Ad un certo punto, con calma, tra qualche anno e soprattutto facendolo fare a qualcun altro, ci sarà da analizzare i film usciti tra il 2021 e il 2022 girati con i più stretti protocolli per limitare l’impatto della pandemia. Il cinema del distanziamento sociale in cui le trame sono adattate al fatto che occorre rimanere quanto più possibile a distanza, in cui la recitazione è diversa e se le storie narrano tutte cose diverse (perché sono state scritte prima della pandemia) la forma e l’immagine finale del film invece raccontano sempre di gente isolata, sola nell’inquadratura, a distanza da altri esseri umani. In questa categoria rientra Old Henry, in cui i personaggi sono nella maggior parte dei casi a distanza (fa eccezione quando si menano), in cui un assedio tiene tutti lontani, ma anche all’interno della casa o al suo esterno si cerca di non toccarsi troppo (e di tossire nel gomito).
Tutto questo funziona stranamente bene in Old Henry perché è un western vecchissima scuola (quella degli anni ‘90, perlomeno) che ha l’obiettivo del genere classico e i mezzi di quello moderno: raccontare qual è il prezzo da pagare per potersi dire, davvero, un uomo. Per questo inizia con una scelta morale e non di convenienza. Un uomo che gestisce una fattoria in mezzo al niente trova una persona mezza morta con una sacca piena di soldi. Sono solo guai, è evidente. Gira il cavallo e se ne va. Ma non ce la fa. Torna indietro se lo carica e lo porta in casa, con il bottino, per curarlo. Fare la cosa giusta, anche e soprattutto quando non è la più conveniente. Il resto del film illustrerà proprio il prezzo che il vecchio Henry pagherà per essersi comportato come un vero uomo.
Potsy Ponciroli (sì, si chiama Potsy) sceglie tutto giusto, soprattutto il protagonista, Tim Blake Nelson, faccia che nessuno vuole come protagonista fino a che non arriva un film come questo che la richiede a gran voce, e lui gliela dà. Stupendo. Curvo, ripiegato, cinico, solo apparentemente inespressivo in realtà tutto il film è una masterclass in come esprimere qualsiasi cosa a colpi di nuances e piccole variazioni, facendo contare ogni movimento e ogni occhiataccia. Cinema che riconcilia con i grandi temi, con i principi e con la serena accettazione della morte (altrui) e praticamente un’ipoteca gigante sul premio Miglior vecchio ai prossimi Sylvester (se dovesse esserci un contendente vero a questa interpretazione beh sarà un grande anno per i vecchi).
Ci saranno poi una cassa da tirare fuori, una gang che arriva a richiedere quei soldi non pacificamente e un figlio pieno di voglia di fare da gestire. Old Henry diventa un western d’assedio (non diversamente da Un dollaro d’onore) in cui qualcuno asserragliato deve difendersi da chi è fuori (ma pure dentro non è che le cose vadano alla grande) e ancora una volta cambia alla fine, scoprendo tutte le sue carte, il passato di Henry e dimostrando che quel che fa lo fa per una ragione, che c’è un principio morale ancora più grosso e ingombrante di quello che pensavamo a guidarlo.
A tutta l’azione che si può immaginare in una situazione asserragliata con pistole, Old Henry sa infondere la trama e l’intreccio che la gonfia di senso del pericolo e tensione. C’è quello scemo del figlio che se non si fa ammazzare non è contento, c’è il ferito che non è chi credevamo e c’è Henry, che come già detto anche lui non è chi credevamo e lo scopriremo verso la fine, alzando di colpo la posta in gioco di un film che in fondo vuole solo mettere dei personaggi con le spalle al muro per poi guardarli mentre cercano di capire quale sia la cosa giusta da fare, quando ormai di salvare la pelle non ha quasi più senso parlare, tanto…
Tante volte diciamo di un film che è solido. Ecco no, Old Henry è un film solido.
Dvd-quote suggerita:
“E non avete visto il wuxia pian di Ralph Malph!”
Jackie Lang, i400calci.com
Inoltre, è un film di 100 minuti che pare ne duri meno della metà, e al contempo (incredibile) presenta, in apparenza, tempi dilatati, da film crepuscolare, alla McCarthy (non Henry, ma Cormac).
Ecco, la gestione del ritmo è l’arma in più del film (oltre alle COLT e ai COLTelli).
Adoro i film di vecchi di menare.
Una classificona/listona di vecchi per i completisti?
Grande idea. Mi associo.
Direi che 9 delle prime 10 posizioni spetterebbero a Clint Eastwood, a partire dal Will Munny di “Unforgiven”
Bello e asciutto. Uno di quei rarissimi film che, una volta finito, mi ha lasciato la voglia di rivederlo (prima o poi). Tim Blake Nelson, poi, è una faccia unica, ma ancor più una voce. Va ascoltato in originale.
Piccolo grande film, Tim Blake Nelson meraviglioso – visione in originale imperativa per non perdere la voce legata a quel corpo sgembo, quel volto brutto e nello stesso tempo bellissimo.
Peccato solo non averlo disponibile in lingua originale su Prime ma solo doppiato.
Quando quelli di Prime si renderanno conto di quanto sia criminale non dare la possibilità di vedere un film in lingua originale ma solo col doppiaggio italiano in una piattaforma streaming nel 2022 sarà sempre troppo tardi. Ancor di più ora che aumentano neanche di poco il prezzo dell’abbonamento.
Visto tempo fa, e sottoscrivo pur le virgole della recensione. Vero, la versione in originale in questo caso è obbligatoria non solo per non perdersi la parlata stanca e strascicata di Tim Blake Nelson, ma neppure la voce del carismatico cattivo Stephen Dorff…