Avatar 2 è un film grossissimo che dura tantissimo: in un gesto di rara umanità, il Grande Capo Nanni Cobretti ha concesso a George Rohmer, Stanlio Kubrick e Xena Rowlands di dividersi l’onore e l’onere di recensirlo, guardandone un’ora a testa. AH AH NON È VERO, ma eccovi la nostra recensione a sei mani.
IL PEZZO DI GEORGE ROHMER
Sto leggendo in giro commenti di gente che si lamenta che Avatar – La via dell’acqua è uguale al primo, e francamente non li capisco. Sì, ok, nella misura in cui ogni singolo blockbuster americano si rifà al viaggio dell’eroe di Campbell, Avatar 2 ha gli stessi beat di sceneggiatura del primo, ma questo vale, appunto, per ogni singolo blockbuster americano!
Al contrario, se c’è una cosa positiva di Avatar 2, al di là dell’ovvia maestosità visiva, è che tenta una strada diversa. James Cameron ha scelto di raccontare una storia più intima e personale: da un lato c’è una famiglia, dall’altro una vendetta pura e semplice. Non ci sono eserciti giganteschi, non c’è LA BATTAGLIA per il futuro di Pandora. C’è un militare rancoroso che, resuscitato dalla genetica, decide di voler farla pagare al tizio che gli aveva fatto fare una figura di merda, a costo di sterminare intere specie nel mentre. Un militare che guida un gruppetto di altri militari, contro una singola tribù di Na’vi, anziché le ventordici tribù del primo film. Certo, è evidente che Cameron se lo è potuto permettere anche perché, a differenza del primo, questo secondo film è una parte di un affresco più grande, un episodio di una storia più lunga che, teoricamente, proseguirà per altri tre film. E infatti stavolta non si chiude niente e il finale apre ai capitoli successivi (in maniera nemmeno forzata).
L’altra scelta vincente è di rendere Avatar – La via dell’acqua un film corale. Non c’è un solo eroe che deve fare il suo percorso di maturazione. Ovviamente quella parte è andata: Jake ha abbracciato totalmente la cultura Na’vi ed è diventato uno di loro. Cosa resta da raccontare? La difesa di quell’ideale, che nel frattempo si è trasformato in una famiglia non solo metaforica ma reale: Jake e Neytiri hanno figliato, e adesso proteggere Pandora non è più solo questione di salvare un mondo vergine dai capitalisti malvagi, ma proprio di difendere la propria famiglia da gente che la vorrebbe morta. Anche questa scelta è comprensibile, perché permette a Cameron di sviare l’attenzione dalle già citate tappe del viaggio dell’eroe, che comunque ci sono, per raccontare una storia meno legnosa e ingessata.
Detto tutto questo, restano i problemi del primo. Cameron mette l’impianto visivo davanti a tutto – e, con risultati di questo genere, come dargli torto – e scrive le vicende e i personaggi con una A.I. di scrittura creativa. Ogni membro della famiglia Sully corrisponde a un cliché delle famiglie numerose del cinema: c’è l’adolescente ribelle, il fratello maggiore saggio che vive all’ombra del padre, la sorella che nessuno mi capisceh (la vera protagonista e il vero miracolo del film, una teenager interpretata da Sigourney Weaver!), la sorellina super-cute. Stephen Lang riprende il suo Quaritch in versione avatar, e stavolta Cameron gli appioppa anche un conflitto sulla carta interessante, ma lo risolve anche qui con le canoniche scene madri che ti aspetti.
