
Love Me Tender, Kick Me Hard
Non vi raccontano quasi mai la vera storia di Elvis Aaron Presley dall’inizio.
O meglio: certo, vi raccontano l’infanzia, vi raccontano le sue influenze, la sua passione.
Ma non vi raccontano quasi mai come realmente diventò famoso: non lo fa nemmeno Baz Luhrmann, nel suo recente kolossal che è comunque una delle visioni più spettacolari degli ultimi anni tra quelle che non rientrano nella nostra linea editoriale.
La parte su cui si tende a scavallare – lo si fa per amor di sintesi, ma si finisce per distorcere il ritratto – è quella in cui Elvis arrivò al suo famoso primo singolo (That’s Alright Mama) soltanto dopo due lunghe sessioni di prove, da circa tre ore l’una, durante le quali Sam Phillips e la band avevano tentato materiale di ogni tipo. Elvis, che era rimasto impresso alla segretaria della Sun Records più per i suoi modi che per la sua voce quando venne a registrare un pezzo per sua madre un anno prima (un anno prima, non il giorno prima), eseguiva timidamente ed educatamente: solo all’ultimo, quasi sovrappensiero, spolverò un’interpretazione interessante che fece finalmente accendere la lampadina a Sam Phillips, convincendolo di aver trovato il sound che stava cercando. Nel frattempo, il nostro non stava inseguendo sogni di gloria ma si era già rassegnato a fare il camionista. Non fosse per Sam Phillips, che intuì una combinazione promettente nel suo stile e nel suo look e ci lavorò sopra fino a trovargli il sound giusto, Elvis sembrava il tipo di persona che avrebbe aspettato che la fortuna cascasse dal cielo, e se non cascava pazienza.
Elvis aveva un innegabile talento, ma più emotivo e “spettacolare” che tecnico: andava ispirato, contestualizzato e coltivato.
Quando il “Colonnello Tom Parker” (virgolette d’obbligo, visto che non era colonnello e non si chiamava Tom Parker) lo portò via a Sam Phillips, fece la mossa determinante per trasformare Elvis nella star leggendaria che conosciamo oggi: gli costruì attorno una situazione, un mondo, uno stile di vita in cui Elvis avrebbe potuto preoccuparsi unicamente di provare, registrare, preparare, eseguire, e nient’altro.
Parker gli levava di mezzo ogni scocciatura, burocrazia, finanza, strategie, trattative, politiche, persino le beghe di famiglia.
Elvis doveva preoccuparsi di rispettare gli appuntamenti: recarsi agli studios, farsi dare il programma, scegliere fra qualche opzione, cantare, registrare. Andare agli show, dare il massimo sul palco. Stop.
A livello comunicativo, Parker gli costruì attorno un’aura da divinità, da supereroe: ogni cosa che faceva era più grossa, importante e meritevole di maggior hype che per chiunque altro.
Quando Elvis aveva idee – e ogni tanto ne aveva – veniva ascoltato. O meglio, si ragionava con lui e poi lo si accontentava o in qualche modo lo si convinceva diversamente (vedere il film di Baz Luhrmann nelle scene che raccontano le mosse più losche del loschissimo Colonnello Parker).
Ma soprattutto: quando non ne aveva, Parker o altri ne avevano già avute per lui e si tirava avanti lo stesso dritti come un treno.
Elvis, più passivo di quanto gli facesse bene essere, non aveva preoccupazioni: aveva solo stimoli, e gente al suo servizio.
La definizione stessa di “gabbia dorata”.
Che alla lunga, ovviamente, logora in svariati modi che vi lascio immaginare.
È in questo contesto dolceamaro che, gentile pubblico, vorrei accompagnarvi in un mondo parallelo.
In un mondo alternativo del multiverso – oggi siamo tutti a nostro agio con la definizione di “multiverso” – in cui Elvis, a un certo punto ebbe un’idea.
O meglio: l’idea la ebbe anche nel nostro mondo.
La coltivò, la sviluppò, ma riuscì a concretizzarla soltanto parzialmente.
