Dai che dopo più di dieci anni possiamo dirlo tranquillamente, senza suonare degli stronzi pretenziosi: se siamo tutti d’accordo che la settima arte è l’equivalente del cibo per l’anima, allora bisogna proprio dire che noi frequentatori dei 400Calci siamo i foodie del cinema, e non solo di quello di menare (che comunque è l’unico cinema potabile, mi fanno male i polpastrelli a digitare un’affermazione così ridondante). Qua siamo abituati a mangiare roba buona, e la pretendiamo proprio perché ne abbiamo il bisogno fisico; tipo che anche quando il periodo è di magra riusciamo comunque a nutrirci di cose interessanti. E la faccenda funziona bene perché non siamo mica come i foodie quelli veri, che se le acciughe non sono del Cantabrico o il manzo non è Wagyu o lo stocazzo non è grande così allora si rifiutano di mangiare e fanno la faccina schifata spingendo via il piatto come se fosse fatto di merda. Non sprechiamo niente noi, con il pensiero sempre rivolto a tutti quegli sfortunati bambini francesi figli di cinephile che non possono mangiare cinema di menare perché i genitori, per principio, si rifiutano di metterlo in tavola. Criminali. Ci piace il buon cibo a noi, raffinato o da battaglia che sia, mentre a tanti foodie piace solo l’idea di sé stessi che raccontano o fotografano l’atto di mangiare del cibo esclusivo. Noi si va da Bottura – dopo aver risparmiato un anno – e poi gli si rutta in faccia con gioia il foie gras con le mandorle caramellizzate di Noto e le noci del Piemonte; ma si va anche in osteria dalla Bruna in frac la domenica a pranzo dopo la santa messa a mangiare il carrello dei bolliti – intero – e si gode uguale. Capito che comunità di belle persone che siamo? Alla mano e rispettosi, esigenti ma non cagacazzi, severi ma giusti: se è preparato bene, lo apprezziamo anche se non è stato sferificato e non costa 162 euri. La mensa dell’ospedale però no, quella ci dispiace anche a noi. E Secret Team 355 è tipo la combo spaghetti al pomodoro con il tonno/purè in busta che ti propinano nei trogoli dei migliori nosocomi: assomiglia a del cibo, ha un sapore che ricorda il cibo, presumibilmente possiede dei valori nutritivi, quasi sicuramente potrebbe fare la gioia di quel bambino di Parigi che sinora è stato costretto a vivere solo di film di Jacques Rivette; ma non è buono. Secret Team 355 non è per niente buono, ti lascia proprio un sapore strano in bocca. Ed è un peccato. Quindi, al grido di «e chi cazz’è Pablo Kenedi?», sigla serba!
Dunque, la storia. La storia di Secret Team 355 è abbastanza pretestuosa, ma va più che bene così, e gira attorno a un turbo-MacGuffin: un hard disk con dentro un software che può hackerare qualsiasi cosa in un secondo e mezzo, una di quelle robe che adesso i nerd ti dicono «ma che americanata assurda, ma che semplicismo, ma come faccio io, spettatore titolare di una sudata laurea in scienze della comunicazione, a tollerare un simile affronto alle mie conoscenze scientifiche?» e poi non sanno cambiare una lampadina da soli, e comunque fra dieci anni qualcuno si inventerà esattamente la stessa cosa e i puntalcazzari finiranno con il mangiarsi il cappello tipo Rockerduck. Secret Team 355, comunque, è un film che aspira a quel realismo lì da Bond movie: è una fantasia estrema, ma abbastanza ancorata alla realtà da permettere allo spettatore di immedesimarsi e sognare. È come l’idea che Jessica Chastain o Sebastian Stan possano invitarmi a un appuntamento romantico: rimane nell’ambito dell’umanamente possibile, ma non succederà mai. Nel film c’è un lungo elenco di parti in causa – CIA, MI6, servizi segreti tedeschi e colombiani, case d’asta cinesi, cattivi cattivissimi – che inseguono furiosamente il MacGuffin di cui sopra facendosi gli sgambetti e i dispetti, in un turbinio di casino, inseguimenti, viaggi intercontinentali, sparatorie, calci in faccia e scazzottate girate dalla versione scarsa di Paul Greengrass. Dopo 40 minuti finisce il primo film, quello in cui l’improvvisata squadra di super agenti segrete – più il pesce fuor d’acqua Penélope Cruz, personaggio necessario alla storia per non perdersi nei meandri dell’improbabile – porta a termine la propria missione mettendo da parte differenze e battibecchi. Non fosse che, sorpresa!, le donne vengono tradite, perdono il patrocinio delle rispettive agenzie – che non credono a loro, bensì agli uomini che le hanno doppiogiocate. Occhiolino occhiolino – e devono ricominciare tutto da capo, solo che è aumentata la difficoltà del livello.