Tecnicamente, non si può restare indifferenti. Parlavamo in live del fatto che, con tutto il suo impegno, Cameron non è riuscito a immaginare niente di veramente alieno nel primo Avatar. Il problema persiste – qualunque cosa su Pandora è semplicemente una versione più grossa di qualcosa che abbiamo sulla Terra, dai pesci volanti alle balene – ma cosa cazzo gli vuoi dire? Avatar 2 è uno spettacolo in-cre-di-bi-le, mostra scenari bellissimi, creature e personaggi in CGI tangibili, che si fondono perfettamente con le ormai pochissime riprese in live-action. A un certo punto mi è capitato di pensare per un secondo che stavo vedendo dei giganti blu di tre metri interagire con degli esseri umani sul ponte di una nave come se niente fosse e, casomai ci fosse bisogno di ribadirlo, questo è il grande merito del lavoro maniacale di Cameron e Weta (anche se l’Uncanny Valley è sempre dietro l’angolo; ma non è colpa loro, è il nostro cervello a funzionare così). Potrei cinicamente dire che, con sufficiente tempo e risorse, tutti sarebbero in grado di raggiungere un risultato del genere, e che il vero spartiacque resta sempre il primo Avatar, perché all’epoca NESSUNO aveva mai fatto niente del genere, e stavolta invece qualcuno l’aveva già fatto: James Cameron. Ma cercherò di scrollarmi di dosso il cinismo per abbracciare una meraviglia visiva che non ha paragoni, supportata da un 3D delicato e immersivo come non mai.
Avatar – La via dell’acqua avrebbe potuto essere un capolavoro. Mi sarebbe piaciuto dire che “sta ad Avatar come Terminator 2 sta a Terminator”, ma là, oltre a un progresso tecnico altrettanto epocale, c’era anche una storia clamorosa. Qui molto spesso si ha la sensazione, ma che dico, la certezza che anche i momenti “poetici” e meditativi dell’atto centrale siano in realtà stati messi lì più per mostrare quanto fosse fighissima questa tecnologia che permette di realizzare il performance capture in acqua, piuttosto che per raccontare una storia. Prova ne è, secondo me, il fatto che la reazione dello spettatore si misura anche in base alla qualità della proiezione a cui ha assistito: io ho visto il film su uno schermo sporco, e ne sono uscito meno fomentato di altri che l’hanno visto su uno schermo IMAX nel milanese (vi odio. Vi voglio bene, ma vi odio).
Si tratta sempre di trovare l’equilibrio tra tecnologia e racconto e, in questo caso, è evidente da che parte pendesse l’interesse di Cameron. Finisce così che le tre ore di durata si sentono, specialmente nell’interminabile, pur se iper-spettacolare, finale. Ma lo andrei a rivedere ieri.
IL PEZZO DI STANLIO KUBRICK
Volevo cominciare questo pezzo su Avatar 2 parlando di bambini di merda.
Il ciclo di vita di un film e della sua percezione collettiva lo conoscete. Esce, e la gente ne scrive. Ne scrive tutta contemporaneamente, per cui scriverne diventa anche una disperata ricerca della velocità o in alternativa di uno spunto originale che ti faccia spiccare anche tre giorni e migliaia di recensioni dopo l’uscita. Con il passare del tempo, la maggior parte di queste opinioni e letture lanciate con forza contro il muro si staccano e cascano a terra; se il film è dimenticabile cascano tutte. Ciò che rimane sono quelle due/tre frasi che nel corso degli anni diventano sinonimo del film stesso, o quantomeno l’opinione automatica che si associa al film quando se ne parla. Che ne so: Aliens è un film gigantesco, ma è anche “tipo il primo ma con tanti alieni invece di uno solo!”. Titanic è due film in uno e questo negli anni l’ha ridotto a “se ti piacciono le smancerie ti piace la prima parte, se ti piace l’azione ti piace la seconda”.
Avatar 2 passerà alla storia come “tipo il primo, ma con i bambini di merda”.
Attenzione: “bambini di merda” non è un insulto. Cioè, ovviamente lo è, ma l’espressione è qui usata in modo satirico, per prendere in giro chi la usa come tale. Non ho nulla contro i bambini di Avatar 2, come spero di andare a dimostrarvi a breve. Per adesso però restiamo sui bambini di merda.
