Se lo chiedete a me, quella di New York Ninja è una delle storie più belle dell’anno.
Vi immaginate ritrovarvi davanti a un film perduto di ninja anni ’80, senza montaggio, persino senza audio, e doverlo ricostruire solo sulla base del girato puro?
Ve l’ho già raccontata questa storia, perché qualche mese fa, quando mi sono guardato il blu ray di New York Ninja della Vinegar Syndrome, non avrei immaginato che il film sarebbe arrivato al Fighting Spirit Film Festival (come antipasto perfetto a una proiezione di L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente) e che avrei avuto modo di intervistare il responsabile di tutto questo.
A voi quindi Kurtis Spieler, la persona che ho maggiormente invidiato negli ultimi tempi: colui che ha ritrovato questo tesoro perduto, l’ha letteralmente e pazientemente rianimato come un novello Dr. West, e l’ha restituito al mondo.
Come hai trovato il film e quando hai capito che potevi ricavarci qualcosa?
Lavoro per Vinegar Syndrome, e inizialmente avevo sentito che avevamo i rulli non montati di New York Ninja nel nostro archivio di film. Erano stati immagazzinati da tempo perché erano arrivati con un altro gruppo di film che avevamo comprato, e non sapevamo esattamente che film fosse e cosa farcene. Dopo un po’ sono andato dal proprietario di Vinegar Syndrome e da uno dei nostri operatori di restauri e ho chiesto se potevo vedere il film, vedere cos’era, capire se valeva la pena finirlo – sapevamo che era incompleto. Mi hanno dato il permesso di guardarlo e provare a completarlo. Il problema è che si trattava di un film senza montaggio e senza elementi sonori, completamente muto. Ma a quel punto ho visto cos’era, ho visto che si trattava di questo divertente film su un vigilante a New York, per cui ho capito che valeva la pena finirlo e ho preso in mano il progetto. Ci abbiamo messo circa due anni a finirlo.
Il protagonista del film è John Liu, vecchia star di film di kung fu anni ’70 non per forza fra le più note. Cosa sapevi di lui?
Ero effettivamente un fan di John Liu prima di prendere in mano questo progetto. Sono un fan di film di kung fu di lunga data, e conoscevo bene Secret Rivals, il suo film più famoso – lo considero uno dei miei cinque film di arti marziali preferiti di tutti i tempi. Ma non sapevamo che lui fosse nel film finché non abbiamo iniziato a guardare i rulli. Sui rulli c’era scritto che il film era diretto da John Liu, ma non abbiamo pensato subito che lui potesse essere anche tra gli attori. La prima scena che abbiamo visto è quella in cui lui combatte contro i punk vicino al fiume, quella in cui lui tiene stretto quell’oggetto che gli ricorda la moglie: guardandola ho avuto un momento in cui ho pensato “hey aspetta, è lui? È un film perduto di John Liu???”. Ed era così. Avevamo sentito il produttore originale, Arthur Schweitzer, che ci aveva detto che aveva ingaggiato un marzialista famoso, ma non ricordava chi fosse, e finché non abbiamo visto il materiale video non ne avevo idea.
Quali erano le tue intenzioni mentre ricreavi il film? Guardandolo ho notato che sarebbe stato facilissimo trasformarlo in commedia post-moderna stile Kung Pow e sarebbe stata probabilmente un’operazione più commerciale… Qual è stato il ragionamento dietro al cercare di ricreare il più possibile quello che l’autore stava cercando di fare?
Ci sono due motivi. Innanzitutto lavoro per Vinegar Syndrome e qui rispettiamo tutti i film che distribuiamo. Sappiamo che alcuni di loro vengono considerati camp, o persino scadenti, ma noi li apprezziamo per quello che sono. Quando ho visionato il materiale poi mi sono accorto che c’era un fattore camp, che era divertente ed esagerato. Mi ha ricordato Samurai Cop, o Miami Connection, entrambi film di cui sono fan. Quando ho iniziato a vedere quanto cuore era stato comunque messo nel progetto ho capito che non avrei dovuto fare nulla di extra per renderlo divertente. So che è divertente, ma volevo essere rispettoso e non volevo trasformarlo in una barzelletta – non è questo il modo in cui noi trattiamo i film. Sapevo che l’approccio migliore era rimanere fedeli il più possibile e lasciare che ogni elemento umoristico venisse fuori organicamente. Prendi un film come Samurai Cop: l’intenzione originale era quella di fare un buon film, e c’è una certa energia che si accompagna a questo tipo di intenzioni. Volevo ricreare quel tipo di energia e cercare di essere il più fedele possibile.
