Dunque, RRR.
Siamo giunti al culmine di questa nostra minirassegna su S.S. Rajamouli, minirassegna che abbiamo deciso di imbastire proprio per arrivare a parlare di RRR, quindi non credo che ci sia bisogno di presentarvi il contesto, giusto?
Facciamo che, se avete bisogno di un’infarinatura, vi metto qui di seguito le chiavi di ricerca da inserire in Google. Le copincollate, leggete per benino tutti i risultati, poi tornate qui:
“RRR film indiano successo strepitoso”
“OK Google tutti parlano film indiano RRR perché”
“Google per favore è vero quello che dicono tutti e cioè che RRR è il primo blockbuster indiano che abbia sfondato fuori dai patrii confini?”
“RRR è davvero così bello come dicono Y/N”
“vecchie recensioni film indiani 400 calci spiegazione sommaria situazione cinema indiano”
“luotto preminger astuta tattica per non ripetere cose già dette”
“cassia angustifolia”
“RRR film trama”
Bene, a questo punto dovreste saperne di più su RRR (e sulla Cassia Angustifolia, che per ora non vi serve ma più tardi potrebbe, tenetevela lì) e siete dunque pronti per affrontare l’argomento insieme a noi con la dovuta cazzimma. Ché qui oggi le cose non le mandiamo mica a dire. Oggi si dice naan al naan. Oggi si parla di RRR.
I concetti chiave sono i seguenti:
Uno, non è Bollywood ma è Tollywood, il cinema in lingua telugu con la T che ha ormai quasi soppiantato per incassi e popolarità l’industria in hindi di Mumbai ex Bombay con la B.
Due, S.S. Rajamouli è un regista dallo status ormai semidivino, autore dei megablockbuster di cui abbiamo appena parlato, e qui ha deciso di strafare chiamando due tra i più semidivini attori di Tollywood (Ram Charan e N.T. Rama Rao Jr.) e facendoli lavorare insieme per la prima volta perché (parole loro) “finora nessuno aveva mai potuto permettersi entrambi”. Non è un caso che il film si intitoli RRR: sono proprio le iniziali dei 3 semidei. L’acronimo è stato poi rielaborato in Rise, Roar, Revolt per dargli un minimo di senso, ma non ce n’era bisogno: le tre R che contano sono Rajamouli, Ram Charan e Rama Rao.
La notizia non è tanto che RRR sia già nella top 4 dei maggiori incassi assoluti della storia del cinema indiano – Rajamouli c’è abituato, e ci sono più megasuccessi indiani a noi sconosciuti che stelle nel cielo – quanto il fatto che stavolta ce ne siamo accorti pure noi sahib e memsahib e sahibx, e il film è uscito non solo su Netflix ma anche in un discreto numero di sale al di fuori dell’India e della consueta nicchia della comunità indiana all’estero, con incassi più che rispettabili (per conoscere la cifra esatta, googlate “RRR estero incassi rispettabili”).
Velocemente, la trama: nell’India colonizzata dagli inglesi porci e bastardi, una bambina viene strappata alla mamma dai due inglesi più porci e bastardi di tutti (nientemeno che Punisher e Frau Elsa in persona). Il villaggio della bambina però non ci sta e manda un nerboruto dal cuore d’oro a cercarla. A sua volta l’Impero Britannico non ci sta e manda un aitante poliziotto indiano a cercare il nerboruto. L’aitante poliziotto ha il baffo, il carisma e il savoir faire di Rama (Ram Charan, non a caso chiamato in patria “Un Ram che si chiama desiderio”), che si presenta sedando da solo qualche centinaio di rivoltosi prima ancora dei titoli di testa. Il nerboruto dal cuore d’oro, invece, è N. T. Rama Rao Jr. (non a caso soprannominato in patria “Un N.T. Rama Rao che si chiama desiderio”, che suona un po’ peggio se chiedete a me) e il film ce lo presenta che picchia una tigre a mani nude e più avanti userà una motocicletta come una clava, quindi fate voi. Due figure eroiche contrapposte, fuoco e acqua, vulcano e tempesta, cosa succederà? Un sacco di cose. RRR, infatti, ça va sans dire, dura tRRRe ore e dentro c’è di tutto.
