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I laureati del 2013 presentano: V/H/S 94

Nanni Cobretti
di Nanni Cobretti | 14/07/202216

Aggiustate il tracking!

Conoscete Bleeding Skull?
Esistono dal 2004, e si dedicano con grande pazienza a recensire (quasi?) solo horror girati in video, non in pellicola.
“Grazie al cazzo” dirà qualcuno di voi, “oggi girano in pellicola soltanto Nolan, Tarantino e il Peggiore degli Anderson”.
Ma infatti non ci siamo capiti: quando dico video intendo proprio nastro. Né pellicola, né digitale.
Joseph A. Ziemba, il Nanni Cobretti di Bleeding Skull, è infatti specializzato in horror casalinghi anni ’80/’90 girati con videocamera VHS, e ci ha scritto due libri che ho ordinato di corsa.
Non so se avete presente la scena di cui parlo. Sono esattamente le cose che giravamo noi da regazzini con un pugno di amici e un budget di due paghette settimanali più un’extra-mancia della nonna. C’era tutta un’altra scena negli ’80 e ’90, per cui i più intraprendenti riuscivano a organizzare in qualche modo una sottospecie di distribuzione clandestina, farsi notare, diventare persino dei piccoli cult. Qualcuno addirittura veniva acquistato da un distributore semi-legittimo, tipo – quando andava bene – la Troma.
Sfogliando l’indice dei libri di Ziemba ho visto davvero pochissimi titoli che conoscevo – cosa che mi ha provocato un brivido impagabile lungo la schiena che probabilmente si smorzerà davanti alla difficoltà di reperire gran parte del materiale trattato, spesso scovato con metodi da vero archeologo. Però ecco, durante il lockdown ho avuto un breve periodo di morale a terra in cui per tirarmi su mi sono dedicato alla frangia tedesca del fenomeno, e ho recuperato cult tipo The Burning Moon di Olaf Ittenbach. Non so se ce l’avete presente, The Burning Moon di Olaf Ittenbach: è la classica roba che oggi ti mettono in galera solo per averla pensata, ma in realtà che gli vuoi dire? È adolescenziale. È la tempesta perfetta di adolescenza prolungata, depressione nichilista, voglia di scandalizzare, greve e vile ignoranza, voglia di essere il più estremo di tutti che a confronto Arancia Meccanica deve sembrare un cartone della Pixar, pochi soldi e tutti spesi in budelli, i genitori che non ti capiscono e le ragazze che non ti si filano perché ti cambi la t-shirt due volte a settimana e quindi la devono pagare cara, quelle cose lì. Per tre quarti di film scuotevo la testa sconsolato pensando “povero ragazzo”, ma poi caccia questo finale incredibile, un’epica orgia di torture demoniache a cui – mi sento di poterlo dire anche senza averle mai viste– persino le leggendarie scene infernali tagliate di Punto di non ritorno Puppano la Fava… Ed è tutto girato in VHS, con una spesa totale facilmente inferiore a un weekend in camper a Jesolo. È impressionante. Dove si recupera The Burning Moon di Olaf Ittenbach? Nel dark web, mi sa. Chiedetelo a Joaquin Phoenix in 8mm, lui secondo me ce l’ha. Oppure al Tagliaerbe. Il Tagliaerbe lo sa di sicuro come si arriva nel dark web. Ah no aspettate, volendo c’è in dvd. Provate a chiederlo nella vostra mediateca più vicina.

