Se ci seguite su Twitch saprete già che il vero titolo di questo film è “Traliccio” e che per qualche ragione abbiamo eletto Traliccio nostro beniamino di questa stagione cinematografica. Così, sulla fiducia. Sarà perché l’idea del film è un po’ strampalata e fa simpatia, sarà perché “Traliccio” è semplicemente una parola bella da dire. O magari sarà perché su Twitch abbiamo inanellato una scoppiettante serie di gag a tema traliccio (Siete qui per le gag a tema traliccio? Niente paura: più avanti ne troverete). Sia come sia, ormai “Traliccio” è un’espressione entrata nel gergo di una generazione: se non dici “Traliccio” sei streets behind, e questo è un fatto.
Quanto a me, io lo so come mai il film del traliccio e sul traliccio mi ha fatto drizzare le orecchie alla prima menzione della sua trama: è che io sono un appassionato di tralicci. Sono un appassionato anche di grattaceli, ok, e di strutture alte e di classifiche sulle strutture più alte del mondo, ma grazie al cazzo, chi non lo è? Io però ho proprio questo kink specifico per i tralicci, ed ecco che adduco due prove:
1) Uno dei miei primi ricordi in assoluto è mio nonno che mi porta a vedere un circo itinerante in una piazza qui vicina dove ora c’è un parcheggio. In questa piazza era stato installato un traliccio che mi pareva altissimo, più alto di quanto potrà mai sembrarmi un traliccio in CGI in un film sui tralicci trentacinque anni dopo, e il numero clou dello spettacolo è un vecchio che si arrampica fino in cima al traliccio e poi resta in piedi a dondolarsi in equilibrio sulla precaria struttura. Ricordo quel vecchio che scende, il volto solcato da mille ascese sui tralicci in tutto il mondo; raccoglie un po’ di soldi dal pubblico presente, e io mi faccio coraggio e vado a dargli mille delle vecchie lire, timido, starstruck per la prima volta in vita mia.
2) Quando ero credo alle medie scrivevo, se così si può dire, brevi racconti d’avventura sul Macintosh LC di mio padre. Erano molto brevi perché ognuno di essi era incentrato su un’unica idea e mi stufavo presto. Una di queste creazioni, la prima in cui sperimentavo la sorprendente tecnica dell’ellissi narrativa senza sapere cosa fosse, era la storia di un inseguimento che si concludeva proprio in cima al traliccio più alto della città, forse il traliccio più alto del mondo, con inseguitore e inseguito aggrappati a quella luce rossa che sta in cima ai tralicci e lampeggia, e se avete visto Traliccio, il film, sapete di cosa parlo.
Ecco: sommate questi due ricordi e capirete che io aspettavo da decenni IL GRANDE FILM AMBIENTATO SULLA CIMA DI UN TRALICCIO ALTISSIMO, o anche solo UN QUALSIASI FILM AMBIENTATO SULLA CIMA DI UN TRALICCIO ALTISSIMO, e questo Fall, alias Traliccio, sembrava iniziare col piede giusto in quanto effettivamente e indiscutibilmente AMBIENTATO SULLA CIMA DI UN TRALICCIO ALTISSIMO.
Prima faccia della medaglia: perché non è facile fare film di tralicci altissimi
Fall è il primo vero film di tralicci altissimi, in enorme ritardo sul resto del sottogeneri cinematografici, contando che il cinema è stato inventato nel 1895 e che da allora abbiamo avuto innumerevoli film di grattacieli, molti film di torri e almeno qualche film di campanili. Perché i tralicci no? Beh, perché per sua stessa natura il traliccio ha una sola caratteristica, l’altezza vertiginosa, e ben poco altro tra la base e la punta. Come riempi un’ora e quaranta di film se hai solo seicento metri di tubi verticali e una scaletta, senza stilose pareti vetrate cui aggrapparsi con le ventose, condotti d’aerazione dove strisciare in canottiera, grotteschi gargoyle gotici per fare atmosfera o enormi campane pronte a suonare distraendo il cattivo al momento giusto? Non è facile riempire un’ora e quaranta così, e Fall ne è la dimostrazione lampante.
Tanto per cominciare, ha una venticinquina di minuti di prologo senza l’ombra di un traliccio, laddove io avrei voluto un inizio in medios traliccios. Che ci volete fare, c’è da “presentare i personaggi” e “imbastire la vicenda”. La vicenda: Becky (Grace Caroline Currey) e Shiloh (Virginia Gardner) sono entusiaste rocciatrici. Un giorno, mentre scalano una parete, il marito di Becky casca e muore sotto gli occhi delle altre due, condannando Becky a depressione-alcolismo-isolamento, e Shiloh a una sorte ancora peggiore: diventare lo stereotipo di una youtuber. Un anno dopo Shiloh torna da Becky e la convince a uscire dal tormento al grido di “tuo marito avrebbe troppo voluto che scalassimo un enorme traliccio di seicento metri, creando un nuovo sottogenere del cinema”. E le due partono a tralicciare, e il traliccio inizia a stagliarsi in lontananza in mezzo al deserto in tutta la sua traliccitudine un attimo prima che io perda la pazienza ed esclami “è previsto che si veda un traliccio nel vostro ecc. ecc.”, ché eran già passati venticinque minuti e iniziavo a sentirmi defraudato.