Forse vi sembrerà una domanda fuori contesto, ma: conoscete tutti la parabola del parmigiano grattugiato? La riassumo brevemente per chi non avesse dimestichezza con il catechismo. In pratica un giorno Simone Zelota ha un sacco fame e si ferma in una locanda di Cana dove gli viene servita una “pasta pommarola” con il parmigiano grattugiato sopra. Lui all’inizio è titubante perché non ha mai visto il parmigiano grattugiato, non si fida, pensa che sia una cosa da gay, non lo so. Fatto sta che alla fine si decide, lo prova, e bum: meraviglia. Simone si precipita fuori dalla locanda gridando “Ho appena assaggiato il più buono tra tutti i cibi! La mia mente esplode! Questo è puro cibo, alla gogna ogni altra pietanza! Ecco che vi svelo il segreto di cui sol io posseggo la chiave: si tratta del parmigiano grattugiato”, e posta subito un video su YouTube dove reagisce al parmigiano grattugiato e nell’anteprima c’è lui con la bocca spalancata e le mani sulle guance come il manifesto di Mamma ho perso l’aereo.
Capite in che modo questa parabola (che per inciso è all’origine dell’espressione “il cacio sui maccheroni”, Maccabei 13:22) si applica al caso di RRR?
È presto detto: l’internet occidentale ha reagito all’avvento di RRR come Simone Zelota alla sua prima esperienza con il parmigiano grattugiato. Tutti i critici che si sperticano su come RRR sia “qualcosa di mai visto prima” sono anche i primi ad ammettere, ehm, di non aver visto molti altri film indiani, forse giusto un paio, forse più o meno zero. E allora grazie al cazzo che poi esci dalla locanda urlando la tua gioia ai quattro venti: perché se non hai mai visto un film indiano, Tindiano o Bindiano che sia, e la tua prima esperienza è un film di questa stazza e caratura, e per di più su grande schermo, ti può solo scoppiare la testa. E tenderai a esagerare nel parlarne, per forza.
Perché RRR è un film che esagera, ed esagera benissimo. Nelle sue tre ore di durata riesce a giostrare una quantità sconvolgente di generi ed elementi, cerca il modo migliore per rendere più GROSSO possibile ogni genere e ogni elemento, e poi puntualmente lo fa. È un dramma storico? Sì, ed è il dramma storico più GROSSO che ci sia, dove i cattivi sono orrendi mostri e i buoni eroi supremi, e non vale la pena fare una scena di massa se non ci sono men che MIRIADI di persone, e non vale la pena dare semplici frustate quando si possono usare fruste chiodate. È un buddy movie? Sì, ed è l’amicizia più GROSSA che ci sia, il vulcano e la tempesta che fanno ginnastica uno sulle spalle dell’altro mentre sulle loro teste si addensano nubi di apocalissi imminenti. È un action? Ovvio che lo è. È un action consapevole del fatto che il suo pubblico di riferimento urla, lancia coriandoli e dà di matto in sala quando si esalta, quindi facciamo venir giù la sala già che ci siamo, no? Dal set piece che precede l’apparizione del titolo del film, e che mi ha fatto alzare in piedi da solo in casa mia mentre guardavo Netflix, al migliore ingresso in scena dell’ultimo decennio (parole di Nanni), c’è l’azione più sopra le righe e splendidamente fomentante che possiate immaginare, a riprova del fatto che, con cuore e inventiva, con budget spropositati e crederci sempre tantissimo, è possibile inventarsi cose pazze e giganti senza doverle per forza giustificare con l’ironia o con una miniserie da 8 episodi che ci spieghi come mai questo poliziotto VOLA. È un musical?