C’è quest’idea molto diffusa, apparentemente formulata per primo da W.C. Fields, che lavorare a un film con dei bambini sia un incubo. In qualche modo quest’idea è percolata fino al livello narrativo ed è diventata una sorta di rifiuto collettivo di protagonisti di età non elevata da parte di tutti noi adulti cagacazzo, convinti che bambini, ragazzini, adolescenti e tutto il resto della marmaglia poco cresciuta siano la strada più dritta verso il rovinare un film.
Trascurando il fatto che viviamo nel 2022 e che tutto quello che c’è da sapere su un film è disponibile con largo anticipo sulla sua uscita, ho l’impressione che una larga fetta di persone che l’hanno già visto si aspettassero qualcosa per loro, non qualcosa per i loro figli (veri o potenziali). Avatar 2 è un film che una volta si sarebbe detto “per ragazzi”, e in quanto tale mette al centro di tutto quanto l’arco narrativo di una singola famiglia, ma visto appunto dagli occhi dei figli, con i genitori a fare da sagge figure più o meno di riferimento sullo sfondo. È, insomma, un film di bambini di merda.
Personalmente credo che basti questo particolare per depotenziare qualsiasi opinione tipo “è uguale al primo ma con più lucine”. Avatar 2 mi sembra più che altro un reboot, non narrativo ma concettuale, di approccio; e Avatar, con il senno di poi, una origin story, un Pandora Begins se volete. Dedicava gran parte del suo minutaggio ad addestrare Jake Sully e fargli prendere confidenza con i suoi nuovi poteri, e si chiudeva proprio quando stavamo cominciando a prenderci gusto. Era ancora legato al doppio piano dell’umano vs. l’avatar, la carne originale contro la nuova carne nella quale si veniva scaricati; era un film che parlava di uscire dal bozzolo, dove l’essere umano aveva ancora il suo peso che trascinava Avatar verso il basso e gli impediva di spiccare quel volo di fantasia che Cameron aveva in mente.
Guardando Avatar 2 è chiaro che a Cameron l’aspetto fantascientifico di Avatar interessava il giusto, e viene il dubbio che l’avesse infilato nel primo film quasi a forza, perché gli serviva una scusa per far abbandonare ai suoi personaggi le loro umane spoglie, e per avere una fase “di passaggio” da sfruttare per spiegare tutte le regole del gioco (cioè il secondo spiegonissimo atto di Avatar). Ora che le sacche di carne rosa non gli servono più, Cameron le caccia definitivamente in cantina a calci in faccia: il 99,99% di quello che si vede durante Avatar 2 non esiste, e da un certo punto di vista è il film di mostri grossi senza umani che sogno da anni.
E la conseguenza di questo cambio di paradigma è che Jake Sully non può più essere il vero protagonista, e non solo perché Tortello Worthington ha il carisma del mio microonde. Servono dei nativi pandoriani, dei giovani mezzi-umani (che poi di umano hanno giusto il fatto di avere cinque dita) che non sappiano nulla del pianeta da cui proviene una parte del loro DNA. E nel momento in cui fai un film di bambini e adolescenti è chiaro che quello che ti interessa più di tutto è portare bambini e adolescenti al cinema, e che la mia generazione deve scendere a patti con il fatto che Avatar 2 è per tutti, certo, ma per alcuni più che per altri.
In quest’ottica, credo che il vostro gradimento per Avatar 2 sarà direttamente proporzionale al vostro gradimento per le storie di adolescenti ribelli. Certo potete ignorare tutto il lato narrativo (tanto già sapete che tra dieci anni Avatar 2 sarà “quello con la trama banalissima”) e concentrarvi solo su quello visivo. Ma è chiaro che se la vostra reazione di fronte a scene di bullismo adolescenziale sullo sfondo dell’azzurro mare di Pandora è di irritazione e fastidio, Avatar 2 vi provocherà irritazione e fastidio. Avatar ci proponeva (c’è chi aggiunge “volutamente”) un protagonista senza età e senza personalità, e quindi buono per l’identificazione di grandi e piccini, ma anche talmente vuoto da succhiare l’aria da tutto il resto del film.
