Quando uno come David Cronenberg decide di chiudere un cerchio della sua impareggiabile carriera riprendendo spunti e titolo da un suo cortometraggio degli inizi, è il segnale per far partire la retrospettiva. E noi, puntualissimi, rispondiamo. Seguiteci nel nostro nuovo, imprescindibile speciale: Le basi – David Cronenberg.
IL PEZZO DI CICCIOLINA WERTMÜLLER
Da dove iniziare questa rubrica Le Basi? Dal fondo, naturalmente, cioè dall’ultima opera di David Cronenberg – che si preannuncia davvero come una ricapitolazione e un testamento, di cui il corto The Death of David Cronenberg è forse un prologo concettuale. Sicuramente il corto è una “autopsia”, cioè etimologicamente un “vedere da sé”; ma è proprio un’autopsia (compresa la spiegazione etimologica della parola) ad essere al centro di Crimes of the Future.
Come in Videodrome, si saluta l’arrivo della Nuova Carne; come in eXistenZ, la tecnologia è antiquata e analogica mentre la chirurgia è organica e ipersviluppata; come in La Mosca, certi individui producono una bava bianca acida che dissolve i cibi; come in Crash, sesso e piacere si confondono con traumi, ferite e dolore. Ma questa summa cronenbergiana prende gli elementi del passato, un tempo investigati con giocosa, postmoderna curiosità, e li carica di salomonica accettazione: la Nuova Carne non è ciò che ci aspettavamo e non è necessariamente una cosa buona; letti e sedie organiche servono solo ad alleviare il dolore e il disagio di funzioni corporali malfunzionanti; la chirurgia è sì “il nuovo sesso” ma è anche la paradossalmente superficiale “desktop surgery”; i tentativi di renderla una forma d’arte sono variati e non sempre di successo. Insomma, lo sguardo del regista sul Mondo Nuovo è disilluso e pessimista come mai lo era stato, perché questo mondo ruota attorno a due concetti centrali tragici.

La vecchia carne
Da un lato la sparizione del dolore, delle malattie e delle infezioni, e di conseguenza l’esaltazione dell’azione distruttiva come fonte di piacere: anziché drogarsi, la gente per la strada o ai party di lusso si fa tagliuzzare, raschiare, sfigurare (leggetevi Versamina di Primo Levi, una decina di paginette distopiche su un farmaco che inverte le sensazioni di piacere e dolore) per godere, per sentirsi viva – se il dolore fisico è “un sistema di avvertimento che abbiamo perduto”, se ammalarsi e morire è diventato difficile, allora la vita è improvvisamente diventata vuota, povera, letteralmente asettica.
Dall’altro la reazione del corpo di alcuni individui, fra cui l’artista Saul Tenser (“soul tensor”, Viggo Mortensen, truccato apposta per sembrare un alter ego del regista), che crea forsennatamente nuovi organi con funzioni inedite: è la “sindrome da evoluzione avanzata”, la ribellione del fisico irrazionale contro il controllo intellettuale, la resistenza cieca e vitalistica contro un mondo esterno le cui caratteristiche sono ormai troppo ostili al corpo “tradizionale” come lo conosciamo noi. Questi organi sono sani e funzionanti, non sono tumori, ma hanno forme bizzarre come gli strumenti ginecologici di Inseparabili e devono essere in qualche modo catalogati, ri-razionalizzati: tatuati e “brevettati” in un ufficio apposito. E con ciò, questi organi “diventano arte” come dice l’inquietante impiegata Timlin (Kristen Stewart, che non me l’aspettavo ma è brava).

