere idea di quali siano le notizie che gli han propinato, manca un terreno comune, come poteva esserlo quello (pur idiota) fornito dai vecchi media mainstream, e oltretutto hai ragione di temere che l’interlocutore sia stato estremizzato, perché questo (estremizzare le opinioni degli utenti) è ciò che tendono a fare i social media; non (solo) per malefica premeditazione, ma per necessaria conseguenza del fatto che spingono le dinamiche che tendono a tenere l’utente dentro il social, e tali sono appunto quelle estremistiche, quelle che disegnano un noi contro loro e così via. Lo stiamo ultimamente sperimentando anche qui sui Calci col fenomeno Pier: sono certo di non essere l’unico che è molto più engaged proprio per il fatto che Pier di fa incazzare e dunque estremizzare con tutte le sue provocazioni. (@Pier: lo vedo che ti stai sforzando ti cambiare rotta, perciò non ricominciare, per favore, continua così: è vero che con discorsi normali avrai meno feedback che trollando e facendo il cretino, ma vedrai che col tempo le relazioni sane danno soddisfazioni vere). Dunque nella “vita reale” non sai che cazzo di idee abbia la gente che incontri, ma hai ragione di temere che abbia idee opposte alle tue e sia estremizzata in proposito. Ne consegue che mancano sempre più le possibilità di confrontarsi fuori dalla propria bolla e a quel punto sai che c’è? Se tanto non devo render conto a nessuno chi me lo fa fare di informarmi? È più facile, più piacevole e meno stressante pascermi di cazzate, comprare giochini, spendere e cazzeggiare, tutte cose che ovviamente, le corporation di internet non possono che straspingere.
Per ora mi fermo qui, sperando che la conversazione non muoia.
@Bugo. Forse se alimenti “Il fenomeno Pier” quando di me non si parlava affatto, sei tu che provochi. Fai il bravo.
Sì, ci sta. Ci proverò, ok?
Caro Bugo, ognuno cresce in un insieme, ma si trova meglio nel suo sottinsieme. Internet ce l’ hanno venduto come una cosa che avrebbe reso i sottinsieme superati. E invece si sono moltiplicati…Dove sta la fregatura? Tutto il mondo doveva essere Paese, e invece alla luce restano ancora i vecchi problemi irrisolti. Gli stessi di vent’ anni fa. Prendiamo il film in esame: un nero ad un certo punto comincia a straparlare sul fatto che gli ispanici sono persone di merda. Se il film lo rifacessero oggi, ci potrebbe essere ancora un nero che fa lo stesso discorso? Sì. Quel discorso, che Friedkin reputava una figata, è la parte più toccante del film? Sì. Ma se osservi attentamente, quel discorso è il maccosa del film e se sei furbo dici: ma come cazzo ha fatto uno con dei pregiudizi così ad essere messo in una giuria? Possibile che sia sfuggito alla difesa un giurato così radicalizzato? Cosa sto guardando? E allora sfanculi Friedkin, perchè capisci che dentro il messaggione c’è piuttosto un solone e che ti tocca sospendere l’ incredulità anche in un film che vuole essere una critica sociale. Quindi nasce spontanea la domanda: la critica sociale esisterebbe senza le radicalizzazioni? La risposta è no. E senza critica sociale non esisterebbe la società. Quindi i sottinsieme, da quelli più grandi ai più piccoli, sono la parte fondante dell’ insieme, e non solamente suoi derivati. Quindi il mondo solo ” insieme” non potrà mai esistere. I “cittadini del mondo” sono solo persone spaventate dal loro essere sottinsieme. Chi ha orecchie per intendere, dumboliki.
@Adolf. Le giurie popolari non sono formate sapendo cosa c’è nel cervello dei giurati. Sono selezionate sulla base degli elenchi elettorali. Quindi: il tuo ragionamento, e di cosneguenza giudizio sul film e sulle scelte registiche, non sta in piedi.
Caro Adolph, ti avevo scritto una risposta che ho dovuto cestinare in quanto inadeguata. Data l’ora tarda mi manca infatti la lucidità per risponderti a tono. Aspetterò, se vorrai, un tuo cenno, per riprendere da dove eravamo rimasti: “I will” (try to) “follow”, come cantavano, se la memoria non mi inganna, i Gorgoroth.
