Con l’uscita per l’home video un paio di mesi fa di Spider-Man No Way Home è iniziata la seconda ondata di promozione del film, quella dove spuntano come funghi su YouTube gli Honest Trailer, i Cinema Sins, i vari contenuti speciali presenti nel blu ray e una quantità di dietro le quinte, making of e spottoni vari. Tra questi, quello che vado ora a proporvi, un video prodotto da Vanity Fair (che, bisogna dire, fa dei bei video), in cui il responsabile degli effetti speciali passa in rassegna e spiega il suo apporto a Uomo Ragno no via casa e, spoiler alert, è all’incirca TUTTO.
Tenetevi forte perché è oggettivamente sconcertante.
Che vi avevo detto? Sconcertante. È come scoprire non solo che Babbo Natale non esiste, ma non esistono nemmeno i regali e quello che trovi sotto l’albero è un placeholder che verrà sostituito in post-produzione con un trenino elettrico in 3D solo ad aprile!
Però. Dopo averci riflettuto per due interi minuti ho realizzato che non ho nessunissimo problema col fatto che i film Marvel vengano fatti in questo modo. Voglio dire, è un modo. Mi preoccuperei se fosse l’unico modo, ma non è così. Sembra l’unico modo per via della pervasività del genere, perché quei bastardi si sono comprati ogni singola sala esistente, ma vi giuro che tutto il resto del mondo fa ancora film “alla vecchia maniera” e se la cava direi dignitosamente. I grandi colossi dell’intrattenimento (e solo loro perché sono obiettivamente gli unici a poterselo permettere) hanno deciso di adottare questo approccio? Pace. Che vi devo dire, funziona. E sì, vi vedo che agitate il pugno e borbottate cose come ma dov’è il cuore, dov’è l’artigianato, però andiamo, sono praticamente cartoni animati. Non vi vedo fare crociate contro i cartoni animati o lamentarvi che nei cartoni animati non c’è il cuore. Per me, il cuore e l’artigianato stanno nei pixel delle nanomacchine che formano il costume di Spidey e nel lavoro del “tecnico dei peli in VFX” che si assicura che i capelli dei personaggi si muovano coerentemente a quello che succede nell’ambiente che li circonda: è solo questione di abituarsi a qualcosa di nuovo. O non abituarsi, voglio dire, ho detto che a me sta bene, non deve per forza piacere anche a voi.
Quello che non mi sta bene, semmai, è che il signore di quel video, Kelly Port, non abbia il proprio nome scritto a caratteri cubitali nei titoli di coda di Spider-Man No Way Home prima, sopra o almeno a fianco del “regista” Jon Watts. Perché se questi film sono fatti al 99% con un computer, a casa mia l’autore del film è la persona davanti al computer.
È un discorso non dissimile da quello che ha fatto Nanni nel suo side project come influencer su Instagram riguardo agli stuntman in una serie (sempre Disney, ma cerchiamo di non vederci un pattern) come Moon Knight. Nanni dice, e sottoscrivo col sangue se no non sarei qui,
«È ovvio che quello non era Oscar Isaac ma uno stuntman: non sarebbe il caso di accreditarlo come attore? Fa praticamente il 95% delle scene in costume. […] È protagonista di importanti sequenze intere, in cui recita col corpo e fa scene complesse in primo piano, ma non viene messo tra gli attori solo perché non parla e ha la fazza coperta? Mentre “turista con la macchina fotografica” è fra gli attori in virtù di avere un momento lampo in cui lo si vede scattare una foto?»
In che modo Jon Watts (onestissimo professionista, per carità), che si è trovato in mano un copione blindatissimo modello “checklist di cose che devono succedere” e mezzo film praticamente già pronto in previs (ci torniamo tra un attimo), è più “regista” di Spider-Man No Way Home di chi ha animato i tentacoli del Dottor Octopus, dato forma, peso e sostanza alle coreografie dei combattimenti, fatto esplodere per lo meno un ponte e qualche macchina?
Il problema non è che (signora mia) ormai questi film sono fatti tutti al computer, ma che quello di fare i film al computer è, a meno di non essere la Pixar, un lavoro a cui ancora non si riconosce alcuna dignità. E non parlo di “rivalutare” gente come James Cameron o Michael Bay, i cui nomi sono da decenni sinonimo di cinema spettacolare perché della cura degli effetti speciali hanno fatto un punto centrale del proprio lavoro. Parlo di dare la giusta rilevanza a “generico stronzo che ha passato 2.000 ore a programmare la fisica dei fulmini attorno al mertello di Thor”. È ora di ridefinire i ruoli, accettare l’esistenza di nuove figure (o vecchie, ancora insensatamente nell’ombra, come nel caso degli stuntmen) e ripensarne le gerarchie. Chiederci cosa fa di questi film dei film: gli attori, gli effetti speciali, gli stunt, le battutine, l’hype montato ad arte o tutte queste cose insieme?
Senza arrivare a suggestioni sovietizzanti tipo “il cinema è un’opera collettiva”, siamo comunque in un territorio in cui l’idea del regista-autore è non solo superata ma ridicola.
Poco più su ho parlato en passant di “previs” ma siete degli illusi se pensate che ora non apriremo una lunghissima parentesi al riguardo. Per chi non fosse ancora ossessionato da questa roba, la previs (da previsualization) è questa tecnica con cui si realizzano storyboard animati dei film con una precisione sempre più, uhm, precisa. La previs, in realtà, esiste da anni e moltissimi registi la usano per farsi un’idea di come verrano certe scene — particolarmente costose, particolarmente complesse, particolarmente ricche di effetti speciali — prima di girarle: se ne sono serviti tutti i più grandi, Spielberg, Coppola, De Palma… non è mai stato un mistero e nessuno ha mai mosso obiezioni. Il problema è che la Marvel, che da Iron Man 2 in poi collabora massicciamente con l’azienda leader del settore, la The Third Floor (fondata dai responsabili degli effetti speciali di Episodio III – La vendetta dei Sith: riuscite a immaginare qualcosa di più malvagio?), ormai utilizza la previs per mappare i propri film dall’inizio alla fine, non più solo le scene “difficili”, considerandolo un passaggio obbligatorio della pre-produzione che avviene addirittura prima di scegliere il regista. Questo video di Insider spiega bene la faccenda.
Magari avevate già sentito la storia di Lucrecia Martel, la regista indie a cui la Marvel aveva offerto di dirigere Black Widow: Martel dice “wow, grazie, ma io non sono capace di girare il tipo di scene d’azione che volete voi” al che la Marvel ride per un quarto d’ora e poi risponde “ma non ti devi preoccupare, quelle scene sono già pronte”.
Anche in questo caso la tentazione di stracciarsi le vesti e urlare O tempora, o mores! (o più realisitcamente citare la scena di Boris in cui mettono un robot a dirigere la fiction perché costa meno di un regista vero e non dà problemi) è forte, ma non deve essere per forza così. La previs è diventata una tappa fondamentale nella realizzazione di certi film? Bene: vuol dire che il capo della previs, uno il cui lavoro fino a un po’ di tempo fa era dire a Zach Snyder “300 culturisti nudi che corrono in slow motion verranno più o meno così”, ricoprirà un ruolo sempre più creativo, qualcosa a metà strada tra il coreografo, il regista, il cameraman e il montatore. E in vurtù di questo si prenderanno delle persone creative e gli si darà il giusto risalto. La domanda da porsi piuttosto è: ma allora qual è il ruolo del regista?
È normale che un regista deleghi ad altri (semmai è una caso particolare quando il regista si rivela un tuttofare, come, boh, Soderbergh o Rodriguez), ma siamo comunque abituati a pensare a lui come a un coordinatore che ha l’ultima parola e che si prende la responsabilità del prodotto finito, in uno spettro che poi va dall’umile esecutore tipo David Leitch in Hobbs & Shaw alla personalità scoppiettante che imprime la propria visione nella pellicola tipo David Leitch in John Wick. Ma un regista che
- non dirige gli attori perché andiamo non stiamo esattamente facendo Macbeth
- non controlla niente sul set perché sono letteralmente due attori davanti a un telo blu
- non partecipa alla sceneggiatura perché è roba scritta anni prima col compasso e la calcolatrice perché funzioni all’interno di un disegno più grande
- non fa i casting perché la Disney ormai gli attori li crea in laboratorio (Tom Holland ne è la prova)
- non decide la fotografia, perché i film Marvel hanno tutti lo stesso look
- non cura le scene d’azione perché sono troppo importanti per non farle fare ai robot
- non cura le scene non d’azione perché comunque è più pratico farle fare ai robot
- non ha nemmeno il potere di dire “no così non va, facciamo in un altro modo” perché di fatto c’è Kevin Feige che lo picchia col giornale e gli dice NO STRONZO TU NON HAI CAPITO ABBIAMO GIÀ DECISO CHE SI FA COSÌ
…esattamente a che serve?