Poi niente: le due scalano il tralo e ci restano intrappolate in cima. Lassù, l’attanagliante senso di vuoto e di pericolo è lo stesso che attanaglia gli sceneggiatori del film, che hanno ancora un’ora e venti di thriller da ambientare su una pedana di un metro per un metro con niente sotto, né sopra, né ai lati.
E questo è l’altro motivo per cui prima d’ora non era mai stato girato un traliccio-movie: perché per quanto potente ed evocativa possa essere una struttura così alta, per quanta curiosità i personaggi e gli spettatori possano provare verso quell’apice irraggiungibile, una volta arrivato in cima hai solo due opzioni: scendere (ma il film finisce) o tirarti fuori dal culo una serie ininterrotta di idee e variazioni sul tema “siamo quassù”. E in un’ora e venti puoi star certo che non tutte le idee saranno di prima mano né particolarmente geniali o intelligenti e che – mettiamola così – se un traliccio è alto seicento metri, può capitare di dover sospendere l’incredulità almeno fino a settecento.
Per esempio, a un certo punto c’è un colpo di scena. Una sorpresa che peraltro con me ha pure funzionato perché io, boccalone che sono, non l’avevo prevista. E non è neppure un twist particolarmente stupido (ci sono soluzioni più forzate, nel film), ma dà proprio l’impressione di essere lì come pretesto per riempire un momento morto, senza troppo curarsi del suo senso narrativo. Tanto valeva, a questo punto, allungare il brodo con uno dei tanti colpi di scena che avevamo proposto anche noi su Twitch. Tipo:
– Alla fine si scopre che il traliccio in realtà è orizzontale
– Alla fine si scopre che non è un traliccio di seicento metri, ma seicento tralicci da un metro
– Alla fine si scopre che il traliccio è alto normale, sono le ragazze a essere minuscole. Un poliziotto le salva facendole salire sulla sua manona
– Si scopre che è tutto un esperimento medico e c’è Shyamalan che le guarda da lontano col binocolo
– Si scopre che era tutto un sogno dei personaggi
– Si scopre che era tutto un sogno degli spettatori
– Si scopre che una volta lì era tutta campagna
– Si scopre che il traliccio è in realtà un pelo sulle sopracciglia di Dio e il film finisce con un’enorme pinzetta che arriva dal cielo
– Continuate se volete nei commenti
Altra faccia della medaglia: perché il cinema è comunque meglio con i tralicci che senza tralicci, e cosa chiediamo al cinema di tralicci del futuro
Sentite, è presto detto. Se siete disposti ad accettare l’assunto di questo film, cioè di un film che cerca di farci trascorrere un’ora e venti in cima a un traliccio cercando di mantenere sempre alta la tensione e di far succedere sempre nuove cose, allora Fall funziona. Un po’ come l’esistenza stessa su questo pianeta di tralicci alti seicento metri, anche l’esistenza di questo film sfida la logica – ed è proprio questo a renderlo divertente. Ci sono gli avvoltoi, i segreti che vengono a galla, una quantità di sfighe fantozziane, una buona dose di mcgyverismo con i pochi oggetti a disposizione… Checcazzo, c’è persino un momento in cui sembra che le ragazze inizino a spogliarsi pezzo dopo pezzo per un pretesto narrativo che non sto a dirvi: qualunque mezzuccio pur di tenere desta l’attenzione su un traliccio, e funziona. Fall è un buon primo capitolo nella storia dei film di tralicci, una storia ancora tutta da scrivere, una storia che parte da Fall e che ci auguriamo impari dagli errori di Fall.
Perché Fall, tralicciamente parlando, non fa tutto giusto. Il primo e più grave problema, secondo me, è che non sfrutta a dovere le uniche vere peculiarità del film, ossia l’altezza e la vertigine. Su questo versante, il regista Scott Mann (che nomino adesso per la prima volta) gioca tutte le sue carte nella relativamente breve fase della salita: il senso di vuoto, le gambe che tremano, la mancanza di appigli, il vento che soffia incredibilmente forte e rischia di buttarti giù in ogni momento – finché le due protagoniste salgono, e appena arrivano a destinazione, la vertigine è palpabile, funziona, Fall mi ha fatto sentire come quando avevo sei anni e guardavo il vecchio circense sul traliccio. Da quando inizia la sventura vera e propria, fateci caso: i fulcri della vicenda diventano l’ingegno delle protagoniste e il loro spirito di sopravvivenza, mentre l’ambientazione perde drasticamente di peso. Tutta l’ora finale di Fall potrebbe essere tranquillamente ambientata su un’isola deserta o dentro un bancomat in cui non trovi il tasto apriporta. Il vento si placa, la vertigine pure.