Apriamo una parentesi. Mi spiegate come mai, quandi si parla di film indiani, e in questo caso più che mai, bisogna sempre mettere le manine avanti e dire “Beh sì, è l’India, quindi a un certo punto si mettono a cantare… MA NON TEMETE!” Fanno così paura, i numeri musicali? Per rispondere alla domanda del paragrafo prima, “RRR è anche un musical?”, beh: Sì, e coi controcazzi. Che ne dite, sarà arrivato il momento di farsi crescere un po’ di pelo sullo stomaco e avere finalmente le palle per commuoversi guardando quattro minuti di gente che balla benissimo su canzoni strepitose senza che debba venire la mammina a tenervi la mano? O stiamo ancora lì a dire “Ah, a me il cinema piace tutto tranne i musical”. Ma che cazzo vuol dire? è come dire “Non mi piacciono i film con le biciclette”. Guardatevi Naatu Naatu su YouTube, la canzone dove i due protagonisti di RRR sfidano gli inglesi polsiflosci nella gara di ballo, ovviamente la più GROSSA e la più FORTE gara di ballo che ci sia, e poi VI SFIDO a spiegarmi come mai per voi i calci e le piroette vanno bene solo quando non c’è una canzone sotto. “Sì, ci sono le canzoni… MA NON TEMETE!” Ma vaffanculo, altro che non temete. Non guardate i film indiani perché ci sono le canzoni? Vi do un consiglio. Recatevi in un campo e cercate una pianta erbacea o piccolo arbusto che può raggiungere oltre il metro e mezzo d’altezza, con foglie verde-giallastro, raggruppate ed allungate, fiori gialli, riuniti in piccole infiorescenze e frutti neri, appiattiti ed allungati. Si chiama “senna”. Una volta trovata, non esitate a essiccarne i frutti e/o le foglie per ricavarne un abbondante decotto da sorseggiare senza esitazione: ben presto noterete le sue potenti proprietà lassative, che vi terranno impegnati per qualche giorno con abbondanti evacuazioni intestinali. Il nome scientifico è Cassia Angustifolia, dovreste averla googlata poco fa. Buon divertimento.
Ora che i miei lunghi vaneggiamenti stanno per giungere al termine, non vorrei avervi lasciato con dei dubbi in quella vostra testolina bella. Da un lato ho appena parlato strabene del film; dall’altro, poco prima, ho fatto dell’ironia fuori luogo sull’inedito successo critico di RRR, spesso ad opera di chi non aveva mai visto un film indiano prima d’ora.
Beh, una cosa non contraddice l’altra. È vero che su YouTube in questi giorni si sta scoprendo un sacco di acqua calda, e alcune sparate (“Ha tanti generi diversi!” “È tutto sopra le righe ma senza strizzatine d’occhio!” “Cantano per portare avanti la trama!”) fanno sorridere persino me che di cinema indiano non sono certo un esperto, e quindi l’entusiasmo internazionale, da un certo punto di vista, va preso con un po’ di molle. Ma è anche vero che non si diventa fenomeni internazionali per caso, e soprattutto non è per caso che un film, tutto da solo, riesce a vincere decenni di pregiudizi contro un’intera cinematografia nazionale, creando un passaparola più forte degli stereotipi (pensate, con i dovuti distinguo, a Parasite).
Se come me avete già visto anche solo una dozzina di film indiani, è probabile che RRR non vi farà mettere le mani sui lati della faccia con la bocca spalancata come nella locandina di Mamma ho perso l’aereo. Non è la migliore né la più matta pellicola creata in India, e segue una formula e una serie di stilemi che probabilmente conoscete già. Se devo proprio dirla tutta, secondo me perde anche un po’ di ritmo verso due terzi della sua durata, quando inanella una catena di flashback sulla backstory di Ram che mi ha fatto fare il gesto “stringi” rivolto allo schermo, per l’unica volta in tre ore. Ma anche se segue stilemi conosciuti, non vuol dire che non li segua A MERAVIGLIA, con pacchi di scene da candidatura immediata ai Sylvester (o anche da vittoria diretta, no contest). è un film che vuole che esultiate e tranquilli, esulterete.
Se invece non avete mai visto un film indiano, vi invidio un sacco, perché il primo film indiano che vedrete sarà RRR. Ce l’avete su Netflix. Che cazzo state aspettando?
DVD-quote suggerita:
«Un giorno vi chiederanno cosa facevate, il giorno che è arrivato il cinema indiano. Fate in modo di rispondere “Io c’ero”»
(Luotto Preminger, i400calci.com)
La scena del ponte (e conseguente canzone fomento) è la mia nuova droga…
Il flashback di Rama è interpretato niente meno che da Ajay Devgn (parlando di quanti soldi deve avere Rajamouli per potersi permettere anche lui insieme agli altri due). Sarà massimo mezz’ora ma se la mangia e la rende epica come il film tutto intero. Io l’ho trovato esaltante.