Nella vita reale, invece, c’è il Covid
Perché naturalmente Crimes of the Future è anche una riflessione sull’arte e sulla creazione: metaforonicamente, gli organi creati e continuamente estratti dal corpo di Saul sono i film provenienti “dalla mente di David Cronenberg”, come recita il manifesto italiano di questo film. Quando Caprice (Léa Seydoux), la compagna e sodale di Saul, dice “non voglio solo fare performance, voglio costruire”, sta descrivendo esattamente ciò che accade nel corpo del compagno, gravido di organi, che lei sensualmente estrae attraverso un macchinario a metà fra H. R. Giger, la capsula operatoria di Prometheus e una testuggine. Forse irritato dalle etichette e dai luoghi comuni che si sono sempre sprecati per il suo cinema, Cronenberg si dilunga nel discorso meta-artistico per mettere qualche puntino sulle i: una cosa sono le performances di Saul e Caprice, cariche di ricerca, poesia e significato; un’altra è il ballerino dalle mille orecchie, affascinante ma insulso, derubricato come “propaganda escapista”; o il famigerato “Concorso di Bellezza Interiore” (anni fa Cronenberg aveva dichiarato “così come ci sono concorsi di bellezza per gambe e visi, dovrebbero essercene per gli organi interni, per premiare un bel colon o dei bei reni”) che è in realtà una copertura per una cellula di attivisti della Nuova Carne.

Il prossimo vincitore di X Factor
Alla Nuova Carne, però, non c’è da augurare “lunga vita”: la transizione dall’umano al post-umano non è esaltante o piacevole; il nuovo corpo si nutre di un soylent purple che è puro carburante sintetico, ha idee pseudo-mistiche, modalità ciniche e mire fascistoidi. Frutto di operazioni chirurgiche discutibili, esteticamente brutte (quindi inaccettabili per il regista), il nuovo corpo reclama una naturalità che non gli appartiene – non a caso l’unica figura materna del film è quella che rifiuta la Nuova Carne fino ad ucciderla: “nel mio utero avevo una cosa, non un figlio”. Il concetto di “natura”, apparentemente negato fin dalla prima scena, fintamente idilliaca, in realtà serpeggia e riecheggia lungo tutto il film: le mutazioni volontarie individuali potrebbero propagarsi di generazione in generazione, contro ogni logica, e diventare perciò parte dell’evoluzione collettiva; l’autopsia su un bambino sacrificato non dà le risposte sperate. Saul comincia a convincersi che l’idea che rimuovere gli organi che il suo corpo continua a produrre sia, appunto, innaturale, e che il suo sistema digestivo non sia più fatto per il cibo organico. Il suo destino è racchiuso in due manifestazioni squisitamente carnali: un sorriso e una lacrima.
IL PEZZO DI TERRENCE MAVERICK
Parto anche io dal fondo come ha fatto Cicciolina, ma stavolta è quello del suo pezzo, che avete appena letto. Ovvero da questi corpi che chiedono un nuovo tipo di nutrimento, al punto da creare nuovi organi per il proprio apparato digerente. E il fatto che l’ingrediente principale di questa nuova dieta assolutamente non ricca di fibre siano i rifiuti della nostra società, in particolare la plastica, mi ha fatto tornare alla mente un vecchio monologo di George Carlin, Save the planet?, presente in Jammin’ in New York, il suo special di stand-up comedy del 1992 per la HBO.
In quello che solo apparentemente può sembrare un attacco agli ambientalisti, Carlin si serve del paradosso per schernire in realtà l’arroganza tutta umana di ergerci a paladini del destino del mondo; dinnanzi dunque all’esortazione «Save the planet», Carlin risponde: «The planet is fine. The people are fucked!». E aggiunge anche che «Il pianeta starà qui per molto tempo dopo che noi ce ne saremo andati e si curerà, si ripulirà, è un sistema che si corregge da solo. E se è vero che la plastica non è degradabile, il pianeta semplicemente la incorporerà in un nuovo paradigma: “la Terra + la plastica”». Eh, lo so, a Cicciolina vengono in mente le distopie di Primo Levi guardando Cronenberg, a me il cardinale di Dogma di Kevin Smith, quello del Cristo Compagnone.

«Potrebbe essere la risposta all’antica domanda filosofica: “Perché siamo qui?”. LA PLASTICA, COGLIONI!»