Non aiuta il fatto che, per ovvi motivi logistici, il film non sia stato girato davvero in cima a un traliccio di seicento metri, bensì faccia largo uso di greenscreen. Anzi, chiariamo: il regista ha detto di aver voluto fare le cose “per davvero”. Ma a parte il fatto che il greenscreen in vari punti c’è, e ahimè si vede, va anche precisato che il concetto che Scott Mann ha di “per davvero” è “ricostruire gli ultimi venti metri di traliccio in cima a un monte, in modo da ricreare l’effetto-altezza nei campi lunghi“. Che, se mi perdonate la mascolinità tossica, è un po’ come andare dagli amici a dire che hai la ragazza solo perché hai infilato il cazzo tra i cuscini del divano anziché prendertelo in mano. La differenza rimane, e la differenza si sente.
Quindi, cosa chiediamo al cinema di tralicci del futuro?
Numero uno, rispetto per le peculiarità dei tralicci. I tralicci non sono generici luoghi di pericolo, i tralicci sono tralicci.
Numero due, possibilmente, dare un film di tralicci in mano a Tom Cruise e girare il prossimo film di tralicci in cima a un traliccio vero. A costo di costruire un altro traliccio accanto come treppiede per la macchina da presa. A costo di sacrificare maestranze su maestranze all’impietoso dio del vuoto nel nome del Gran Cinema di Tralicci. Il futuro è adesso, Tom. Non deluderci.
Vent’anni fa nessuno avrebbe immaginato che i supereroi avrebbero monopolizzato il cinema. Tra vent’anni, i tralicci potrebbero essere i nuovi supereroi. Ai ragazzini di domani, con i loro zainetti della Torre Radio di Varsavia e le action figure della KCCI Tower dello Iowa, voi potrete dire “Io c’ero quando tutto è cominciato. Tutto è cominciato con Fall. Era ok”.
DVD-quote suggerita:
“È ok”
(Luotto Preminger, i400calci.com)
Un precedente: Ad Astra comincia con Brad Pitt che si trova su un traliccione alto fino a fuori dall’atmosfera
Pure in Star Trek stanno su una piattaforma ad un altezza altissima e anche se quella è una sonda calata dall’alto (e non una torre piantata dal basso o un ascensore vincolato da entrambi i capi, che poi l’effetto vertigine è lo stesso). La differenza è che col paracadute so bboni tutti.
Anche in tremors c’è una bella scena con protagonista un traliccio dell’alta tensione e un contadino morto di stenti
Non sono riuscito a leggere questa recensione. Da’ le vertigini.
Ma come colpo di scena c’è l’attacco da parte di un’aquila o era una gag su Twitch? Perché io lo guarderei se ci sono le aquile…
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER
Non potendo permettersi l’ aquila (Lotito voleva troppo), hanno usato un rapace meno bello dell’ aquila ma molto più bello di Noomi Rapace. Ti piacciono gli avvoltoi?
Dai, belli gli avvoltoi.
Sullo stesso genere, ma fatto molto meglio, Frozen (2010), da non confondere con il cartone animato.
Per emozioni vere, a rischio coronarie, Free Solo, non a caso Oscar 2019 come Miglior Documentario.
A chiudere, qualunque documentario con protagonista il compianto Dean Potter, su quello dedicato allo slacklining mi stavo sentendo male.
Grazie per le segnalazioni e per aver dato un nome a una cosa che conoscevo ma che, appunto, chiamavo con il nome sbagliato!
“Free Solo” è bellissimo e merita una visione solo per capire quanto fuori di testa e ossessionato sia lui.
la recensione più attesa di boh..sempre? tra l’altro pure commuovente…buona festa a tutti e 100 di questi tralicci
Recensione incredibile. Lunga vita a Luotto e lunga vita ai tralicci farsescamente alti.
Amen
Io lo chiamerei Spuntone. E’ un film che non vedrò a meno che non ci sia una scena lesbo di 5 minuti, non di più. Altrimenti perchè portare lì sopra le tette?
Credo non ci sarà un futuro sui film di tralicci. L’idea comincia e finisce lì. Problema di questo film: empatizzare con questa gente è impossibile. Vuoi che muoiano tutti per la loro stupidità. E ultima nota: anche quando Harold Lloyd è rimasto appeso ad un orologio era una impalcatura su una terrazza di grattacielo per i campi lunghi: un trucco vecchio come il cinema ma funziona.
(Ho risposto qui sotto, mi ha fatto casino coi commenti…)
Ti pare che funzioni? Se funzionasse funzionerebbe, ma paradossalmente l’altezza minore in “Safety last” fa funzionare la scena di Lloyd molto meglio che le scene di traliccio qui, dove la parte visibile è ridottissima e lasciare fuori campo 7/8 di struttura onestamente si sente. E il goffo greenscreen in altri momenti spezza l’incredulità e rovina anche il resto.