La tentazione di rispolverare mentalità da Hollywood della Golden Age, dove gli studios erano Dio e Via col vento era un film di David Selznick, è forte — e in effetti già assimilata: ormai pure la panettiera parla con disinvoltura di “film Marvel” e “film DC” (anche se poi mi casca su Morbius chiamandolo film Marvel quando è notoriamente un film Sony) — ma non mi soddisfa. Perché la Marvel, con tutto il bene che vi voglio ragazzi siete mitici assumetemi costo pochissimo, è in questo momento il terrificante reparto marketing di una serie di proprietà intellettuali e l’ultima decisione creativa che ha preso è stata il numero di Funko Pop da fare uscire appresso a questo film.
Ovvio che chiamare No Way Home “un film di Kelly Port” sarebbe provocatorio e basta. Kelly Port chi è? Ha fatto gli effetti speciali pure di Infinity Wars e Endgame, per i quali ha anche sfiorato l’Oscar (i premi minori di cui nessuno parla), chiaramente ci sa fare, ma se è uno con una visione o solo uno a cui piace far saltare in aria le cose io non lo so. La cosa più sensata sarebbe citare tutti gli artefici: “Spider-Man No Way Home è un film Marvel di Jon Watts e Kelly Port”. Sentite come riempie la bocca. I giapponesi, che hanno l’onestà intellettuale di chiamare i film di effetti speciali “film di effetti speciali”, già lo fanno: la regia di Shin Godzilla è attribuito a Hideaki Anno e Shinji Higuchi, dove il primo è il responsabile della storia e il secondo del fiato atomico di Godzilla. Ci provassero un po’ a mettere Higuchi diciottesimo nei titoli di coda dopo il responsabile del catering e il parrucchiere di Alfred Molina.
Non credo che l’Occidente sia pronto a questa rivoluzione copernicana, né che di questa faccenda freghi veramente qualcosa oltre a noi quattro stronzi. Ma presto o tardi si inizierà a parlarne sempre di più, specie se questa figata della tecnologia de-aging va in direzione di rendere finalmente obsoleti pure gli attori. A quel punto bisognerà avere un quadro completo della situazione per sfoderare opinioni originali alle feste ed evitare di cascare nella trappola di vedere tutta questa faccenda come una semplice dicotomia che mette da una parte il cinema fatto da Skynet e dall’altra la Resistenza umana guidata da Scorsese. A quel punto potrete sorridere sornioni (qualunque cosa significhi) e dire “ho letto che ne parlavano su I 400 Calci”.
Ottimo articolo! Spero sia l’inizio di una nuova rubrica “Les cahiers des 400 coups de pied”.
impossibile, nessuno di noi parla il dialetto laghee
Bellissimo articolo, bravo Quantum. Sollevi mille punti non solo interessanti, ma fondamentali. Direi però che sono discorsi già non più nuovi: per Mad Max si era già parlato del ruolo degli sceneggiatori che non esistevano ed erano stati sostituiti dagli storyboard artists… Mentre sugli stuntmen si era aperto un discorso un anno o due fa sull’opportunità di premiarli a cerimonie come gli oscar.
Però come approfondisci bene tu è un discorso vastissimo. Nel mio piccolo, noto che ho sempre percepito con un po’ di fastidio la confusione fra “autore” e “regista”, quando alcuni miei amici dicevano “ah bello il film di X, è lo stesso che ha girato Z” che è una frase che ha senso se X è David Fincher, ma non se è Chris Columbus.
Che dire, un articolo riguardo il quale sono d’accordo anche sulle virgolette. Però è vero che la massa del pubblico non è pronta per questo tipo di cambiamento, forse nemmeno la gran parte degli addetti ai lavori. Ma ci si arriverà.
Articolo uscito leggermente in ritardo: avrebbe (forse) avuto senso prima di Doctor Strange Multiverse of Madness.
Sarebbe in realtà un discorso interessante analizzare perché lo pensi. Perché hai visto “il tocco di Raimi” in Dr. Strange? Ci sono diversi aspetti in ballo. Uno è di “coincidenza”: l’attuale stile Marvel è stato praticamente inventato da Raimi con la sua trilogia di Spider-Man. L’altro è che probabilmente Raimi è entrato a bordo in tempo per influire un po’ di più e gliel’hanno lasciato fare 1) perché è Sam Raimi, non il primo Jon Watts che passa e 2) perché (non mi è difficile crederlo) le direttive magari erano già “imitare” Raimi (nel senso di “un po’ di più”) prima che riuscissero a ingaggiare l’originale, quindi ogni input in quel senso era bene accolto. Sam, da parte sua, ha già dichiarato pubblicamente che è stato frustrante avere così poco tempo per girarlo e non poter prendere tutte le decisioni che normalmente prende. Insomma, la macchina è sempre la stessa.
Nanni, lo penso perché un film come Dr. Strange annulla tutto il discorso (che francamente ho trovato esagerato) sul regista anonimo e intercambiabile, sugli attori creati in laboratorio e sui film fatti tutti in serie e basati solo sugli effetti speciali.
Non è che io “abbia visto il tocco di Raimi” in Dr. Strange, è quest’ultimo che è un film di Raimi a tutti gli effetti; nè si può dire che Cumberbatch o la Olsen siano attori presi da un vivaio Disney di cloni creatti appositamente.
No, la mia idea è che il Marvel Style abbia soppiantato (temporaneamente) altri modi di fare cinema di massa perché funziona, e funziona perché mediamente è scritto, diretto e recitato meglio di altri franchise. A fare esplosioni ed effetti speciali sono buoni tutti (per restare in ambito, pensiamo ai film DC o al Wizarding World), ma per attirare al cinema o davanti alla tv milioni di persone in tutto il mondo con una costanza invidiabile da vent’anni forse ci vuole più di una ricetta assemblata a tavolino.
Il punto del mio commento però è che 1) i Marvel sono da sempre una copia dello stile Raimi e 2) nulla esclude che su questo abbiano progettato in anticipo di “imitarlo” ancora di più, per cui – e lo ha lasciato intendere anche lui stesso nelle interviste – Raimi si è trovato in gran parte la pappa pronta su misura. Non c’è annullamento del discorso del pezzo, quello è solo il film in cui per una serie di coincidenze le procedure Marvel risaltano meno.
Vitto, ammiro sinceramente la tua fiducia nella razza umana.
Purtuttavia, ti basta pensare a un qualsiasi supermercato per far cadere la questione del “milioni di persone in tanti anni non si possono ottenere con una ricetta a base di marketing.”
Al supermercato ci trovi il 90% di quello che ti serve, ergo i gusti della massa sono estremamente prevedibili.
Sul discorso attori veri, non è un caso che, tra serie e nuovi film, li stiano segando tutti via in favore di onesti mestieranti.
Credo pesi anche che “Sam Raimi” è un selling point del film. Come si dice nell’articolo, è tutta roba fondata sul marketing. La roba se vuoi agghiacciante è che se Raimi avesse detto, per ipotesi, “questo lo faccio tutto diverso, perchè per me qui serve una roba tutta nuova” paradossalmente non glielo avrebbero fatto fare (credo), annullando di fatto l’autorialità. Raimi è stato preso per fare Raimi e probabilmente il materiale che gli hanno messo in mano aveva la chiara indicazione di essere Raimi al 100%, ma senza il rischio di farlo fare a Raimi stesso che con le persone non si sa mai, vai te a fidarti.
D’accordo, ma mettetevi d’accordo: il regista o non conta o viene chiamato apposta per fare se stesso, le due cose non sono sovrapponibili. Se avessero chiamato Watts per fare Raimi sarebbe venuta una schifezza. Anche di Taika Waititi tutto si può dire tranne che non dia un’impronta a suo modo autoriale.
Sulla ricetta fatta a tavolino… funzionasse sempre non staremmo a parlare dei grandi flop di critica e di pubblico di grosse IP come Star Wars, DCU e Wizarding World: tutti vogliono Feige e i suoi proprio perché non basta a ricetta, ci vogliono le teste e le mani.
Forse si cerca il nome del regista più che il regista, oppure si pensa che il regista possa adattarsi a quello schema lì (e in più metterci il nome). Mi viene in mente Edgar Wright con Ant-Man… che infatti ha preso e se ne è andato perché probabilmente non gli interessava mettere la macchina da presa dove era previsto già dallo storyboard (“Anvedi, ce sta già er segno… buciodeculooooo”).
@VItto, esiste che ti adatti a fare con quello che hai. Raimi è arrivato tardi ma non il giorno stesso delle riprese. Funziona che se la tua idea è fare una roba simile alla sua gli vai stilisticamente incontro: se hai lui ti puoi fidare e allentargli il guinzaglio nei limiti di budget e tempistiche; se non hai lui, assumi possibilmente qualcuno che gli si avvicina e se serve al contrario limi e smorzi.