The Burning Moon: real video shit from 1992

Boh, ci tenevo a parlarvene, ma in realtà il film di oggi abbastanza prevedibilmente c’entra poco come genere e toni, anche se il look chiaramente si ispira a quella scena.
Questo weekend esce in sala in Italia X di Ti West, di cui vi ho già parlato, per cui mi è presa una botta di nostalgia e ho recuperato tardivamente questo V/H/S 94, uscito l’anno scorso, che non coprimmo perché 1) al riguardo leggevo pareri un po’ deprimenti, e 2) tanto in Italia non è mai uscito.
Ma V/H/S 94 è pur sempre il quarto capitolo di una saga antologica che dieci anni fa rappresentava la grande speranza dell’horror, il suo ideale futuro.
Era, insieme ai due capitoli di The ABCs of Death, una palestra e una vetrina per alcuni tra i migliori talenti emergenti dell’epoca, comodamente riuniti per dare una panoramica sulla situazione.
Poi ok, come fisiologicamente accade con le antologie i risultati erano altalenanti: trovavi un nome già affermato come Gareth Evans che tirava fuori un gioiello memorabile (Safe Haven, da V/H/S 2) e uno altrettanto affermato come Ti West che buttava lì una cosetta dimenticabile (Second Honeymoon, dal primo V/H/S); trovavi nomi non ancora alla ribalta che si facevano notare con chicche niente male (i Radio Silence con 10/31/98, dal primo V/H/S) e altri che non riuscivano a distinguersi. E ok, la saga V/H/S aveva pur sempre il limite formale di costringerti al found footage, ma era uno spot su quanto nelle mani giuste le potenzialità espressive fossero molto più ampie di quanto potesse sospettare uno spettatore medio che vedeva arrivare in sala soltanto i sequel di Paranormal Activity e i suoi imitatori più opportunisti.
E che fine ha fatto quella gente?
Io sinceramente mi aspettavo (sognavo) che oggi fossero i capi del mondo, i Raimicravencarpenter della nostra generazione.
E invece, come già accennavo nel pezzo su X (in Italia X – A Sexy Horror Story), non è andata esattamente così. Il più fortunato è Adam Wingard che ha in mano il franchise più bello del mondo, Godzilla vs Kong, ma non esattamente con il plauso della critica o anche solo una propria riconoscibilità personale. Subito sotto vengono i Radio Silence che dopo una chicca come Ready or Not hanno rilanciato con successo Scream ma sono già impantanati a girare un altro sequel di Scream. E poi vengono Benson e Moorhead, i cui film rimangono ancora principalmente chicche per intenditori ma che sono stati assunti per girare un paio di episodi di Moon Knight. Gli altri stanno esattamente dov’erano prima, ma con produzione rallentata. Nemmeno X di Ti West ha davvero sfondato, nonostante il lancio in grande stile della A24: se ne parla come dell’horror dell’anno e finora c’è effettivamente poca concorrenza, c’è persino un prequel già pronto, ma non è esattamente balzato alla cronaca sullo stesso gradino di un Ari Aster.
Però ecco, fa piacere veder riunita la vecchia gang, o almeno quelli che son rimasti.

Prurito

Potrei aprire un’altra parentesi gigantesca su quanto senso abbia proporre un lungometraggio antologico nell’era in cui sono tutti ingordi di miniserie, specie se la destinazione è comunque lo streaming (fuori dall’Italia lo si trova su Shudder), ma questa ve la risparmio, direi che è ora di arrivare al dunque.
Chi è rimasto, insomma, della vecchia guardia?
È rimasto Simon Barrett, ad esempio. Il peggiore? Non necessariamente. È il co-sceneggiatore di tutti i film di Adam Wingard pre-Death Note, e quindi gli va dato credito in carriera di aver contribuito a diverse chicche, ad alcuni dei migliori horror di quel movimento. Ma da regista aveva già proposto un corto insipido in V/H/S 2 (Tape 49) e un esordio sul lungo, Seance, che per quel che mi riguarda mi è sembrato Giovani streghe ripensato per chi non riesce ad addormentarsi.
È rimasto Timo Tjahjanto! Questa è una buona notizia. Timo è il nome di punta della scena cinematografica indonesiana tra i registi effettivamente indonesiani. Aveva co-diretto quella bomba di Safe Haven insieme a Gareth Evans, e poi ha infilato una carriera umorale fra il travolgente La notte su di noi e il meno ispirato May the Devil Take You.
E basta.
I volti nuovi sono Chloe Okuno, autrice del recentissimissimo Watcher che non abbiamo ancora visto, e Ryan Prows, il cui Lowlife aveva raccolto pareri favorevoli ma che ho sempre colpevolmente dimenticato di recuperare.
A rimpolpare in modo truffaldino la lista di autori c’è anche Jennifer Reeder, che frequenta la scena indipendente da quasi 20 anni ma ha diretto appena quattro lungometraggi (tra cui Signature Move, che curiosamente ha a che fare con la lucha messicana esattamente come Lowlife di Ryan Prows, e Knives and Skin, che ho visto a un Frightfest e mi è parsa una parodia involontaria dei film di Sofia Coppola): qui dirige la breve cornice dell’antologia, su una squadra SWAT che invade un losco covo abbandonato e con una scusa o l’altra lancia i corti a cui assistiamo, per poi concludere con un twist finale piuttosto confuso.
E poi c’è Steven Konstanski, l’ex-Astron 6 poi autore in solitaria di The Void e Psycho Goreman, che sarebbe di svariate spanne il nome più interessante in ballo se non fosse che dirige soltanto un dimenticabile fake spot di un minuto scarso.