Hai ragione: Safety last funziona meglio, infinatemente meglio. Volevo solo dire che il trucco usato è antico e SE USATO BENE fa miracoli ( appunto safety last). Il regista, a modo suo, ha evitato ulteriore green screen.
Errata corrige: Per il campo medio Safety Last si usava il trucco anzidetto. Per il campo lungo c’era un Ragno Umano (vi ricorda qualcosa?), un uomo, che scalava effettivamente il palazzo. Film da vedere, Safety last: azione, commedia, velocità, viaggio nel tempo, mimica, effetti speciali… e chi più ne ha più ne metta.
Aneddoto (non so se apocrifo): per tranquillizzare Harold Lloyd in Safety Last pare fecero cadere un manichino da dove si sarebbe trovato lui per fargli vedere che la piattaforma avrebbe arrestato subito la caduta senza problemi. Il manichino rimbalzò sulla piattaforma e si sfracellò al suolo decine di metri più in basso. Harold Lloyd girò lo stesso la scena.
VERDETTO FINALE con Denzel Washington. Il finale in cui lui dimostra al mondo la sua innocenza è ambientato in cima a un traliccio. Non mi è mai stata chiara la motivazione, ma lui prende tutta l’attrezzatura da free climber e attira il cattivo alle pendici di questo traliccio cittadino. Forse perché si sente un po’ come in intrigo internazionale e vuole omaggiare il suo film preferito.
io non ho mai avuto paura dei tralicci mai!
almeno fino a che non ho avuto l’idea di salire incima, dico solo che piú vai verso l’alto e piú il bastardo oscilla, 5 minuti per salire e tutto il pomeriggio per scendere.
mai piú, mai piú!
C’era questo gran traliccio,
si dicea fosse posticcio,
però era sì massiccio,
che poteva esser d’impiccio,
fosse duro o anche molliccio.
E salendo era Libeccio,
che stupido capriccio,
ma a guardarlo era un feticcio,
sopra il deserto rossiccio,
e a salire era uno sbraccio,
un’affaccio e riaffaccio,
e il dolore al polpaccio…
Io una volta ho tralicciato. Ok, non era proprio un traliccio, ma quei piloni che stanno nei campi da calcio e che hanno i fari per illuminare le gesta di uomini che preferiscono restare a terra. Ebbene, una sera d’ estate, in preda a quella secchezza delle fauci tipica di chi si è fumato sigarette elaborate, decido di arrampicarmi sulla scala. I primi cinque metri ok tutto bene, i primi dieci direi anche. Poi inizi a sentire il vento e la struttura che oscilla leggermente. Arrivato in cima, ti trema il culo perchè mica te lo aspetti tutto quell’ ondeggiare. Me ne stavo lì, seduto sulla pedana ad ammirare il panorama (un sacco di case popolari), quando ecco che vedo i miei amici scappare coi motorini. Ad un certo punto una luce mi illumina: una pattuglia dei Carabinieri con una torcia potentissima mi stava puntando e uno dei Carabinieri col megafono mi intimava di scendere. Mi sono agitato moltissimo. Ho quindi iniziato a scendere, ma mi è venuta la pisciarola di quando sei agitato. Avevo due opzioni: risalire e pisciare dalla pedana gridando “Da grande farò il pompiere”, o tenere duro fino a discesa completata. Ho optato per la seconda, col risultato che mi son pisciato addosso. I Carabinieri nel frattempo erano arrivati alla base della struttura e mi stavano aspettando per complimentarsi con me. Io ai Carabinieri ci voglio bene, perchè di fronte a un sedicenne che voleva tralicciare eroicamente a suo modo ma si è pisciato addosso, hanno chiesto le generalità e lo hanno lasciato andare a casa senza multe, senza schiaffoni e con la promessa di non farlo mai più. Racconto questa cosa perchè non vedo l’ ora di vedere Traliccio e capire come le due abbiano risolto il problema dello pisciarsi addosso. Anche perchè il futuro dei film sui tralicci potrebbe essere quello di farvi salire gente con gravi problemi che si manifestano una volta in cima , e con altre persone che tralicciano per aiutare la persona in difficoltà, ritrovandosi in difficoltà a loro volta. Insomma, tralicci in cui conoscere gente, aiutarsi a vicenda, festeggiare una nascita improvvisa, piangere un amico appena precipitato, chiedersi se c’è vita oltre il traliccio e tatuarsi frasi motivazionali tipo “Un traliccio, è per sempre”. Personalmente investirei anche sui Traliccioformers: robot arrivati sulla Terra e che hanno preso le sembianze di tralicci per non farsi sgamare. Insomma, caro Luotto hai ragione: il futuro del cinema è nel verbo tralicciare.