Vitto, devo dire che, nel caso della marvel, “produzione in serie anonima e spersonalizzante” e “grande artigianato di qualità” convivono senza problemi. ed è proprio questa, almeno per me, la ricetta di kevin feige che gli altri non riescono a replicare. forse perché non hanno capito che far fare le cose ai robot non significa necessariamente farle male
Quantum, concordo pienamente.
E sarà sempre peggio. La soglia di attenzione nei ragazzi sta calando, quindi quando vuoi tenere un bambino/adolescente incollato allo schermo, esplosioni, botte e musiche a manetta devono farla da padrone. Pochi dialoghi, semplici, tanta azione e due ore e mezza di film di supereroi volano. Quindi sì, il nome del nerd degli effetti visivi andrebbe messo tra i primi posti come fanno i giappo. Una volta su Twitch ho scritto al boss “Per me il futuro è la gomma di Psycho Goreman”, ma era una forse una richiesta d’ aiuto, il grido di dolore di un anta e qualcosa in overdose da cgi. Perchè lo fiuti che inizia a essere troppo, che ormai è un mezzo per risparmiare forza, fatica e ricerca di talento anche quando non è necessario/plausibile. Esempio: se acquisto un film di guerra con le navi e i sottomarini e c’è Tom Hanks, perchè quasi tutto deve essere in cgi e fatta male, per giunta? Un siluro fatto in cgi che viaggia lungo un mare in cgi, rompe il cazzo. C’e chi in precedenza ha fatto senza, ha fatto bene, e non stiamo parlando neanche di blockbusters da milioni di milioni di dollari.
E comunque il filmato è ve-ra-men-te inquietante.
Sono sempre un po’ scettico su questo fatto della bassa attenzione dei giovanissimi
Anche per esperienza personale: la mia soglia di attenzione è molto più bassa adesso che ho 30 anni che negli anni dell’adolescenza o dei primi venti
Seriamente, 10 anni fa vedevo “il texano dagli occhi di ghiaccio” e lo reggevo tutto senza avvertire pesantezza o tempi troppo lunghi
Ribeccato alcuni mesi fa, i suoi tempi mi sono sembrati troppo dilatati e il suo passo troppo lento
Ovviamente, è il me stesso di adesso ad avere torto, fatto sta che la mia resistenza di fronte a uno schermo si è ridotta
A proposito di soglia di attenzione mio figlio, 17enne e scafato in ambito marvel, con cui per altro non sempre soni d’accordo… ha trovato divertente “the batman” e noiosissimo tanti da addormentarsi (vabbè) “dr. Strange”.
Io li ho dovuti saltare entrambi e quindi non li ho visti, ma come me la spiegate questa? Troppi effetti psichedelici che non sono abituali rispetto alle ‘splosioni? Chiedo eh… non so se è OT
io non sarei così categorico sulla bassa soglia dell’attenzione dei giovani per il semplice fatto che questi dannati film durano due ore e mezza/tre ore. si parla di “generazione tik tok” però siamo noi che quando guardiamo la durata di un film sbottiamo AOOO MA SONO MATTI AI MIEI TEMPI UN FILM DURAVA 90 MINUTI E POTEVI ANDARE A LETTO PRIMA DELLE DUE
Quoto sull’invadenza della CGI in film in cui si potrebbe tranquillamente evitare; la metto in conto in Endgame, mi urtica da morire in Assassinio sull’Orient Express dove potresti tranquillamente sostituirla con una seconda unità inviata a Istanbul per 2 spicci…
PS per altro Endgame è l’ultimo Marvel che ho visto (alla voce: anche basta…)
La soglia di attenzione si è abbassata per tutti. L’ essere multitasking non ci permette di riuscire a stare troppo tempo concentrati su una cosa senza essere disturbati da altre. Sei lì che guardi un film e ti arriva una email sullo smartphone, una whatsappata o un aggiornamento facebook. Quei film ti tengono incollati per tre ore proprio grazie agli escamotage: musiche, esplosioni, combattimenti. Tutti stimoli che ti fanno scordare il resto. Al massimo dai una sbirciatina allo smartphone o, se sei un bambino, ti dimentichi di voler fare una sgambatina. Ma per un bambino la capacità di restare concentrato è per natura più bassa e varia col crescere. Adesso riescono a fare perfino 2 ore di pigiamoni senza intervallo, senza fine primo tempo. Chiedete a qualsiasi insegnante se un bambino a scuola riesce a seguire due ore di lezione filate senza distrarsi mai. Vi diranno tutti che dopo max 45 minuti già cominciano gli sbadigli, il giochicchiare con lo zaino, l’ alzarsi per andare in bagno, il chiacchierio. Iperstimolazione, e il gioco è fatto: due ore di film e ti chiederanno pure il bis.
Quando all’ inizio ho scritto “E sarà sempre peggio”, mi riferivo al fatto che grazie alla cgi la stimolazione sarà sempre più potente (sto parlando come un venditore di sex toys, lo so…) perchè il pubblico chiederà quello. È destino. E magari tra un decennio guarderemo Endgame e diremo: “Com’ è invecchiato male!” , perchè arriverà qualche innovazione stilistica che lo renderà così. E allora sarà giusto mettere il nome del… “venditore di nuovi sex toys”(?), assieme a quello del regista.
Sulla durata troppo alta dei film in parte sono d’accordo, e capisco che per mantenere l’attenzione si debbano alternare fasi di azione a momenti più lenti in cui magari mettere qualche battutina perché sennò il ragazzino di turno si distrae troppo…. però mi pare anche, ma forse sbaglio io, che la nuova generazione sia proprio di bocca più “grezza” per così dire…. quindi si ok alle botte e alle esplosioni ma no alla psichedelia e ai viaggi mentali perché richiedono più concentrazione. In un horror si agli spaventerelli da salto sul divano ma no alle atmosfere inquietanti perché sono troppo distratti per accorgersene.
Per dire, forse l’Esorcista o Shining oggi non farebbero paura ai quindicenni più di un generici filmaccio horror fatto in serie.
E tornando al discorso della cgi, forse ne viene usata così tanta anche per questo motivo: *nessuno* guarda la fotografia o la fedeltà dell’ambientazione di un film di azione ma solo la resa grafica, per così dire.
Articolo molto interessante comunque, vorrei avere più tempo per rispondere a vari spunti.
Be’ oddio io i film Marvel li ho visti tutti fino a Endgame (pure io ho avuto il rifiuto dopo) e, per quanto sia vero che sono leggeri, secondo me richiedono uno sforzo d’attenzione mica da ridere. Prima di tutto perché per vedere e capire un film devi ricordarti i 20 precedenti, il background di tutti i personaggi, la scena post credit di un film di 3 anni fa ecc. E poi sei talmente bombardato di stimoli, e spesso vanno ad una velocità tale, che comunque devi stare attento per non perderti nulla e per districarti tra un botto e l’altro, o anche semplicemente per distinguere quale supereroe sta facendo cosa in quel turbinio di lucine. In alcuni casi, tipo Thor o i Guardiani, vengono messe in piedi delle intere mitologie e universi narrativi nello spazio di mezzo film. Sono sicuramente leggeri a livello di scrittura e alla fine li guardi pure senza capirci nulla della trama e della lore, però se vuoi seguirli devi sforzarti. Più che calo di attenzione io parlerei quasi del contrario, a me alcuni film Marvel hanno quasi stressato.
Per dire (paragone blasfemissimo!), io ricordo molto più leggeri i film di Hitchcock, con una storia lineare, autoconclusiva, una manciata di personaggi e sceneggiature asciuttissime. Chissà se un ragazzino di oggi, messo davanti a “Nodo alla gola”, si distrarrebbe… secondo me no.
Il problema forse più che i film in se stessi è il modo in cui vengono guardati. In sala mi sono sorbito film allucinanti quasi senza distrarmi, al massimo abbioccandomi male, ma la concentrazione era fissa sullo schermo. Anche perché non puoi mettere in pausa, mandare indietro, alzarti. A casa per me è un disastro. Se decido di vedermi un film devo mettere in silenzioso il telefono e soprattutto tenerlo lontano dalle mani, perché mi sono reso conto che, quasi inconsciamente, appena perdo un minimo di interesse nel film prendo in automatico il telefono. Mi preparo da bere e da sgranocchiare prima, in modo da non dovermi alzare. Spesso lo vedo a tarda notte per evitare qualsiasi distrazione. E io sono uno che generalmente non ha problemi di concentrazione. Un bimbo di 7-8 anni in sala lo tieni fermo, a casa credo sia impossibile.
volevo scrivere un pippone sul piattume dei pigiami e del loro pubblico in generale ma preferisco rissumere con..meglio Ready Player one in loop 20 volte che vedersi tutti i pigiami dopo Iron Man 1 (l’unico che regge lo Spider Man di Raimi) di seguito per “capire” la Marvel continuity e philosophy (cioè voi giovanissimi uomini, perchè son quasi tutti maschi, che non guardate altro al cinema, guardate altri pigiami per sempre dimenticandovi il precedente e aspettando con ansia il prossimo fino a chè sarete tropppo vecchi e ve ne sbatterete il cazzo).