Per cui, oltre a raccontarvi come andarono le cose da noi, vorrei raccontarvi la premessa, descrivervi questa idea, e farvi immaginare il mondo alternativo in cui venne realizzata in pieno.

Elvis e un vero Parker: il pioniere del karate americano Ed
Elvis Aaron Presley, in notevole anticipo sull’esplosione del fenomeno, iniziò a interessarsi di karate nel 1958 mentre faceva il militare in Germania.
Fu uno dei suoi primi passatempi.
Attività fisica, filosofia, spiritualità, disciplina, autodifesa, senso di superiorità atletica, una dose non indifferente di spettacolarità: il pacchetto perfetto.
Elvis era serio, per quanto potesse esserlo uno con una vita frenetica e schiava degli umori come la sua, ma qui scatta il primo momento chiave: è appena il 1960 quando, in una lettera al suo ex-istruttore Jurgen Seidel, Elvis esprime l’idea di promuovere il karate attraverso i suoi film.
Nel 1960! Avete presente com’era la situazione arti marziali nel cinema occidentale, nel 1960?
Era praticamente a zero. Cosette qua e là. Mossette.
Era una delle cose più esotiche e misteriose a cui potevate pensare. Bruce Lee era sbarcato da poco negli USA e stava ancora facendo il lavapiatti.
Una volta tornato negli USA Elvis aveva continuato a prendere lezioni, principalmente con Ed Parker (nessuna parentela con il “Colonnello Tom”, a partire dal fatto che Ed Parker era il suo vero nome): gli appassionati di Bruce Lee lo conoscono come organizzatore del torneo del ‘67 a cui Bruce fece la sua dimostrazione più famosa, quella che lo fece scoprire al mondo e gli procurò il primo ingaggio come attore; gli appassionati di arti marziali in generale lo conoscono come leggendario pioniere, fondatore del cosiddetto American Kenpo, una variante del karate particolarmente concentrata sull’efficacia, sulla scienza dei colpi, sui combattimenti da strada.
Elvis era preso bene. Lo sappiamo no, che era preso bene?
Lo abbiamo visto su un palco? Lo sappiamo come si muoveva? Ripassiamo:
Era una delle sue cose preferite.
L’avete visto Elvis di Baz Luhrmann? C’è una scena in cui un fan scatenato sale sul palco e lui, da tempo in piena paranoia da attentati, si fa trovare prontissimo: lo colpisce con un calcio in fazza e poi mette immediatamente mano alla pistola nella cavigliera – che ovviamente da vero americano portava con sé anche durante gli spettacoli dal vivo – prima che la security prenda il sopravvento. È una storia vera.
Addentrarsi nei risultati pratici ottenuti da Elvis in ambito marziale è un campo minato se accoppiato con la sua fama, la sua aura, la sua influenza e le condizioni psico-fisiche in cui si trovava specie dalla fine degli anni ’60 in poi, per cui citerò che gli fu accordata una cintura nera di settimo dan di Kenpo con Ed Parker e una di ottavo di PaSaRyu con Kang Rhee come dimostrazione della sua passione continua, e passerò oltre (e ci sarebbe anche una scuola di sua proprietà, il Tennessee Karate Institute, in cui lui stesso ogni tanto passava a tenere lezioni a fianco di Kang Rhee e Bill “Superfoot” Wallace).
La carriera a Hollywood ormai l’aveva portato altrove; l’altro Parker – quello finto, il “Colonnello Tom” – l’aveva portato altrove.
Nel frattempo anche le arti marziali al cinema si muovono poco: c’è Dean Martin che tira due calci goffi nei film di Matt Helm, ci sono i primi passi di Bruce Lee nel Calabrone verde.
Poi all’improvviso nel ’72 arrivano insieme il successo imprevisto di Billy Jack, la serie tv Kung Fu con David Carradine, e i film orientali di Bruce Lee.