Il love interest di Rama invece è del tutto superfluo. Poteva anche essere la sorella e, per come è strutturata la storia, non sarebbe cambiato nulla. Il suo vero love interest è chiaramente il suo amico Bheem.
Allora, è il classico caso in cui aspettavo la vostra recensione forse più dell’attesa vissuta per vedere il film.
Purtroppo devo comunque constatare una CGI a tratti abbastanza rivedibile, tale da rendere alcune scene TROPPO inverosimili e senza tener conto dei più elementari concetti della fisica.
Tuttavia è anche delizia perchè ci aiuta a rendere il tutto ancora più “fiabesco”. Perchè questo per me è stato questo film: una bellissima fiaba di Gianni Rodari con le splosioni.
primo film indiano che ho visto, e mi è piaciuto; penso che andrò a recuperarmi anche i precedenti.
Mi sorge però una domanda: tutti i film indiani sono razzisti e ultranazionalisti come questo? O Rajamouli fa parte di una specie di Casapound indiano?
Sì, credo sia giusto avvisare che nella mia esperienza finora Rajamouli è, a confronto, uno dei più morbidi e progressisti in circolazione.
Lato colonialismo inglese il ricordo è ancora fresco, non fosse altro per gli effetti a lungo termine che ha causato. Vedi il disastro ambientale e conseguente carestia a fine ottocento, forse il più famoso di tutti. Per il resto è come dice il Capo e Rajamouli è pure il più soft.
E aggiungerei che, in generale, l’idea che fuori dal perimetro europeo/occidental/bianco le nazioni siano aperte, tolleranti ed estranee al razzismo è una favola tutta del perimetro europeo/occidental/bianco
Amici!
RRR!
I film indiani mi danno la stessa sensazione di una serie animata cinese che ho visto di recente, visto che si parla di Netflix.
SCISSOR SEVEN.
Se dovessi giudicare i loro gusti in base a quel che ho visto, dovrei dire che sono fermi a roba per cui i giapponesi impazzivano almeno trent’anni fa.
Ma non é detto che sia un male, anche perché quella roba negli anime odierni la devi cercare col lanternino.
In tre stagioni ci ho visto condensato Ken, Dragonball, i Cavalieri e un’altra decina di cartoni a base di combattimenti che da pischello mi facevano impazzire. E che oggi persino nella terra di origine spesso latitano.
Nei film indiani é uguale. Ad Hollywood spesso ti devi sorbire una trentina di film pallosi per ricavare mezz’ora figa.
In questi ti ritrovi spunti di almeno una trentina di film diversi.
E non necessariamente dello stesso genere, é questo il bello. Mischiati in uno zibaldone folle.
Ma sui pregi avete già detto tutto voi. Quindi, c’é forse un motivo per criticarli?
A parer mio sì.
Nel modo in cui vengono rappresentate le figure femminili, ad esempio. Che contano praticamente zero.
Uno potrebbe dire che il nazionalismo spinto, gli stereotipi un tanto al chilo (tipo gli inglesi stronzi, che si sa che da quelle parti li odiano. Non nego che abbiano i loro buoni motivi), il machismo sfrenato con tanto di bromance tra i due protagonisti erano tutta roba tipica anche degli action anni 80.
Perché di fatto, sono fermi lì. Impazziscono per roba che negli States giudicherebbero andata, anacronistica.
Anche in Maverick le donne sono di fatto tappezzeria, eppure nessuno se n’é lamentato.
Poi é un film commerciale, pensato per fare spettacolo.
Ma non si può negare che un blockbuster ha in sé un’anima fortemente propagandistica.
Propone ed esalta un modello.
Ma qui? Cosa ci sarebbe da esaltare?
Il fatto che la loro é una società fallocrate dove le donne non hanno minimamente peso né rilievo?
Anche negli anni 80 le eroine non mancavano di certo, nel cinema a stelle e strisce.
Per me é una cosa molto pericolosa, questa. Soprattutto col fatto che abbia attirato l’attenzione al di fuori dei confini.
Top Gun aveva influenzato la cultura anche oltreoceano.
Pensate se un messaggio come questo prende piede.
Io mi posso solo augurare che arrivino ad emanciparsi anche laggiù. Anche se il percorso é lungo.
Non dico di non guardarli, ci mancherebbe altro.
E’ sempre interessante vedere cose rappresentate in un’ottica diversa dalla nostra.