La trama nei film Marvel, per un bambino, è poca cosa. Quando vede i suoi personaggi, i loro estri, le esplosioni è più che soddisfatto. Siamo noi matusa che ci sforziamo di seguirla, cercando di capirci qualcosa tra i films precedenti e gli errori di scrittura dei successivi e quello che abbiamo letto nei fumetti. Se penso a quanto mi sono scervellato per far combaciare un minimo i films di Wolverine con la saga di X-Men mi vien da ridere. Un bambino non lo fa e se lo fa è, imho, un fottutissimo genio.
beh aspetta, difinisci “bambini”. 4? 7? 10 anni? fa tantissima differenza. io (che sono molte cose ma sicuro non un genio) ho iniziato a leggere l’uomo ragno e gli x-men in terza o quarta elementare e, pure se non capivo proprio tutto, era proprio la complessità delle storie la fitta continuity che mi ha fatto dire “porca miseria ma questa roba è molto meglio di topolino!”
Quantum, non faccio riferimento ai fumetti. Quelli per un bambino diciamo dai 7 in sù sono più facili da capire, rispetto alla mancanza di continuity e alle sceneggiature ad minchiam tra un film Marvel e l’ altro. Prendi ad esempio Deadpool: spiega a un bambino che quello di Wolverine non è lo stesso di Deadpool (a parte il fatto che se fai vedere Deadpool a un bambino di 7 anni dobbiamo discutere di alcune cose, ma avendo una compagna maestra direi che ormai è quasi la norma) e che il progetto X decapitato da Wolverine non c’ entra nulla col Deadpool del film Deadpool. O che (esempio estremo) l’ Incredibile Hulk non c’ entra nulla con Hulk di Ang Lee e con l’ Hulk degli Avengers. Al bambino che devi portate al cinema secondo te frega qualcosa di tutta questa labirintite indotta? Per me no. Frega a noi grandicelli. Non che ne facciamo un dramma, ma magari un pochettino di delusione ci sta. Che poi ci passa, perchè le esplosioni sono fighe. Star Wars ad esempio tutte le cappelle viste nelle saghe Marvel non le ha fatte, nonostante i mille spin off e crossover. L’ unica che mi viene in mente è Darth Maul segato a metà in episodio 1 e poi invece segato solo sulle gambe nel resto delle opere. 1 a 0 per Star Wars? Per me sì, sotto questo aspetto.
Tantissimi spunti! (e la conferma che i film “Marvey” non sono più “i miei film” da un bel po’ ormai.)
Butto là una previsione: in qualche anno inizieremo a vedere attori/celebrità lasciare nei propri testamenti disposizioni ferree sul non essere “resuscitati” digitalmente per qualunque cazzata, o in assoluto (“… è libero Deep Stan Lee settimana prossima per uno spot di Dunkin Donuts?” “niente da fare, sta finendo di girare il nuovo Adam Sandler, poi ha lo spot della NRA e il promo per Trump 2028…”), e un fiorire di studi legali che aiuteranno i vari “estate” affamati di soldi ad aggirare queste clausole.
(step 2: la rete neurale che resuscita la specifica celebrity avrà uno status legale e giuridico, un ufficio marketing ed una fanbase)
sì, credo che sia uno stato delle cose già paventato da molti
Trovo strano che non sia già materia per la narrativa che immagina il futuro
lo avete visto the congress?
È su Prime Video, lo recupero nel fine settimana
Grazie per averlo segnalato: mi ricordo pure che mi interessava quando fu annunciato e pubblicizzato, ma poi evidentemente mi sfuggí dal radar
@landis sì sì, ci stavo pensando proprio l’altro giorno: una sorta di testamento biologico per attori in cui esprimono la volontà di non essere resuscitati digitalmente. tra una decina d’anni diventerà probabilmente una voce standard in ogni contratto. what a time to be alive.
Giusto ieri leggevo un AMA su reddit di uno che ha lavorato a dottor strange agli effetti speciali, perô lui pare essere stato accreditato. Chissa, forse a citare tutti si rischierebbero dei titoli di mezz’ora (non che non sia importante eh? Sono di quelli che proporrebbe pene corporali severe per i gestori delle sale che li tagliano)
Credo che questo articolo abbia intercettato e dato una forma più chiara ad una riflessione che un po’ tutti (o per lo meno io e gli amici con cui vado al cinema) abbiamo formulato. Confesso che per lo piu mi limito ad un “qua una volta era tutto live action”, ma in effetti è una fesseria.
Il punto centrale è proprio quello che viene fuori da questo articolo.
Da ora in po il livello dei dibattiti post cinema coni i miei amici del cinema si alzerà notevolmente.
Discussione molto interessante.
In realta’ il ruolo del regista l’ho sempre trovato un po’ strano, persino quando aveva decisamente piu’ peso nella lavorazione di un film.
Alla fine la paternita’ la puo’ rivendicare uno solo?
Un film e’ il risultato dello sforzo di molti. Di tutti.
E’ pur vero che un regista ci mette l’impronta, la visione. E dal punto di vista commerciale le colpe se qualcosa va storto.
Ma anche in tempi non sospetti non e’ che roba come “Alien” o “Blade Runner” e’ venuta come e’ venuta unicamente per merito di Ridley Scott, anche se di fatto va in giro a vantarsi come se e’ stato tutto merito suo. E di fatto, campa ancora di rendita grazie a quei due.
Su questi presupposti, l’unico film con un po’ di personalita’ e’ il Dottor Strambelli del buon vecchio Sam Raimi.
Se ne parlava giusto ieri.
Hanno sempre glorificato Pat Morita per il maestro Miyagi, ma quanti sanno che le scene di combattimento venivano eseguite da Fumio Demiura?
Forse sbaglio (sono abbastanza ignorante su molti aspetti legati al cinema), ma il regista in questi casi non é anche una sorta di CEO, un manager, che coordina vari gruppi di lavoro oltre a far recitare attori più o meno cani?
Beh, un paio di cosette:
1) @Redferne: a Pat Morita va concesso di non essere stato esattamente glorificato per le scene di combattimento, ma per tutto il resto
2) @Ch3o: generalmente sì, ma se, come dice Quantum nel pezzo, sopra, il regista viene scelto e ingaggiato solo DOPO che gran parte delle scene sono già state pensate progettate animate e persino riempite di gag? Diventa un coordinatore di realizzazione, ma quanto peso artistico gli va concesso?
Credo poco infine, però sono soldi facili per lui. win-win per un regista con pochi scrupoli artistico-morali
tutto bello tutto giusto…ma anche uno che non vive h24 il mondo della cgi (io guardo i video su youtube di corridor crew…si capiscono cose ed è simpatico scoprire come una scena che sembra esagerata sia spesso più semplice di un frammento in 2 ss di ripresa…) ma ha un po’ di sensibilità artistica capisce la differenza fra un film fatto al servizio della cgi e un film con la cgi al servizio dell’idea del film….i film Marvel non sono idee …sono traspozioni di fumetti pompate al max..
Per me non dovrebbero citare neanche gli sceneggiatori allora perché sinceramente…cazzo hanno scritto?
Sul regista niente da dire…essere ricordato come il regista dell’ultimo spiderman credo sia un’onta più che un vanto quindi ben venga l”‘anonimato ” a chi muove skynet… purché gli sia riconosciuto il ritorno economico… altrimenti sciopereranno anche loro e bye bye marvel per un po’.
Ho trovato l’articolo molto ben scritto e molto acuto, con delle riflessioni intelligenti sulla materia e una buona consapevolezza dello stato delle cose. Per come la vedo, sarebbe questa la base da cui dovrebbe partire ogni discussione in merito alla materia, scevro da qualsiasi presa di posizione aprioristica.
Vorrei aggiungere un dato che molti potrebbero trovare ironico: è una cosa perfettamente normale che molti disegnatori alternino lo storyboard per il cinema allo disegnare fumetti. È così da decenni, è una cosa perfettamente normale, e coinvolge misconosciuti mestieranti a professionisti più ammirati.
E credo che in Boris abbiano previsto tutto
Ottimo articolo: sono esattamente le riflessioni che è necessario portare nel dibattito e che mi aspetto da un sito di cinema come il vostro.
Detto questo, No Way Home non l’ho visto, ma solo a me molte delle scene mostrate in quella featurette di Vanity Fair mi sembrano davvero bruttarelle?
Cioè, la luce è sempre smarmellata, e alcune animazioni (su tutte quell’auto che coccia con Spider Man al minuto 11:00) sembrano uscire direttamente da un gioco della Play Station 3.
Credo che il discorso vada fatto o tutto insieme o per nulla.