Ciò detto però, l’immagine che scaturisce dalle parole di Carlin, la razza umana estinta, la spazzatura come unico ricordo del nostro passaggio e l’enorme organismo-Terra che la assorbe, la digerisce ed essa diventa infine parte del tutto, la trovo particolarmente efficace per evidenziare il turbamento maggiore che può trasmettere la visione di Crimes of the Future. Perché se è vero che da una parte Cronenberg ha ripreso in mano una sua vecchia sceneggiatura, ha chiamato il film come un suo vecchio film (anche se non si tratta di auto-remake, come ha spiegato il buon Stanlio Kubrick) ed è tornato a quel tipo di horror sci-fi che ha fatto dagli inizi fino ai primi anni 2000, il discorso che fa sul rapporto tra organico e inorganico è estremamente attuale.
In fondo Cronenberg, nel buttare a cascata dentro Crimes of the Future tanti altri suoi film, ha fatto qualcosa di simile – ma dal risultato migliore – a ciò che fece Terry Gilliam ormai quasi una decina d’anni fa con The Zero Theorem. Se Gilliam tentò di aggiornare la sua fantasmagoria distopica all’era internettiana sfornando una sorta di Brazil 2.0, Cronenberg fa lo stesso con la sua concezione di body horror, quindi ne riprende i discorsi iniziati in Videodrome ed eXistenZ e ne amplifica la portata, spezza il seminato degli anni Novanta per far debordare la riflessione all’oggi.

Deborda abbastanza?
Perché qui non stiamo parlando di abbandonare la Terra, ormai divenuta una palla di spazzatura, e tornarci solo quando e se tornerà ad essere vivibile, come in WALL•E; nemmeno di fare i parassiti che si spostano di pianeta in pianeta consumando ogni volta tutte le risorse, come in Interstellar; e neanche di arrenderci all’evidenza che prima o poi – come cantava qualcuno – noi non ci saremo e il pianeta troverà il modo di andare avanti, come suggerisce Carlin.
No, no, qui si parla del fatto che la situazione è talmente insostenibile che l’unica sopravvivenza per l’essere umano è mutare in qualcosa d’altro, diventare post-human, e immergersi in quella vastità di macerie invece di continuare a costruire dighe. Non so quanto fosse nelle intenzioni di Cronenberg dare una sfumatura politica di tipo ambientalista nel mostrare questi individui che masticano, inghiottono e digeriscono plastica. Ma d’impatto la sensazione di essere talmente stronzi che oh, ormai le cose stanno così, meglio mangiare plastica che morire – senza manco prendere in considerazione il fatto che magari, dai, potremmo anche morire – è una roba di un inquietante e di un grottesco che da sola vale almeno 10 Don’t look up.

Sorry Leo, you lose
In tal senso il finale, che io e Cicciolina abbiamo tanto amato, non può che essere ambiguo e aperto all’interpretazione di chi guarda. C’è da abbracciare il cambiamento, o forse quell’espressione di gaudio e dolore insieme altro non è che il ritorno di sensazioni credute ormai perdute? Dobbiamo andare avanti o abbiamo fatto il nostro tempo?
Cronenberg saggiamente, come tutti i grandi maestri, preferisce fare domande piuttosto che dare risposte. E magari per chi lo conosce bene Crimes of the Future potrà anche suonare come un pezzo già sentito, anzi, come tanti suoi famosi pezzi già sentiti e stupirà solo chi non è avvezzo alle sue note. Ma porca miseria, avercene di serate revival così!
DVD-quote:
«David Cronenberg All The Hits Now Estate 2022»
Terrence Maverick, i400calci.com
Ma c’è un motivo per cui continuino a mettere Léa Seydoux con attori sessantenni?
Non è perché è Léa Seydoux, è quello che accade ogni qualvolta un regista/autore anziano fa un film dove il protagonista è un uomo più o meno della sua stessa età (suo alter ego); e dunque per svecchiare l’appeal della pellicola necessita di ‘giovane’ carne femminile.