Infine arrivano i cinesi e comincia un altro film ancora – che poi questa suddivisione corrisponde ai classici tre atti di un film hollywodiano, solo che qui i movimenti sono a loro volta strutturati con un proprio arco che si chiude abbastanza nettamente, punto e a capo: per una volta un film fatto come una serie tv e non il contrario, anche se non è che se ne sentisse tanto la mancanza eh. Il terzo film, l’atto finale, è la catarsi letterale del concetto di: le donne in una relazione tossica tendono a darsi la colpa di tutto, quando la loro unica colpa è quella di essersi fidate della persona sbagliata. Ah! C’è anche una lunga coda, che è abbastanza pleonastica e serve solo a ribadire ulteriormente il messaggio/marchio registrato che le donne possono fare tutto quello che fanno gli uomini e sanno farlo meglio; oltre a titillare possibili seguiti facendo tutti gli ammiccanti metaintelligenti sul fatto che non ci saranno ulteriori seguiti. Questo film farà incazzare un sacco di maschietti con problemi di pene – e vorrei tanto essere in quelle camerette dove l’incazzatura si sta svolgendo – solo che non lo fa tanto bene. Ed è un peccato.
È un peccato perché, amicə miə, essere woke è una faccenda bella, giusta e finanche potenzialmente foriera di sollazzo – vedi sopra, ovvero: l’arte dello sbirciare nelle camerette degli incel che stanno guardando Secret Team 355, o come dice ancora meglio uno dei migliori Vine di sempre «I’m an adult virgin». Ma fare i woke smarmellando con un algoritmo compila sceneggiature tarato su “Film di spie canonico che non ha molte idee particolari (e comunque quando le ha sono slegate e appoggiate a caso), solo che le protagoniste sono un gruppo di donne immerse in una metafora da pennarellone su violenza, abusi e gaslighting e noi ci giochiamo tutto lì”, fare una roba del genere è una faccenda che, personalmente, mi manda ai matti. Con quale scorta di senso del ridicolo puoi mettere insieme un film che banalizza in modo così becero un messaggio tanto importante? E peraltro l’unico motivo per cui lo fai è perché vuoi poter passare tutto il tuo tempo a rimirarti soddisfatto il messaggio che hai vergato. Ma vaffanculo. Sembra di essere tornati ai tempi in cui Foster Wallace sbertucciava alcuni colleghi postmoderni sottolineandone la componente del “guarda, mamma, vado in bici senza mani!”. Siamo davvero al punto in cui la gente fa film solo per poter dire «Guarda, mamma, faccio il woke senza mani!». Ma vi piace il cinema? Ma lo sapete che la stessa cosa può essere fatta anche in maniera meno didascalica e senza insultare l’intelligenza di chi vi guarda? Ecco, mi sono inalberato. Non avrei dovuto. Perché, comunque, Secret Team 355 è pur sempre un film diretto da quel guercio di Simon Kinberg – del quale vorrei parlare il meno possibile, ovvero: X-Men – Dark Phoenix –, ed è stato sceneggiato dalla drammaturga e romanziera Theresa Rebeck; una che in teatro avrà sicuramente fatto cose egregie che non conosco perché sono una capra, ma al cinema è stata correa del soggetto di Catwoman. E tanto basta per squalificarla a vita.