Nel 1973 di colpo esplode tutto: Bruce Lee scompare ad appena 32 anni, e poco dopo esce I tre dell’Operazione Drago, che fa scattare la mania delle arti marziali a livello mainstream.
A quel punto, Elvis decide finalmente che vuole girare un film di menare.
Pensateci bene: Elvis che gira film di arti marziali nel 1960 sarebbe stato fantascientifico, ma Elvis che vuole girare un film di arti marziali nel ’73 è comunque clamoroso. È come se Michael Jackson avesse voluto fare un film sul parkour nel 2004.
Il filone della blaxploitation era stato il primo ad adottare al volo il genere marziale, approfittando della presenza di Jim Kelly nei Tre dell’Operazione Drago, ma Elvis sarebbe stato il primo bianco dopo il caso eccezionale di Billy Jack. E sarebbe stato il primo attore/artista già affermato a dedicarsi al genere.
Ve lo immaginate l’impatto?
L’Occidente fu immediatamente invaso da cloni di Bruce Lee e una galvanizzata produzione di massa da Hong Kong, mentre Jim Kelly spopolava nei low budget e Chuck Norris, già apparso di fianco a Bruce Lee nell’iconico finale dell’Urlo di Chen, si prendeva ancora qualche anno di tempo prima di decidere di voler fare seriamente l’attore (fun fact: fu Steve McQueen a convincerlo). Persino David Carradine, nonostante il successo di Kung Fu, non si dedicò al genere su grande schermo prima di Messaggi da forze sconosciute nel ’78.
Ammesso (e non concesso per un cazzo, siamo onesti) che il progetto fosse andato a buon termine con adeguati risultati, avrebbe completamente ribaltato lo scenario.
Nel concreto, avviene una riunione tra Elvis, Ed Parker (ce la fate a non confonderlo con il Colonnello? Mi dispiace che la vita di Elvis abbia una sceneggiatura un po’ confusa) e Rick Husky, all’epoca conosciuto per Cade’s County e The Mod Squad, in seguito famoso per la creazione di S.W.A.T. e T.J. Hooker. Elvis insiste per un film d’azione con un ruolo per lui da eroe cazzuto; Ed Parker – conscio delle condizioni psico-fisiche di Elvis? – spinge piuttosto per un semi-documentario per diffondere la sua filosofia; Husky non riesce a metterli d’accordo. Il sogno, più o meno, finisce lì.
Parker allora coinvolge il suo studente George Waite, e nasce il progetto The New Gladiators: l’idea diventa definitivamente un documentario che includa alcune riprese ai maggior tornei internazionali di karate, più una narrazione ad opera di Elvis e alcune sequenze dimostrative a cui anche Elvis avrebbe partecipato. L’ispirazione è The Endless Summer, un documentario di successo sul surf del 1966.
Elvis si convince, accetta e sgancia $50.000 sull’unghia per iniziare la produzione.

Avete presente Jack White che fa Elvis Presley in Walk Hard?
Qui è dove si apre brevemente un secondo mondo alternativo: quello in cui il documentario ha successo e, grazie alla spinta di Elvis, diventa comunque una risposta all’esigenza di capire un po’ meglio cosa sono le arti marziali nell’esatto momento in cui tutti di colpo nel mondo se lo stavano chiedendo.
Sarebbe forse potuto diventare per le arti marziali quello che Uomo d’acciaio pochi anni dopo sarebbe diventato per il culturismo: Elvis a parte il cast era indiscutibile, tra Ed Parker, Kang Rhee, Bill Wallace, Ron Marchini, Benny “The Jet” Urquidez, Mike Stone, Fumio Demura e tanti altri nomi di alto livello.
Elvis gira alcune sequenze dimostrative, ma poi – qui torniamo nel nostro mondo – parte per Las Vegas e l’entusiasmo si spegne.
Non viene mai registrata la narrazione e, a parte 40 ore di riprese a seguito del team americano di karate impegnato in tornei a Londra e Bruxelles, il progetto viene abbandonato.