Mi spiego. Se i film marvel sono un frutto di decisioni prese da kevin feige, che dice “attori cosi, casting trovali, fotografia cosi, regia cosi, cgi cosi”.
Allora quello diventa un film di kevin feige. Mettiamo il suo nome in grande e poi una carrellata in piccolo di tutti gli altri.
Oppure lasciamo le cose come stanno. Non perche sia ingiusto, ma perché cosi è il template. Cioe, nome del regista (anche se è un drone), nome degli attori principali eccetera.
È come andare in ordine di posizione.
Poi probabilmente l importanza nel film delle varie figure verrà riflessa nei loro assegni.
Esempio, Rdj che ha preso per 6 minuti piu di tom holland in 3 film.
Se kelly port è imprescindibile per il film perché il suo talento per la cgi è importante molto piu del robot chw muove la telecamera, prendera molti piu soldi.
Alla fine i titoli di coda sono piu un usanza che altro.
Io ho un sacco di opinioni contrastanti sulla faccenda. Di base preferisco i film fatti “a mano”, quel fascino lì, gli stunt dove la gente si fa male per davvero, i pupazzoni di gomma, le miniature (che belle le miniature) eccetera. Però poi penso a quali sono i film che hanno segnato la mia vita, e uno è sicuramente Jurassic Park. Che senza la CGI probabilmente non se lo ricorderebbe nessuno, e non continuerebbe a produrre sequel ancora oggi. Quando vedo, come nel video dell’articolo, che ricostruiscono un pezzo di muro in CGI penso “che stronzi”, però quando poi mi fanno un piano sequenza in cui passi davanti allo specchio e tolgono il riflesso della telecamera col computer penso “che ficata”. Quando ho visto riapparire Sean Young giovane in Blade Runner 2049 sono rimasto colpito, quando ho visto De Niro giovane in The Irishman ho pensato “Madonna gli hanno piallato la faccia?”.
Insomma non ho un’opinione chiara. È ovvio che se devi fare un film su un supereroe ha più senso farlo con una massiccia CGI, da tutti i punti di vista… però è vero pure che arrivare al punto di mettere i passanti digitali per non pagare tre comparse mi pare una stronzata.
Riguardo al discorso dei film realizzati con lo stampino… è l’industria. Semplicemente una volta il regista e la troupe dovevano ingegnarsi per realizzare certe cose, ed usciva fuori l’estro dei professionisti / artisti. Oggi le tecniche sono molto più avanzate e condivise, da questo punto di vista c’è stato sicuramente un appiattimento, e il regista è sicuramente meno importante. Almeno in questo tipo di prodotti, che per fortuna non sono ancora la totalità né la maggioranza.
Questo articolo mi ha ricordato che nel passato quando Bad Taste era un sito di cinema SERIO cercava di analizzare il fare film come forma artistica dei registi, non solo come forma vettoriale per fare soldi a cui OVVIAMENTE pensano i produttori. Ora se la Disney ha fatto un film come Raya in cui i registi sono solo dei prestanome e praticamente il PRODOTTO di animazione è semplicemente un insieme di immagini, suoni, colori e dialoghi oltre che musiche pensati dal reparto marketing per piacere al pubblico asiatico, più che occidentale questo è semplicemente il motivo che NESSUNO SI RICORDA DI RAYA. Tranne i bambini che ovviamente si incuriosiscono per la principessa guerriera identica ad altre che però ha un drago che combatte con lei eccetera. Insomma il cinema è un prodotto ma non possiamo permettere che un nostro prodotto si rivolti contro il pubblico che cerca emozioni, cazzottoni, sparatorie ma soprattutto storie un minimo decenti. Perchè è per questo che è nato il Cinema. Almeno io la penso così, gli algoritmi servono solo a dare il potere alle A.I. che poi un giorno penseranno “MA perchè INVECE DI FARE FILM DI MERDA PER GLI UMANI NON FACCIAMO FILM PENSATI PER LE A.I.?” tanto sono le macchine che fanno tutto il lavoro, anche creativo, gli umani pensano solo a riciclare idee come se fosse sempre possibile… e non è così.
Azzardo un’ipotesi: nei videogiochi al momento la situazione è quella inversa, con molti developer collettivi (in alcuni casi parliamo anche di migliaia di dipendenti) i cui nomi sono ben conosciuti dal pubblico che li associa a determinate qualità e stilemi, e pochissimi autori ai quali viene riconosciuto un valore come monade piuttosto che come membri di una squadra. Se vedo su una locandina o in una pubblicità il logo di Activision, o di FromSoftware, o di Bandai Namco, so già a grandi linee cosa aspettarmi; se vedessi i nomi dei singoli responsabili creativi probabilmente non li riconoscerei neanche.
E se invece di aggiungere al nome del regista solo quello di uno o due responasbili degli effetti speciali si cominciasse a fare come si fa nei videogiochi? Se i film della Marvel cominciassero a essere pubblicizzati come “directed by mercwithamutuo & The Third Floor”?
Directed by Jane Doe
per me la chiave del discorso è paragonare i credits dei film marvel non con i credits degli altri film ma con i crediti dei videogiochi, dove la vedo differente dal @ingmar qua sopra.
l’autore singolo nei videogiochi è conosciuto, riconosciuto, rispettato e a volte venerato.
i primi nomi che mi vengono in mente sono il kojima, druckmanm, fumito ueda, gary barlow, dan houser, e via dicendo.
ovviamente non parlo dei franchise ubisoft o activision che sparano un installment all’anno, ma neanche degli indie.
e anche nei VG il nome del game director, o cmq di quello che ci mette “la creatività”, anche se non è un pezzo da 90 tipo quelli che ho citato sopra, viene sempre prima dei nomi del lead engineer o del lead programmer (o come cazzo si chiamano), che se si ragiona “materialmente” sono quelli che fanno funzionare il gioco.
Ora che mi ci hai fatto pensare è vero che nel mondo dei videogame ci sono più rockstar di quante volessi far credere io, ma penso che il mio discorso resti in piedi lo stesso: pensa a tutti i giochi o franchise di giochi che hanno una propria identità facilmente riconoscibile dal pubblico anche senza che lo sviluppo sia guidato da un nome famoso. Ovviamente la figura del game director resta necessaria, perché qualcuno dovrà pur coordinare tutto il lavoro che c’è da fare, ma anche al di fuori dei nomi da un gioco nuovo all’anno tipo pes o assassin’s creed ce ne sono molti che appartengono sicuramente di più allo studio che al game director. Se per i videogame è accettabile, sarebbe scandaloso un riconoscimento del genere nei film?
grazie da un “generico stronzo che ha passato 2.000 ore ad” animare le faccette di Thanos.
e’ confortante vedere che certe discussioni non restano solo all’interno degli studi di VFX.
grande quantum!!scrivo solo per dirti che ho trovato l articolo interessante e scritto con stile,non conoscevo il sito ma inizierò a seguirlo sperando di leggerti ancora!buona vita a tutti!
ciao bomb, questo pezzo è dedicato a te, con tutto l’amore, la stima e l’ammirazione per il tuo lavoro ♥
ciao anche a te teto, felice di aver portato a bordo un lettore in più
<3
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Qusta è una riflessione interessante. Cos’è il regista nella macchina? Il regista piace molto alla critica, che cerca un Autore. Il Cinema però è un arte collettiva, di moltissime maestranze e capacità. Ma l’idea del Regista che tutto fa e tutto può, la firma, è dura a morire. Il Regista signore e padrone del film può forse ancora esistetere nelle piccole produzioni. Anche nelle grandi forse… Ma Sergio Leone, cosa avrebbe fatto senza Morricone? Il Cinema è un’arte collettiva. E a volte il miracolo riesce.
Il pezzo utilizza però il termine “cartone animato” in modo spregiativo, forse involontariamente. Il cinema d’animazione è Cinema con la C maiuscola. E’ artigianato. Sono infiniti disegni per formare qualche minuto di pellicola… ed ecco che forse, pensando al cinema d’animazione, si ritrova il senso della figura del regista. Un collante, una idea fra le mille dei lavoranti che tiene le fila del discorso.
Ma non parlo dei Marvel. Quelli sono senza anima.
E fareste bene a smettere di recensirli, i marvel, per distinguevi in un panorama piegato a 90 gradi al servizio della Corporation. Potreste fare una scelta di campo. Potete?
