Sapete cosa mi mancava dopo questi mesi di Friedkin, di cinema d’autore e di roba bella da vedere e di cui parlare?
Mi mancava un bel film di merda. Di quelli che ti fanno esclamare “cavoli, ma questo è proprio un film di merda!”. Quelli di cui scrivi sfogando tutti i tuoi più turpi istinti perché tanto questa roba non si merita di meglio che battutacce, iperboli a uso ridere e insulti declamati come Gassman che legge Dante.
Choose or Die è un film di merda! Evviva. È uscito su Netflix e mi piacerebbe riuscire a parlarne male senza scadere nel classico – e particolarmente telefonato in questi giorni di crollo di abbonati nei quali si sta celebrando il funerale preventivo di quella grande N rossa che non è Nintendo – “è un film di Netflix, è ovvio che è brutto”. Netflix l’ha solo distribuito, questo Choose or Die, e posso assicurarvi che non importa quanto peso abbia avuto questo fatto sul risultato: anche al netto delle inevitabili e infinite intromissioni creative che si sono sicuramente frapposte tra l’idea originaria di Toby Meakins, Esordiente e il prodotto finito, Choose or Die resta un film di merda, insalvabile in ogni sua incarnazione. “Ma non l’hai vista questa versione pre-correzioni di Netflix!” direte. No, ma posso immaginarla: fa cagare tanto quanto la versione che trovate in streaming.
Parlavo l’altro giorno con Jackie Lang di questo film che anche lui trova osceno ma riguardo al quale non concordiamo su un dettaglio non secondario: la sua opinione è che Choose or Die sia il genere di film brutto talmente anonimo e innocuo che non ti dà neanche grandi spunti di riflessione – consigli a chiunque di non guardarlo e via. Io per una volta faccio invece il poliziotto buono e dico che ci sono almeno un paio di cose di cui parlare che sono vagamente interessanti e contemporaneamente giustificano il mio vaffanculo al film. C’è tutto un discorso da fare sulla nostalgia, per esempio, ma soprattutto uno sulle regole del gioco e sulla differenza tra chi le infrange con coraggio e visione e chi pensa che basti infrangerle per avere fatto qualcosa di diverso, senza chiedersi come mai certe regole esistano e se non sia possibile che servano per rendere certi film migliori, non solo per essere sovvertite dall’ennesimo esordiente che se la sente caldissima. Ma questi discorsi hanno bisogno prima di una SIGLA!
C’è Eddie Marsan, poverino, che è costretto a nascondere il suo immenso talento in una cantina puzzosa piena di vecchi computer e synthpop. Eddie è Hal, un appassionato di anni Ottanta e collezionista di memorabilia di quell’epoca strabiliante – in particolare vecchi videogiochi dimenticati. Hal è anche il classico personaggio piazzato nella sequenza di apertura di un horror per farti vedere come funziona il mostro, prima di introdurti agli effettivi protagonisti.
Il mostro in questione è un programma dell’informatica verde e cubettosa, una vecchia avventura testuale chiama CURS>R (doveva essere in origine il titolo del film, per dire che ogni tanto ci va anche di culo) che Hal ha recuperato chissà da dove e che non vede l’ora di provare invece di andare a cena con moglie e figlio che litigano tra loro e lo sfottono per la sua completa inadeguatezza alla vita adulta. Hal però non sa che CURS>R è un gioco maledetto!
Le scritte che compaiono sullo schermo raccontano quello che sta succedendo nella realtà! E pongono il povero Hal davanti a una scelta! E se Hal non gioca MUORE! Per cui gioca, e suo figlio finisce con una forchetta piantata nell’occhio, e altre amenità che ammontano a circa il 68% della violenza totale di Choose or Die. Hal è maledetto, e l’unico modo che ha per liberarsi della maledizione è farne tante copie e distribuirle in giro. Per cui lo fa, ed è qui che scopriamo il motivo principale per cui questo film è brutto: perché è costantemente e inutilmente sgradevole.