La diversità arricchisce.
Ma…occhio.
Se persino la Disney ha aperto alle diversità di genere, qui equivale a fare un balzo indietro di un secolo.
Ho molta paura a tirare in ballo l’argomento, perché di questi tempi a sollevare un solo dubbio é un attimo beccarsi del razzista.
Però credo sia anche un buon spunto di riflessione.
Ciao, hai tutto il diritto di criticare la rappresentazione femminile in film di questo genere e ci mancherebbe, è tremenda. Purtroppo da quelle parti su questi tipi di discorsi (e non solo, vedi appunto anche xenofobia e nazionalismo) sono ancora nettamente indietro rispetto alle situazioni che abbiamo da noi e, come dicevo più su, i film di Rajamouli sono anche in media molto più morbidi e progressisti a confronto con quanto capita di vedere in altri blockbuster indiani. Quindi insomma, se si è sensibili a queste tematiche li sconsiglio vivamente. Penso che l’augurio, in generale, sia di prendere spunto dalle cose buone – la creatività, il senso dello spettacolo, ecc… – e ignorare il resto. E di contagiarsi a vicenda nel modo giusto, prima di augurarsi un’importazione massiccia.
Ovviamente però non è il caso di fare di tutta una nazione un fascio, soprattutto con una produzione cinematografica così sterminata e varia. Per restare nell’ambito di film facilmente recuperabili, “Super deluxe” su Netflix potrebbe sorprenderti positivamente.
Sono contento di aver sentito i vostri pareri, a riguardo.
Ripeto, avevo parecchio timore ad esternare questo tipo di considerazioni.
Immagino di non aver visto la medesima quantita’ di film che avete visto voi, ma posso dire che in linea di massima li ho trovati divertenti.
Hanno un gusto per l’eccesso che il nostro cinema (e anche quello USA) sembra aver dimenticato.
Forse perche’ certe formule ormai vengono considerate primitive.
Alla fine frullano e rifrullano a modo loro cose e formule gia’ abbondantemente rodare, ma in una quantità tale che non credo si sia mai vista.
Certo, promuovono idee che dal punto di vista sociale e dei rapporti interpersonali sono…duri, da mandar giu’. E fan storcere il naso.
Pur con tutte le differenze (e l’arretratezza) culturali del caso.
Per loro evidentemente e’ un’immagine retta e giusta.
Sul fatto delle scene d’azione, quello e’ un linguaggio universale.
E visto che citavo Ken…quante volte sentivo dire dai personaggi “Una donna non deve combattere, ma donare figli all’uomo che amera’.”?
Anche quello era maschilismo puro e concentrato. Eppure da ragazzino non ci badavi, perche’ ti interessavano i combattimenti e basta.
Come dici tu, Nanni, guardiamo il lato principalmente cinematografico.
E’ un grande paese con millenni di storia alle spalle, e un gran potenziale davanti a se’. Ma con ancora con forti tensioni e disuguaglianze sociali, e il benessere in mano ancora a pochi.
Il mio augurio e’ che con il crescente sviluppo economico arrivi anche la secolarizzazione (e quella e’ fondamentale, per scrostarsi di dosso i pregiudizi) e i pari diritti.
Tutti ce la possono fare.
Intanto, proseguo con la visione. E cerco il film che mi ha consigliato Luotto.
Grazie.
In appendice a quello che giustamente dice Luotto, è facile che io casco male in quanto seguo sostanzialmente un filone solo (gli action popolari). Ovvio però che da quelle parti hanno anche altro. C’è tra poco un festival di cinema indiano qua a Londra con tutta la rappresentanza, anche tematica, che uno effettivamente si augura.
Red, guarda che Hokuto No Ken è un’ opera che è tutto ma non maschilista. Le donne non sono un riempitivo, ma hanno la stessa forza che hanno gli uomini. Per un Bart scavezzacollo e ladruncolo c’è una Lynn generosa e altruista, per un Kenshiro dagli occhi tristi c’è una Julia che riesce a portare speranza ovunque ( e i due sono di fatto inseparabili ), Raoh è affiancato da Reina nelle sue prime scorribande, Mamiya rifiuta il ruolo di “ragazza di” e straccia culi fino alla morte di Rei. La sorella di Kaoh è l’ unica che riesce a contenere il potere demoniaco di Yoh. Ci sono dei personaggi femminili deboli, come la figlia di Riaku, ma anche Shin di fatto si suicida per amore. C’è solo una manifesta superiorità fisica dei personaggi maschili rispetto a quelli femminili, che comunque non sono mai filler ma sono il fulcro della trama. Maschilismo, imho, se ne respira poco.
