Quando uno come David Cronenberg decide di chiudere un cerchio della sua impareggiabile carriera riprendendo spunti e titolo da un suo cortometraggio degli inizi, è il segnale per far partire la retrospettiva. E noi, puntualissimi, rispondiamo. Seguiteci nel nostro nuovo, imprescindibile speciale: Le basi – David Cronenberg.
Il 1979 è un anno complicato per David Cronenberg, e non mi riferisco alla sua prima sceneggiatura su commissione. Fresco del successo di Rabid, sta già lavorando a un’altra storia, a quanto pare intitolata The Sensitives e che due anni e parecchi giri dopo sarebbe uscita sotto il nome di Scanners. Lui è contento, la produzione ancora di più, finché non ci si mette di mezzo la vita. O lui, o lei, insomma non mi è chiaro di chi sia la colpa né se ci sia una colpa e onestamente mi interessa molto poco; il punto è che nel 1979 David Cronenberg si separa dalla moglie Margaret Hindson, con la quale stava da sette anni, e i due cominciano un’aspra battaglia legale per la custodia della figlia Cassandra, che al tempo ha anche lei sette anni. E tutti i suoi progetti vanno a farsi benedire, sostituiti dalla necessità insopprimibile di trasformare in film dell’orrore tutte le sue riflessioni e ruminazioni relative al divorzio, alla natura angelica della figlia e a quella mostruosa della madre.
The Brood – La covata malefica (da qui semplicemente: The Brood) è un film che parla del divorzio di David Cronenberg. Forse è stupido usare l’aggettivo “personale” per un regista che per tre quarti della sua carriera ha fatto quasi solo film definibili come tali; ma The Brood è un film personale nell’accezione più concreta del termine – non un’elucubrazione del suo autore approfondita ed elevata a opera d’arte ma il racconto, deviato, distorto, mutato, trasfigurato dalla rabbia, di una cosa molto concreta successa all’autore stesso. È uno di quei film di cui Cronenberg parla poco se non quasi mai – e a Cronenberg piace parlare di cinema, e dei suoi film. Non tanto di The Brood, però, a causa, immagino, della sua stessa natura di attacco violento e neanche troppo sottile a una persona a lui molto vicina; non sto dicendo che Cronenberg se ne vergogni, anche perché è un autore troppo intelligente perché il film si limiti a essere solo quello, ma che come le creature deformi di cui racconta è nato da un impeto emotivo, ed è plausibile che la persona che l’ha avuto non voglia tornare a rivangarlo per infiniti motivi.
Ovviamente al tempo il fatto che The Brood fosse un film sul divorzio sfuggì alla maggior parte della critica, regalandogli forse in questo modo il tardivo e inaspettato status di cult. Venne descritto da più parti come “nasty”, non solo brutto e cattivo ma sgradevole, respingente; Roger Ebert, che il pantheon di Valverde lo abbia in gloria, uno del quale leggerei anche la lista della spesa se potessi ma che quando non ci azzeccava lo faceva quasi sempre in modo spettacolare, arrivò a definirlo “noioso”, la scorciatoia intellettuale peggiore che si possa usare quando si scrive di cinema. Venne censurato, vietato, indicato come inutilmente violento, cattivo dentro, disgustoso; forse per questo conobbe poi una seconda giovinezza quando venne rilasciato, senza censure, in home video: quanti horror-e-dintorni sono stati rivalutati solo sulla base del fatto che “guarda quanto bel sangue, guarda questa scena di squartamenti”? La mia impressione è che The Brood sia passato alla storia in questo modo, e che sia il film di Cronenberg che più di tutti è responsabile per il suo collocamento (giusto, sbagliato, fate voi, per me è sbagliato) nell’elenco dei Masters of Horror a fianco dei vari Carpenter, Craven, Romero et cetera.