Affrontiamo quindi il discorso delle regole. Il tipo di mostro/maledizione/morbo della morte che affligge i protagonisti di un horror influenza anche il modo di caratterizzarli: uno slasher, per esempio, funziona bene quando usa un gruppo di adolescenti e ci fornisce un buon motivo per cui esultare alla morte della maggior parte di loro – magari sono stronzi, magari sono ricchi fastidiosi viziati, magari entrambe le cose. In generale, quando fai un horror con un mostro implacabile e soprattutto gratuito, che si manifesta perché una persona ha fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare senza saperlo, e che ha come unico scopo uccidere qualsiasi cosa che si muova, è importante dare un motivo per il quale tifare almeno un po’ per il mostro.
Riformulo. È un po’ lo stesso arcinoto discorso che si fa quando si parla di satira: funziona se colpisci verso l’alto, non verso il basso. Funziona se c’è la sensazione che la persona colpita un po’ se lo meriti. I deboli, gli oppressi, le minoranze, la gente che soffre, raramente sono un bersaglio valido per l’horror con il mostro e le uccisioni in serie. Ribatterete “ma se la stessa Netflix praticamente l’altroieri ha fatto uscire un horror con il mostro e i rifugiati del Sud Sudan?”; lì funzionava perché il mostro stesso nasceva da quel contesto di fragilità e precarietà e sofferenza, era parte del discorso più ampio e del metaforone che il film voleva mettere in piedi.
Choose or Die invece funziona che c’è questo videogioco cattivissimo che influenza e cambia la realtà davanti ai tuoi occhi prima di strapparteli dalle orbite con un cucchiaio, e la persona a cui finisce in mano è una povera ragazza orfana di padre e con una madre che passa le giornate a fumare crack e guardare vecchi video del figlio minore morto annegato in una piscina qualche mese prima. Kayla (interpretata da un’altra esordiente assoluta al cinema, Iola Evans, di gran lunga la cosa migliore di questo filmaccio) vorrebbe studiare ma è costretta a spaccarsi la schiena per mantenere quel che le resta della famiglia, vorrebbe godersi la vita ma deve passarla a star dietro alla madre e a tenere alla larga il losco vicino che le vende il crack e vorrebbe ricevere in cambio non solo soldi ma anche favori sessuali, vorrebbe essere felice ma non può perché le hanno appena consegnato un’ingiunzione di sfratto. Insomma Kayla ha tutte le sfighe del mondo e non si merita di stare in Choose or Die.
Choose or Die è crudele e meschino, se la prende fin da subito con una che non ha fatto nulla di male e non tenta neanche la strada della metafora o dell’allegoria: il “mostro” del film non ha alcun collegamento con il fatto che Kayla viva nel degrado o in una situazione familiare difficile – non è Candyman, per capirci. È solo un videogioco cattivo perché Toby Meakins ha tutta questa idea parallela di parlare di nostalgia e delle gioie dell’analogico e delle sotto-sottoculture fanzinare e di quanto spaccasse il culo Gary Numan, per cui ci viene detto quasi subito che Kayla vuole fare la programmatrice ed ecco creato il collegamento, ora godetevi un’ora e mezza di questa poveraccia vessata e oppressa costretta a sopportare anche il cattivissimo CURS>R, che come prima cosa si presenta costringendo la cameriera del bar dove Kayla sta bevendo un caffè a masticare una manciata di schegge di vetro.
Questo mi permette di parlare del fatto che, al di là del fastidioso aspetto ideologico, Choose or Die sarebbe anche un film, e che anche gli horror più abrasivi e urticanti possono venire salvati, anzi elevati, dal modo in cui sono raccontati. Ebbene, Choose or Die, e qui non posso che concordare con Jackie, è un film di un anonimato scoraggiante, una brodaglia grigiastra (più blu, in verità) che si trascina stancamente nel suo disagio per un’ora abbondante punteggiata da due, forse tre a voler essere generosi, scene di “terrore” e di “violenza”. Poi nell’ultima mezz’ora fa un’altra roba ma ci torniamo dopo. Ora parliamo ancora di vetro masticato.
Ne parliamo ancora perché è letteralmente una delle tre cose in croce che mi ricordo di tutto il film a qualche giorno dalla visione. È la prima scena nella quale Kayla vede il potere di CURS>R in azione ed è una scena discretamente disgustosa anche grazie a un sound design notevole. È una roba a metà tra Saw e Final Destination e farebbe anche ben sperare, cioè: è un peccato per la povera cameriera, ma se la sofferenza di Kayla dev’essere la scusa per farci assistere a una serie di omicidi creativi tipo questo allora OK, si torna al discorso di prima sulla messa in scena.