“Racconto questa cosa perchè non vedo l’ ora di vedere Traliccio e capire come le due abbiano risolto il problema dello pisciarsi addosso.”
Non ci crederai, ma in qualche laterale modo verrai accontentato.
Lo sapevo che mi avrebbe fornito spunti per tralicciare nuovamente e magari superare quel trauma per cui, ogni volta che vedo il faro di un campo da calcio, devo fare plin plin.
Però mi sento in dovere, da climber, di fare una “breve” postilla sull’argomento squisitamente tecnico arrampicatorio…che stranamente nessuno ha rilevato.
Possiamo affermare senza ombra di smentita che questo film (che comunque ho trovato tralicciosamente spassoso) ha superato di gran lunga l’ormai leggendario “VERTICAL LIMIT”…pietra miliare, studiata ormai anche nei corsi di alpinismo, che descrive cosa NON potrebbe mai avvenire in una cordata alpinistica.
Bene, qui direi che in ambito “arrampicata sportiva” abbiamo situazioni, scelte e manovre che superano ogni più fervida immaginazione:
– arresti in caduta solo con l’ausilio delle mani (che Hulk può solo che impallidire al confronto);
– risalite in “conserva” attaccate alla stessa corda senza mettere manco una sicura (in modo da garantire fin da subito la morte di entrambe le protagoniste se anche solo una fosse scivolata, tirando già con se anche l’altra);
– arrampicata su roccia con entrambi che arrampicano contemporaneamente, senza nessuno che “faccia sicura” o “metta protezioni” (vedi punto precedente):
– una richiesta di “dare corda” con il tipo appeso che non ha alcun senso;
– salti, lanci e “prese al volo in parete” degni di Spider-Man;
– ignoranza assoluta rispetto a manovre basilari quali “risalite di corda” (affidata alla sola forza bruta delle mani), paranchi, messe in sicurezza, ecc, che sono l’ABC in arrampicata;
– scarpettine converse con suola piatta che farebbero scivolare anche sull’asfalto
– zainetto portato “su singola spalla” con eleganza e disinvoltura…
Comunque spassosissimo, e molto efficace nella prima parte a trasmettere un reale senso di vertigine e instabilità che raramente ho trovato in altri film.
La vera paura e il vero orrore nascerebbero, in film di questo tipo, da un ancoraggio (mai ho trovato parola più giusta) alla realtà fisica. Visto che qua non c’è, hai elegantemente detto che il film è una stronzata ( e concordo). Funziona solo ( in parte) per coloro che soffrono di vertigini.
Sono completamente ignorante in materia ma ho avuto dubbi anche io fin dalle prime immagini, pensavo appunto tolta la follia della scalata su roccia (per come si sviluppa con ovvia e conseguente tragedia) che durante la salita sul traliccio ogni tot metri venisse messa una qualche sicurezza, cosa che invece non avviene, di contro la tipa bionda assicura che ci sono 15 metri di corda tra lei e l’amica, nel senso che se cade una l’altra segue? Tanto valeva andarci senza. Credo sia evidente che abbiano spinto all’eccesso alcune caratteristiche al solo scopo di impressionare lo spettatore, cose che se proposte nel modo corretto non avrebbero inciso allo stesso modo.
Il film in se a livello puramente estetico/emozionale fa il suo dovere e lo consiglierei, ma a livello di sotto-testo l’ho trovato un tantino pericoloso e fuorviante. Ciò che fa la prima ragazza l’abbiamo sentito un po’ ovunque, gente che senza preparazione alcuna o cura delle principali regole base per uno stupido selfie è diventata una frittata, quindi l’ho trovata per certi versi realistico, quello che non mi torna è il trascinamento folle dell’amica che segue a ruota come se accontentarla nelle sue richieste e spingersi fino ai quei livelli per superare le paure fosse per certi versi del tutto normale. Il coraggio di rischiare la vita paragonato al superamento di 1000 altre sfide difficili in cui però se fallisci non perdi la vita…
Un piccolo errore e sei morto non equivale a quel messaggio finale che si vuole condividere:
“La vita è fugace. La vita è breve, troppo breve.
Quindi bisogna sfruttare ogni momento.
Dovete fare qualcosa che vi faccia sentire vivi,
e farlo, farlo farà diffondere il messaggio.
in lungo e in largo.”
Che sa tanto di: “Ora sto bene, salire lì sopra è servito quindi fatelo anche voi”
Ripeto con simili premesse è pericoloso, soprattutto in un’era in cui i ragazzini si spingono a fare cose del tutto folli (pur come sostengono) amando la vita..