È il 2002 quando il materiale esistente viene ritrovato nel garage di George Waite: non è esattamente in condizioni ottimali, ma per quanto possibile gli viene data una ripulita, viene montato (da Isaac Florentine!) e messo in commercio in dvd.
Questa versione – e qui dovrebbe già scattarvi un fortissimo campanello d’allarme – non include le sequenze con Elvis.
Il progetto non fa molto rumore: è principalmente una chicca per appassionati durissimi interessati a filmati rari con alcuni dei nomi più grandi del karate americano dei primi anni ’70. Per chi è a digiuno, può essere interessante come infarinatura sullo stile dell’epoca, in cui agli sfidanti era concesso ammazzarsi di botte molto più di quanto sia legale oggi, per cui possono impressionare scontri più violenti e stradaioli di quanto uno magari si immagina dopo aver visto le ultime Olimpiadi. Altro non si poteva fare: impossibile ricostruire davvero un progetto che non fu mai completato e nemmeno eccessivamente pianificato, specie nel momento in cui i principali ideatori non sono più tra di noi.
Bisogna aspettare il 2009 per vedere pubblicati, separatamente, gli ulteriori 50 minuti di riprese che includono le dimostrazioni con Elvis, e capire perché inizialmente furono escluse.
Il primo problema è l’audio indecifrabile.
Il secondo problema è che Elvis è platealmente svarionato.
Non apro una parentesi su Elvis e le droghe: il rapporto, per sintetizzare, era complesso e ingenuo. Per principio le detestava e non prendeva nulla che avesse uno stigma riconosciuto, ma per reggere i ritmi di vita a cui veniva costretto (dal Colonnello a se stesso) si imbottiva di stimolanti e antidolorifici a livelli piuttosto massicci.
Dalla fine degli anni ’60 in poi Elvis non è esattamente la persona più lucida del mondo, e i suoi show – da sempre un mix di sfarzoso spettacolo e momenti candidi e istintivi – lo dimostrano ormai con una certa frequenza, alternando esibizioni gloriose ad altre imbarazzanti.
L’Elvis in scena nei filmati girati per New Gladiators è uno showman in divisa personalizzata che dimostra confidenza con teorie e movimenti, ma sembra principalmente il Re della stanza che tutti assecondano e nessuno ha voglia di contraddire o mettere in difficoltà.
Il suo cavallo di battaglia è la mossa con cui si fa appoggiare un pugno sulla laringe – azzardato, per un cantante – per poi spingere l’avversario puramente con la forza del collo. Fatta da lui, con l’andamento ciondolante e il sorriso da bambinone a caccia di complimenti, mentre uno e poi addirittura due sparring partners fingono di essere inesorabilmente travolti, è una pagliacciata abbastanza triste. Ancora peggio i momenti in cui Elvis si fa prendere a cazzotti nello stomaco senza scomporsi, come nel peggio wrestling. Ma vedere Bill “Superfoot” Wallace che dimostra i suoi leggendari calci è sempre uno spettacolone.

Elvis Presley, vestito da Elvis Presley Campione di Karate, premia Bill “Superfoot” Wallace, qui in una tenuta che probabilmente Elvis stesso gli aveva fatto fare
Questa parentesi apparentemente scollegata invece la apro: su Youtube trovate filmati di Kevin Smith che racconta la sua esperienza estemporanea come documentarista per Prince, che gli aveva chiesto di andare a casa sua e filmare un seminario che aveva organizzato per alcuni fans/conoscenti.
È un racconto surreale, in cui Kevin Smith si trova a disagio dall’inizio alla fine, in una situazione assurda con una star inafferrabile, istruzioni ambigue, regole incomprensibili e poche spiegazioni. Alla fine Kevin consegna, non sicurissimo di aver fatto esattamente quello che gli era stato chiesto: l’assistente di Prince lo ringrazia, lo paga, e gli dice che esistono centinaia di ore di filmati come il suo nell’archivio personale di Prince, schizzi estemporanei che non hanno mai visto la luce del giorno e di cui lo stesso Prince dopo un po’ si dimenticava.