E invece con le schegge di vetro l’amico Toby finisce le idee, e le altre volte in cui il “mostro” si manifesta (due, non scherzo) sono tanto dimenticabili quanto fastidiosamente impegnate a credersela un sacco – la vedete la scena con la nebbia lassù? È tutto un metaforone familistico che ripete per la centocinquantesima volta le stesse robe che il film ci ha detto fin lì su Kayla, il fratello morto, la madre, il crack, lo sfratto, bla bla, abbiamo capito che Kayla sta male e che è talmente sfigata che oltre a tutto il resto le tocca anche la maledizione del videogioco, non c’è bisogno di dieci minuti sprecati a vagare nella bassa Padana per ribadircelo un’altra volta. E vi risparmio commenti sulla “scena del terrore che si svolge tutta sullo schermo di un computer”.
Qui è dove vi segnalo che insieme a Kayla in questa via crucis di merda c’è Asa Butterfield, il cui personaggio ha per il film la stessa utilità che avrebbe un portaombrelli piazzato al suo posto. È anche lui un programmatore, vorrebbe tantissimo bombarsi Kayla e proprio perché insegue le sue mutande finisce invischiato anche lui in questa storiaccia di videogiochi maledetti. Potrebbe anche non esserci, ma ci tocca. È tutto sommato innocuo.
Tutto Choose or Die è innocuo. Almeno finché non decide che quello di cui c’è bisogno è un FINALONE, e comincia a inventarsi una serie di, non so come altrimenti definirle, stronzate per motivare la maledizione di CURS>R, spiegarne le origini, ricollegarsi a Eddie Marsan e imbastire infine un “combattimento finale” di una stupidità quasi offensiva e un finale-finale che è, da qualsiasi lato lo si guardi, una delle più cristalline rappresentazioni di LO SBAGLIO che si siano viste da queste parti da anni.
Sì, ecco, per farla breve Choose or Die è un film di merda.
Fate altro questa sera.
Netflix perde abbonati quote
«I choo choo choose not to watch you!»
(Il treno dell’amore che mi ha portato con sé)
PS prima di venire accusato di non segnalare dettagli interessantissimi di questo interessantissimo film: sì, c’è anche Robert Englund, fa un cameo vocale nel ruolo di Robert Englund. Sì, la colonna sonora è di Liam Howlett dei Prodigy: è carina.
(ok, me l’accollo io a sto giro. 3 2 1 si va!)
– eh ma i 400calci che brutta fine!
– e perché recensite i film demmerda al posto di XYZ [nota: XYZ è stato recensito N giorni fa, con N<=8]
– eh i recensori tutti imbarazzanti, mica come X [probabilmente X=Nanni, ma sono possibili lievi variazioni]
– ma come scrive il recensore?! non si capisce niente…
– ma il recensore l'ha letto ABC?! sennò è ovvio che non capisci il film [ABC=fanfiction della nipote del regista, pubblicata su una BBS lituana nel 1998]
– [something something SJW something GENDER something BUONISMO]
– basta, siete irrecuperabili, ci sono tanti altri siti in giro, me ne vado!*
llà, fatto.
*fino alla prossima recensione, ovvio.
ah ah bravoò, alla franshese
Più che altro la nostra linea editoriale è la stessa da 13 anni e anzi, se gli abbiamo dato una limata qua e là sta proprio nel cercare il più spesso possibile di evitare i film demmerda. Poi 1) non è sempre possibile, 2) certe merde vale la pena coprirle lo stesso perché la gente deve sapere, ecc… Alcune “critiche” ce le tiriamo dietro da sempre e sono fisiologiche, sappiamo che c’è chi ci apprezza proprio per certe cose che a qualcun altro non piacciono, ma quelli che ci chiedono di colpo di cambiare sono sempre i più interessanti (anche in senso positivo/stimolante, s’intende).
Hai dimenticato l’interlinea.
A rigore mancherebbe anche quello capitato qui per caso che si lamenta del turpiloquio, o, nel caso qui Stanlio si fosse dimenticato di metterci qualche parolaccia, (chi come me, colpevole) si lamenta che ci si è troppo rammolliti.