Un cliché in cui cadono TUTTI!
Visto ieri. Ha già detto tutto Cicciolina, quindi, bu, ciao!
L’ho visto carico di sonno. Sicuro che mi sarei addormentato. Invece mi ha talmente caricato sta roba che poi non ho dormito per parte della notte. Mi ha dato l’idea che Cronenberg avesse tantissime idee e che probabilmente questo è solo un nuovo inizio di carriera (come se ce ne fosse bisogno). La cosa che mi ha turbato di più inizialmente è stato il finale che mi è sembrato un po’ monco, ma che invece le vostre riflessioni mi stanno aiutando a digerire meglio. Sempre un piacere leggervi, sempre un piacere vedere Cronenberg.
questo le basi mi emoziona. vi attendo.
Bellissima (doppia) recensione. Per me purtroppo questo Crimes of the future è stato un pò una palla al cazzo e sostanzialmente una delusione.
Terrence*, magna tranquillo.
*bravo comunque
Come già anticipato non avevo capito bene se mi fosse piaciuto o no. Non mi ha trasmesso molto, comunque molto meno di altri di Cronenberg che riguardo ogni tanto con piacere (Existenz su tutti. Crimes of the Future non credo lo riguarderò).
Però grazie alla doppia rece della stramadonna ho una lettura più completa del film. E il concetto di “fare domande invece che dare risposte” mi fa fare un po’ pace con tutti quegli elementi del film che restano un po’ a metà e che se non ci fossero stati mi da l’idea che non sarebbe cambiato molto (il poliziotto, le due tipe dell’assistenza tecnica, gli stessi impiegati dell’ufficio brevetti…)
Grazie come sempre. Numeri uno.
Bravi ad entrambi i recensori (non sapevo esistesse una certa Cicciolina in veste di recensore, buono a sapersi…). Dopo un film come questo di Cronenberg mi convinco che il genere umano si è involuto ( o si sta involvendo) in un miscuglio di carne e plastica. Facciamo così tanto schifo che è meglio togliere il disturbo dal pianeta Terra (in grado di tirare avanti senza noi..).
Che roba moscia e innocua, c’è praticamente tutto il suo cinema svuotato e poi riempito di gente che si spiega cose che iniziano ad essere noiose troppo presto.
La chirurga con aspirazioni artistiche guarda qualunque cosa intorno a lei come se stesse fissando l’orizzonte e il produci-organi si esibisce nelle migliori raschiate di gola della storia del cinema e affronta avvincenti problemi di deglutizione. Comunque la mia preferita rimane la burocrate nervosa che fa più faccette di tutto Scanners.
Le due recensioni spiegano bene a chi é a digiuno di Cronenberg tutti gli intenti dell’ultima fatica, di uno dei cineasta contemporanei più acuti e disturbanti. A mio avviso é la pellicola più impegnata politicamente e socialmente che il genio Canadese abbia mai partorito (anche se sottopelle SHIVERS, RABID, VIDEODROME, e SCANNERS dicevano gia molte cose). CoTF si exprime liberamente ed ha dei contenuti incredibili, di denuncia, confezionati in un bizzarro futuro Low Cost, senza macchine volanti ma con Seggiole organiche gastro-stimolanti e letti Pisolone-Scarrafone addrizza schiena che Mastrota levati, al limite talvolta del Parodistico (forse voluto?). Non scorre nel senso più hollywoodiano del termine, e di fatto non ha una sceneggiatura in perfetta forma (ma chi ama Cronenberg un po lo sa) e alcuni personaggi e sottotrame restano fino all’epilogo, proprio li dove sono sempre stati, (sotto) …ma non ostante tutto, é un lungometraggio in grado di disturbare dentro, insinuarsi nei tuoi organi aprendo alcune porte mentali molto molto profonde. Cronenberg credo abbia proprio questo dono: Turbare l’osservatore e disgustarlo acculturandolo. ROBA DA MAESTRI. Non un capolavoro probabilmente ma certamente un opera di arte autentica.