@Adolf. Comunque non si capisce mica niente di ciò che hai scritto. Mi ripeterò ma è così. Io non ho capito nulla! Meno flusso di coscienza e più sintassi e grammatica.
Pier, è semplice: si chiama “voir dire” ed è un processo fondamentale della giurisprudenza statunitense. Ed è quello che manda in vacca la presenza di un nero razzista all’ interno di una giuria , in un film del 1997 , nel processo a un ispanico. Se sei arguto, cosa di cui non dubito, capirai perchè è impossibile che la difesa dell’ imputato sia caduta in un errore così macroscopico.
@Adolf. Si ma il voir dire è il “voler dire”! Se uno non dice o non vuole dire, proprio per entrare nella giuria, tutto è facilmente eludibile!
E poi, drammaticamente, il “razzismo” del giurato (represso) viene fuori!. Dai, tutto ciò fa parte del dramma :)
@Adolf. E’ dire il vero ma anche VOLER dire il vero. mi esprimo male.
@Adolf. Nel film del 1957 sono tutti bianchi, avranno espresso di non essere contro i neri e la giuria è composta. Poi però…Daiiiii……
Caro Adolf, ho molto riflettuto riguardo quanto sostieni e sono in definitiva d’accordo con te. Traduco il tuo pensiero con parole mie, mi dirai poi tu se sbaglio. La scena del nero razzista è ficherrima, un disvelamento che rappresenta il clou del film e gli dà un senso. Ma poi quando uno ci riflette – e non può fare a meno di farlo perché è una scena troppo importante – gli parte, se mi permetti di usare un termine tecnico impropriamente, la multipupillodistractomia! Cioè , uno si chiede, ma come hanno fatto gli avvocati della difesa a non sgamarlo? Era troppo ovvio, c’erano, e non potevano non esserci, tutti gli indizi. Va bene dei tizi qualsiasi, ma degli avvocati, dei professionisti, non potevano non capirlo. A questo punto sei fuori dal film, inizi a farti domande extradiegetiche, a rivederti tutto il film alla luce dello sgamo. Inizi a chiederti se anche quell’altro personaggio non sia un razzista, o un troll. Non si direbbe che lo sia, ma chi può saperlo? Il dubbio non può che venire, se non si è saputo sgamuffare l’ovvio, figurarsi l’occulto!
MA, non è forse questa una grandezza in più, un altro atout della pellicola? Cioè te la riguardi tutta e ti fai un film sul film! Troppo meta! come si diceva una volta (direi una diecina d’anni fa) ai bei tempi che quelli sì che erano tempi, che magari con la supermetacazzola ti facevi anche una squinzietta.
Lascio qui, appoggiato di sghiscio, questo spunto interrogativo.
Esatto. Ti giuro che, se non ricordo male era il 2001, quando ho visto quest’ opera non teatrale mi è partito l’ attacco di multipupillodistractomia ( in medicina: MPDS o Sindrome dell’ Occhio Pigro Ma Se Ha Voglia Ottiene Buoni Risultati ) e non mi sono schiodato da quel discorso sul voir dire. Il nero che sbrocca e poi inizia a molestare gli altri due neri perchè si uniscano alla sua battaglia, magari rappando sopra il tavolo, mi ha colpito in negativo. Il motivo di tutto questo è facilmente spiegabile: troppi libri di Grisham e l’essere stato giurato all’ elezione di Miss e Mister Istituto 1995. Esperienza segnante, dover guardare tutti quei sederi di candidate mandate da ogni classe. Anche perchè avevo 19 anni, ero maggiorenne, e fissare il culo e le zinne di una quattordicenne senza poi dover andare a costituirmi mi creò dei conflitti interiori. L’ anno dopo al voir dire venni scartato. Alla domanda “pensi di essere imparziale nel giudizio?” risposi “son talmente tanto ripetente che potrei dover votare per mia figlia”. Onestà, Bugo, ricordatelo sempre. Anche con le sfitinzie.
hmmmm. Credo mi sia stata censurata di brutto uno mia uscita innocua. ma perchè? Boh.
Vabbè. Buona Pasqua a tutti allora. E la chiudo qui.