@Nanni
ma lo capisco, ed è pure rinfrescante vedere questo approccio aperto e non aggressivo alle risposte.
Solo a volte fa un po’ masticare amaro – leggendo da tanti anni e sapendo l’ammontare mostruoso di lavoro e qualità che ci sta dietro – leggere certe reazioni, soprattutto formulate così, con tutto sto (scusate) entitlement (scusate).
que siempre viva Valverde!
@Landis Buzzanca
Ahahah, bravissimo.
@Landis ti ringrazio, fa ovviamente piacere anche sapere che c’è chi ci comprende…
Visto appena uscito, avevo letto il plot e mi sembrava carino.
Purtroppo soffre delle stronzate che avete giustamente elencato. Il bello è che non lo avevo capito mentre lo guardavo, eppure, mentre vedevo questi perfetti innocenti (anzi: vittime letteralmente a credito col destino) torturati senza motivo dal giochino, avevo quella sensazione di sbagliato che avete spiegato in recensione.
Cosa mi è piaciuto:
– il gusto retrò e anni ’80 per una volta è reso abbastanza bene, senza essere troppo gomitino gomitino e ingombrante
– comunque la voce di Englund che ti risponde al telefono è un’idea fica e molto anni ’80
– la scena pre-finale con la famiglia a tavola è davvero disturbante, ottima regia lì
– è stato bello rituffarsi in un mondo di avventure testuali (prima che andasse in vacca pure quella regola), di premi per chi finisce giochi impossibile, di albori della multimedialità (un gioco a cui è collegato un premio nella vita reale in soldi e che ha una presentazione con un attore famoso via registrazione telefonica)
– vabbè Eddie Marsan
Cmq se vogliamo continuare a sparare a zero su Netflix e recensire film imbarazzanti suggerisco “Nella bolla”. Non so quanto sia calciabile, ma di parodie o cmq film che ironizzano su cinema fantasy/fantascienza/franchise qui se n’è parlato. E questo ha qualche spunto iniziale buono che poi si risolve in un film che è LAMMERDA. Ma LAMMERDA vera.
L’ho visto ma non è roba nostra, l’oggetto della parodia sono le celebrities in generale. Se i protagonisti stessero girando un dramma vittoriano il film non sarebbe cambiato.
Dici? In realtà secondo me si, parte del sarcasmo impiegato (male, malissimo) nel film si basa proprio sul fatto che:
1) è l’ennesimo di una serie che nemmeno accenna a finire, ed arrivati ad una tale quantità sequel come riferimento si può solo pensare a Bond/Marvel/SW
2) è un film d’azione/fantasy cmq con tanto green screen
Sia chiaro eh, che non sia roba nostra (perdonami se oso mettermi nel gruppo) ci sta eccome, ma se stessero girando “Downton Abbey III” non sarebbe stato lo stesso film, almeno secondo me.
E poi c’è Karen Gillian per la quale ho un debole, a dir poco :D
Sei nel gruppo, sei nel gruppo. Sarò più preciso: il film non cambierebbe di una virgola se stessero girando Downton Abbey 3 e Downton Abbey fosse, nel nostro ipotetico mondo, una saga dal successo planetario stile Marvel con dozzine di cloni. Nel senso: ai fini del bersaglio del messaggio non conta il genere del film (a parte le ovvie gag visuali permesse dall’uso del green screen), ma conta il fatto che si stia girando un blockbuster qualsiasi di successo. Si satirizza la fantascienza non come genere con le sue regole narrative, ma come generico veicolo di produzioni ad alte aspettative commerciali, in cui la gente coinvolta nella realizzazione si sente stocazzo.
Si, messa cosi è inoppugnabile. L’inclusione mi ha commosso
Io ‘sti film non li capisco… mi va bene che tu non possa competere con la Serie A, lo accetto, me lo accollo, non si vive di soli capolavori, anzi, se ci rifletto bene i film che mi sono rimasti più nel cuore sono film sghembi, imperfetti (almeno per il periodo in cui uscirono) ma con un’idea forte che ti rimane impressa (il primo esempio che mi viene in mente è Easy Rider, e mi rendo conto che dicendo questa cosa ho rovinato ogni possibilità di essere compreso perché verrà automatico pensare “Ma questo è scemo, Easy Rider è un capolavoro!”. Certo che lo è, ma per i motivi che dicevo su).