Avatar 2 ci propone una manciata di protagonisti-archetipo, dalla “figlia minore pucciosa” al “fratello maggiore serio e responsabile” passando per il “fratello minore ribelle” e per “Sigourney Weaver ringiovanita digitalmente”, e incornicia tutta la storia con i loro piccoli problemi, di cuore e non solo. Lo diceva anche George: è un film più piccolo e narrativamente meno ambizioso del primo, chiaramente pensato per la lunga distanza: è una classica storia familiare e familista, ed è anche la storia di una vendetta personale, non di un epico scontro tra civiltà per il controllo di un pianeta – quello verrà riservato ai successivi capitoli, credo. È, in ultimissima analisi, la storia di un fratello e una sorella che devono crescere e trovare la loro strada e il loro ruolo nel mondo.
A questo punto la domanda diventa: c’è abbastanza roba per chi ha l’allergia alle paturnie adolescenziali? Se chiedete a me ce n’è in abbondanza, e farsi rovinare il film perché ci sono i bambini di merda mi sembra più che altro un autosabotaggio. Alla fine della fiera, anche dietro alle lucine e alla motion capture acquatica e alle millemila cose che non esistono ma che se ne fregano e prendono lo stesso vita davanti ai nostri occhi, dietro alle megabalene e ai Turbopesciazzi e ai pescetti che fanno WHIRRR, dietro a tutto questo, dicevo, c’è comunque James Cameron, che apre il film con una rapina a un treno come in un vecchio western e che lo chiude con tre quarti d’ora (credo, circa, non avevo l’orologio sott’occhio) di battaglia finale nella quale tira in ballo Titanic ma anche Aliens e The Abyss, per quella che è una scena spaccatutto di proporzioni e ambizioni rarissime – una di quelle cose che se fai fare Avatar 2 a chiunque altro ti escono incasinatissime e sfilacciate, perché ci vuole un talento superiore per tenere sotto controllo tutta questa roba senza mai perdere il ritmo.
Riprendo una cosa già scritta prima da George: una parte di me sperava che Avatar 2 potesse essere un capolavoro vero, un film indiscutibile. E invece, necessariamente, e non dico che sia un male in assoluto eh!, ma se ne parlerà come si era parlato del primo, con in più tutta la carica di cinismo che abbiamo accumulato negli ultimi 13 anni. Se ne parlerà come di un film che va visto assolutamente in sala e che nobilita il cinema inteso come luogo e non solo come arte, e quindi se ne parlerà anche come di un film limitato e che non resiste alla prova della buona scrittura – arriva per ogni film il momento in cui semplicemente diventa impossibile vederlo al cinema, e se si smette collettivamente di guardarlo perché “sullo schermo piccolo non regge” è ovviamente un problema. Non sto dicendo che Avatar 2 non regga su uno schermo piccolo, cosa ne so, non ci ho ancora provato; solo che questo è il suo destino, “perché non c’è abbastanza oltre al sense of wonder” (citazione non ancora attribuibile perché non ancora scritta, ma vedrete).
Voglio dire che al netto di tutto Avatar 2 è un film facilissimo. Vi stupirà dal primo all’ultimo secondo eppure è impossibile che vi stupisca, perché sapete già come inizia, come prosegue e come finisce. Dipende tutto, credo, dalla vostra definizione di “stupore”. Da quanto vi piaccia l’idea di guardare cose bellissime per tre ore o da quanto al contrario vi annoi profondamente. Ma anche da quanto riusciate a immedesimarvi con la ribellione adolescenziale e il senso di spaesamento che si prova quando a quindici anni vieni sradicato da casa tua e scaraventato in un ambiente nuovo e ostile; io ho fatto un po’ fatica perché vado per i quaranta ed ero distratto dal fatto che in italiano “bro” sia stato tradotto come “bro”, ma è il discorso che facevo prima, non sono io il pubblico principale di Avatar 2, quello a cui devi vendere non solo il film ma l’intero franchise per i prossimi millanta anni.