E’ vero, ma consideriamo che i maestri delle varie scuole sono tutti uomini.
Fermo restando, come dici tu, che le figure di spicco (ovvero l’ultimo guerriero di Nanto e l’imperatore) sono donne.
E sono di fatto i motivi per cui i protagonisti combattono.
Si, Ken era gia’ un po’ piu’ emancipata, rispetto ad altri.
Ma per arrivare alle prime protagoniste femminili ci sarebbe voluto ancora un poco.
Poi si’, le donne sono coraggiose quanto gli uomini, pur rivestendo un ruolo, come dire, subordinato.
Ma li’ e’ come in Mad Max: tutti combattono, se no non ci si guadagna la vita.
Faccio presente che Mamiya era il mio personaggio femminile preferito, proprio per come aveva saputo reagire al suo terribile passato.
È vero quello che dici, le donne in questo film hanno poco peso – per il cinema indiano in generale non saprei io ho visto solo questo film grazie ai 400 calci e mi è piaciuto un botto :-)
Però è vera anche un’altra cosa, le donne sono quasi sempre figure positive, ad eccezione della moglie del governatore: sono le uniche occidentali a non essere rappresentate come razziste senz’anima e intervengono a difesa degli indiani.
Forse il nostro cinema ci ha abituati a considerare positiva una donna solo quando si “comporta da uomo”, ma non è detto che sia l’unico modello positivo da seguire!
Ciao, concordo sulla rappresentazione delle figure femminili, sul nazionalismo spinto, machismo, ecc., ma come è già stato scritto, ti consiglio di non fermarti a questo film, perché la cinematografia indiana è veramente immensa e super sfaccettata, ce n’è per tutti i gusti.
Per quanto riguarda i film d’azione, ti consiglio di recuperare “Kaala” di Pa. Ranjith per un punto di vista politico molto diverso (Pa. Ranjith è un regista di casta bassa che nei suoi film mette sempre al centro la discriminazione castale). Poi almeno “Gangs of Wasseypur” di Anurag Kashyap, ormai un classico. Mentre per vedere machismo spinto, sessismo e direi anche una buona spolverata di fascismo, con i film di Rohit Shetty si va sul sicuro.
Che poi, l’India ha sfornato il film più 400 Calci che possa esistere: War
Grazie, metto recensione di War comoda a tutti: https://www.i400calci.com/2020/05/war-2019/
Niente volevo solo dire che il film mi è piaciuto un sacco nonostante non sia il primo film indiano che vedo (ma non sono certo un esperto eh) e a parte i limiti evidenti sul maschilismo e machismo e razzismo su cui dovrebbero lavorare, trovo che abbia alcune scene prettamente “action” che spaccano il cul0 quanto non vedevo da un po’ neppure nei film di supereroi.
– L’entrata in scena di Ram è una delle scene più fighe che abbia visto da anni a questa parte, una via di mezzo tra Captain America e Bud Spencer
– la scena del ponte, totalmente insensata, vulgar display of coolness
– la storia di amicizia / bromance tra Ram e Bheem mi pareva Rocky / Apollo
– la scena in cui Bheem non si vuole inginocchiare (evitando spoiler) potrebbe essere presa da Kenshiro tipo Fudo di Nanto, se non vi fa sudare gli occhi siete brutte persone.
– anche le scene di canto e ballo dai, sono ben inserite e piacevoli a parte forse il balletto finale un po’ inutile.
Nel complesso un film per tutta la famiglia.
e comunque Bheem somiglia clamorosamente a John Belushi
https://www.postoast.com/wp-content/uploads/2022/04/RRR-Movie-cast.jpg
>Capite in che modo questa parabola (che per inciso è all’origine dell’espressione “il cacio sui maccheroni”, >Maccabei 13:22)
San Renatino sempre sia lodato.
>Il nome scientifico è Cassia Angustifolia, dovreste averla googlata poco fa. Buon divertimento.