Ma ‘sti film che neanche ci provano, che preferiscono buttare tutte le fiches sulla gimmick, sul meme, ripeto, io non li capisco e secondo me si bruciano anche quelle poche possibilità che hanno di uscire dall’anonimato.
Oggi, comunque, mi sento buono e voglio spezzare una lancia in favore di Netflix: produce schifezze nella stessa quantità degli altri studios (giuro, provate a controllare la produzione di film delle altre major) ma noi ce ne sorbiamo di più perché tanto è “gratis” su Netflix: per dire, la Warner Bros ha distribuito pure il film dei Me contro te, eh.
Infatti a Netflix sono dei grandissimi, perché non solo te li piazzano in home page appena escono, ma ci tengono anche a sottolineare che è un loro prodotto originale. Il ché è:
1) Molto onorevole, proprio nel senso del codice samurai o roba simile. Cioè, non è che faccio i troiai alla zitta, li mostro con orgoglio al mondo e me ne assumo piena responsabilità.
2) In senso pratico, molto utile per una sana scelta dei film da vedere. Tu lo sai, e guardi un’altra cosa. Il principio: “Per forza, è una merda, è un Garpez!” all’incontrario.
Terrò le aspettative basse, ma sono in astinenza da horrorini tutto sommato innocui e dimenticabili (ahimè, gli unici che riesca a guardare in solitaria) quindi mi sa che gli darò una possibilità. Comunque sì: il VHS/programma/app che se te lo scarichi ti fa morire male e poi lo devi riprodurre è vetusto da mo’…(almeno da che esistevano i VHS, non ricordo se Samara si sia mai aggiornata al digitale…)
Considerazioni interessanti sul genere da parte di Stanlio, al di là del valore del film, a cui aggiungo, modestamente, i miei due centesimi.
Il genere horror è quello che ha le regole più codificate, e di tutte le regole, la fondamentale è che viene punito se non le rispetti. Si possono anche attaccare le minoranze, ma come evidenziato i personaggi devono essere sgradevoli e se la devono essere andata a cercare. In non aprite quella porta viene massacrato un disabile su una sedia a rotelle, ma il personaggio era stato reso prima antipatico da parte di Hooper. Se non operi questo tipo si passaggio lasci un senso di insoddisfazione nello spettatore. Ci deve essere una qualche forma di rivalsa sulla vittima per qualcosa che ha fatto. Da cui discende anche uno dei corollari incrollabili: il passato tornerà a mordervi le chiappe.
The cabin in the woods che fa delle regole dell’horror la sua base, arriva intelligentemente a sovvertirle perché le ha capite, masticate e risputate fuori. Ma è quasi un’eccezione. Al momento non mi vengono in mente molti altri film che operano questo processo.
Altro genere che ha le regole codificate è il genere giallo, di cui anni fai entrai in fissa con le sue regole (Van Dine, Chadler Highsmith), e ricordo ancora con piacere la Promessa di Durrenmatt che le sovverte in maniera incredibile.
Mi sono trattenuto dal citare Non aprite quella porta perché lì la questione “gente che se lo merita/non se lo merita” è complicatissima. Il disabile in sedia a rotelle è antipatichino, sì, ma la cosa fondamentale è che lui e gli amici rappresentano l’altra faccia della medaglia della famiglia Sawyer. Cioè entrambi i gruppi (gli hippy con il furgoncino e la gente resa cannibale dal capitalismo) sono “antisistema” e “vittime del sistema” ma i primi sono convinti di poterlo cambiare a sorrisi e buonumore mentre i secondi sanno già che non c’è speranza e hanno sbroccato. È un equilibrio sottile per cui i Sawyer sono una conseguenza e non una causa, e per cui massacrare i figli dei fiori ha un senso più dal pdv ideologico che del puro divertimento da slasher di vedere le vittime che soffrono…
Insomma è un caso complicatissimo che però ci può stare nel discorso, l’ho evitato solo per brevità.
Alla luce di quanto scrivi mi piacerebbe conoscere la tua opinione sulla lettura politico/sociale di ‘le colline hanno gli occhi’.