La storia di New Gladiators, così come ci arriva oggi, non sembra molto distante.
Elvis ha un’idea e il portafoglio largo; il suo entourage lo accontenta; Elvis ci si dedica per mezza giornata poi si fa prendere da altro; il suo entourage lascia che tutto si spenga da solo e rimanga nel limbo dei progetti incompiuti.
Chissà quanti aneddoti simili esistono.
Ma l’idea che per un istante Elvis Aaron Presley avrebbe potuto – avrebbe voluto, diciamo – diventare il precursore e portabandiera dei film di arti marziali occidentali, mi fa ancora esplodere la testa.
La vita di Elvis è stata complessa, avventurosa, controversa, con alti leggendari e irraggiungibili e bassi tristi, tragici, infine letali, ma lui era indiscutibilmente uno di noi.
Del resto è suo quel pezzo il cui ritornello è praticamente la sintesi dell’idea di cinema dei 400 Calci: A little less conversation, a little more action.
P.S.: non si può parlare della passione di Elvis per le arti marziali senza includere Priscilla. Il rapporto tra Elvis e Priscilla avrebbe bisogno di un film a parte solo su di loro, ma oggi non siamo pronti a raccontare di come iniziarono a frequentarsi quando lei aveva 13 anni. Priscilla, il vero prigioniero di Graceland mentre Elvis era costantemente in giro tra film, spettacoli e impegni vari, si era a sua volta appassionata di karate: frequentava la scuola di Chuck Norris, presenziava ai tornei ed era stata lei ad aver fatto conoscere a Elvis gente come Bill “Superfoot” Wallace e Benny “The Jet” Urquidez. Poi la storia (la storia, ma non il film di Baz Luhrmann) racconta di come lei infine trovò il coraggio di mollarlo quando iniziò una relazione con il suo istruttore personale, il già citato Mike Stone, allievo di Ed Parker. Mike Stone non era il tipo con cui Elvis sarebbe riuscito a fare il prepotente.

Mike Stone e Priscilla Presley
Non sono un grande conoscitore della storia di Elvis, che peraltro mi è sempre sembrato un tipo più “mollaccione” non so perche… quindi magari a qualcun altro questo articolo non farà lo stesso effetto, ma a me fa esplodere il cervello, veramente non ne avevo idea… è come scoprire che Ozzy Osbourne è un fervente cattolico non so (oddio magari lo è).
Grazie Nanni di colmare le nostre lacune :) e giuro che non sono ironico
Anche Parker e Stone sono due nomi che non mi giungono nuovi…
Porcamiseria l’ho capita adesso.
Sulle prime pensavo fosse un riferimento alla droga con termini slang che non conoscevo (tipo brownstone o Mary Jane)(che tipo prevenuto e maligno che sono), ma la ricerca su Google mi da i creatori di south park. È quello?
Hahaha! Verooooo! Grazie, non l’avrei mai notato. Altri due geni nel loro campo.
Grande articolo.
Volevo solo dire che, nonostante il clamoroso floppone, Walk Hard rimane uno dei film più fighi e divertenti sulla storia della musica, e quella scena in particolare con Jack White è perfetta nel descrivere il personaggio di Elvis, oltre a far piangere dal ridere
Parole sante, ELVIS di Luhrmann è spettacolare, da vedere (e rivedere) rigorosamente in sala. Mi ha talmente fomentato che dopo la visione avevo voglia di saperne di più su Presley, rispetto a quel poco che già sapevo e a quel tanto che il film mi ha mostrato. E dunque grazie Capo per questo, altrettanto spettacolare, miratissimo, approfondimento.
Sembri io 12 anni fa dopo aver visto “Bubba Ho-Tep”
la mia canzone preferita di Elvis? quella che canta Tommy Lee Jones in Men in Black, Promised Land.
Epica
Vi appoggio qua un adeguato tributo a Elvis ad opera di Dolph Lundgren: https://www.youtube.com/watch?v=9wBq3wPBOXc
Mi ha ricordato molto Peter Boyle che balla e canta Puttin on the Ritz.