Manuale della giovane woke marmotta quote:
«A ‘sto punto era meglio Spice Girls – Il film»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
il “software apritutto” era letteralmente il McGuffin della prima / seconda stagione di “Sherlock” (solo che SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER lì era un fake, ed un personaggio alla fine dice pure “… ma che davero te credevi che due righe di codice possano aprire tutti i software del mondo?!” FINE SPOILER)
in aggiunta, mi sento personalmente offeso dall’uso (probabilmente freudiano) della fallocentrica espressione “vergare un messaggio”; per usi futuri suggerirei “patatàre un messaggio”.
dimenticavo! cinque alto a @Toshiro per la recensione e per i tag da 4 stelle Michelin.
Permettetemi di fare il puntalcazzaro, dato che ci ho speso alcuni dei migliori anni della mia vita. Scienze dell’informazione è (era) informatica, scienze della comunicazione è giornalismo
In qualità di laureato in Scienze della Comunicazione, sapendo pochissimo di tutto in realtà prendo per buona qualsiasi cosa proposta dai film, a parte forse quelli a luci rosse.
1) Tanto già dal trailer non mi ispirava.
2) Però mi hai fatto venire voglia di recuperare finalmente il film che John Krasinski ha tratto da Brief Interviews With Hideous Men di DFW, ché ce l’ho lì nella mucchia da un pezzo.
3) Solitamente ci sono i tag utili mischiati a quelli scemi ma questo pezzo fa il salto dello squalo definitivo, ci sono solo quelli scemi. Vabbè, tanto come scriveva il Capo qualche giorno fa i tag sono andati a capinere dal giorno 1.
Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non forzare a Volpi Penso 5. Batti il 5 a Volpi Cogito Ergo Sum. 5 Volpi pensano come un forzuto.
Ctrl-Alt-Canc. Sistema riavviato. Apri word. Scrivi. Jessica Chastain. Jessica Chastain è alta un metro e sessanta e ha la muscolatura di mia mamma che ha 70 anni. Ciao mamma. Mia mamma ha smesso di menarmi quando ha visto che 180 cm per 96 kg con addosso una felpa della ASD Menare Tutti potevano essere un indizio di pericolosità. Mamma ha smesso di menarmi l’ altro ieri, è vero, ma del resto legge male e per lei sono sempre il suo bambino. Ho dovuto prendere una pistola. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non pensare a Volpi Forza 5. Non forzare a Volpi Penso 5. Batti il 5 a Volpi Cogito Ergo Sum. 5 Volpi pensano come un forzuto.
(ma vaffanculo) (che poi tanto è come quello delle Spice Girls) (risolvi i tuoi problemi di pene, ovunque esso sia)
Basta battute su Scienze della Comunicazione. Qua c’è anche ggente che ha fatto quella facoltà seriamente!!!11!!1
(P.S. Toshiro non lo sa ma pure io sono laureato SdC. Non sono effettivamente uno di quelli che l’ha fatto con serietà, però. Stima e solidarietà per te, Skogkatt.)
La cosa piu’ divertente (e intelligente? *facepalm*) e’ che Toshiro e’ laureato in Scienze della Comunicazione.
Infinita pena.
Se scienze della comunicazione ti dice che c’è un software che apre tutto non può essere altro che vero.
L’hardware ? Non serve a niente
La acciughe del cantabrico, che sembra ci siano solo quelle ultimamente, fanno cagare. Molto meglio le acciughine del bancone dei sottolio.
ma la pur brava e gnagna Jessica un film decente l’ha mai fatto?
ma che scherzi?