Caro Adolf, quel che percepisco è un accordo profondo tra noi, non facile da spiegare a parole. Ma mi ci proverò.
Anzitutto premetto che non ho visto né il film di Friedkin, né il prequel di Lumet, né ho letto la recensione. Faccio sempre così, per principio, quando commento, per non rischiare di essere influenzato dalla conoscenza pregressa della materia. Ma nel caso in oggetto ho letto il libro, che, permettimi di correggerti, non è di Grisham, ma di Fleming. Mi pare che Grisham abbia poi scritto il testo dell’adattamento teatrale, o almeno ci abbia messo mano, e di qui la tua confusione.
Cmq, il punto è che nel libro il nero razzista non c’era. E allora io mi chiedo (ed è qui secondo me che possiamo trovare la radice del nostro accordo di fondo, aldilà dei contrasti di superficie che appariranno poi) se proprio questo particolare non sia la zampata di Friedkin, che con la trollata del giurato razzista che passa inosservato sotto i radar della difesa lancia un messaggio di critica sociale ben più dirompente di quello (già tosto) superficiale. Come tu hai ben detto, ci aspetteremmo che un nero che vuole convincere degli altri neri a fuckare un bad madafacka, lo faccia mettendosi a rappare: i neri d’America infatti fanno così da quando hanno inventato l’hip hop in segno di protesta contro bianchi che si erano inseriti nel jazz game e, col solito subdolo metodo dei bianchi (statunitensi) di voler “cambiare il sistema dall’interno”, l’avevano trasformato da una gara a chi è più swagger a una gara a chi è più secchione.
La verità è che il significato profondo del jazz, cioè la gara a chi è più finocchio (competitività che, attenzione, immediatamente si sublima in un dialogo tra busoni), era rimasto intatto, ma proprio negli anni novanta il disfacimento delle comunità nere, opera come sappiamo in gran parte della CIA e del governo USA in generale, aveva purtroppo portato a un rigurgito di omofobia per cui proprio i neri (i ballerini per eccellenza insieme ai russi!) rifiutavano di connettersi con quegli impulsi di ricchioneria che pure sono il nucleo autentico di ogni forma d’arte, che, come già aveva capito Freud, in definitiva ritrae sempre una nerchia eretta.
Questo per dire che IMHO, il fatto che la giuria non abbia sgamato il giurato, è un modo di Friedkin per metterti la pulce nell’orecchio, cioè lui la sfrutta proprio la multipupillodistractomia! Non è possibile che la difesa, in barba al Voir Dir, non l’abbia escluso dalla giuria! Ma d’altra parte, se anche per una clamorosa falla del sistema avvenisse una cosa simile, possiamo credere che un personaggio del genere rinunci all’arma del rap per convincere i suoi sodali neri?! No, mille volte no! Ma allora è chiaro! Siamo negli anni novanta, quando, come ricorderai, di ritorno da scuola, non essendoci all’epoca né smartphone, né internet, né telefonini, si guardava la TV mentre si giocava in cortile con le ginocchia sbucciate, il tramonto sullo sfondo e la mamma che ci chiamava perché era pronto il pallone di stracci bucato dal vicino in canotta che stava cercando di guardare la partita di calcio coi giocatori non viziati che guadagnavano meno di oggi e non si tatuavano! E in quegli anni in tv era pieno di sitcom (che è il termine straniero che si utilizza per riferirsi agli sceneggiati) di famiglie nere! Ma in quelle sitcom nessuno rappava! È una chiara denuncia del tentativo del sistema di cooptare rendere inoffensiva la comunità nera!!!
E infatti riguardo chi dovevano esprimersi i 12 della giuria del film? Un ispanico! Gli ispanici, che chiaramente dovrebbero fare anche loro il rap! E invece cosa fanno? Lo chiedo a voi, signori della corte, cosa fanno gli ispanici, cos’è la musica latina?
Ho concluso.
Come se fosse antani.