Il ragazzo sulla sedia a rotelle non è antipatico, è un ragazzo grasso immobilizzato su una sedia a rotelle – non autosufficiente, circondato da coppie di fighe e fighi che trombano tra di loro appena si allontanano di 3 metri da lui – che sa di essere lì perchè i genitori della sorella (o la sorella stessa, in un moto di compatimento) hanno deciso che doveva partecipare alla gitarella. Non è un personaggio antipatico, è tenero e patetico allo stesso tempo. Hooper è ammirevole per il modo onesto in cui lo tratta, dato che ci permette di comprendere la sua frustrazione e altresì ci fa anche immedesimare un po’ negli altri che, pur volendogli bene, lo considerano una zavorra. E i Sawyer lo fanno fuori perchè lo trattano esattamente come tutti gli altri, ovvero come carne da macello.
L’analisi “politica” di Stanlio su NAqP non penso sia supportata da considerazioni di Hooper e credo che sia completamente fuori fuoco.
E ha ragione Walter, la questione dei due nuclei familiari disfunzionali, civilizzato uno e selvaggio l’altro, che scoprono di assomigliarsi assai è relativa a Le Colline hanno gli Occhi di Craven.
Scusate l’OT.
Per tornare IT, ho visto Choose or Die e non mi è poi dispiaciuto, pur coi suoi difetti mi è sembrato meno irritantemente nostalgico rispetto ad altri proditti Netflix.
Wes, è da tanto che non rivedo il film. Forse oggi avrei un’idea del personaggio diversa.
@Maybe: Onestamente lo capisco, io l’ho rivisto di recente e proprio per questo mi sento di affermare senza ripensamenti che Franklyn non è un personaggio negativo. Dopo i secchissimi, quasi documentaristici titoli di testa, la prima immagine che vediamo è quella di un armadillo morto in mezzo alla strada; un furgoncino gli passa accanto e si ferma a pochi metri di distanza; un ragazzo aiuta un coetaneo in sedia a rotelle a scendere dal furgone perchè possa urinare. E’ la prima apparizione di Franklyn contraddice l’idea che Hooper l’abbia dipinto come antipatico, ma è una cosa che alla prima visione magari non noti (come non l’avevo notata io), dato che i momenti del film che rimangono più impressi sono altri. Ma è in questi particolari che sta anche la grandezza di Hooper e del film, a mio parere.
Riguardo alle regole dell’horror, o meglio alla regola “è antipatico = deve morire, così noi spettatori ci sentiamo meglio”, non mi trovo affatto d’accordo sulla sua validità, ma capisco che venga considerata fondamentale in ambiente “calcistico”, ambiente che rispetto ma nel quale, da fan primariamente di horror, non mi riconosco.
Per me un horror in cui vengono accoppati i più deboli fa ancora più orrore. Ma non è un orrore che ti prende agli occhi, diventa piuttosto quello che ti prende occhi+stomaco. E allora forse, a livello di intrattenimento, stiamo parlando dello stesso sport, ma non dello stesso campo da gioco.
In effetti Nanni nella rece dell’ultimo retconquel ne sottolineava l’unicità, e infatti è difficile inquadrarlo.
Il personaggio è sfaccettato imho, non è un bastardo, ma è un po’ stronzo, si sente che è incazzato, neanche perché sia incazzato col mondo per il suo handicap (è focomelico, se non sbaglio) , ma semplicemente perché è stressato, sta facendo troppa fatica. A ripensarci rendere queste modulazione fondamentali dell’umore in questo modo sottile, facendotele sentire più che notarle… veramente un filmone.
Ho risposto per sbaglio sotto invece che qui, ma anch’io mi chiedevo dei film che non rispettando le regole di cui sopra risultano ancora più pesi. Come li inquadriamo? Il fatto è che c’è ne è a bizzeffe.
Bella Maybe, hai perfettamente riassunto e mi hai fatto finalmente capire per bene, bello rotondo, il discorso sulle regole degli Horror tante volte citato e spiegato qui sui calci ma come un che di dato per scontato. D’altronde se Scream e Cabin in the woods sono due capisaldi del genere e non delle parodie (come per esempio Shaun of the dead- per dirne uno che pure ci gioca consapevolmente) vuol dire che sono veramente DNA del genere, regole, e non semplici luoghi comuni.
A questo punto chiedo: i film realizzati puntando esclusivamente sullo shock value finiscono per esulare di conseguenza dal genere horror?