Ciao Flodur, per prima cosa i cartoni animati sono la mia vita e se ci hai letto disprezzo ti assicuro che non era mia intenzione. anno e higuchi sono vecchi amici.
seconda cosa: almeno a me, ma credo anche ad altri membri della redazione, i film marvel piacciono. riconoscerne i limiti e le problematicità non significha che li schifiamo e credo che finché almeno uno di noi avrà voglia di andare a vedere l’ultimo pigiamone uscito, uscirà anche la sua recensione. certo, se un dì arriveremo al punto che uno di noi *deve* andare al cinema perché *bisogna* coprire l’ultimo pigiamone, allora sapremo che è ora di smettere di coprirli. ma almeno per il momento non è il caso. (PS. secondo me già ci distinguiamo in un panorama piegato a 90 gradi al servizio della Corporation perché le nostre recensioni non fanno dormire, ma sono chiaramente di parte)
“secondo me già ci distinguiamo in un panorama piegato a 90 gradi al servizio della Corporation perché le nostre recensioni non fanno dormire, ma sono chiaramente di parte”.
Non ho capito la frase, forse un mio limite. Non importa come rencensite un film Marvel. Il problema è che recensite ogni film Marvel. Il mondo del Cinema è immenso, vasto come l’orbe terracqueo. E scegliere di recensire ogni film Marvel, e rispondermi che il vosro interesse è vivo su questi film ( ormai prodotti indistinguibili dai filmati di presentazione di videogiochi su console) vi identifica come una propaggine del sistema.
Ma forse ho detto troppo. Potrei essere scambiato per qualcun altro…
ah flodur non avevo capito che eri pier scusa ti lascio in pace allora
Quantum, mi sa che non è Pier. I 3 puntini di sospensione scritti giusti il buon vecchio, che scriveva pure pò con l’ accento, non li ha mai azzeccati. Ma se è lui, si è fatto il ghost writer. ;-)
Ho visto “filmati di presentazione di videogiochi su console” più interessanti della maggior parte della produzione del “Cinema […] vasto come l’orbe terracqueo”.
Per non parlare dei giochi completi, da quelli ad altissimo budget (i già citati The Last of Us, ma anche Ghost of Tsushima), a quelli indie semi-ignoti ma altrettanto validi (John Wick Hex, migliore esempio di spin-off videoludico di una IP cinematografica).
Quindi non capisco proprio l’intento denigrativo del commento.
Per il resto, per fortuna che i film Marvel ancora interessano alla redazione, perché che ne parlino bene o ne parlino male, condividano le mie impressioni oppure no, io sono contento di poter passare sui 400 calci a leggere un’opinione che reputo genuina su di un film che ho appena visto.
Ed onestamente per l’80% delle volte, i film che vedo al cinema sono cinecomics; per la maggior parte dei restanti che mi interessano sono sufficienti le piattaforme di streaming (subito come durante il covid, ma anche un anno dopo, se non disponibile prima).
Nathan
Bellissimi spunti. In coerenza con quanto scrivi io credo che i film Marvel siano progettati con un approccio più simile al design di una piattaforma digitale che alla classica metodologia cinematografica e con tali “occhiali” vadano giudicati: in un’app ad esempio non ci sono autori o archistar, ma un team di persone che nessuno mai conoscerà che lavorano collettivamente lasciando un’impronta anche personale (in un modo anche imperscrutabile ai più) e pesante nella direzione che poi quel prodotto prende e nella relazione che stabilisce con chi lo usa (relazione che si crea quindi fra pubblico e brand, non fra pubblico e autore, proprio come nei Marvel). Il processo, e saperlo condurre, è il vero aspetto qualitativo, mentre l’esecuzione viene sempre più automatizzata nella misura in cui la tecnologia fa risparmiare il tempo produttivo che passa dall’ideazione alla realizzazione. A quel punto, l’autorialità non dico che scompaia, ma è proprio una variabile che non ha senso nemmeno contare nell’equazione. Che i Marvel non abbiano anima come molti dicono non è vero, è proprio la capacità di farla emergere – o quantomeno simulare qualcosa che ci si avvicina – che ne ha decretato il successo sulla concorrenza. Certo, poi aggiungo che io nemmeno ci credo all’anima come concetto applicato alle persone, figuriamoci se ad avere un’anima deve essere il film. Quindi il tutto si risolve in: il prodotto finale è per te soddisfacente e tocca corde che ti smuovono oppure no? Il regista autore ci arriva mettendo in gioco la propria esperienza personale e sperando che fra i vari stimoli che lancia tu spettatore ci trovi qualcosa in comune. La Marvel lo fa costruendo una relazione duratura e credibile tra lo spettatore e i suoi personaggi, che sono archetipi di diverse nostre manifestazioni caratteriali. In modo progettato, collettivo e diffuso, ma assolutamente non algido. Poi è ovvio che così come ci si sta umanamente stufando di app tutte uguali, canzoni con gli stessi suoni e concatenazioni armoniche e altre ricette simili che ottimizzano formule di comprovato successo, ci si sta anche stufando della formula Marvel, che appunto in questa Fase 4 sta palesemente tornando a chiedere aiuto agli autori in quanto persone capaci di offrire guizzi inaspettati nel breve tempo produttivo concesso per continuare ad essere originali, probabilmente perchè ci troviamo in un frangente in cui Feige pensa con un orizzonte temporale più ridotto di quanto facesse durante le fasi 2 e soprattutto 3. Boh non so se ho scritto qualcosa con un senso.
Non credi all’anima come concetto applicato alle persone? Davvero? Non credi a un bacio sincero? ad un sorriso sincero? Non credi a niente?
No dai, mi prendi in giro.
@Flodur: credo intendesse scindere tra animo e anima. Tu parli più di animo, mi sa. Ecco, forse al motto dei matusa “Le cose in cgi non hanno un’ anima” , in certi casi ( quando sono fatte male) ci si potrebbe aggiungere che non hanno neppure animo.
In sintesi, indipendentemente da come la penso io: siccome l’anima è un concetto non oggettivo ma arbitrario a cui ognuno dà un significato tutto suo non credo abbia senso accaponirsi sul “ce l’ha / non ce l’ha”, quanto sul “funziona / non funziona”.
Articolo interessante.Però domandiamoci: tutti gli sbrocchi dei vari registi sui set di queste mega produzioni sono dovute solo ai vari “limiti e bavagli” imposti dalla produzione, o da un incapacità di gestire un miriade di persone, uffici, attività ecc …? È l’esempio dell’ottimo professionista che però non è in grado di fare il manager e gestire le risorse. Sto banalizzando mi rendo conto ma non oso immaginare, per quanto appoggiati alla Disney, i problemi di organizzazione che possano incontrare i registi Marvel. Sicuramente sono registi meno impegnati sul lato puro e tecnico della materia ( come dice Quantum) però credo comunque che gli vadano riconosciute doti di gestione e appunto di managerialità. Altrimenti davvero ci mettevano un robot. Scusate la confusione ma scrivo come sempre purtroppo da smartphone
Ciao. L’anima non esiste in natura. È un concetto che riassume teoricamente una serie di manifestazioni comportamentali e psicologiche mutuato dalla filosofia prima e dalla religione poi (o viceversa, chi si ricorda più) ma no, credo che nessuno di noi abbia un’anima, siamo sangue, carne, acqua, ossa e stimoli chimici. Quello che deve interessare è se siamo davvero convinti di quello che facciamo in ‘sto mondo oppure no e se il risultato ha valore oppure no, fine. Ops, non volevo fare ‘sti voli pindarici e ovviamente questa è la MIA visione del mondo, eh.
Video interessante e a tratti molto triste. Ma allora io mi chiedo: chi glielo fa fare a George Miller di andare a girare nel deserto con macchine lanciate a tutta velocità che esplodono? Non era meglio far fare tutto ad un team di 2000 persone che lavorano ad una scrivania? La differenza alla fine si nota?
credo che semplicemente ognuno faccia ciò che sa fare meglio. miller era più a suo agio nel deserto con le macchine che esplodevano piuttosto che in un ufficio a capo di 2000 tecnici degli effetti speciali davanti a altrettanti computer (fermo restando che poi MMFR fa comunque un uso massiccissimo di computer grafica): non sempre è una questione di cosa è più facile o costa meno, ma anche di con cosa hai più familiarità e quindi da cosa riesci a tirare fuori il massimo.
se vuoi approfondire, questo video parla degli effetti speciali di DUNE e spiega perché a parità di tecnologie a disposizione la resa è molto migliore rispetto a un qualunque film di supereroi: https://www.youtube.com/watch?v=uIKupTibxKQ
Ho visto il video, grazie. Quello che traspare è che gli effetti speciali vanno limitati al minimo e usati per migliorare scene che però sono state filmate sul serio. Con i film Marvel mi pare si siano raggiunti veramente degli eccessi e questo va a discapito del realismo, cosa che per me è davvero importante.