La mia lettura è che il bambino che mangia la plastica all’inizio rappresenti i bambini che guardano i video su TikTok.
Cronenberg è il cinema classico che richiede un parto.
Alla fine anche i grandi provano a sviluppare un nuovo gusto, e quindi a guardare TikTok.
E la smorfia finale è il fatto che un po’ gli piace.
Intrigante
Per me ogni bel film è anche e prima di tutto una “bella storia”. Con i geni (non tutti per fortuna) succede spesso che l’urgenza di comunicare qualcosa di diverso, superi quella di raccontare una storia. Allora si rischia di rimbalzare dentro se stessi, ripetere gli stessi concetti, seppure con un’estetica rinnovata. A quel punto l’autore rimane schiacciato sotto la statua di se stesso che si è costruito. C’è intelligenza e poetica in Cronenberg, forse c’è anche un pizzico politica, la decadenza e la tracotanza degli esseri umani, che nonostante gli sbagli che continuano a ripetere (transumanesimo, inquinamento etc.), preferiscono piuttosto continuare a concentrarsi sugli aspetti erotici ed edonistici. Pensate solo a cosa potrebbe essere stato questo film se fosse stato anche una bella storia invece che solo una performance attoriale che glorifica le poetiche di un autore che già conoscevamo. Si diventa pigri da vecchi, lo so bene, ma andare in giro a raccontare se stessi e la propria visione della vita è un lusso che si possono concedere i rompicoglioni ai giardinetti, non i geni.
Noioso fino allo stremo. Dopo i primi 10 minuti mi chiedevo se non era meglio rimanere a casa a farsi un bel sonno.
Sei la luce in fondo al tunnel!
Il (dottor) Walter Freeman praticava la lobotomia con un rompighiaccio. Studiate su Wikipedia. Gli psichiatri con questa ed altre pratiche aberranti ( sempre su wikipedia) volevano dare dignità aalla loro ridicola pratica. Questo un VERO film dell’ORRORE, a voi che piace per diletto. E voi recensori incensate pratiche di regia e film…demmerda ( in mancanza di altra parola) per dare dignità alla vostra inutile attività di recensori.
…Alla loro ridicola pseudoscienza, per correggermi. La psichiatria è sempre stata considerata, all’interno della medicina, una barzelletta. L’idea dell’intervento medico, ovvero fisico, su un cervello per guarire depressione ed altre forme di male dell’anima. Lobotomia, Elettroschock, terapia shock di insulina, terapia convulsiva, deep sleep therapy etc… Roba da nazisti. Da mostri. Ma cosa ne sapete? Poco o nulla. Esiste un documentario: “the Lobotomist” o un’altro, altrettanto orrendo, su you tube https://www.youtube.com/watch?v=oswUssXzFlY, sulla storia dei sanatori inglesi con immagini di operazioni al cervello ( con paziente cosciente) effettuate negli anni 60, quando i medici tutto potevano. Voi, esaltando cronenberg che sostanzialmente dice sempre e solo la medesima cosa anche in film di merda, mi sembrate come i lobotomisti. Loro esaltavano pratiche abominevoli per essere accettati come medici. Voi per essere accettati come “recensori”: per spiegare al popolo ciò che il popolo non capisce… puah
https://www.youtube.com/watch?v=TjPwETslJyc
Dai, un assaggio di realtà a voi che vivete nel mondo delle favole e a cui piace l’orrore. ECCOLO.
Mi pare di capire che stai prendendo molto sul personale una recensione e un film che non credo avessero intenzione di esaltare (positivamente) quanto dici, credo che il messaggio fosse piu complesso.