Avrei preferito in tal caso avessero sottolineato maggiormente quanto stupida fosse la bionda e quanto plagiata fosse stata l’amica magari evitando di instillare l’idea che ci fosse una qualche base di professionalità nel compiere simili imprese che da spettatore ignorante può anche sembrare. Butto lì come potevano impostarlo: tipa bionda guarda le imprese di yutabari morti che hanno cercato di fare cose impossibili ma che sono comunque diventati famosi, padre, fratello, amico esperti scalatori le consigliano di seguire corsi e di non fare caxxate, lei se ne frega e tira in mezzo anche l’amica tonta che fortunatamente si salva per un pelo.
Madonna che fastidio quegli zaini portati a spalla singola, me n’ero dimenticato!
L’ho notato anche io ed e’ stata una sorpresa in negativo, visto che teoricamente due climber dovrebbero tenere alla loro schiena. Ma era solo l’inizio, visto che poi SPOILER
– molto intelligentemente si legano l’un l’altra con la corda, cosi’ che se una fosse caduta si sarebbe trascinata dietro anche l’altra. Gia’ da li’, dal primo piolo, si capiva il livello del film.
– Corda insensatamente corta
– Una borraccia di acqua in due
– In cima si dimenticano di avere la predetta corda per legarsi al traliccio, rischiando cosi’ di cadere nel vuoto durante il sonno.
Con “predetta corda” m’hai conquistato.
Aprirei una parentesi a riguardo. Ma perché nei film merregani TUTTI portano gli zaini così? Perché? Che cazzo significa? Pure nell’ultimo F&F vanno in moto così!
Qual’è la vostra teoria a riguardo?
P. S. Cito per completezza l’unico caso di trattazione del tema in un film italiano degno di questo sito, Veloce come il Vento, in cui alla pratica infame dello zaino a mono spalla viene dedicato uno specifico scambio di battute.
@Ubik: credo che sia perchè fa figo. O almeno, da giovane alle elementari si portava su tutte e due le spalle. Alle medie era libera scelta. Alle superiori se non lo portavi su una spalla sola eri lo sfigato della scuola. Se poi avevi lo zainetto della Salomon eri uno che dava a intendere di essere molto ricco di famiglia. Ma ci dovevi abbinare anche un look da ricco, che in quegli anni consisteva nel portare il Barbour, ossia il giubbino più puzzolente del mondo. Spalmato di grasso di foca, emanava un odore di pesce misto a incenso. Negli autobus bastavano cinque persone col Barbour per rendere l’ aria irrespirabile. Era come se quei cinque si fossero spruzzati addosso quintali di Encre Noire e tenessero in braccio una triglia da passeggio. Quel giubbino era anche molto inutile, perchè se non compravi il pellicciotto coi bottoni da attaccargli dentro, l’ inverno padano lo penetrava con assoluta facilità. Anche lo zainetto della Salomon , a ben pensarci, era abbastanza inutile: ci stavano dentro sì e no tre libri, il che rendeva il portarlo su una spalla sola relativamente facile.
Sono d’accordo, fa figo. Ma perché un attore o un regista dovrebbero mettere a rischio la sospensione di incredulità per un dettaglio così idiota? Ti inseguono i cattivi per la città e tu corri con lo zaino su una spalla sola? E’ una cazzatina, ma mi ha sempre molestato tantissimo. La accetto tra i regazzini dell’high-school mentre vanno a scuola poco prima di essere fatti a pezzi dal serial killer di turno, ma in altre occasioni… meh…
p.s. Infanzia spesa tra gli inverni padani anch’io. Io mi comprai un Barbour di quelli “finti”, perché i miei tutti quei soldi col cavolo che li avrebbero spesi.
E ho sempre portato lo zaino (Invicta) su due spalle perché non sono mai stato quello “cool” della cumpa (già sapere più nomi di registi e produttori di quanti ne sapessi di calciatori e allenatori mi tagliava fuori da buona parte della vita sociale… ergo, zaino su due spalle)
Per dovere di cronaca… essendo quattrocalcista di una certa età accetto molto più volentieri gente che salta da un palazzo all’altro, che schiva pallottole, che tira controfigure sulle balaustre, rispetto ad uno zainetto portato su una spalla sola.
Ognuno ha il proprio OCD point…
Porcamiseria sono quindi l’unico che insiste a portare gli zaini su una spalla sola? Lo scopro sinceramente adesso. Che vi devo dire, a me gli zaini a due spalle fanno sentire come un bimbo di sei anni che va a scuola con quelle cartelle rigide che giravano nell’83. Mi spacco una spalla e ci sono esattamente zero agganci pratici, eh? Ma almeno mi sembra di avere più di 6 anni. Cedo solo con gli zaini da montagna.
Ha perfettamente senso. Tu sei il boss, ergo quello “cool” della cumpa.
Allora, parlandoci chiaro: i vantaggi ci sono. Il primo è quello calcista: se vieni dal ghetto mudafacca, in caso di rissa fuori da scuola puoi sfilare lo zaino con più velocità, e muoverti meglio. Nel ghetto mudafacca l’ uomo che porta lo zaino su entrambe le spalle è destinato all’ urtone che lo fa cadere all’ indietro, ritrovandosi come una tartaruga sottosopra, completamente vulnerabile. Visto molte volte. Se eri del ghetto, avevi uno zaino Zippo di quelli che diventavano pure doppi e lo portavi su entrambe le spalle, eri fottuto.