Poi già che ci sono dico che sarebbe bello avere approfondimenti made in Calci sulle regole dei vari generi, per esempio giallo vs thriller, per poi magari sconfinare in ambiti/generi extracalcistici, magari con qualche eccezione meritevole. Per esempio ho letto recentemente che dopo Schindler list c’è stata la ventata del genere che potremmo chiamare shoahxplatation, e chi se non voi potrebbe trattare un tema così difficile?
Appoggio la mozione Bugo.
Senza dubbio un film di merda. Fa strano poi vederlo su netflix accanto a Black Mirror: Bandersnatch, che attingeva dallo stesso immaginario con ben altri risultati.
Confermo è una merda e ne avete parlato anche troppo.
Boh, a me leggere la stroncatura con Cars in sottofondo mi ha quasi fatto voler bene a questo film. Che non vedrò perchè non ho Netflix ( ma ho il Nintendo Wii e il Nintendo64) , lo hai segato abbestia e non cercherò neanche sul fiume. Mò ora però approfondisco ‘sta fuga di abbonati da Netflix, che 5 anni fa sembrava il bello bello in modo a cui non poter rinunciare. “Netflix, va un casino quest’ anno” era lo spot, o sbaglio?Forse no.Ma chi se ne incula! Comunque io e Chery abbiamo molto gradito il tuo filetto alla Strogonof di ieri sera. E grazie per la rece.
Film Netflix? na merda sicuro.
Come sono contento che stanno andando a gambe all’aria.
Ho visto che c’era questa recensione grazie a Facebook. Ho cliccato subito sul post pensando “Bel film di merda, sì” (l’ho già visto). Ho letto le prime righe della recensione e sto ancora ridendo.
La recensione di un film brutto è un’opera di grande altruismo, non a caso qui si titola a volte “In sacrificio per voi”.
5 minuti di lettura, solitamente gradevole, che ti salvano da 90 merdosi minuti della tua vita che nessuno mai più ti restituirà.
Ovviamente se ci si fida del giudizio del recensore.
Per quanto mi riguarda: grazie.
(scusate ho “censurato” gli interventi di Pier perché “erano scomodi e non sopportavo il pensiero che avesse idee diverse dalle nostre”)
No, ma che davvero? Mi sta mancando.
Se vuoi ti faccio un copiaincolla, stanno ancora nel cestino.
c’mon everybody now:
♫ ♪ Valverde / la censura di prima mano ♫ ♪
facendo mea culpa per averlo fomentato e promettendo maggiore diligenza in futuro (ma era irresistibile) …ditelo che il suo amore incondizionato per l’Hulk di Ang Lee ha dato il colpo di grazia al povero Pierseguitato
p.s. lo sfondo grigio funziona alla grande
Io i commenti di Pier riesco ancora a leggerli. Celati nell’ interlinea, per vederli basta mettere una fiamma dietro il monitor. Alla fine il Nanni è un dittatore dal volto umano.
Ahah, grande Pier, hai visto? Ti si nota di più, come diceva il tuo regista preferito, se non appari, piuttosto che se appari.
Comunque lo sappiamo tutti che hai scritto che iCalci se la giocano troppo facile a recensire sempre solo i capolavori, con questo stile asciutto e monocorde che ha rotto i coglioni.
é probabile che in questo momento ti stia denunciando alla postale e che si stia paragonando ai vari giornalisti russi morti di Noviciock (nestlé).
se “pier” ha ampiamente rotto il cazzo a me che il sito lo frequento ormai saltuariamente, pensa a quelli che se leggono i commenti ogni santo giorno
Film pessimo. Come diceva qualcuno poco più sopra è praticamente Bandersnatch senza l’interattività, o una sceneggiatura e degli attori decenti, o delle scene horror degne di questo nome (la cameriera che mangia le schegge non è male, ma ci insistono su talmente tanto che finisce per diventare comica)… Per non parlare dello “scontro finale” quanto mai demenziale.