Effettivamente forse i was trying too hard
Bugo, per me è chiaro. Ma forse andrebbe analizzato allora tutto ciò che rende l’ opera teatrale originale e quella di Friedkin, un profumatore d’ ambiente al multipupillodistractomio. Partiamo dalla testimone nel treno. Uno dei giurati si ricorda che le ha un visto un segno di occhiali sul naso. Occhiali che non aveva durante la deposizione. Possibile che la difesa non abbia appurato se la testimone ci vedeva bene o era una cieca di Sorrento finita lì per caso, quando in realtà doveva essere in un’ altra aula a testimoniare sull’ accoltellamento di un nano da giardino? Qui si sta parlando del mandare a morte un ragazzo ispanico/messicano/russo danzerino, e il tutto viene mostrato con una superficialità disarmante. Il top si raggiunge quando uno dei giurati invita gli altri a mandare a friggere il giovine in fretta, poichè ha judo. Più che dodici uomini arrabbiati, mi sembrano 12 ritardati. Quindi siamo già a tre possibili attacchi di multipupillodistractomia, e fortunatamente a me ne è venuto solo uno. Con l’ opera di Lumet questo non mi è successo, anche se questa bene o male soffre degli stessi difetti. Il motivo? Forse l’ epoca in cui viene ambientata, in cui era tutto più semplice (e i calciatori non avevano tatuaggi, ma si marchiavano la pelle coi tacchetti di ferro incandescenti) , o forse per via dell’ ipnosi che crea la camera nel muoversi di continuo, facendo Cinema e non teatro. Comunque resta un buon film. Lo consiglierei ad un amico? Solo se è uno con ampie vedute e non ha, che so, i paraocchi e le orecchie pressofuse.
Boh, Adolf, io non so che dire. In un tuo precedente post avevi parlato di sincerità, e io scemo ti avevo anche creduto. E adesso che fai? Ti ricordo che questo è un sito di cinema, e qui si parla di cinema. Tu invece ti metti a sparare cazzate (perché di questo si tratta! qualcuno te lo deve dire) riguardo al teatro, al calcio, al judo, tutti argomenti, per carità, interessanti, ma che qui c’entrano come i cavoli a merenda.
Ma quello che mi fa uscire dai gangheri è che mi prendi in giro. Ti ho già detto che non ho visto né il film, né l’opera teatrale originale, ma ho solo letto il libro! E tu mi vieni a parlare degli occhiali della testimone che a volte ci sono e a volte no? Devo forse spiegartelo io che nei libri non ci sono le immagini? Evidentemente sì, forse non ne hai mai aperto uno. Sappi allora che i libri sono fatti di pagine di carta su cui vengono impresse con varie tecniche le lettere, che poi compongono le parole, che una di seguito all’altra formano frasi, discorsi, descrizioni etc. Questo lo sai bene anche tu, visto che scrivi cazzate dalla mattina alla sera su questo sito. E allora io come posso sapere se la testimone ha gli occhiali o no, secondo te? Mica la posso vedere, sul libro! Fai una cosa, lasciami perdere, che io ne ho le tasche piene di gente che gonfia il petto e fa la ruota dietro un monitor e poi nella vita reale non ha manco il coraggio di guardarti negli occhi. Aria! Circolare! Levati, che fieti!
Provo vergogna a dirtelo: il fatto è che non so leggere. O meglio: riesco a leggere i libri solo a certe condizioni di impaginazione. Altrimenti sbrocco. È una verità che ti dovevo, prima di lasciarti. Addio.
Malato (Malati?). Sicuramente poco incisivo ( incisivi?) come provocatore (provocatori?). Comunque grazie: Hai ( avete?) vinto il premio dei pazzi. E io mi posso ritirare in silenzio.
@Nanni. Assistenza Sociale, te l’avevo detto. Siete della necessaria Assistenza Sociale. :)
Mò allora mi vado a vedere qualcuno volò sul nido del cuculo.