Bentornato Luotto.
@redferne
>Uno potrebbe dire che il nazionalismo spinto, gli stereotipi un tanto al chilo (tipo gli inglesi stronzi, che si sa che da >quelle parti li odiano. Non nego che abbiano i loro buoni motivi), il machismo sfrenato con tanto di bromance tra i >due protagonisti erano tutta roba tipica anche degli action anni 80.
>Perché di fatto, sono fermi lì. Impazziscono per roba che negli States giudicherebbero andata, anacronistica.
>Anche in Maverick le donne sono di fatto tappezzeria, eppure nessuno se n’é lamentato.
>Poi é un film commerciale, pensato per fare spettacolo.
>Ma non si può negare che un blockbuster ha in sé un’anima fortemente propagandistica.
>Propone ed esalta un modello.
>Ma qui? Cosa ci sarebbe da esaltare?
Condivido in pieno la riflessione circa ideologie e relativi timori e, causa afa con annessa indolenza – del resto si sa, non e’ tanto il caldo ma l’umidita’ – mi autocopio ed incollo da passato commento a Sooryavanshi: “…Se ormai certe tipologie di produzione ad alto budget – non indispensabile ma certo di ausilio per il rispetto della rule of cool – sono accessibili a molti, solo pochi paesi possono permettersi la possibilita’ di effettuare, ancorche’ nel contesto di un film d’azione, una riflessione sul sistema politico o sociale rappresentato, definendone indirettamente il grado di democraticita’ e scolarizzazione.
E’ il motivo per il quale i blockbuster di Cina ed India non riescono a diffondersi a livello internazionale e restano relegati ai rispettivi ambiti locali – comunque enormi e che garantiscono incassi milionari – o alle comunita’ di emigranti che vogliono conservare dei legami culturali con le patrie di appartenenza.
…tuttavia non si puo’ ignorare come queste opere, andando oltre la superficie ben confezionata di sparatorie, inseguimenti e balletti, diano per scontati e quindi legittimino immobilismo di classe e nazionalismo esasperato, lasciando nel palato dello spettatore occidentale un retrogusto sgradevole.”.
ok, ok, non volevo scrivere perché non ho cose troppo intelligenti da dire… che poi mi sento scemo perché questo non è il mio primo film indiano, è il terzo.
Con il primo mi sono esaltato a bestia (Bajirao Mastani, che consiglio a chiunque).
Con il secondo mi sono esaltato a bestia (Eega, visto dopo aver avuto notifica della retrospettiva su Rajamouli).
Con il terzo mi sono nuovamente esaltato a bestia perché dai, diciamolo, mi sono sentito come quando ormai più di vent’anni fa, vidi “A better tomorrow”.
La stessa sensazione “Cosa sto vedendo?”, la stessa voglia di averne di più.
Sì, è vero, adesso ho quarant’anni e rotti, quindi c’è un cagacazzi nella mia testa che fa considerazioni assolutamente fuori luogo su concetti seri e profondi, quindi ho dovuto un paio di volte tirarmi una cinquina di rovescio per zittirlo.
Ma per il resto, oh, uguale! Ho anche chiamato gli stessi amici che chiamai all’epoca con lo stesso entusiasmo di allora, finendo nuovamente ignorato come tanti anni fa!!!
Che meraviglia e che nostalgia.
Lo amo! Soprattutto il pezzo del combattimento de “Lo cieco con lo storpio alla groppa”, chiaro omaggio a Brancaleone alle Crociate, film di gran menare (soprattutto al cavallo).
Ciao. Oggi ho letto tutte le vostre recensioni di film indiani, e anche i commenti dei lettori. (Complimenti per l’accenno a Super Deluxe – ero in ginocchio). Vi invidio perché siete nella fase: ho appena finito la dieta e la prima cosa che faccio è fiondarmi in pasticceria. Il cinema indiano è goduria vera, nel senso più innocente e primitivo del termine. [Spoiler] Al divertimento strabordante si affiancherà il rispetto sincero: fase del non-ritorno. [Fine spoiler] Agli autori e ai lettori: vi stimo. Di più: vi amo proprio.
Boh, ho cominciato a vederlo su Netflix, in inglese, per la curiosità suscitata dalle recensioni calciste, ma ho abbandonato dopo la scena della manifestazione di protesta sedata a schiaffoni dal protagonista baffuto, nello specifico quando tutto è finito e ci si aspetta di vederlo premiato dai superiori, e invece.