Ma questo video è una cosa pazzesca!!!
Ho amato questo articolo, se non per un particolare
Elvis è sì andato in Germania nel 1958, ma non ha incontrato Priscilla fino al 1960, quando lei aveva quasi 16 anni. Si sono visti qualche volta (mai in una stanza da soli, a differenza di quello che dice lei) e a lui non è mai poi tanto interessato averla intorno. Il massimo che faceva con lei era parlarci perché si sentiva a suo agio ad aprirsi a livello emotivo solo con ragazze/donne (cosa che poi continuò a fare anche negli anni ’70, ospitando delle ragazze/donne nella suite dell’International Hotel per parlare).
Un’altra precisazione è che lei non è mai stata prigioniera a Graceland. Lui lavorava e lei studiava (aveva quasi 18 anni e aveva convinto i suoi genitori a convincere Elvis a trasferirsi tutti lì così che loro potessero tornare negli Stati Uniti).
Siccome lui aveva promesso al padre di lei che l’avrebbe sposata è stato “obbligato” da quest’ultimo.
Sia Priscilla che suo padre erano interessati solo alla star internazionale che era Elvis, la consideravano un’occasione più unica che rara e quindi lo spinsero il più possibile verso il matrimonio.
Matrimonio più finto del mondo considerando che dopo che lei ha partorito Lisa lui non se l’è più filata a livello sentimentale e lei pochi mesi dopo il parto già lo tradiva con Mike Stone (già durante le riprese del ’68 Comeback Special) cosa che tutti sapevano, Elvis compreso e si limitava solamente ad ignorare la cosa.
Arrivò a chiederle (mentre lei era ancora incinta) di firmare per la separazione, semplice e senza divorzio e lei rifiutò. Sperava che prima o poi lei avrebbe chiesto il divorzio così non avrebbe dovuto farlo lui.
Intanto lei si è riempita le tasche con i suoi soldi, sapendo benissimo chi stava sposando e poi facendo la vittima perché “eh ma era sempre via per lavoro” ecc ecc quando in realtà le stava più che bene perché intanto era servita e riverita.
Per favore, se dovessi fare altri articoli su Elvis in futuro, evita di cadere nella trappola della “vittima” ben costruita da Priscilla visto le varie testimonianze di persone attorno a lei ed Elvis che hanno detto come stavano veramente le cose.
Detto questo, ho apprezzato davvero tanto questo articolo, amo Elvis ma alcuni video di lui che fa karate fanno male perché lui probabilmente si sentiva davvero figo e inarrestabile, però sembra solo un cucciolo smarrito a cui danno il biscottino perché ha alzato la zampa dopo aver sentito il comando.
Mi sarebbe piaciuto che gli istruttori e le persone intorno a lui in generale lo avessero seguito meglio. Vista la sua forma fisica negli anni 50-60, secondo me poteva diventare abbastanza bravino nel karate se avesse avuto il tempo e le persone adeguate intorno.
Charlie, grazie del commento e mi fa piacere che tu abbia gradito l’articolo, ma io sono “cascato nella trappola di Priscilla che fa la vittima” (ho letto fonti giornalistiche neutre in realtà) quanto tu sembri sotto l’influenza della versione dell’ufficio stampa di Elvis. La vera verità sta sicuramente da qualche parte in mezzo.
Le fonti giornalistiche neutre non le considero particolarmente neutre quando non dicono davvero come stanno le cose, o almeno, io per ora non ne ho ancora trovate. La maggior parte degli articoli definisce Priscilla una vittima ed Elvis uno stronzo abusivo.
Ci sono tanti “segmenti” di libri scritti da vari autori/persone che erano vicino sia ad Elvis che a Priscilla e molti di loro sono d’accordo sul fatto che non la volesse sposare.
La cuoca di Elvis in primis scrisse nel suo libro che lo trovò a piangere la notte prima del matrimonio perché si sentiva costretto e non la voleva sposare.