A me invece pare che Cronenberg se non avesse fatto il regista sarebbe stato un Lobotomista o un macellaio. Meglio così per la società. Mi chiedo perchè non abbia mai fatto un film su Freeman ( e lobotomia) se avesse voluto chiaramente dissociarsi dalle pratiche di abuso sul corpo umano. Ma un film, non dieci. Ne bastava uno. Invece la sua poetica ( e chiamiamola pure masturbazione mentale) è: stuprare il corpo. Poi con un velo di moralità nascondere sostanzialmente il fatto che si masturba al cesso vedendo corpi dilaniati. Bene: un lobotomista in meno e un regista in più. Ma l’arte? Avevamo bisogno di lui? Secondo la critica si. Loro ci fanno gli spiegoni filosofici su film del cazzo. Non è che sono film di merda, no… siamo noi che non li capiamo e loro ci vedono dentro tanta ARTE e pretendono di spiegarcela. Ma basta…
“Perché io so io e voi non siete un cazzo!”
https://www.youtube.com/watch?v=7MDY-8DVqjs
Mi chiedo ancora oggi perchè gli americani hanno fatto film su tutto e tutti, anche il loro fruttivendolo, e mai su Freeman il Lobotomista. Complottismo? Nessuno ha mai avuto l’idea? Solo io l’ho avuta nell’orbe terracqueo? Secondo me sarebbe un film epocale. Ma affosserebbe gli interessi di molti. Di moltissimi.
Linkm su un sito di medicina, all’unico documentario esistente sul mostro Freeman. https://www.kingdrew.net/apps/video/watch.jsp?v=270042
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Egas_Moniz_nota_comemorativa_10000_escudos_em_Portugual_1989.jpg. I portoghesi hanno dedicato una banconota al Primo Lobotomista ( Premio Nobel!!!!!!!!) che ispirò Freeman. Egas Moniz.
Che il Nobel fosse una Merda lo si sapeva. E chi non lo sa lo impari.
mi son perso il pierlobo..Pier dove ti hanno rinchiuso stavolta?
Il problema del film non è tanto quello che vuole farci capire (e già questo è abbastanza rovinoso) ma il fatto che lo vuole DIRE, urlare, spiegare ad ogni scena. E naturalmente il modo scelto per farlo, didascalico, maldestro, noioso, già visto in meglio in almeno 10 pellicole precedenti. Davvero la caricatura spiattellata da Kristen Stewart vi sembra una grande prova attoriale? È da anni che fa ottimi film, ma naturalmente non prendendo a calci nessuno finora qui non è pervenuta. Però nel film è imbarazzante. E ogni volta, almeno dieci, che un nuovo personaggio esordiva con “ahhh Saul Tenser! Bla bla bla…” avevo voglia di urlare.
In un paio di scene tutto fila alla perfezione ma davvero troppo poco.
Recuperato solo oggi, in orrendo ritardo, godendo però di una sala completamente vuota come premio.
A me è piaciuto parecchio, letteralmente volato, tanto che il (bellissimo) finale mi ha colto totalmente alla sprovvista, ero ormai del tutto immerso nel film. Che sì, forse è un po’ troppo “spiegato”, ci sono troppi passaggi in cui i personaggi ci spiegano cose per loro evidentemente ovvie. Però il tutto è molto affascinante, personalmente la cosa che mi ha inquietato di più è il seggiolone, mi venivano i brividi ogni volta, più della chirurgia in primo piano o dell’uomo-dolby. L’unico dubbio che mi porto dietro è tecnico, non so quanto fosse voluto o quanto sia dipeso dalla calibrazione sbagliata del cinema dove sono stato, ma per 3/4 di film non si vedeva quasi nulla, troppo buio.
Tutto il concetto del “dover” combattere la propria evoluzionecomunque è fichissimo.
non so perchè ma m’immaginavo tutt’altro film…boh film strano dalla storia un po’ pasticciata e girato forse con due soldi…è tenuto in piedi dagli attori e da qualche trovata che, a causa del buon David stesso, sa però di già visto…poteva andare peggio tutto sommato