Io resterò comunque a bordo, nonostante i bambini di merda, perché comunque le robe che ho visto in Avatar 2 non le avevo mai viste altrove e probabilmente non le rivedrò fino all’uscita di Avatar 3. In fondo (al mar) è tutto così semplice.
IL PEZZO DI XENA ROWLANDS
C’è un altro film che esce in sala in questi giorni, e che però non ha assolutamente nulla di calciabile, anche se è di un GAC, un Grande Autore Calciabilissimo ed è l’origin story di un celebre supereroe. Comincia con un bambino che va al cinema con i suoi genitori e… no, non succede niente fuori dal cinema, niente rapine, niente uccisioni, niente orfanizzazioni, niente collane strappate da gole di madri con perle che cadono in ralenti dentro pozzanghere. Il bambino al cinema – prevedibilmente – vede un film, e dentro questo film vede una scena di splosioni, un treno che si scontra con un’auto sui binari della ferrovia, e SBRAM BADABAM PIM PUM CRASH, e la sua vita cambia per sempre. Ebbene, gente, oggi quel bambino è Steven Spielberg.
Questo film sull’origine del supereroe del cinema Spielberg si chiama The Fabelmans, il film che il piccolo Steven vede al cinema e che lo trasforma in Grande Regista Calciabilissimo invece è Il più grande spettacolo del mondo (una cosa che se la scriveva uno sceneggiatore dicevi “seh, vabbè, anche meno”, invece pare sia vera verissima) di Cecil B. DeMille. Il piccolo Steven torna a casa, fa un po’ di incubi sulle splosioni, poi si fa regalare un trenino giocattolo e inizia non solo a far scontrare tra loro le carrozze – come ogni bambino del globo – ma anche a fregare la videocamera Super 8 del papà e a riprendere all’infinito i trenini che si scontrano. Filmarli, ancora e ancora. Mandare avanti e indietro, avanti e indietro. Romperli e aggiustarli, romperli e aggiustarli, con la macchina da presa. Trasformare gli incubi in sogni, e viceversa. Come ogni supereroe che si rispetti, a un certo punto il giovane Spielberg deve imparare che da grandi poteri derivano grandi responsabilità, e il suo grande potere è vedere di più: cose che non ci sono (ancora), cose che ci sono ma non tutti vedono, cose che nemmeno lui vorrebbe vedere, e invece. Lo sapete che quasi ogni film di Spielberg è la storia di una famiglia spezzata: è lui che rompe, e aggiusta, e rompe, e aggiusta. Trasforma gli incubi in sogni, e viceversa. Con il cinema, l’unica cosa che sa, l’unica cosa in cui e a cui crede.
Anche James Cameron è un po’ così, anche lui ha questa fede nel cinema che costeggia la religione, questa passione per la meraviglia sublime che ti sanno dare solo le cose che splodono (leggi, più in generale: l’effetto speciale) e questa fiducia nella possibilità del cinema di aggiustare le cose rotte, o almeno di provarci (non è in fondo tutto il paradosso di Terminator?). Solo che James Cameron è anche evidentemente un megalomane totale, per cui col suo cinema quel che si ripromette di aggiustare ora è direttamente il pianeta. Avatar – La via dell’acqua fa finta di essere un film su una famiglia che deve trovare il modo di sopravvivere, ha la «linea teen» (cit.) che più che una linea è direttamente l’asse portante di tutta quanta la baracca, si organizza attorno a una trama abbastanza basica di fuga e di vendetta, che per dare benzina alle storie son due cose che vanno sempre bene; ma sostanzialmente Avatar – La via dell’acqua è un film sulla bellezza e l’incomparabile grandiosità della natura, sulla fondamentale necessità di trovare un modo di viverci in armonia e di preservarla, e su quanto l’umanità faccia schifo a distruggerla. Era già così nel primo film, solo che negli ultimi 13 anni la Terra ha accelerato la sua corsa verso il collasso, e dunque eccoci qui.
