Parodìa, sostantivo femminile dal greco: πυππαφορτη, ovvero lettere in un alfabeto che leggono solo quelli che hanno fatto il classico, composto di para- e di ode perché se non stai attento ti pare di sentire un’ode e invece è una parodia, significato: travestimento burlesco di un’opera d’arte a scopo satirico, umoristico o anche critico. Con accezione più generica: imitazione deliberata, con intento più o meno caricaturale, dello stile caratteristico di uno scrittore, di un musicista, di un regista e via dicendo, realizzata inserendo nella nuova composizione passi che ne rievochino con immediatezza la maniera.
Ora: io, come tutti i presenti, di parodie immagino di averne viste, lette e ascoltate innumerevoli, dalla Divina Commedia di Topolino fino a Fascisti su Marte. Molte erano sguaiate, sbracate e si divertivano un sacco a saccheggiare, bombardare e decostruire il loro materiale di partenza per poi rimetterlo insieme a forma di totem che ricorda l’originale tanto quanto la foto della patente di Moira Orfei le assomigliava quando aveva 60 anni. Altre erano sottili e cervellotiche, fatte apposta per essere studiate nei corsi universitari di teoria e tecnica del linguaggio di qualsiasi cosa per poi fare colpo sulle studentesse pettorute del DAMS citando il pastiche di Proust. Però, nonostante tutta la relativa preparazione, una sorpresina come Deadstream mica me la aspettavo. Deadstream l’ha scritto, realizzato e mezzo recitato la coppia, sul set e sulla vita, composta da Vanessa e Joseph Winter, al loro debutto come registi di un lungometraggio (si ripeteranno fra non molto, anche se chiaramente solo con un episodio, in V/H/S/99). Deadstream ha fatto tutto il giro dei festivaloni e festivalini che fanno ancora il mestiere di sostenere il cinema indipendente, a partire dal South by Southwest di Austin e arrivando fino al Frighfest di Londra. Deadstream, però, è soprattutto una commedia horror che prende la regola accademica di parodia di cui sopra e la svolge alla lettera. Di più. Punto esclamativo. Deadstream riesce a essere tre volte parodia, senza mai perdersi per strada ad ammirarsi l’ombelico o a fare i guardamammasenzamani; ovvero senza mai dimenticarsi di essere un film di genere. Di quelli che gioca con onore la Serie B e non parteciperà ai mondiali in Qatar, ma almeno la mattina può guardarsi alla specchio e dirsi sicuro di non aver attivamente contribuito alla schiavitù nel Medio Oriente. Similitudini fuori controllo a parte, a me Deadstream ha ricordato un’altra parodia, che per genere non c’entra niente e che si impegna a essere un po’ più sopra le righe del caso, ma che comunque condivide quell’intento deliberato di imitare uno stile caratteristico inserendo nella nuova composizione passi che ne rievochino la maniera, e che se non stai attento ti paiono un’ode. Sigla a sorpresa!
Shawn Ruddy è precisamente quello che ci meritiamo come specie: uno youtuber barra streamer che ha pestato una merda demonetizzatrice e per tornare nelle grazie del pubblico (e degli sponsor) si inventa uno stunt esagerato. Immaginatevi Logan Paul che fa i suoi video con gli amichetti, pesta la merda gigante della Foresta dei suicidi e poi cerca di farsi malissimo da solo inventandosi di essere boxer e/o wrestler per recuperare terreno e soldi perduti. Esattamente la stessa cosa. Solo che Ruddy è un po’ meno maschio alfa(beta) dei fratelli Paul, e tutto il suo quid da content creator sta nel fatto di vendersi come il più grande cacasotto della storia che pur di soddisfare la sete di ignoranza e di sadismo dei suoi spettatori è disposto a essere protagonista e vittima di alcune fra le idee di stunt più stupide, inutili e fini a se stesse al mondo. Il suo canale Wrath of Shawn ha ospitato alcune cagate veramente colossali – il montaggio iniziale è divertente, io personalmente sono crollato alla Baby Moses Challenge – ma ne basta una di troppo per essere cancellati da YouTube, demonetizzati e abbandonati dagli sponsor. Disastro. Specialmente per un trentenne che ha investito tutto in quel tipo di carriera.