@Bugo & Adolf (mooolto probabilmente la stessa persona). Io non posso che ringraziarvi perchè capisco che fate questo, questa strana ironia, dopo avere letto i miei post :) Eccheddevodì? Mi fa sorridere, in fondo. Vi ho letto. Grazie :) Ma non ho ancora capito ste sta cosa al sito fa piacere: io non credo. Voi vi perdete in pezzi ironici su un mio breve commento e poi…si incazzano con ME! Eddai! :)
Oh capperi Adolf… mi sa che qui c’è stato un qui quo qua. Scusami, colpa mia, non ci siamo capiti. D’altronde io non so scrivere (sono scarso in sintesi, sintassi e soggettoverboepredicassi) e tu non sai leggere. Mi duole peraltro dirti che temo si tratti di una complicanza grave della multipupillodistractomia. Ora non ricordo esattamente come si chiami (ho studiato poco e si vede) ma aveva un nome come intrarighica, o infratrattica… multipupillodistractomia infratrattica, una roba del genere. Comunque è una complicanza della multipupillodistractomia che porta a leggere tra le righe ciò che non c’è. Va da sé che più lo spazio bianco è ampio, peggio ti parte lo sclero.
@ Pier
Anzitutto lasciami dire che hai fatto bene a chiamare in causa Nanni, e te ne ringrazio.
Poi è bene che tu sappia che effettivamente mi sono ispirato a te, ma così come mi sono ispirato a tutti gli altri uomini là fuori, a tutti i miei fratelli e a tutte le mie sorelle; persino quelle sorelle che in realtà sono fratelli ma un giorno han deciso che erano sorelle e allora tocca di chiamarle sorelle, che un po’ ti girano, ma che ci vuoi fare, è il prezzo della DEMOCRAZIA. La democrazia che è troppo importante, io son disposto a tutto per la democrazia, oggi ad armarmi fino ai denti, domani, chissà, ad andare a massacrare (e farmi massacrare da)i russi o dai cinesi, che non mi hanno fatto nulla e a rigore sarebbero miei fratelli e mie sorelle pure loro, ma da loro non c’è la democrazia, da loro non è come da noi. Da loro, oh, se la cricca di miliardari al potere che controllano gli apparati statali e i mezzi di informazione decide che bisogna prendere le armi per difenderne gli interessi, tutti si allineano immediatamente, la propaganda si mette a suonare le fanfare di guerre in coro, ogni faccenda della vita pubblica viene discussa col gergo della guerra, non c’è spazio per dissenso vero, solo finte discussioni su questioni del tutto secondarie con una finta opposizione da ridere tra partiti e media di regime. Cosa da pazzi. Mica come da noi che decide tutto la gente, we, the people!
@Bugo, la pieranoia è contagiosa e non la scaccia neanche Interlinea Quigley che gli balla davanti nuda.
Acclarato ciò, due righe di volata per dirti che ho letto solo ora un tuo lungo messaggio a me rivolto a febbraio. Non è stata cattiva volontà nei tuoi confronti: le mancate notifiche via mail sono la vera cosa per cui confido in ringhi e latrati a pieni polmoni di Pier. Per cui lasciami un privèe ove risponderti a scoppio ritardato, ché qua sarebbe l’OT dell’OT dell’OT del.
La postveritiera controfigura di Marina.
@Internet Movie GiulioBase: sulla questione delle mancate notifiche via mail ho una buona notizia e una cattiva… la buona è che si tratta di un problema tecnico di cui sono già consapevole, la cattiva è che non l’ho ancora risolto. Ma non demordo.
Cara fakenewsika Marina, ti scriverò in privato o meglio ancora riaprirò l’OT alla prima occasione, com’è mio costume. Mi preme intanto dirti che ciò a cui hai assistito non è stato un flusso di coscienza (povero di sintassi e grammatica) interno a un pieranoico affetto da multipla personalità, bensì un dialogo zen, apparentemente nonsense ma in realtà ricco di insegnamenti, tra un discepolo e il suo guru reincarnato. Se ne vuoi tentare la decifrazione, sappi che la chiave si trova nei commenti della rece di Diabolik (orecchiobolik per la tradizione del piccolo veicolo, dumbolik secondo quella del grande veicolo). Occhio che è una stele di rosetta il cui studio richiede ben più di mille cicli di reincarnazione, ma ti assicuro che ne vale la pena, per una più rapida liberazione dalla ruota della sofferenza.
Onestamente non ci ho capito un cacchio, la qual cosa dovrebbe renderti felice. Non aprire OT-bis qua, rischi che lo leggo a luglio, oltre a non essere piertinente. lasciami un cyber-loculo di riferimento, ti ragguaglio in separata sede.