Mi è sembrata una roba talmente esagerata e comica da finire nell’imbarazzo del cringe più cringioso.
Anche la scena della bambina rapita è stata imbarazzante.
La prospettiva di sorbirmi altre 10 ore di film (perché dura così tanto) mi ha atterrito ed ho lasciato stare.
Boh, non capisco la fotta.
Questa è la prima volta che pubblico un commento su questo blog ma, siccome io e marito vi seguiamo da tanto e siamo fan dei vostri articoli, mi sembra giusto contribuire con uno spunto di riflessione. Premetto che non sono una grande esperta di film indiani ma adoro gli action, sin da bambina. Questo film mi ha fatto emozionare come pochi, sembrava una versione indiana dei film di Tarantino con meno sangue e più esplosioni. E si arriva a parlare della visione nazionalista e maschilista del popolo indiano. Facciamo qualche premessa.
– Stiamo parlando di un popolo colonizzato da secoli che ha ottenuto la sua indipendenza solo di recente, grave rispetto a tanti altri; un popolo che ha subito la globalizzazione di riflesso senza esserne pienamente partecipe, ancorato alle sue tradizioni e alla sua visione che, giustamente, sotto ottica occidentale, fa stridere tanto (ma non dimentichiamo che pure noi civili occidentali abbiamo dato il nostro contributo, non positivo, nei confronti di questa gente e un certo risentimento non è legittimo ma comprensibile). Bisogna sempre, come con ogni opera, letteraria o cinematografica, tenere conto del contesto: solo così riusciamo a carpire il bello di ogni cultura e, perché no, evolverci anche noi comprendendo i limiti e le migliorie di popoli così dissimili dal nostro. Ma non voglio lanciarmi in discussioni del genere, perché sarebbe riduttivo ma mi serviva per introdurre il secondo punto.
– La figura della donna sottomessa o poco sottolineata. Ahimé, qui bisogna tenere sempre conto del contesto ma voglio far notare una cosa. In occidente, ormai è in voga il fenomeno della Mary Sue che, perdonate il mio raffinato vocabolario giornaliero, mi fa abbuffare la uallera come solo potrebbe fare “l’invettiva di un Giordano su Alluìn! ” Per rappresentare una donna forte, non è necessario che debba spaccare i culi o dimostrarsi fisicamente più prestante di un uomo, più saggia, più affascinante, più eccellente, più purissima, levissima, tostissima… ecc ecc. La forza, strano a dirsi, può risiedere nell’intelligenza, nella dolcezza, nel sacrificio e nell’amore. Ci siamo dimenticati la scena iniziale dove la mamma della bimba rapita è l’unica, in mezzo a tanti tordoloni nel villaggio, a capire l’inganno e la malvagità del pezzotto di Fräulein e lanciarsi, in una corsa sfrenata, contro la macchina per salvare la propria creatura, sotto gli occhi ebeti del marito e degli altri uomini? Una madre che, per amore della sua figlioletta, se ne frega della propria incolumità pur di salvarla? E se non è forza questa, ragazzi, non so cosa possa essere! Tanto più che, SPOILER………………………………………………………………………………………….
alla fine, si vede sopravvissuta ad una legnata di quel genere, quando il super poliziotto all’inizio abbatte gli uomini che lo assalgono con un bastone che è grande un quarto del legnone precedente?? Certo, magari è un’eccezione e c’è tanto da lavorare ma quella scena era potente, forse rappresenta una tipologia di forza a cui siamo disabituati, in favore di cringiate come “C’è una tempesta in me!” (ziopeppinoimpastato mi fa male solo ricordarla). Tanto per citare un altro film indiano a caso… “Un incontro voluto dal cielo” di Aditya Chopra, un marito che incita la moglie a coltivare la sua passione per la danza e non la forza ad amarlo, tutt’altro (sembra la versione americana di Save the last dance ma meglio). Non doveva essere un commento così lungo e spero di non essere sembrata troppo rigida nei pareri, era solo per dare un altro punto di vista, magari utile alla discussione in corso ^_^ a concludere, film consigliatissimo, 3 ore volate e perdutamente innamorata di Ram Charan XDD