È un film così anti-umano, Avatar – La via dell’acqua, che degli umani fa direttamente a meno, o quasi, e perfino il villain ritorna – per esigenze di trama, anche, certo – in forma di Terminator, ehm, volevo dire in forma Na’vi. È anti-umano, ma, nello stesso tempo, come dice George, non è davvero alieno: il mondo di Pandora, la nuova civiltà dei Metkayina (come già quella Omatikaya del primo film) non sono delle invenzioni del tutto scollegate dalla realtà, non sono – nonostante l’iniziale apparenza – quel tipo di fantascienza dell’esplorazione di mondi sconosciuti che costruisce la propria meraviglia nell’inventarsi universi assurdi, lontanissimi da noi. No, Pandora è chiaramente la Terra: la sua fauna, la sua flora, i suoi paesaggi e i suoi ecosistemi sono una versione potenziata, amplificata di quelli che conosciamo. La carica visionaria di Avatar non sta nella creazione di immagini impossibili, ma nel rendere immaginifiche e meravigliose cose che fanno già parte, più o meno, del nostro mondo. Come se Cameron volesse provare a restituirci, attraverso la storia di un altro pianeta – pardon, di un’altra luna – la meraviglia, l’incanto, l’entusiasmo, il rispetto e pure – scusate, sto per usare quella parola con la A – l’amore che abbiamo perso per il nostro. E, di conseguenza, l’urgenza di lottare per salvarlo, mentre ci si sgretola tra le mani a una velocità sempre più veloce.
La grande metafora ambientalista era ovviamente, come dicevo, alla base del primo Avatar, ed è spesso stata percepita come parte della “banalità” della trama: “ah, sì, e poi il film ci dice pure che non dobbiamo buttare le cartacce in giro”. In Avatar – La via dell’acqua è ancora più trasparente (come l’acqua… avete capito, eh? Eh?). Il personaggio per cui rischi di commuoverti (o, se sei come Xena Rowlands, magari ti ritrovi pure con tutti gli occhi sudati) è la versione pandoriana di una balena. La prima ora del film ti riporta su Pandora, ti aggiorna su quello che è successo nel frattempo, ti spiega gli espedienti con cui – da vero sequel, anche un po’ Eighties, anche un po’ B movie – ci ritroviamo ancora con Stephen Lang e Sigourney Weaver nel cast, nonostante siano morti nel primo capitolo. È bella da vedere, ma è anche familiare, perché il suo scopo è appunto quello di restituirci la familiarità con l’universo di Avatar. La seconda ora di film fa un’altra cosa che fanno spesso i sequel, ovvero il “viaggio all’estero”, che in questo caso è la fuga di Jakesully & famiglia in Nuova Zelanda. Qui è dove tutto ridiventa nuovo, ancora una volta – nuovo nel senso che dicevo prima: è la Terra, cioè gli Oceani, ma col trattamento-meraviglia Cameron, con l’iniezione di “potenziamento wow”.