Ann Margaret ed Elvis avevano una relazione che dovettero interrompere per via del matrimonio
Scotty Moore ha scritto nel suo libro che durante il “68 Comback Special” Priscilla già stava tradendo Elvis con l’istruttore di karate, così come Marty Lacker, Charlie Hodge ecc ecc.
Priscilla è brava a cambiare la sua versione dei fatti, esempio nelle interviste degli anni ’70, quando Elvis era ancora vivo, ne parlava bene. Negli anni ’80 diceva che in realtà era come stare in gabbia e in realtà non lo amava e non vedeva l’ora di essere indipendente e costruirsi una vita. In questi ultimi anni ha cambiato ancora versione dei fatti (oltre al fatto che continua a tralasciare come prima di sposarsi con lui lei abbia avuto continue relazioni e come dopo che è morto è stata per più di 20 anni con Marco Garibaldi), in più ora non fa che dire che Elvis era l’amore della sua vita.
Le fa comodo passare da vittima e da vedova tanto che nessuno al di fuori dei fan sa della relazione tra Elvis ed Ann Margaret, June Juanico, Anita Wood, Linda Thompson, Ginger Alden, tutte persone che hanno condiviso i loro momenti passati con Elvis (Ann Margaret meno perché vuole rispettarne la privacy).
Così come ci sono libri scritti da autori di biografie che hanno intervistato le persone vicine ad Elvis (per non parlare dei libri scritti dagli stessi amici di Elvis)
Non trovo molto oggettivo dire che Priscilla era intrappolata quando non lo era, soprattutto considerando quanto ci ha lucrato sopra sia mentre lui era vivo che dopo e quanto stia ancora cercando di prendersi soldi che non le spettano pure dalla sua stessa nipote.
Ripeto, bell’articolo, ma il sensazionalismo legato a Priscilla dovrebbe essere preso per quello che è, semplice marketing di una persona fin troppo abituata a definirsi l’unica compagna a vita di Elvis.
Con questo non intendo dire che tutto ciò che dice Priscilla sono menzogne, semplicemente è brava a rigirare le cose a suo favore, l’ufficio stampa di Elvis fa poco o nulla per ripulirne il nome, semplicemente penso di aver avuto un esposizione diversa a varie informazioni di gente che lo conosceva di persona tramite interviste e libri.
Ho letto anch’io diversi libri e interviste, ovviamente, e sono sicuro che abbiamo letto molta roba in comune. C’è che personalmente tendo a credere di più a chi non si schiera, mentre tu mi sembri insistere molto a difendere la versione che dipinge Elvis nel migliore dei modi. L’altra forte impressione che ho è che semplicemente abbiamo una definizione diversa di “intrappolata”, perché che Priscilla non fosse esattamente nelle condizioni di avere una vita libera e normale mi sembra piuttosto plateale sia dai semplici fatti che dalla versione di tutti, anche di chi cerca di evidenziare i lati positivi del rapporto tra lei ed Elvis. Al limite si può notare come, stando proprio al modo in cui persino lei stessa difende Elvis (vedi la forte influenza che ha avuto nell’ammorbidire il recente film su di lei della Coppola), le poteva sicuramente andare molto peggio. Comunque a posto così, non dobbiamo necessariamente essere d’accordo e ti ringrazio ancora dei complimenti.
Intanto, in uno degli universi visitati da Doc Strange…
«Non vi raccontano quasi mai la vera storia di Elvis Aaron Presley dall’inizio.
O meglio: certo, vi raccontano che ha dato inizio da solo al cinema di genere moderno, che ha lanciato la carriera di Bruce Lee e fatto da padrino ai suoi figli, e poi i mille film con Walter Hill, e quella volta che sul set del Superman di Donner fece brutto a Clint Eastwood (e Eastwood muto), forse sapete persino che è solo grazie a lui che oggi esiste il premio Oscar al miglior combattimento. Bravi.
Ma lo sapevate che prima di tutto questo aveva già avuto una carriera nel rock’n’roll, per di più di discreto successo?