Dopo essersi scusato pubblicamente senza convinzione e aver scontato il suo periodo di punizione, il canale di Shawn torna attivo, recupera lo sponsor di una onnipresente bevanda energetica a caso e Ruddy si prepara a fare la cosa scemissima che i suoi follower non solo si aspettano, ma quasi pretendono, in una dinamica di rapporto che ricorda molto di più quella fra bullo e bullizzato che tra seguace e creatore di contenuti. Shawn ha deciso che passerà un’intera nottata all’interno di Death Manor, casa infestata dallo spirito di una zitella mormona poetessa fallita, dove si dice siano già morte diverse persone. Non solo. Per evitarsi di scappare con la coda fra le gambe dalla paura – perdendo lo sponsor e dovendo definitivamente rinunciare alla carriera da streamer – Ruddy scaglia lontano le candele della macchina e si chiude dentro la villa con un lucchetto di cui nasconde la chiave. Manco a dirlo la maledizione della villa è assolutamente vera, il fantasma esiste ed è piuttosto incattivito; solo che non ha mai avuto a che fare con la stolida testardaggine di uno streamer in diretta che non intende rinunciare alla sua vuota celebrità, anche a costo della vita.
Deadstream è innanzitutto un’ottima parodia del panorama dei professionisti del social, quei creatori di contenuti che si sono auto-costretti a vivere tentando di sfruttare a loro vantaggio il nostro disturbo dell’attenzione: più casino fanno, più gente faranno girare verso di loro, più soldi guadagneranno e soprattutto non si torna indietro. Nel senso che la parabola di accumulo non può fare retromarcia, a meno di non voler rinunciare a parte dell’effimera popolarità acquisita. Ma il capitalismo non è che funziona così, bellezza. In questo caso, il terrore molto palpabile e reale di tornare nel dimenticatoio social è il motore di tutte le azioni sconclusionate, masochistiche o semplicemente stupide di Shawn, la cui vita è appesa ai capricci degli sponsor e, soprattutto, degli spettatori che stanno commentando la diretta.
Poi Deadstream è anche un’azzeccata parodia del found footage. L’altro selling point del canale di Shawn è che offre al pubblico la migliore esperienza cinematografica nell’ambito dello streaming in diretta. Per questo il pirlotti si presenta al maniero infestato carico di attrezzature più di un service per un matrimonio a Sant’Antonio Abate, acchitando la casa come fosse il set di un Grande Fratello qualsiasi ed, effettivamente, mettendo in piedi il found footage con più possibilità di controcampi della storia. Ma è anche parodia del genere quando, nella seconda parte del film in cui il fantasma viene sguinzagliato e Shawn tenta di sopravvivere, la villa da incubo si trasforma in una escape room con gli indizi nascosti in bella vista e il preciso oggetto utile trovato nel momento preciso al posto preciso per fare la cosa che serve precisamente a far avanzare la storia con tempismo perfetto. O per essere più precisi, preciso. Ho sempre trovato buffa e complicata l’idea di scrivere la sceneggiatura di un found footage che si svolge in tempo reale: quante cose devono incastrarsi fortuitamente per permettere a noi spettatori di avere un’esperienza narrativa saliente e ritmata? I coniugi Winter giocano deliziosamente con questa idiosincrasia del genere, a un certo punto facendomi anche venire il dubbio di dovermi aspettare un cambio di paradigma tipo Zombie contro zombie.
E poi e infine e per fortuna e che bello, Deadstream è anche e soprattutto un omaggio – molto meno parodico, in questo caso, e molto più letterale – al primo Sam Raimi. Un trionfo di demoni in lattice fatti come si deve; ma anche di sangue pus acqua stagnante bulbi oculari e altri liquidi vari ed eventuali che spruzzano e sprizzano da ovunque; di arti recisi, unghie zozze, ferite suppuranti, calci nelle palle ai mostri e tante altre cose e fluidi e sostanze gelatinose tra il divertente e il disgustoso, e il divertente perché è disgustoso – ma non il disgustoso perché è divertente, quello direi di no. C’è davvero di che sollazzarsi, nello spavento, a guardare Deadstream; e fatevelo consigliare da uno che gli horror di solito li guarda come giustificazione per poter torturare i gatti di coccole come forma di pet therapy mentre soffre per gli spaventini. Fatemi anche essere anziano: è una cosa molto bella che Deadstream abbia trovato distribuzione internazionale grazie al servizio di streaming Shudder, ma beccami gallina se non è proprio quel tipo di film lì che andrebbe visto al cinema con un sacco di gente molesta che ride con la bocca piena di popcorn e lancia le bibite allo schermo.