Lo stesso Cronenberg lo definisce come “il mio film con la struttura più classicamente horror”, e ha all’incirca ragione. Diciamo che se uscisse oggi verrebbe inserito dopo venti minuti nel filone degli slow burn arthouse elevated stocazzo horror, quei film coltissimi e cinefili nei quali non succede nulla per sessanta minuti e tutto negli ultimi venticinque. È vero, la struttura è da horror, con un padre che deve proteggere la figlia dal mostro di turno, un misterioso dottor Spiegoni che si rivelerà non il vero villain ma solo un tramite (e quindi alla fine una vittima), omicidi in serie da slasher purissimo, e soprattutto uno scontro finale che vede chiaramente assegnati i ruoli di vincitore e sconfitta.
Ma il ritmo è da thriller psicologico, non distante da quello glaciale dei vari Stereo e Crimes of the Future. Il linguaggio dell’orrore sta tra Hitchcock e Dario Argento, ma è solo uno dei tanti che Cronenberg usa per esprimersi: c’è tantissimo teatro in The Brood, è un horror verboso con una lista lunga così di cose da dire e di concetti da ripetere o rivedere sotto altre angolazioni. Ci sono tre omicidi parecchio brutali, grezzissimi, quasi pornografici, compiuti da quelli che si scopriranno essere bambini deformi che si armano con i primi oggetti contundenti che capitano loro a tiro; ma ci sono anche lunghe sequenze di nulla, di umanità, di personaggi. È un film che fa lunghi discorsi su cose che c’entrano tangenzialmente con la sua stessa trama, che si perde a riflettere ad alta voce sui traumi personali, sul modo di superarli, sulla differenza tra affrontare i problemi e schivarli.
Cronenberg racconta con grande umiltà che il film gli è stato ispirato dalla visione di un’altra pellicola uscita nel 1979, Kramer contro Kramer, un melodramma con la lacrima a orologeria che parlava anch’esso di divorzio e di custodia della prole. The Brood è la sua personale interpretazione dello scontro tra due ex amanti, e quindi fa un po’ quel cazzo che gli pare o meglio quel cazzo che pareva a Cronenberg quando l’ha scritto. Ha scatti di violenza improvvisi e lunghe sequenze di calma, non la calma carica di tensione dell’horror classico ma quella carica di delusione di un uomo che si domanda che cosa sia andato storto nella sua vita.
Poi ovviamente siccome è Cronenberg l’uomo si domanda anche altre cose. La sua ex moglie, per esempio, è chiusa in un ospedale psichiatrico, sottoposta a una lunga e dolorosa terapia per superare il trauma di essere cresciuta con una madre abusiva e un padre assente. La terapia prevede che non possa vedere il marito, ma possa passare un giorno a settimana in compagnia della figlia Candice. Un giorno Candice torna a casa con la schiena coperta di lividi e pustole: per Frank (Art Hindle, che assomiglia a David Cronenberg) è la prova che Nola (Samantha Eggar, che assomiglia a Margaret Hindson) (mi piace un sacco The Brood perché è sottile) abusa della piccola quanto sua madre abusava di lei. Ma come si fa a convincere l’inamovibile dottor Raglan (Oliver Reed, che assomiglia a sé stesso), che non crede a questa teoria, che è necessario vietare a Nola di vedere Candice?
Se Frank è Cronenberg e Nola è la sua ex moglie (della quale David non doveva avere una grande opinione), il dottor Raglan è l’altra metà di Cronenberg, quella intellettuale, artistica, financo visionaria, quella che si eleva dalla banalità di una cosa terrena come un divorzio per andare in cerca di nuovi modi per modificare e migliorare l’essere umano. Raglan gestisce una clinica psichiatrica, il Somafree Institute, nella quale sperimenta una tecnica alternativa di guarigione chiamata psicoplasmia. La quale prevede innanzitutto un ampio utilizzo del teatro per la messa in scena di traumi passati, in piccole scenette nelle quali la paziente interpreta la paziente e il dottore interpreta sua madre, o suo padre, o l’ex marito. La vera rivoluzione della psicoplasmia, però, è l’idea che elaborando i traumi in questo modo sia possibile mutare le ferite psicologiche e trasformarle in ferite fisiche, lasciando che sia il nostro corpo a esprimere come crede le nostre emozioni più forti, pericolose e incontrollabili.