Vorrebbero fare una critica alla nostalgia (Fuck The 80s!) ma ne sfruttano gli effetti visivi più abusati come glitch, effetto VHS, finta pixel art tristissima e via dicendo, su una trama che non sta in piedi e vuole fare pure del moralismo (la maledizione = il capitalismo sta in piedi solo perché ci sono i poveracci sfruttati!). Robert Englund si vede che aveva bisogno di $, per non parlare del fatto che la sua presenza è solo l’ennesimo buco di trama: come fa una software house con 1 solo gioco all’attivo ad avere i soldi per organizzare una caccia al tesoro con premio in palio e la presenza di un attore famoso? Vabbe’ vah, ne ho parlato anche troppo, per qualcosa che è ai livelli de Il Tagliaerbe…
No, Nanni… Mi basta sapere che che c’è ancora un libero pensatore gonzo tra di noi.
Netflix quote bellissima… Avete scelto meglio di Ralph che poverino subiva la peggio violenza!
@Maybe Ho megalollato.
“Buongiorno a tutti… mi chiamo Maybe.”
“Buongiorno Maybe…”.
“Sono pulito da cinque giorni… Cinque giorni in cui non mi faccio di Pier”
“Continua”, disse il moderatore, un uomo il cui volto era segnato dalla vita.
“Mi sembra di vederlo ancora dappertutto… nelle interlinee, singola, doppia. Ho scoperto tutto sull’impaginazione. Ho scoperto che una cartella è formata da milleottocento battute. So tutto sugli a capo per dare respiro al discorso.
“Vai avanti”.
“Guardo continuamente i vecchi sketch del Muppet Show … Ma non, come ci si aspetterebbe i pezzi con Kernit la rana o miss Piggy, o quelli con i due cinici vecchietti; ma quelli con Gonzo. Insomma, mi capite, Gonzo?”.
“Hai provato a rileggere Paura e disgusto di Thomson, forse ti può aiutare”.
“Ci ho provato, davvero, ma non ci riesco! L’interlinea è sbagliata… E poi mi pare di vederlo ancora nel blog. Ieri sera, ad esempio, verso mezzanotte mi sembrava di scorgere dei nuovi commenti di Pier… ma era come se apparissero e subito sparissero, come se qualcuno li cancellasse rapidamente…”.
“Ci vuole tempo Maybe. Devi darti tempo… E mi raccomando, continua a prendere le tue pillole”.
“La sera è il momento più difficile – si ripeté Maybe come gli era stato spiegato – ma cosa mi può fare di male rileggere ancora i suoi vecchi commenti? Solo qualcuno?”.
“Ecco qui è dove mi augura di morire male. Qui dove litiga con tutti. Qui è dove spiega ai redattori quali film recensire”.
E poi, quasi senza accorgersene lo fece. “Ok, solo per questa sera – si disse – rileggiamo i suoi commenti alla recensione di Diabolik… Poi smetto per sempre”, si disse.
ah ah ah ah ah
Nonostante nei primissimi minuti mi fossi fomentato vendendo che c’era quel king di Eddie Marsan e delle reminiscenze del primo episodio di quella bombetta che è Stories Untold, confermo che è un film de merda.
Ho riflettuto se poteva essere ancora più de merda, tipo che invece di un horror secco fosse stato una comedy horror (che, tranne pochissimi casi, sono film de merda per eccellenza).
Ma il “twist” finale con la deriva supereroistica lo rende un film veramente de merda
Fiutavo la fregatura ma mi sono fatta ingannare dalla presenza di Eddie Marsan nel cast, pensando ingenuamente: “Se c’è lui, mica può essere una vaccata assoluta”… ed invece lo è, caro Eddie questa me la segno
W i film di merda. E w le recensioni quattrocentocalcistiche dei film di merda.
Perché ci sono delle sere che, hai proprio voglia di abbioccarti un film di merda mentre spippoli Instagram e scureggi sul divano.
Magari sei stanco, hai poco più di un ora di autonomia e poca pazienza, nelle orecchie ti rimbomba ancora la voce stridula del tuo collega che ti ha asciugato le viscere, o le urla del figlio treenne che a dormire proprio non ci voleva andare. Inoltre non puoi addormentarti subito, perché ormai sei un vecchio, e non c’è nessuno disponibile a digerire la cena al tuo posto.
Netflix ha creato una categoria apposita, “film da 90 minuti”.
Ecco quello è lo stagno dove pescare quando hai voglia di schifezze.
Comunque, al posto del portaombrelli, io mi sono immaginato un cartonato 1:1 di Umberto Smaila.
Stessa utilità, ma decisamente più bello da vedere