Che avete fatto di bello durante il lockdown? Il pane? La pizza? Avete ascoltato i podcast di Barbero? La famiglia Adams ha girato Hellbender, il suo sesto film e secondo horror. Tutto in famiglia, con un elenco di credit che sembra quello di una produzione di Lory Del Santo, in cui si trovano praticamente solo John Adams, la figlia Zelda Adams, l’altra figlia Lulu Adams e la moglie Toby Poser. Il risultato dovrebbe a rigor di logica fare schifo, e invece è un signor horror. Ma proprio un signor horror. Cattivo, spietato, un po’ modaiolo con i suoi tempi rallentati e le sue atmosfere rarefatte ma anche con un’accelerata finale di tutto rispetto. Del resto l’horror è forse l’unico genere cinematografico (porno escluso) in cui meno soldi hai, più il risultato può venir bene.
Le protagoniste della storia sono Zelda Adams e la madre Toby, le due vivono in una casa isolata nel bosco, da sole, suonano un po’ di metal con il trucco in faccia (la famiglia Adams ha anche un gruppo metal che si chiama H6llB6nd6r). Salta fuori che sono streghe ma buone, almeno la madre è in un percorso di redenzione e per quanto polverizzi la gente che invade il loro territorio lo fa a malincuore (povera). Siccome è una strega ma in un percorso di redenzione non ha detto niente della loro natura alla figlia e la tiene reclusa perché non entri in contatto con il resto del mondo, con la vita (che è ciò che le alimenta) e quindi non sviluppi istinti spietati da strega, finendo a fare cose di cui potrebbe pentirsi. Inevitabilmente l’adolescente cercherà altri coetanei, farà esperienze e capirà tutto.
Raperonzolo con ossa che si spaccano e molto molto sangue dalla bocca. Molto.
La recensione di un film simile sarebbe semplice “Ma fatelo voi un film così durante il lockdown con il resto della famiglia!”, tuttavia siamo qui per il vostro e nostro piacere e quindi scaviamo.
Sorvoleremo adesso sul fatto che la famiglia Adams è una specie di strano specchio per la famiglia di finzione di Hellbender (fanno metal anche loro, vivono in quella casa del film e sembrano un nucleo autosufficiente), per dire che forse questo horror da circuito festivaliero con apprezzabilissimi effetti pratici e alcuni molto meno apprezzabili effetti digitali, è forse l’esempio perfetto di cinema del lockdown. Una storia di qualcuno recluso che non può avvicinare gli altri e non può stargli a contatto troppo stretto, in cui tutti sono sempre lontani e nessuno vicino tranne i consanguinei (la giovane Hellbender è stata convinta dalla madre di avere una malattia autoimmune) che cova qualcosa di oscuro in casa.
Ciò che impressiona è la fantasia degli Adams, la quantità di piccole trovate e idee di paura, come ad esempio un finale nel buio illuminato solo da una torcia che riesce a non sembrare povero ma anzi a suggerire un mondo di oscurità pieno di cose che non vediamo. Ma basterebbe anche la capacità di creare con poco la mitologia delle Hellbender. Categoria di streghe che si riproduce in autonomia come le felci selvatiche, che si ciba di piante e coni perché cibarsi materia viva risveglia una potenza che è meglio tenere a bada e soprattutto che ha un ciclo vitale simile alle stagioni. È un mondo che viene spiegato lentamente durante il film, ma anche con straordinaria chiarezza. E nonostante alcuni inserti tradiscano un po’ di passione per i videoclip alternative rock degli anni ‘90, Hellbender non è nemmeno eccessivamente derivativo. Anzi ha un po’ un modo suo, scarno e molto minimalista, di lavorare su tempi e mood moderni dell’horror. Facciamo a capirci: la spallata ai film A24 e a quel tipo di intellettuali della paura c’è, non ci sono dubbi, ma poi un po’ come Ari Aster (senza quella sofisticazione visiva sia chiaro) è anche in grado di mandare la nave in porto con sicurezza.
Che in un film fatto da una famiglia poi l’argomento principale sia che l’alcova familiare è marcia, è un nucleo di morte che si nutre di morte e inevitabilmente, anche con le migliori intenzioni, finisce per insegnare la morte (ma ancora di più, va distrutta!) mi pare forse la notizia migliore. La famiglia Adams racconta qualcosa di cui ha esperienza diretta, non si autoassolve, non fa un film per celebrare la categoria cui appartiene, anzi indaga con gli stessi membri della sua famiglia, la natura morbosa dei legami. Perché, non c’è bisogno di una scienza per capirlo, il punto di Hellbender è l’allegoria del momento in cui un’adolescente si allontana dal nido, entra in conflitto con i genitori e inizia a sviluppare una propria vita. Usando un’abusata locuzione dei nostri anni “realizza a pieno il proprio potenziale”, ma ci siamo capiti. Il conflitto generazionale raccontato da quelle stesse generazioni che lo vivono, in un horror di facce fracassate, gente polverizzata, ossa spolpate.
Dvd-quote:
“Tu non mi capisci mamma! Lasciami libera di vivere la mia vita e mangiare le mie amiche!!!!”
Jackie Lang, i400calci.com
Jackie si vergonava di fare questa gag idiota quindi mi sporco le mani io:
Sigla!
https://www.youtube.com/watch?v=ZZ5IWRz78DY
l’avevo accuratamente evitata
A parte che un film da vedere faccio presente che ja anche un prequel , anch’esso figo , dal titolo The deeper you dig.
Visto che non si puo correggere ho scritto
È un film che va visto , come horror merita ,e ha un prequel The Deeper You Dig.
grazie segno! approfitto per alzare cinque alti a Shudder, senza il quale queste cosette non avrebbero la minima possibilità di essere viste eccetto che dai frequentatori dei festival e gli amici della famiglia adams (che sono sicuro essere numerosissimi e normali)
visto e preso mega bene: storia, atmosfere, lore, idee, performance, tutto niente male… ma il vero pièce de résistance? dura meno di un’ora e mezza
Mi sono annoiato con molto meglio. Vorrei essere un Adams, secondo me si divertono un botto.
Voglio la colonna sonora. GLi ho voluto talmente bene a sto film che gli perdono pure l’ultimo fotogramma.
L’ho visto adesso. Che dire: se questo film non diventerà un cult, non so cosa possa farlo. Bellissimo.