Come hai scelto il cast di voci? Ci sono una serie di nomi di culto perfetti per restituire subito l’atmosfera giusta in modo assolutamente naturale…
Innanzitutto, quando abbiamo deciso che avremmo ingaggiato attori per doppiare il film e completarlo, qui a Vinegar Syndrome abbiamo preso la decisione di ingaggiare solo attori che erano comparsi in altri film che abbiamo distribuito. Quello ci ha limitati molto fin da subito: non sapevamo se saremmo stati in grado di farcela, ma ci volevamo provare. Gente come Linnea Quigley – abbiamo distribuito diversi film in cui compare, per cui il suo nome era praticamente scontato. Leon Isaac Kennedy è stato in un paio di film nostri. Per fortuna mentre lavoravamo a New York Ninja abbiamo anche iniziato a distribuire più film d’azione del solito: siamo stati fortunati quindi che Cynthia Rothrock ad esempio sia diventato un nome papabile, o anche Don “The Dragon” Wilson, e persino Michael Berryman. Dopodiché abbiamo contattato gli agenti – è stato abbastanza facile nel momento in cui lo stavamo già facendo per creare il materiale extra dei rispettivi film che stavamo distribuendo. Sinceramente la voce più difficile da ingaggiare è stata quella per il killer radioattivo, non sapevamo dove andare a parare. Avevamo pensato a un paio di nomi, ma non ci sembravano quelli giusti. Poi a un certo punto abbiamo distribuito Auntie Lee’s Meat Pies, che è un film con Michael Berryman, e uno dei produttori, Brad Henderson, ha fatto il suo nome: si è rivelata una scelta azzeccata.
Qual è stata la scena più difficile da ricreare?
La scena dell’elicottero, alla fine. Quando abbiamo recuperato il materiale il produttore ci aveva detto che era abbastanza convinto che il finale fosse incompleto, ma non era sicuro. Quando ho iniziato a montare il film e ho visto le scene con l’elicottero mi sono reso conto che in effetti non le avevano finite. Se avete visto il film sapete come si conclude. Non siamo sicuri di quali fossero le intenzioni originali, per cui ho dovuto farmi venire delle idee su come completare la sequenza. L’esplosione che si vede è l’unica cosa di tutto il film che non era nel materiale video originale, è un’esplosione sovrapposta. La compagnia di produzione originale, la 21st Century Film Corporation, aveva preso questa esplosione d’archivio e l’aveva usata in un altro film che abbiamo distribuito con Vinegar Syndrome, The Executioner – Part 2, per cui ho estratto e usato quella sovrapponendola alla scena. Non è stato facile, non ero sicuro che avrebbe funzionato, ma alla fine lavorando di doppiaggio e usando letteralmente tutto il materiale possibile ce l’abbiamo fatta. Alle proiezioni la gente ride ed esulta, ne sono orgoglioso, era esattamente l’effetto che speravo avesse.
Hai una posizione insolita nei confronti di questo film: per molti versi ne sei l’autore, l’hai dovuto ricreare, aggiustare, hai dovuto fare delle scelte creative per rimediare agli elementi mancanti. Per altri versi però non lo sei in quanto il materiale originale non è tuo, per cui mantieni ancora un certo distacco. Qual è il tuo giudizio sul materiale originale? Mi riferisco a certi aspetti più caratteristici, tipo l’ambientazione a New York, o la sottotrama supereroistica…
È effettivamente interessante perché hai ragione, non è il mio film, non ero lì negli anni ’80 a dirigerlo e girarlo, per cui posso guardarlo con una prospettiva esterna, ma allo stesso tempo c’erano parecchie scelte creative che ho dovuto affrontare per riuscire a finirlo, già dal solo fatto che era muto e ho dovuto scrivere nuovi dialoghi, far funzionare il montaggio, scegliere le musiche, ecc… Mi vedo come il montatore, ma allo stesso tempo sono più di un montatore perché ho dovuto fare diverse scelte creative per finirlo, e dirigere gli attori che lo doppiavano – è per quello che nei credits dice “Ri-diretto da Kurtis Spieler”, che è un modo divertente per etichettare il mio ruolo. Questo mi ha dato insolita libertà, perché lo guardavo e non stavo giudicando materiale che veniva da me, e per tanto avevo un occhio diverso. Guardarlo in questo modo, anche solo per il fatto che si tratta di materiale di 30 anni fa che approcciavo con conoscenze inevitabilmente moderne, mi ha permesso di fare alcune scelte creative che sapevo che avrebbero funzionato per un’audience moderna. Uso Miami Connection e Samurai Cop come esempi, perché sono entrambi film che sono invecchiati in un certo modo ma che non erano stati apprezzati quando uscirono, mentre il pubblico di oggi li ama. Il materiale originale è una tale fotografia degli anni ’80… i graffiti nei sottopassaggi, le torri gemelle, tutta l’ambientazione… Ed era effettivamente figo che stavano cercando di fare una specie di film fumettoso, che oggi è quello che fanno tutti ma allora era una scelta particolare.