È chiaro a questo punto che The Brood ha due anime: da un lato è uno scontro post-coniugale, dall’altro un ormai classico body horror cronenberghiano che riflette sui limiti del corpo umano e sul loro superamento. Da un lato un film di gente che non si parla se non tramite avvocati e dottori e che litiga per la custodia di una povera innocente che vorrebbe solo un po’ di stabilità emotiva. Dall’altro un film dove una tizia è talmente incazzata che partorisce bambini deformi che eseguono la sua volontà e trasformano la rabbia repressa in violenza espressa. Da un lato un film dove la maestrina bionda della piccola Candice potrebbe o non potrebbe stare flirtando con il neodivorziato. Dall’altro un film alla fine del quale Nola ha questo aspetto:
Al centro di tutto e a fare da collante tra le due anime del film c’è appunto Candice, una bambina bionda e angelica che, come tante altre bambine bionde e angeliche degli horror, è figlia ideale di Linda Blair. Non è un caso che Cassandra fosse la vera questione al centro del litigio tra Cronenberg e Hindson: preso atto del fatto che la coppia era scoppiata, i due avevano deciso di riversare tutte le loro energie nell’assicurarsene la custodia. Candice in The Brood è poco più che uno strumento, un MacGuffin che viene palleggiato tra le familiari mura di casa sua e la clinica di Raglan – e già questa disparità dice molto su cosa Cronenberg pensasse della questione. Voglio dire, è ovvio, no? Non stiamo parlando di un film scritto a vent’anni dall’accaduto: al tempo di The Brood Cronenberg era incazzato nero, convinto di avere ragione e di avere a che fare con una pazza che voleva rovinare la vita sua e della figlia.
E quindi ha scritto un film nel quale un tizio (che in tutta onestà non è esente da difetti) deve trovare le prove per dimostrare che ha ragione quando dice che la sua ex moglie è una pazza che vuole rovinare la vita sua e della figlia. Non credo neanche che si debba leggere troppo dietro al fatto che questo spunto prenda poi la direzione del body horror spinto: la mente di David Cronenberg viaggia sempre per traiettorie misteriose, e credo che sia più probabile che si sia messo a scrivere The Brood in un impeto di rabbia e successivamente l’ispirazione l’abbia portato in quei territori. Oppure chi lo sa, magari era davvero convinto che Maggie Hindson fosse una strega mostruosa capace di partorire mostrini assassini. Come ho detto, è un film personale, nato da questioni altrettanto personali e mai del tutto sviscerate pubblicamente: forse è impossibile venirne a capo al 100%.
The Brood è anche un filmone, che ha retto alla prova del tempo e soprattutto a quella della spersonalizzazione: funziona anche senza il livello di lettura autobiografico, perché se Kramer vs. Kramer aveva le lacrime a comando The Brood fa lo stesso con le scene madre di un horror, la prima rivelazione del mostro arriva al momento giusto, la distanza temporale tra il primo e il secondo omicidio è talmente perfetta che sembra calcolata con un algoritmo… non è solo “un horror classico” nel senso di aderente a canoni tradizionali ben consolidati, è anche un horror con i tempi giusti e persino le giuste lungaggini.
C’è un momento, proprio sul finale, quando Nola emerge in tutto il suo splendore mutante, e Frank si rende conto di che cosa è diventata sua moglie a causa della psicoplasmia. Nola legge la reazione sul volto di Frank e rimane offesa, sì, ma anche stupita: “I disgust you!” realizza, e lo urla come se fosse una cosa impensabile – com’è possibile che mio marito, l’uomo con il quale voglio passare il resto della mia vita e per il quale sto facendo tutto questo, non mi trovi più attraente ma ripugnante? Non so bene che cosa ci dica questo momento sul divorzio Cronenberg-Hindson e sull’immagine che lui aveva di lei; so però che è un momento 101% Cronenberg, di quelli che si possono isolare e usare per spiegare un’intera poetica. The Brood è un filmone, appunto.