Per carità, rimane una curiosità da fanatici, col senno di poi non sarebbe mai diventato il nuovo Chuck Berry e neanche, figuriamoci, un fenomeno mondiale come Buddy Holly (che ho visto il mese scorso alla Royal Albert Hall e che vi devo dire, a 86 anni ancora scalcia i culi), ma all’epoca parecchie teenagers avevano il suo poster in cameretta, giuro.
…
Madonna che bel mondo che hai descritto. Ora telefono al Dr. Strange.
Scommetto che in quel mondo John Carpenter ha vinto l’Oscar con ESCAPE FROM THE EARTH dopo un testa a testa col film biografico su Poe girato dallo zio Sly, e finalmente sta realizzando il seguito di GROSSO GUAIO A CHINATOWN.
La Cannon esiste ancora e detiene i diritti sulla Marvel e la DC, Cameron ha girato il film su Spider – Man e quello di Alita, e Romero quello di Resident Evil.
E dulcis in fundo…Don Bluth e’ a capo della Disney.
L’unica è che in quel mondo probabilmente I 400 Calci non esistono perché TUTTE le riviste di cinema sono come I 400 Calci, per cui io non sento nessuna chiamata spirituale e mi dedico al giardinaggio…
Come Derek Jarman
Beh, allora che ben venga un mondo come il nostro dove quasi niente va come dovrebbe andare (tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili un corno, c’e’ ancora un mucchio di lavoro da fare), ma dove pero’ c’e’ bisogno di voi e dei 400 Calci.
In una brutta serata come questa da un briciolo di serenità poter fare i complimenti per la chiarezza e strutturazione del pezzo, per farti capire perché i 400 calci rimangono uno degli spazi web a cui rimanere più affezionato
Pezzo interessantissimo, davvero.
Sapevo che Elvis non fosse indifferente al fascino esercitato dalle arti marziali, anche se sia sulla sua abilita’ che sulla frequenza con cui praticava…beh, se ne puo’ discutere.
E in effetti le cinture ricevute mi hanno sempre dato l’idea di quelle classiche lauree ad honorem che periodicamente rifila o ad artisti vari per il loro contributo in ambito culturale.
Da’ piu’ prestigio a chi la consegna che a quello che la riceve, insomma.
Indubbiamente ne era un gran appassionato, e amico di molti esperti del settore come Ed Parker, che contribui’ in modo determinante all’espansione delle arti marziali sul suolo statunitense.
Per non parlare di Bill Wallace, autentico pioniere della versione da ring del Karate denominata Full Contact, da cui si sviluppo’ l’odierna Kick Boxing.
Un progetto del genere avrebbe lasciato il segno, sicuramente.
E invece…anche nei ruoli d’azione il nostro non ando’ mai oltre le classiche scazzottate.
Peccato. Senza contare che fu proprio un praticante a soffiargli la moglie sotto al naso.
Qualcosa mi dice che da li’ in poi fu un po’ piu’ restio, a trattare l’argomento.
Un modo come un altro per dire che non ne voleva sentir parlare mai piy’.
Peccato.
Guarda caso…tra non molto su Rete Pellicole dovrebbe arrivare una serie animata su Elvis con un plot molto simile a quello :di cui si racconta qui.
AGENT KING, o qualcosa del genere.
Tra l’altro Wallace lo si vede in numerose foto di repertorio, con quel kimono (pardon karate – gi) a stelle e strisce.
eh, essendo cresciuto a pane e public enemy proprio non ci riesco ad avere un immagine oggettiva del personaggio.
Ci sta ma questa storia è abbastanza godibile anche perché extramusicale
Notare che a 1:12 del video qui sopra ha anche anticipato la famosa Tecnica della Gru di Karate Kid…
Tra le millemila biografie di Elvis, qualcuna che vi sentireste di cnsigliare?
Alla grande: la magna opera di Peter Guralnick in due volumi, Last Train to Memphis e Careless Love (circa 1200 pagine totali sommate). Non so se esiste in italiano però.
Cercherò. Grazie!