Puoi contattarmi all’indirizzo gaahlgodot19696chiocciolagmailpuntocom
Ehggià, Bugo Tognazio è un soprannome inventato, in realtà mi chiamo Gaahlgodot (cognome) Iltelefonoazzurroperte (nome). Sarai il mio primo penfriend, che emozione! Aspetto (sul serio) tue.
…sei consapevole che ora dovrai creare una cartella di indesiderata per le mail di Piermaflex, si?
Rimanendo nel solco di un film ambientato in un ambiente chiuso e con pochi personaggi io voto per Gli insospettabili.
12Angry Men. l’originale, è un manuale di tecnica cinematografica e capacità attoriale. Potrebbe a prima vista sembrare teatro filmato: 12 persone che parlano. Invece è Cinema puro: moltiplica lo spazio dell’angusta stanza con la sapienza delle infinite inquadrature, ci rende partecipe delle emozioni profonde di ogni attore con i suoi primi piani. Una stanza sola e il film non annoia mai. Anche la sceneggiatura delinea benissimo la personalità di ogni personaggio, interpretato da bravi attori e caratteristi dell’epoca. Non è un mero esercizio di stile girare un film in un stanza, quando la sceneggiatura è altrettanto buona. Non ricordo altri esperimenti simili se non il remake, appunto. Ma il remake perde soprattutto per l’uso del colore. Quel meraviglioso bianco e nero anni 50 sottolineava i contrasti ed aiutava ad espandere il set ( oltre che metaforicamente, ma questo lo leggo io, ampliare il contrasto fra i Bianchi e il Nero). Il colore appiattisce la scena, le fa perdere in profondità. Comunque un film che non sfigura assolutamente rispetto all’originale, ci consente di vedere altri attori affrontare la medesima sceneggiatura e mostrarci la loro estrema bravura. Ultima nota di merito per il doppiaggio italiano anni 50: ci sono (quasi) tutte le voci maschili dell’epoca (erano meno i doppiatori mi sembra, ma la qualità…), un godimento per chi le conosce e che ancora una volta mostra anche le loro capacità attoriali. Oggi quelle grandi voci un pò ci mancano.
l’ultimo film in una stanza che ho visto al cinema è stato Hateful Eight…a qualcuno non è piaciuto… evidentemente la cultura cinematografica si è imbrocchita di brutto …però il doppiaggio italiano insomma …diciamo che toglieva molto…come giustamente sottolinei quelle voci credo abbiano doppiato 2 3 generazioni di attori ..nel.western poi credo fossero letteralmente in non più di 2 …
Vabbè Mereghè, nascondermi dietro gli pseudonimi non è la mia cosa, ci ho provato ma non ce la faccio. Sono io. Che ti può fregare poco. Ma serviva a stemperare e a concentrarsi sul Cinema.
@Mereghè. Hai ragione, e pure in Panavision, ( visto al Cinema) con quella inquadratura lunga e stretta che allargava la stanza e consentiva di inquadrare contemporanemante gli attori a quattro angoli. Una scelta non proprio usuale, credo che Tarantino si sia fatto prendere un pò la mano. Ha pure fatto mexx’ora di film dentro la diligenza! Ecco Tarantino, che sbaglia tanto, riesce a creare l’azione e la tensione col dialogo. Altra scena memorabile in una sola stanza ( ma proprio fantastica) è la mezz’ora in birreria di Inglorius Basterds.
Carnage. Una palla? Forse. Comunque è dentro una stanza tutto il tempo.
@Adolf.Sì, a me è piaciuto. Però, secondo me, ricade un pò nei film drammi da salotto con quattro attori quattro. Cioè: è teatro filmato. E di quello ce n’è a bizzeffe. Bello quanto vuoi per la sceneggiatura ma…cioè 12 angry men a teatro non potrebbe funzionare: è Cinema. La camera da presa le fa da padrona.
A teatro ci è stato portato. L’ ho visto? No. Tu l’ hai visto? Non so. Ergo potrebbe anche funzionare e se non funziona spiegamelo solo se l’ hai visto.
@Adolf. Non sapevo avessero provato a farne una versione teatrale.
Ma il film risulta derivato da una sceneggiatura per la TV, dove la camera e il tavolo dei giurati etc. etc. sono parte del racconto e fondamentali. La camera si muove.