Altre note sparse:
- Il film segna l’inizio della collaborazione tra Howard Shore e David Cronenberg, ed è appena il secondo film per il quale Shore scrisse una colonna sonora: il primo, I Miss You, Hugs and Kisses, è un video nasty non particolarmente nasty, sicuramente meno nasty di The Brood
- Qui mezz’ora di interviste a Samantha Eggar, Rick Baker, il direttore della fotografia Mark Irwin e un po’ di altra gente che racconta il making of del film, prese dall’edizione Criterion del film. Tra gli intervistati manca, manco a farlo apposta, proprio David Cronenberg. Samantha Eggar è chiaramente quella più entusiasta, tanto che altrove ha raccontato che l’idea di leccare il feto appena nato è venuta proprio a lei
- Cercando ulteriori notizie sul divorzio Cronenberg/Hindson sono arrivato a questa fonte e poi a questa, che ripetono sostanzialmente lo stesso concetto: uno dei motivi della separazione fu che Margaret Hindson entrò a far parte di “a cult-like fad psychotherapy group”, un gruppo di fuffa psicoterapica strutturato come una setta (il fatto che entrambi i pezzi usino la stessa identica espressione mi fa pensare che il secondo abbia copiato dal primo). Se fosse vero spiegherebbe molte cose (forse persino troppe), ma c’è il forte rischio che si tratti di un’invenzione giornalistica. Nel dubbio scelgo di non crederci, ma vi incoraggio a segnalarmi fonti che corroborino l’ipotesi, se ci sono
- Cindy Hinds, la piccola Candice, era qui al suo debutto cinematografico. Quattro anni dopo farà ancora la bambina in La zona morta, dopodiché mollerà il cinema per darsi alla real estate. Come so queste cose? Grazie alla pagina Facebook “Cindy Hinds Fanpage”, che non è per nulla inquietante
- “La covata malefica” è nella top 5 dei migliori sottotitoli italiani di sempre, apprezzo in particolar modo l’aggiunta completamente gratuita di MALEFICA
- Un grandissimo trivia da IMDb:
Psicoquote
«Tra moglie e marito non mettere il feto»
Stanlio Kubrick, i400calci.com
Bellissimo pezzo, com’è che non ho ancora visto sto film? Imperdonabile.
Ho dato un’occhiata alla fan page di cindy hinds, ora sono un po’ turbato
Film veramente cattivo e terrificante- al pari di “Shivers”, oggi sarebbe improponibile (se non, ovviamente, a parti invertite).
E’ la prima cosa che ho pensato, l’immensa shitstorm a cui sarebbe andato incontro Cronenberg
Me la incornicerei quest’analisi di Brood. Molto bella.
Come sempre ottima e illuminante disamina e non vedo l’ora di leggere il prossimo articolo che sarà sicuramente… scoppiettante. Scherzi a parte, non conoscevo la storia del divorzio e devo dire che aiuta molto a capire il concepimento e le tematiche di Brood.
Rece super
Visto Brood su Amazon Prime, quando ancora non avevano spostato biecamente mezzo catalogo sui canali a pagamento.
Bellissimo e affascinante, questa recensione mi ha fatto venire voglia di rivederlo sotto una nuova luce.
Non l’ho trovato per nulla noiosi, btw.
Ottima recensione (come sempre).
“sia il film di Cronenberg che più di tutti è responsabile per il suo collocamento (giusto, sbagliato, fate voi, per me è sbagliato) nell’elenco dei Masters of Horror a fianco dei vari Carpenter, Craven, Romero et cetera”
Possibile che, insieme agli altri autori che citi, Cronenberg venga citato in Danse macabre di King proprio grazie a The brood? Dovrei controllare..
Non sono d’accordo, comunque. Credo che, negli anni ’80, l’inquadramento di Cronenberg come regista horror, a torto o ragione, fosse più dovuto a “La Mosca” (poi, diciamocelo, i suoi primi film non saranno stati solo horror, ma indubbiamente horror erano).
Sottotitolo alternativo: Cassonetto differenziato per il frutto (malefico) del peccato.