Aveva fatto una specie di film che era una exploitation di Aaron Sorkin che a me era piaciuto. Poi no, credo che lei sia una delle tante cose che affossano Interstellar.
li ho visti quasi tutti i suoi ultimi tranne A most violent year…Zero Dark Thirty forse il più titolato..a me sinceramente ha rotto il cazzo dopo 30 minuti…il resto son film insignificanti…e si in Interstellar la si ricorda solo per la scena ridicola in qui urla Eureka perchè sinceramente il film se lo mangiano il robot, Matthew e ovviamente Caine..
boh arriverà il suo momento (spero prima che Hollywood come al solito la rottami perchè troppo vecchia per essere la gnagna di turno e non ancora abb vecchia per fare la vecchia gnagna con personalità)
Be’, per l’ Academy è una risorsa preziosa. Le hanno dato anche un Oscar, se non erro. Io ti consiglio AVA. Ma tieni conto di far finta di starmi sul cazzo…Ultimamente le strizzano all’ inverosimile le zinne. La testa giusta comunque la riconosci perchè ha della peluria rossa.
@mereghettitumifaiimpazzire calcola che probabilmente hai mancato giusto il suo film e ruolo migliore (A Most Violent Year), per il resto son d’accordo che soprattutto quando è lei la protagonista indiscussa partecipa quasi esclusivamente a robetta finto-sofisticata di dubbia qualità, anche perché lei non ha spalle abbastanza larghe da reggere un film da sola (e infatti in quel film era spalleggiata dal miglior Oscar Isaac evah).
Ha smesso nel 2015.
Poi sono arrivati il #metoo e tutto il bel clima che ha investito la produzione americana più o meno mainstream.
Era Miss Sloane – Giochi di potere. E poi ha recitato direttamente per Sorkin in Molly’s Game, poi Zero Dark Thirty e A most violent year. Insomma, a scavare bene qualcosa di buono nella sua filmografia si trova.
Copincollo anche un pezzo del buon Quantum Tarantino dalla recensione di Ava, su questo stesso sito:
Cosa era venuto in mente a Jessica Chastain? Ma l’ha mai visto un film prima d’ora?
Sul suo talento come attrice, dopo Bigelow, dopo Aaron Sorkin, credo non ci siano dubbi. Poi però la vedi in film come X-Men: Dark Phoenix o Il cacciatore e la regina di ghiaccio e ti chiedi: ma non ce l’ha qualcuno che le vuole bene che l’aiuta a scegliersi i film? Non ce l’ha un amico che le dica “questa è una merda che puoi anche evitare di pestare”? Com’è possibile che una che quando non sta girando passa il tempo a lottare per i diritti delle donne a Hollywood, per una più giusta rappresentazione, per porre fine alle violenze e all’omertà, sia finita a lavorare con uno che dal 2006 a oggi sono più le donne che ha mandato all’ospedale dei film che ha diretto?
Oh, magari sei convinta di avere tra le mani il prossimo Quarto potere, ci sta che i tuoi principi vacillino e da “lotta dura senza paura” passi a posizioni più moderate come “bisogna separare l’uomo dall’artista”. Ma per un film come Ava? O sei in cattiva fede, o sei idiota. E in entrambi i casi, che figuraccia.
Per Zero Dark Thirty sta arrivando Cicciolina Wertmuller a sculacciarti. Che è il sogno di molti di noi, quindi sei stato geniale…
Bella rece, perdio! Riso dall’inizio alla fine. Ma la sigla che cazzo è? Col cazzo che chiedo a Jeeves
A un certo punto dice “prst u anal” (dito nel culo). Dev’ essere una denuncia rap sulla scarsità di Imodium nei paesi poveri. Dona al 45459.
Che poi nei Balcani abbiano bisogno di importare tamaraggine dall’estero, boh, che se ne fanno di ‘sta musica e di’ ste pose American? È come se gli esquimesi importassero ghiaccio.
Non lo so. Magari il loro è un gansta rap più soft. In America cantano “mi fucko le mie bitches” e invece loro si accontentano di infilarsi un prst u anal. In America “Fuck the police” , loro magari sfanculano i netturbini del Comune. Poi non so cosa dire, non sono ferratissimo: sono cresciuto col rap della east coast, quello della riviera romagnola, dove il dj scratchava su delle piadine, l’ mc cantava
a bocca piena di gnocco fritto e non si capiva niente. Poi tutti che si atteggiavano a neri dei ghetti, ma era solo abbronzatura.
Ora però per restare sulle metafore culinarie, si apra il dibattito: Chi é il Giorgione del cinema di menare definitivo?