Che ne pensi in generale del filone dei ninja? C’era stato un tentativo di revival una decina di anni fa con Ninja Assassin prodotto dalle Wachowski e Ninja con Scott Adkins, ma non ha attecchito… Pensi si possa ritentare?
Sono sempre stato un fan del filone, specie Ninja la furia umana, che definirei uno dei miei preferiti. Sono cresciuto negli anni ’80, con roba tipo Guerriero americano, Ninja III: The Domination… Penso abbiano un loro fascino particolare, e che la gente sia sempre interessata ai ninja. Hanno provato a riportare il genere in auge un paio di volte ma non ha davvero funzionato, penso parzialmente perché la gente non prende più i ninja sul serio come erano soliti fare, e sono diventati un po’ una gag. Ma penso che nonostante tutto quando la gente sente la parola “ninja” riguardo a un film lo vuole vedere. Ho visto Ninja Assassin e devo confessare che mi è piaciuto molto, penso non abbia avuto l’attenzione che meritasse. Era divertente, esagerato, molto violento. Ma sì, mi piacerebbe che i ninja tornassero di nuovo al cinema. Ci hanno provato più o meno con Snake Eyes, ma non ha funzionato nemmeno quello… Penso che molta gente non capisca davvero il genere, e che non lo prenda seriamente, per cui sarebbe bello trovare un regista che lo apprezza veramente e riesca ad adattarlo ai tempi moderni senza mancargli di rispetto. Forse in quel modo funzionerebbe.
Ok, la domanda più importante: qual è il tuo film di ninja preferito? Livello di difficoltà: non puoi nominare un film della Cannon (li hai praticamente già citati).
Il mio preferito sinceramente è Miami Connection. Per chi non l’ha visto, c’è una certa somiglianza con New York Ninja e penso che farebbero un ottimo double bill. Miami Connection era un altro film che a suo tempo non fu apprezzato, ed è andato perduto per un sacco di tempo, fino a quando quelli dell’Alamo Drafthouse non l’hanno riscoperto e a furia di proiezioni di mezzanotte non sono riusciti a trasformarlo in un piccolo cult. Qua a Vinegar Syndrome ne abbiamo distribuito da poco una versione in 4k UHD. Sono un grandissimo fan di quel film. I protagonisti non sono ninja ma combattono contro ninja. È dura scegliere a parte quello, ci sono tutti quei film di Godfrey Ho, e ne ho visti un buon numero. Chi conosce Godfrey Ho sa che spesso usa più volte le stesse scene in film diversi, incluse le scene di combattimento, per cui a volte è difficile ricordarsi e distinguerli… Ma ce n’è uno in particolare: Ninja Condor 13. Se volete provarne uno, quello è uno dei miei preferiti. È decisamente folle.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ho un film che ho diretto e completato poco prima di lavorare a New York Ninja e che è appena uscito, un horror che si chiama The Girl on Apartment 03. A parte quello niente di preciso, diciamo che sto raccogliendo idee. Ora lavoro per Vinegar Syndrome, che ha appena aperto una sezione chiamata VSP – Vinegar Syndrome Picture che si occupa anche di produzioni originali. Non posso ancora rivelare nulla perché non abbiamo niente di definito, ma vorremmo appunto mettere in piedi un progetto originale.
Intervista molto interessante!
In pratica Spieler ha fatto un lavoro simile, ma nel cinema, a quanto fatto dal figlio di Tolkien con il materiale incompiuto del padre, no?
Probabilmente paragonabile per certi versi.
Ma come? Non gli hai chiesto niente dei legami coll’italia di cui sospettavi nell’altro pezzo su New York Ninja? O neanche lui sa niente del regista originale?
Mi ha detto che le notizie che ha lui sono che vive a Parigi e che non vuole più saperne niente di parlare dei suoi film. Se ha vissuto in Italia, evidentemente dopo si è spostato lì.
Mi correggo: dice Vietnam. Dice anche che in Trinity Goes East è sicuramente lui ma che sui due film italiani è probabile che ci sia un errore di IMDb (e anche per la mia esperienza non sarebbe strano).
Tse, per quanto possa essere simpatico figurarselo ritiratosi a meditare in mezzo alla jungla, avrei di gran lunga preferito immaginarmelona a far la dolce vita sorseggiando amari sul lung’ Arno.
PS Fanne più che puoi di queste interviste please