Forse la fazza migliore con cui vendervi il film

Il primo problema che mi viene da segnalare è organizzativo: come funziona organizzare un antologico?
Si sceglie un tema, ci si accorda su un range di durata, si assegna un budget. Ma poi?
V/H/S 94 contiene quattro episodi totali, ma i primi tre hanno identica struttura: un luogo chiuso, una lunga rincorsa punteggiata da deboli momenti loschi per tenere la tensione viva, l’improvvisa esplosione finale. A un certo punto viene da chiedersi se non sia l’unico modo di gestire un found footage low budget? È efficace se fatto bene, ma no. Il quarto episodio dimostra che si possono anche equilibrare meglio le parti. Ma i primi tre hanno lo stesso scheletro: lenta cottura per tre quarti in cui succede poco e niente, tutte le cartucce sparate insieme all’ultimo. Come hanno fatto a non accorgersi, già in fase di script, che ne sarebbe uscita una micidiale sensazione di ripetitività?
Diventa se non altro facile ordinarli per qualità.

  • Il peggiore: The Empty Wake, di Simon Barrett. Si capiscono le intenzioni: modernizzare certe classiche atmosfere alla Poe, raccontando dell’impiegata di un’agenzia funeraria lasciata da sola nel salone con una bara, e che volete che succeda con due soli elementi in scena? Il personaggio non intrattiene, le svolte sono telefonate, l’esplosione finale è brevissima e nella sua brevità è particolarmente deludente in quanto è il secondo episodio del mucchio e il primo aveva stirato il suo twist più a lungo e con più creatività.
  • Il medio: Storm Drain, di Chloe Okuno. Una giornalista indaga su una leggenda metropolitana, un presunto mostro delle fogne, e dopo una lunga discesa nei cunicoli finisce per rispondere alla domanda “ma se Alien 4 si fosse chiamato in un altro modo, l’avremmo apprezzato di più?”. Il mostro in teoria si chiama “Ratman” (o meglio “Raatma”, come puntualizzano i titoli di coda), ma più che al noto personaggio di Leo Ortolani assomiglia allo xenomorfo semi-umano ideato da Jeunet che tanto aveva fatto storcere il naso ai puristi. A me è sempre piaciuto. La cosa importante è che, dopo 20 minuti di pazienza, il gore esplode abbondante, creativo e con splendido gusto da vero b-movie di una volta fatto di squartamenti e fazze sciolte. Partenza discreta, che purtroppo il corto di Simon Barrett smorza subito.
  • Il matto: The Subject, di Timo Tjahjanto. Si può sempre contare su Timo, o sull’Indonesia in generale, per rimescolare seriamente le carte. Stavolta si narra di uno scienziato pazzo che conduce esperimenti su cavie umane finché non viene trovato dalla SWAT locale. Si deve pazientare di nuovo per la terza partenza a fuoco lento su tre, ma tira da subito un’aria più promettente e quando la SWAT si presenta in divisa locale scatta subito la salivazione pavloviana in memoria di The Raid. Il massacro finale non è ai livelli del leggendario Safe Haven, ma è comunque un divertentissimo tentativo di diventare di colpo un misto tra Wolfenstein, Existenz e Tokyo Gore Police con tanto di riprese in soggettiva.
  • Il meglio: Terror, di Ryan Prows, che finalmente mescola un po’ la formula e ci porta a seguire una squadra di suprematisti bianchi bigotti e ignoranti, intenti a preparare una potente arma che puntualmente sfuggirà al loro controllo e peggiorerà il problema sovrannaturale che cercavano di risolvere. La posizione in classifica è dibattibile, eh? Perché il massacro finale non è lontanamente all’altezza delle follie fuori controllo di Timo Tjahjanto, ma almeno è l’unico episodio a tenere l’attenzione fin dal primo minuto con la sua banda di sfigatissimi, terrorizzanti buzzurri, e quando finalmente servono anche gli effetti speciali pure il design della minaccia è pensato bene.

È carino, ammettetelo.

Alla fine, tutto sommato, sono contento di averlo recuperato. Si ha una sensazione più di mancato equilibrio fra le parti che di vera incompiutezza, e il punteggio totale di questo quarto capitolo è comunque superiore rispetto a quello del vecchio deludentissimo terzo.
Ma ecco, se una volta la forzatura al found footage era un modo per aggrapparsi al trend del momento ed esplorarne le potenzialità espressive più di quanto stesse facendo la scena mainstream, oggi l’operazione odora di revival non richiesto. Se non altro però, riesce a rafforzare il messaggio che il motivo per cui il found footage ci è venuto a noia è dovuto esclusivamente all’abuso ravvicinato da parte di gente senza fantasia.
In una notte d’estate senza pretese, per festeggiare il ritorno di Ti West al cinema, mi ha fatto spuntare un pizzico di malinconia per la scena che non ce la fece, ma anche un sorriso nel constatare che lo spirito non si è perso del tutto.