Il secondo vantaggio è strettamente “formativo”: portando lo zaino su una spalla sola, si rinforzano deltoide e trapezio del braccio forte (quello che usiamo di più), rendendo l’ attività onanistica adolescenziale meno faticosa. È un rinforzo che posso assicurare giova anche in età adulta, grazie alla cosiddetta “memoria del muscolo”. Se digitate “memoria del muscolo” su google scoprirete che non dico fesserie. Potrebbe succedere che vi si aprano pagine che fanno riferimento a “quel” muscolo, ma sono forum di ottuagenari nostalgici di un tempo che fu.
Comunque in settima superiore iniziai a portare lo zaino su entrambe le spalle. Ma per l’ appunto ero in settima, quindi visto da molti come un dio pagano custode del fancazzismo totale.
“Scusi, è lei il professore di chimica”, mi chiese un nanerottolo al suo primo giorno di superiori, mentre passavo davanti alla sua classe. Povero pulcino, chissà se ce l’ ha fatta a sopravvivere…
Sappi che se mai scriverai un libro, io lo comprerò e mi metterò in fila per farmelo firmare…. sto ridendo come uno scemo da un quarto d’ora a leggere tutte le str### scritte su questo film e le tue sono le più idiote di tutte! Ovviamente è un complimento! :-D
– Alla fine si scopre che il Traliccio è profondo -600 metri e loro sono in una grotta in Australia (pertanto con la gravità invertita)
– Alla fine si scopre che il realtà la base del traliccio era sepolta nella sabbia fino a -66 metri, facendo sì che l’altezza totale del Traliccio sia 666 metri. Segue: Satana
– alla fine si scopre che il Traliccio è una grande metafora, anzi una alta metafora
Nessuno che cita quanto sia salutare mangiare carne di avvoltoio cruda. Ho come l’impressione che sia un’altra bella prova di coraggio.
tra l’altro potrebbe essere la versione opposta di un altro film di adrenalina per dimenticare da rincoglionit(e).. in The Descent vanno sotto terra ma giustamente muoiono tutte (?) male..qua son solo 2 ma credo che l’idiozia sia a quei livelli .. (senza tutto il contorno cinematografico di qualità, ovviamente)
Praticamente The descent all’inverso, traliccitevolissimevolmente. Vale si e no qualche frame dell’episodio del cornicione de L’occhio del gatto, e neanche uno di Stanlio & Ollio manovali in cime al grattacielo.
Io sogno un franchise tipo F&F dove ad ogni nuovo capitolo si alza l’asticella, anzi il Traliccio (sempre rigorosamente con la maiuscola), con nuove incredibili trovatone. Tipo in Traliccio 2, dopo che i protagonisti si trovano bloccati sul Traliccio, questo decolla.
Rido. Fortissimamente rido.
C’è un rudimentale traliccio, dove trovano il vecchio morto, anche in Tremors.
apprezzabile anche questo trend dove cercano di dimostrare che anche esseri di senso femminile possono essere molto stupidi nelle loro scelte di vita (c’è anche quello delle due sorelle sub che vanno a incagliarsi sott’acqua tra gli squali)
“Gabbia”, mi pare si chiamasse.
Alla fine si scopre che era tutto un sogno del traliccio.
Poi ci sono i traleechers , ma quelli navigano a vista.
Soffro di vertigini e sono claustrofobo (per vedere Buried mi ci vuole il valium) quindi per me è no a prescindere.
Segnalo un Traliccio anche in Resident Evil Extinction: quello dove sale il cecchino, che se non ricordo male muore tantissimo perchè gli zombie sanno tralicciare.
Aspetto il crossover con i Tremors
Alla fine si scopre che in realtà il traliccio è il bastone da passeggio del mostro di cloverfield che nella post credit scene arriva e se la riprende
Poesia!
Non è un film, ma visto che finalmente stiamo sviscerando il contributo del Traliccio all’arte segnalo che in Jojo: Diamond Is Unbreakable uno dei personaggi vive in un traliccio opportunamente arredato come un appartamento.
Ricordo distintamente come io e un mio amico ne raccontassimo la trama a un terzo compare che non aveva letto il numero; e come nel momento in cui gli raccontammo della scena in cui il personaggio in questione, ormai sconfitto, si rivela essere “letteralmente”* una scimmia, invece che il figaccione che era stato fino a un attimo prima, realizzammo con raccapriccio che Jojo era diventato una cazzatona…
sigh
Cmq questo film ha suscitato una sagra del commento uso ridere notevole, e tutto grazie a un titolo che neanche ha!