diciamo che la resa migliore si ottiene combinando tutto e non affidandosi a una sola cosa (MMFR è davvero nel deserto e con le macchine che esplodono, ma poi c’è 1000% di color correction perché tutto sembri ARANCIONE). guarda l’intuizione dei sandscreen di cui parla il video: è tecnologia anche quella ma tecnologia usata in modo nuovo e intelligente che fa la differenza
L’articolo è molto interessante, e sicuramente il ruolo preponderante che hanno team di VFX in questi grossi franchise, unito ad una maggiore pubblicizzazione dei contenuti di backstage nella promozione dei film sta attirando molta (giusta) attenzione nei confronti della categoria. Però il problema dell’autorialità nel caso dei grossi franchise Marvel, Disney ecc mi sembra un po’ limitante, perché guarda con gli occhi della politica degli autori un fenomeno che ha molto più da spartire con il design dell’esperienza di brand come Starbucks, Mcdonald e Apple (e non lo dico con disprezzo). Se dobbiamo per forza identificare un’identità autoriale (ma è una necessità che abbiamo soprattutto noi europei) non si ha a livello di manovalanza, ma si ha nei comparti produttivi e pubblicitari. Soprattutto in una fase di fidelizzazione, un marchio deve essere coerente con sé stesso, ogni singolo elemento deve fare parte di un’esperienza attentamente progettata a monte. Ma a decidere quale sia questa esperienza non è il regista, e nemmeno il team dei VFX e forse nemmeno il team di sceneggiatura, ma è una progettazione che ha a che vedere moltissimo con il marketing, con l’analisi della ricezione dell’audience e con una pianificazione produttiva generale. Per questo poi quando la gente va a vedere l’ultimo film Marvel dice “l’ultimo film Marvel”, o “l’ultimo film di Spiderman”, e non di Jon Watts o Kelly Port, perché il marchio Spiderman rappresenta un certo tipo di coordinate già progettate che lo spettatore può aspettare di ritrovare ogni volta (più eventuali novità e sperimentazioni, crossover con altri franchise eccetera, a patto che non rovinino l’integrità del brand)
hai perfettamente ragione, io stesso dico fuck la politica degli autori però poi guardo la cosa attraverso quel filtro… è che ho bisogno di sapere “di chi è quel film” per andare a letto sereno la notte
Discorso interessante, pieno di spunti, che io allargherei un attimo ad altre forme d’arte.
Mi ha colpito la storia di Maurizio Cattelan e Daniel Druet.
Druet è lo scultore francese che ha materialmente realizzato opere come La Nona Ora e Him che ritraggono rispettivamente Giovanni Paolo II colpito da un meteorite e un Hitler intento a pregare.
Druet si è risentito perché lui è stato pagato relativamente poco rispetto alle opere d’arte che hanno incassato milioni di euro e ha fatto causa a Cattelan. Vuole ottenere 5 milioni di euro per i lavori svolti oltre che essere riconosciuto come il coautore dei lavori.
Se dovesse vincere la causa sarebbe a sua modo una rivoluzione, perché palesa la domanda a chi appartiene davvero un’opera, solo a chi l’ha ideata o anche a chi materialmente l’ha realizzata?
sempre pensato forse in furbastro Cattelan…peró vorrei capire i dettagli (cioè vorrei vedere quanto era previsa la user request di Cattelan…se era al millimetro magari Druet si attacca anche al cazzo; se era un messaggio vocale di un minuto su whatsapp invece magari anche no)
mega interessante, non sapevo niente di questa storia
beh ma è un paragone un po’ stiracchiato…anche Koons (ma anche Michelangelo o Brunelleschi) non faceva tutto da solo e si discuteva della reale autorialità dell’opera…qua però chi si occupa della cgi segue chiaramente delle.direttive ed è quello per cui è pagato…l’unica preoccupazione è il tempo (non basta mai, stando a sentire loro) e i soldi(che però qui non credo manchino) ..detto ciò al netto del ruolo del regista (scarso) arrivare a dare l’eitchetta di autore del film a chi si occupa della computer grafica mi sembra un po’ troppo…anche perché allora perché non risalire a chi fa le bozze a matita delle scene ? qualcuno le farà a mano prima di accendere seimila render e trasformarle nel vero film? e qualcuno avrà pur pensato a quali e come scene girare? anche perché poi non c’è responsabilità nel caso in cui il film piaccia più o meno per chi fa la cgi…si può essere più o meno bravi ma contano solo soldi investiti e tempo dato per lavorare..il resto lo fanno le idee e la capacità di trasmetterle su schermo…ci sarà un motivo se lo spiderman animato multiverso è 100.volte meglio dello spiderman multiverso non animato….se un film è una mezze ciofeca resterà sempre una mezza ciofeca…
Articolo straordinario che mi rende orgoglioso di seguirvi fedelmente.
Io credo semplicemente che non esista l’autore come siamo abituati comunemente a pensarlo ma esista semplicemente “l’autorialità dell’unità d’effetto”, per cui tante diverse autorialità professionali e settorializzate convergono alla creazioni di un unico prodotto artistico coerente e coeso (almeno nelle intenzioni). La coerenza e la coesione chi la dà? Eh dipende.
Woody Allen, nella sua autobiografia “A proposito di niente” (2020), ammise di essersi spesso affidato nella sua carriera ai direttori della fotografia, da cui ha imparato moltissimo a suo dire. E infatti sfido a non ritenere “Ombre e nebbia” un film ‘ANCHE’ di Carlo Di Palma o “Manhattan” un film ‘ANCHE’ di Gordon Willis. Ma vale per tutto il cinema, tanto quello blockbuster quanto quello d’autore. I film di Bergman sarebbero gli stessi senza Sven Nykvist? I film di Scorsese sarebbero gli stessi senza il montaggio di Thelma Schoonmaker? I film di Leone sarebbero gli stessi senza le musiche di Morricone? I film di Michael Mann sarebbero gli stessi senza le scenografie di Dante Ferretti? I film di Fellini sarebbero gli stessi senza l’apporto in fase di sceneggiatura di Flaiano-Pinelli prima, Tonino Guerra poi e Bernardino Zapponi dopo? I predatori dell’arca perduta sarebbe il capolavoro leggendario che è con Paul Newman al posto di Harrison Ford o senza le musiche di John Williams? L’età dell’innocenza sarebbe il capolavoro che è senza i costumi di Gabriella Pescucci? E a ben vedere, è così da sempre, anche nel cinema classico: i film di Wilder sono ‘solo’ film di Wilder o anche di I.A.L. Diamond? Casablanca è un film leggendario grazie a Michael Curtiz o grazie a Humphrey Bogart-Ingrid Bergman? I cavalieri del Nord Ovest è un film di John Ford o ‘ANCHE’ di Winton Hoch che vinse un meritatissimo Oscar per la fotografia? Sentieri selvaggi sarebbe ugualmente il capolavoro che è senza John Wayne? Toro Scatenato veniva uguale senza De Niro?
Insomma, l’autore non è unico, esistono tanti differenti tipi di autori che lavorano ad un unico progetto. Stabilire dove inizino i meriti dell’uno e finiscano quelli dell’altro è impossibile, perché se Spielberg lascia carta bianca a Janusz Kaminski invece di imporgli una sua visione, è un merito anche quello. Conoscere i propri collaboratori è fondamentale e fa tutta la differenza del mondo, a seconda della natura del progetto affrontato
Nei film Marvel, un po’ come nel cinema classico hollywoodiano, il vero autore è il produttore, che detta la linea, quella che prima ho chiamato “autorialità dell’unità d’effetto”. Tutti i film Marvel sono film prima di tutto di Kevin Feige ma senza tutti i cazzutissimi professionisti che, nel bene e nel male, hanno creato un immaginario che ha cambiato per sempre la storia del cinema, sarebbe stato impossibile ottenere anche solo 1/10 di quanto sia stato fatto.
Tutti coloro che lavorano ad un film hanno uguale peso. E, in tutti i lavori di squadra che si rispettano, interfacciarsi e confrontarsi è fondamentale. Serve colui che detti la linea ma che al contempo sappia permettere ad ogni professionalità di sapersi esprimere liberamente
D’altro canto, anche la promozione di un film è arte. Saper vendere un film, soprattutto oggi in cui tutti siamo sottoposti a centinaia di migliaia di stimoli differenti, è difficilissimo e, se ci riesci, beh, sei un grande artista
Dopodiché, come come esistono le squadre di Serie A e le squadre di Serie B, non tutti i film sono sempre coerenti e coesi. Non esistono solo fuoriclasse nello sport, non esistono solo fuoriclasse nel cinema: esistono anche gli onesti mestieranti che portano a casa il risultato.
Avete posto, secondo me, un problema che riguarda noi spettatori (tanto quelli generalisti quanto gli autoproclamatisi ‘cinefili duri e puri’) più che il cinema in sé. E’ “solo” un problema di credits e di importanza da dare ad essi. Siamo noi spettatori che dobbiamo imparare a ragionare d’insieme, invece di fossilizzarci sulla visione decontestualizzata del regista-autore (visione che genera mostri, un po’ come il fanatismo che circonda alcuni registi emergenti, come Eggers, che ha fatto un capolavoro con The Witch e poi è calato vistosamente ma ciononostante ha continuato ad essere esaltato). E’ solo il tempo a stabilire quanto un regista, un direttore della fotografia, un compositore, un attore, un montatore, uno scenografo possa essere definito ‘AUTORE’
Dico la mia. Adoro i cartoni animati e va benissimo fare cartoni animati live action. A quel punto sarebbe giusto tutto
il discorso di Quantum*, non fosse che cade su un mega “chissenefrega” del pubblico (a me mi piglia per il culo qualche amico ogni tanto perché dico spesso il nome del film E del regista. Per alcuni altri poi questo vuol dire che il film è un film noioso. GIURO).