Shudder quote:
«Non tirate le bibite al tv, che poi si rompe»
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Quando Toshiro dice Beccami gallina, la mia giornata ha già svoltato!
Ho fatto il classico e leggo “ puppaforte”
Annoveratemi fra quelli che spiegano le barzellette
Almeno è meglio che trovare “asino chi legge”
Esimio collega, le faccio notare che quella “u” può anche leggersi con il suono “i”.
Grazie, non ho fatto il classico ma avendo fatto tanta fisica e matematica l’alfabeto greco lo leggo anche io, però il joke mi era sfuggito … che bricconcello questo Toshiro LOL
Google translate lo traduce con “pieno di merda”.
Io dalla forma delle lettere credevo Nonna Poppata. Grazie per la traduzione.
L’ho visto pieno di puzza al naso e preconcetti ed ero pronto a sciorinare una serie di insulti malfatti e invece sto film é davvero una inaspettata bombetta che mi ha fatto pure sobbalzare qualche volta.
Tre cose
1) Si vale la pena guardarlo
2) ho preferito un botto di più Dashcam , di cui hanno fatto i sub ita. Complimenti a chi si è cimentato nell’ardua impresa.
3) Dovreste guardare una super bomba , sempre sub ita , che è Record of a sweet murders , senza trailer e ne trama che disintegrano il film.
stavo giusto per scrivere “purché non sia cugino di primo grado di dashcam, se sì ditemelo che per 97′ guardo o faccio tutt’altro”. se dici che Dashcam è migliore, accantono con voluttà. però me ne scarico immantinente i sub ita, curioso di vedere come sono riusciti a traslare in italiano gli end credits rappati (oggettivamente genialoidi e a prova di traduttore in originale). Non che mi aspetti chissà quali cose egregie.
Ciao Toshiro. Ho pensato molto alle orecchie a cavolfiore. Allora, conosco due persone con questa cosa: un rugbysta e un pugile. Il rugbysta giocava in Eccellenza, ora Top12. Di ruolo pilone, passava le domeniche con la testa in mischia schiacciata da altre teste. Tutto questo sfregamento di teste provocava lesioni alle orecchie, che si scappellavano. Aveva la fazza tutta ammaccata, con ‘ste orecchie deformi, però mica glielo dicevi , perchè era 190 cm per 120 kg e non era ciccia. Per me era sempre bellissimo. L’ altro che ho conosciuto era un pugile prima serie, un picchiatore. I picchiatori sono quelli che continuano a venirti sotto per picchiarti(ma se non sono bravi a schivare, vengono picchiati), e cercano la corta distanza. Una cosa figa viene fuori quando due picchiatori si incontrano e dalla corta si tirano ganciazzi e montantazzi e stanno anche ore così, a volte raccontandosi cose. Due picchiatori una volta durante un match hanno scoperto di essere cugini di secondo grado. Be’, lui aveva ‘sto vizio di non mettere il caschetto in allenamento, quindi le orecchie a cavolfiore gli sono venute in allenamento, che secondo me è una cosa un po’ stupida. Almeno il rugbysta se le era fatte per 1200 euro al mese (lo so, salvo alcuni top player, gli altri non prendono un cazzo), l’ altro invece pagava pure la quota per averle. Evidentemente le trovava decorative. Poi non conosco altri con le orecchie a cavolfiore, però spero che averci pensato mi sia stato catartico.
Sul film ho poco da dire. Grazie per la rece (che poi in veneto si dice “rece a cavolfior”, ma non c’ entra) e me l’ hai venduto. Devo solo procur (il resto del testo è stato valutato inopportuno e quindi rimosso)
Ho ghignato di gusto alle cronache delle orecchie a cavolfiore. Ma soprattutto ho riflettuto, che è la cosa più importante. Non dimentichiamoci degli eroi con le recchie smangiucchiate, potrebbero essere quelli che ci salvano la vita quando meno ce l’aspettiamo – o quelli che ce la frantumano perché sono enormi e sensibili, come giustamente fai presente tu.
Visto per caso a “scatola chiusa”… ho letto solo che il genere era commedia/horror,
All’inizio non ne ero molto convinto, mi sembrava una ca……, ma andando avanti mi ha proprio divertito!
é buffo come certi film possano far sorridere e allo stesso tempo creare quell’atmosfera horror che tanti filmacci se la sognano.
ok, non sarà un capolavoro epico, ma per me è una piccola perla sottovalutata