* “letteralmente” nel senso che letteralmente no, ma piuttosto abbastanza suppergiù sì
Proseguo sul filone manga. In “Io sono Shingo” di Kazuo Umezu c’è l’arrampicata su traliccio più spaventosa che abbia mai visto. E’ realizzata con una tale maestria che fa venire più brividi di una scena cinematografica. E in più ne sono protagonisti due bambini piuttosto inquietanti…
Spero vivamente anch’io che Traliccio sia l’apripista del genere traliccesco. Ma soprattutto spero che il traliccesco non diventi un pulpito di 600 m in cui i sedicenti arrampicatori (l’evoluzione post-pandemica dei maniaci apocrifi dello yoga, per intenderci, quelli che fanno “buldering”, e mi raccomando la U e la G finale!) portino via gioia, amore ed emozione da ogni argomento ogni volta che aprono bocca.
Ma chiudendo con una nota positiva: Traliccio si può trovare anche su qualche servizio?
Possibile che nessuno abbia ravvisato l’archetipo tralicciatore nel Barone Rampante di Calvino???
Un Traliccio grande e bello
disse a un piccolo alberello:
“Sì, sei bravo, hai messo i fiori
coi lor petali a colori,
ma cambiare i fiori in Volt
alberello, non saprai”
Sono tutto sudaticcio
come fossi su un traliccio
sì mi piace proprio un botto
la recensione del Luotto
È tutto bellissimo. Qualcuno di voi dovrebbe aprire la pagina su Wikipedia “Film con tralicci”.
“cossa xei sti tralicci?” “PAI DEA LUCE PAI DEA LUCE!” ❤️
oh! mi è venuto che pure araki ambienta un episodio di jojo tutto su un traliccio, con tutto che araki non mi piace lo svolgimento mi sembra piú interessante di quello di questo film…
Forse hai pensato che ripetere in continuazione la parola “tralicci” rendesse simpatica la tua recensione. Invece no, è un traliccio nel culo.
Tu mi farai vincere un Oscar, lo sento.
TRALICCIO NEL CULO (titolo originale: Traliccio666)
Regia: Adolf Hit-Girl
Effetti speciali: Gilda Baracchi
Un deluso commentatore di recensioni di cinema decide di licenziarsi dal lavoro di commentatore di recensioni di cinema. Parte quindi per un viaggio spirituale in cui ritrovare il fanciullino che era in lui, il sognatore che fu. Si piazza quindi di fronte a una scuola elementare per giocare coi bambini, ma viene allontanato dalle forze dell’ ordine. Parte di nuovo, ma stavolta con una destinazione ben precisa: l’ America. Zaino in spalla, decide di recarsi nel Nevada per salire sul Traliccio più alto del mondo. Una volta arrivato alla base, guardando in sù, si caga addosso. Opta quindi per un Traliccio molto più basso, situato a una decina di metri. Nota un peluche legato con un filo sulla punta del traliccio. Decide quindi di arrampicarsi, ma più si arrampica e più nota che il Traliccio è sporco di grasso e si fa scivoloso. Ma lo spirito del viaggio spirituale gli permette di arrivare in punta, allungarsi e prendere il pelosone. L’ uomo urla la sua gioia ai quattro venti, che comunque non rispondono. Ma ecco che la punta si spezza e, cadendo, l’ uomo rimane infilzato. Inizia a chiedere aiuto, ma nessuno è nei paraggi. Viene perfino attaccato da un pappagallo indiano, ma l’ uomo si difende colpendolo virilmente col peluche. Il pappagallo si allontana, ma lo sfotte dicendogli “Traliccio nel culo, traliccio nel culo”. Dopo tre giorni di tormento e dolore, l’ex commentatore di recensioni di film viene salvato da un vecchio che passa col suo furgone. Una volta all’ ospedale, i medici gli spiegano che quello era un “Traliccio della Cuccagna” per bambini, tipico di una vecchia festa degli anni 50, e che nessuno era mai riuscito a prendere il premio sulla punta. L’ uomo ritrova quindi il fanciullino che era in lui, il bimbo che sognava di vivere grandi sogni e grandi scoperte. Si addormenta nel letto col dito in bocca, finalmente sereno, anche se quel bruciorino rettale dà un po’ di fastidio…
Scena durante i titoli di coda: un uomo sta riparando il vecchio Traliccio della Cuccagna. Si gira verso la telecamera e il suo volto è quello del demonio.
“Ne arriveranno altri, eccome se ne arriveranno”
Oscar vinto per me
Alla fine si scopre che è una metafora della fava grossa. Molto grossa.
Un palo grosso come quello che bisognerebbe infilare nel posteriore di ogni cosiddetto influencer e una metafora altrettanto fine. C’è comunque di peggio che guardare un’odiosa bionda tettona arrampicarsi, morire male e finire come bottiglia per un messaggio. Se Jeffrey Dean Morgan avesse tirato fuori Lucille per fare piazza pulita alla fine sarebbe stato un filmone.