Il fatto che sia il Teatro a imitare il Cinema, a me sembra confermare che sia puro Cinema.
Secondo me una versione teatrale non funzionerebbe.
@Adolf. Lo sceneggiato ( parola desueta) o la sitcom usa generalmente tre camere fisse che riprendono gli attori che recitano come a Teatro. Il cinema usa la camera singola che stacca e si muove, di qua e di là. E’ una semplificazione, ma fare una ripresa in una stanza non è automaticamente cinema. Muovere la cinepresa in quella stanza, in alto in basso, sotto un tavolo, etc etc. é Cinema. Cioè il racconto per immagini: dove le immagini sostituendo le parole creano il dramma. Hitchcock ne era un maestro.
pier sono in pierquaresima quindi come quasi sempre..ti dico T’amo ..se poi siam d’accordo tanto meglio
@Mereghè. E se non siam d’accordo bene lo stesso, si può discutere. C’è bisogno di pace, molta pace, in questo mondo. :)
Pier, l’ enunciato era “spiegamelo solo se l’ hai visto”. Mi hai tirato un pippone colossale ma resta il fatto che non l’hai visto. E coi se e coi ma le tette della D’ Addario avrebbero già due Oscar ( uno per ognuna). Quindi da domani, cioè domenica, parlami di dodici uomini incazzati a teatro solo se li vedi. Hai 22 ore.
@Adolf. Mah!
Poi dicono che sono polemico.
Se vuoi fare la guerra, hai sbagliato indirizzo.
@Adolf. Guarda che Adolf/ tette della d’Addario è un binomio che abbiamo capito. Ma non renderci sempre partecipi delle tue masturbazioni personali.
@Mereghè. Ti dico solo quei due doppiatori mitici (credo) che tu ricordi: Gualtiero De Angelis (james stewart et al.) e Emilio Cigoli ( john Wayne et al.)
mitici che (credo) tu ricordi.
le voci si.. soprattutto quella.di Stewart perché ha fatto un milione di film..nomi mai saputi o forse saputi e dimenticati..quelli di oggi son bravi ma.tra digitalizzazioni da giovane a vecchio, cgi animale and company credo sia tutto più difficile
Miiiiiiiiii che palle co’ sto Friedkin….
e che palle ‘sti film che non c’entrano niente con il “cinema di menare” e quindi sono pure fuori tema….
Presa in giro? troll? Solito personaggio che la butta in caciara per fare casino? Delirante che scrive offese a caso?
In ogni caso, come vedete, i “rant” fuori di testa pullulano. Il mio stile è sempre stato più raffinato. :)
Noto molte defezioni dal sito tra i recensori. O mi sbaglio? :)
Sì, e dovresti sapere le litigate che ci sono dietro… Tutte perché non approvano la direzione che Nanni sta dando alla rivista. Chiedi in giro, gli aneddoti su quanto sia stronzo sono infiniti. È veramente un tasto dolente, una bolla che attende solo di scoppiare.
(occazzo mi sono loggato come Nanni)
@Nanni. Prima censurate un mio post ( o potrebbe essere un mio errore non avere inviato). Poi mi rispondi così su questa mia domanda…
E ancora prima ( cioè non oggi ma nel passato), sono visto come l’anticristo e insultato.
Ragazzi. State calmi. Buona Pasqua.
Buona Pasqua Pier!
(occazzo mi sono loggato come Nanni)
Onestamente lo trovai meraviglioso. Vidi quello di Lumet successivamente che è pure quello favoloso.
Questa volta dissento: il cast perfetto dell’originale non si batte. Nel nuovo, solo Mueller-Stahl e Cronyn reggono il confronto con i corrispettivi Marshall e Sweeney, mentre gli altri, Lemmon compreso, offrono prestazioni buone ma non quanto quelle iconiche dei colleghi che li hanno preceduti negli stessi ruoli.
Lo ammetto, dopo anni da lurker e qualche commento qua e là, quando vedo la firma di tal “Pier” mollo i commenti, che prima mi leggevo quasi totalmente, per ogni recensione, e passo oltre.
Neanche l’esoterico, prolisso, superfluo Alessandro potè tanto.