Fanzine ciclostilata-quote:

“Mi raccomando riavvolgete prima di restituire”
Nanni Cobretti, i400calci.com

>> IMDb | Trailer

Nanni Cobretti
Autore del post: Nanni Cobretti
"Tu sei il male, io sono un autarchico"
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16 Commenti

  1. Marina Lothar Schramm 14/07/2022 | 12:53

    non mi sarei mai sognato di doverlo ammettere nemmeno dopo un mischiotto di ketamina, mexcal e dixan ma del franchise (che personalmente mi ha sempre dispensato tanto di eritemi genitali) ne garantisce la medietà più alta distillabile. facendola più spiccia, è il migliore, o comunque quello che si manda giù senza che ti vada di traverso l’intero metraggio. tutto ciò decretato chiaramente scontando che Safe heaven, da solo, manda a elemosinare pacchi caritas l’intera tripletta.

    Rispondi
  2. Bandini 14/07/2022 | 15:11

    Non so se sia un effetto visivo fuorviante, ma se non lo è più che Ratman mi ricorda Cinzia.

    Rispondi
  3. Marina Lothar Schramm 14/07/2022 | 15:27

    …e comunque se si vuole un founf-footage bello perforante, capace di ridare un senso e un’efficace funzione al jumpscare, che riavvolge i nastri evanstjjahjantiani di vhs2, consiglio spasionatamente di catapultarsi sul temibile The medium. tantissima panna.

    Rispondi
    • Teo 16/07/2022 | 14:10

      Grazie! Segnato subito.
      Ma quello con Fiona Douriff o quello Thai del 2021?

    • Marina Lothar Schramm 16/07/2022 | 15:21

      il secondo, il secondo…

  4. Raimondo Vinello 14/07/2022 | 20:06

    Colpevole !!! Corra subito a vedere Lowlife.
    Roba quasi da ergastolo :)

    Rispondi
  5. Marfi 14/07/2022 | 20:48

    Ma Nanni, come te lo spieghi che non ce l’hanno fatta? Cioè, se io facessi il produttore con grandi cifre e dovessi scegliere tra produrre un Safe Haven extended version o The Conjuring 16, sceglierei il primo. Ma sicuramente un produttore ragiona in un modo diverso dal mio e non gli piacciono i rischi. O c’è altro?

    Rispondi
    • Nanni Cobretti 15/07/2022 | 00:04

      Purtroppo i produttori ragionano che a vedere Conjuring ci va un fracco di gente, inclusi quelli che prima di vedere un horror chiedono se fa paura e poi ci vanno solo se gli rispondi di no, mentre a vedere Safe Haven Extended ci vanno solo gli amanti dei film belli (e molto violenti).

  6. Mamoru Osho 15/07/2022 | 11:56

    Per gli interessati, The Burning Moon è disponibile sull’app del peperoncino gratis con pubblicità. Inutile dire che ne vale la pena…

    Rispondi
  7. Marina Lothar Schramm 16/07/2022 | 15:28

    comunque @Nanni consentimi una domanda Piericolosa, che è più personale curiosità che provocazione: com’è che con tutto il ben di dio di satana e d’ogni altra entità pagana e sovrannaturale che contrassegna queste ultime settimane (Crimes of the future, Vortex – un film che ti mena più che di menare – il cardiotonico Bull e Men – che sarebbe interessante ancorché ovvio calciato da Cicciolina – per dirne solo 4) ci si attarda su questa men che discreta anticaglia di un anno e fischia fa?

    Rispondi
    • Nanni Cobretti 16/07/2022 | 22:30

      Lo dico nel pezzo: “Questo weekend esce in sala in Italia X di Ti West” ecc…

    • Nanni Cobretti 16/07/2022 | 22:31

      Tra parentesi, citi roba che è prevista in sala in Italia soltanto nelle prossime settimane.

    • Marina Lothar Schramm 17/07/2022 | 12:17

      …so molto poco della vostra linea editoriale (perciò domando), ma mi sembra di ricordare (vedasi lo stesso X) tot titoli calciati con largo anticipo sul loro approdo nelle sale nostrane e quindi da voi visti – immagino – per le solite traverse vie (festival streaming torrent). secondo questo grado, bull girava da quasi un anno e se non è un kickmovie quello…

    • Nanni Cobretti 17/07/2022 | 12:26

      Legittimo chiedere, ci mancherebbe. Occasionalmente trovo sia giusto alimentare l’hype in anticipo (The Sadness, X), a volte so che l’uscita italiana è imminente per cui trovo più opportuno attendere (Men, Crimes of the Future), a volte capitano promesse non mantenute (tipo: avevano annunciato una data italiana per Shadow in the Clouds, poi non è mai uscito, a un certo punto è diventato talmente vecchio che mi ero convinto di averlo già coperto e invece no), a volte sfiga e/o circostanze.

  8. Landis Buzzanca 21/07/2022 | 16:54

    mi accodo al #teamAlien4.

    Rispondi
  9. ch3o 12/10/2022 | 12:04

    Senza scomodare il dark web, molto banalmente su internet archive c’é Burning Moon…

    Rispondi

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