Per quanto riguarda il discorso “contro” la cgi, condivido pure quello, c’è un cinema che è ricerca di realtà – ci capiamo vero? – e chiaramente se passi per la cgi questo non lo puoi fare. Sapere che uno stunt man ha fatto davvero una certa cosa cambia tutto, anche se appare magari meno spettacolare di una scena in CGI, in realtà lo è di più. Se no, mi si passi l’analogia stiracchiata, tutte le copie della Gioconda valgono la Gioconda.
*bellissimo articolo eh
vabbè ma io vivo in una bolla dove si parla solo di cinema, pure a me mi menano se faccio un discorso del genere dal carroziere
Articolo interessante.Però domandiamoci: tutti gli sbrocchi dei vari registi sui set di queste mega produzioni sono dovute solo ai vari “limiti e bavagli” imposti dalla produzione, o da un incapacità di gestire un miriade di persone, uffici, attività ecc …? È l’esempio dell’ottimo professionista che però non è in grado di fare il manager e gestire le risorse. Sto banalizzando mi rendo conto ma non oso immaginare, per quanto appoggiati alla Disney, i problemi di organizzazione che possano incontrare i registi Marvel. Sicuramente sono registi meno impegnati sul lato puro e tecnico della materia ( come dice Quantum) però credo comunque che gli vadano riconosciute doti di gestione e appunto di managerialità. Altrimenti davvero ci mettevano un robot. Scusate la confusione ma scrivo come sempre purtroppo da smartphone
Ma quanto fa ridere la foto di Tom Holland che avete messo all’inizio dell’articolo? :D
Spesso e’ piu’ divertente aprire un giocattolo per vederne il meccanismo, piuttosto che giocarci. Peccato che, una volta scoperto il funzionamento, la meraviglia svanisca. Fermarsi in tempo o scrutare nell’abisso dei making of aspettando che lo sguardo indagatore venga ricambiato?
Il blockbuster odierno e’ una reiterazione seriale di Chi ha incastrato Roger Rabbit, in cui pero’ non si distingue piu’ l’attore dal cartone animato. Evitando snobistiche attribuzioni di patenti di vero cinema – un ossimoro – il grande pubblico pagante da’ oggi per scontati quelli che venivano chiamati effetti speciali, proprio perche’ ormai, da bonus che erano, costituiscono l’ossatura delle grandi produzioni, talmente pervasivi da essersi trasformati in uno standard. Un mestiere come un altro, non piu’ innovativo, come forse poteva essere al tempo dell’analogico o dei primi vagiti della cgi.
Gli interrogativi dell’articolo sono stati, paradossalmente, affrontati e risolti anni fa dagli uffici marketing, quando promuovevano un film anche sulla base della ditta che si era occupata dei vfx, basti pensare alla Industrial Light & Magic, la cui reputazione aveva anche benefiche ricadute transmediali, quando il termine ancora non si usava (si rimanda al catalogo della LucasArts). Chi puo’ citare, oggi, altri nomi di ditte di effetti “speciali” che vendano, grazie alle loro peculiarita’ non replicabili, un prodotto come avveniva nel recente passato?
Il corollario e’ che se tutto e’ appiattito – verso l’alto, si badi – e se l’implementazione di cgi di buon livello e’ accessibile anche alle medie produzioni (televisione inclusa), diventa difficile conferire ai programmatori ed ai grafici una dignita’ artistica che vada oltre la manovalanza tecnica, ancorche’ specializzata.
In quest’ottica viene ridimensionato anche il ruolo del regista di blockbuster, direttore di orchestra con poco o nessun margine su interpretazioni di partiture che non sceglie e con scarsa voce in capitolo su musicisti, che talvolta suonano davanti ad un microfono e non si incontrano neanche tra di loro. In sintesi uno yes-man, utile ad espletare la funzione di parafulmine in caso di flop.
Questo sito e’ arrivato ad un bivio, e’ il dilemma di ogni hobby portato alle estreme conseguenze, osservare cosi’ da vicino un fenomeno fino alla decisione di farne parte, ricavandone una attivita’ a tempo pieno. Alla luce del rinnovato focus rivolto agli spettatori e non piu’ solo ai lettori, il prossimo passo potrebbe essere una produzione a cadenza regolare di video su Youtube. Un format riconoscibile, una risposta italiana a Pitch Meeting o Honest Trailers, la stoffa per riuscirci c’e’, la longevita’ ed il successo di questo spazio virtuale lo dimostrano.
Del resto, o muori da appassionato o vivi tanto a lungo da diventare un professionista.
Pensate che io, invece, che sono capitata qui per puro caso, ho letto l’articolo senza aver visto nessuno dei film di cui si parla (e neanche li guarderò, non amo supereroi Marvel o Dc che siano), ho letto un paio di commenti (che per me sono fin troppo nerd o intelligenti o saputi o saputelli), mi chiedo, ogni volta che vedo la sigla di coda di qualsiasi cosa, a chi possa servire sapere chi ha pettinato l’artista, o chi ha scelto i soprammobili, se non alle due persone in questione e al loro amor proprio.
Altrimenti, voglio sapere anche chi ha cucito i bottoni della mia camicia, e anche chi li ha colati nel loro stampino, chi ha macinato il mio caffè, chi ha “fatto la polvere” nello studio tv, e avanti in questo modo.
Ok se i lavoratori sono citati in un fascicolo a parte, consultabile dagli addetti ai lavori e dai nerd iperfissati. Ma a me può interessare il nome del tipo che disegna i capelli di Spiderman? Neanche per risolvere un bartezzaghi, voglio dire
Beh, innanzitutto oltre all’amor proprio serve anche per continuare a trovare lavoro.
Bell’articolo, che credo vada nella direzione giusta per centrare il punto. Non si tratta tanto di lamentarsi dell’impiego dello strumento tecnologico, o della quantità dell’impiego, ma quanto venga riconosciuto e accreditato del ruolo e dell’impronta creativa di una persona che ci lavora. Il nome nei titoli di coda non è “il contentino” è il riconoscimento di un merito o di una responsabilità in un esito creativo da parte si un essere umano, e della dignità del suo lavoro; probabilmente è giusto citare l’esempio virtuoso del Giappone, e riflettere sul fatto che si tratta di un Paese con un’industria dell’animazione ricca e centrale, forse più abituato a inquadrare le professionalità specifiche del settore (regista, che ha ruoli creativi e di direzione solo in parte sovrapponibili a quelli del corrispettivo live action, l’animation supervisor, il direttore alla fotografia (sì, c’è anche negli anime), il character designer…). In questo ambito il lavoro non è liquidato come l’attività “del tecnico” (tipo che il responsabilie VFX o l’animatore è l’idraulico), ma un’attività a cui viene riconosciuto il valore artistico, di costruzione dell’identità dell’opera. Ma probabilmente Hollywood in questo momento non funziona così, se Lily James e Halley Bailey hanno premiato i film agli ultimi Oscar con un discorso che ha fatto imcazzare mezza industria di settore.
C’è un altro fatto. Sono tornato a recuperare quest’articolo da un lcomdivisiome su Facebook da Cobretti, un articolo dove si parlava delle comdizioni vergognose in cui lavorano gli studi di effetti speciali per sottostare alle committenze della Disney (sul modello del “… o non lavorerai più con noi”). Più di uno nei commenti ha citato la parallela condizione dell’industria dei videogames A-List, dove vengono più fuori i nomi degli Studios che degli ideatori, al netto dei mostri sacri. Un’altra industria non a caso dove sono frequenti i fenomeni di sfruttamento.
E allora mi vien da dire che forse alla radice c’è una questione da sanare, quella sindacale e legale, da cui allora sì può arrivare un concetto più sano di riconoscimento della paternità dell’opera. È il riconoscimento del lavoro nel senso più alto, come investimento identitario e realizzazione personale, roba da Costituzione. E magari allora sì, quando puoi avere un nome nei credits, e la libertà di dire “questo così no, perché non va bene”, oppure “questo così sì, perché ci sarà la mia firma sopra” vedremo un po’ di ritorno di creatività (sia il regista la fonte, o il direttore VFX o altri). Quello, o il pubblico che si rompe i maroni nel momento in cui gli stilemi diventino troppo triti (ma non sembra all’orizzonte). E allora sì, l’ufficio marketing cederà il passo e brillerà il sol dell’Avvenir… ehm mo forse no