Poi arriva il momento della caccia alla balena, ed è quello in cui, oltre alla balena, James Cameron ha arpionato anche me. È una reazione soggettiva, ovviamente. Ognuno di noi è diverso, ogni reazione è diversa. Quella scena lì discende da secoli di narrativa d’avventura, da Melville e Moby Dick, è girata portentosamente – come quasi tutto il film, d’altronde – e mi ha lasciato senza fiato, ha fatto sparire tutto il resto, ha frantumato ogni scetticismo. A quel punto, la mia fusione con l’avatar Na’vi si è completata ed è successo quello che credo sia l’obiettivo ambiziosissimo e folle di Cameron: un cambio radicale di punto di vista, che ti faccia abbandonare la tua piccola prospettiva umana per passare a quella della natura tutta. Che ti trasformi nel personaggio di Sigourney Weaver Na’vi adolescente. È passato un altro po’, dopo la caccia alla balena, e Avatar – La via dell’acqua è diventato un film di mostri grossi, dalla parte dei mostri grossi. E dopo ancora è diventato Avatar, Titanic, Aliens, The Abyss e Terminator tutto insieme, in un’ultima ora che non lascia respiro (nel bene e nel male, eh, perché sembra non finire mai). Un’ultima ora in cui James Cameron dimostra come si fa l’action se sei un regista action e non un programma di previsualizzazione digitale. È un’ora che può esser sfiancante, ma ho il sospetto che sia anche quella che può serenamente fare a meno del 3D e forse pure del grande schermo.
Io non so se James Cameron riuscirà a salvare la Terra con i suoi film. Mi sembra francamente improbabile, però abbiamo anche imparato che a James Cameron non bisogna mai dire cosa può fare, cosa non può fare e se c’era oppure no abbastanza spazio per Jack sulla zattera. Non so nemmeno se riuscirà a fare tutti i soldi che deve fare per portare avanti questo progetto ambiziosissimo, questa specie di cinema sperimentale travestito da blockbuster. Se riuscirà a farci cambiare collettivamente prospettiva, a restituirci uno sguardo nuovo dopo decenni di meraviglia consumata (paradossalmente, tra l’altro, anche da registi come lui e Spielberg), a trasformare l’incubo in sogno. So solo che fino due mesi fa di Avatar – La via dell’acqua non mi fregava nulla, e invece ora sono contenta che Jim l’abbia fatto. Che, anche se continuo a pensare che vedrei volentieri anche altri film di James Cameron, sono pronta a vedere volentieri anche il prossimo Avatar. E so anche che mi va di provare a credere ancora al cinema, finché ci riesco.
Quote:
«Ha la trama banale!!!»
(Twitter)
Ne ho lette di tutti i colori in giro per l’internette ma si può essere molto più diretti: film della stramadonna, che piscia in testa a tutto ciò che Hollywood ha sfornato nell’ultimo decennio e si piazza direttamente a fianco di Fury Road.
E a chi si lamenta della trama in ginocchio sui ceci a rivedere il loop Eternals e Wakanda Forever.
Ti si vuole bene Jim.
Ma guarda, io WF l’ho trovato godibile anche nella storia, quindi non mi faccio troppi problemi
Ma no, Eternals no, ti prego: due palle tanto me le sono fatte raramente davanti a un film
Ottimo, mi confermate che ho benissimo a schivare Eternals. Anche se ero curioso di vedere come si sono riciclati Don Lee, “il Piedone Coreano”.
“vado per i quaranta ed ero distratto dal fatto che in italiano “bro” sia stato tradotto come “bro”
Da giovane trentenne provo anche io un gran fastidio perché parlare con gli amici e dire “fra” era così fieramente italiano e invece no, le nuove generazioni non sono riuscite a fare a meno di utilizzare direttamente l’inglesismo
E’ un film pieno di cose bellissime, fantastiche, meravigliose che ruotano brillano scintillano favoleggiano, ma che dopo 20 minuti hanno già rotto il cazzo…
E’ “il risveglio della forza” di Cameron. Probabilmente con l’età sono diventato come mio padre Henry Jaws Sr che urla alla televisione, è che a furia balliluci&spiegoncelli mi ritrovo più a distrarmi che a seguire una trama, poi all’esordio dei vari “Bro” ho sperato che qualcuno nuclearizzasse l’arcipelago ma invece c’e scappata la caccia grossa alla balena, no niente, volevo dire bello ma uno ogni 13 anni va più che bene.
Ps. mio figlio Mutt Jaws al suo “primo” film 3D in età pre adolescenziale (e dopo avermi frantumato il cappello per vederlo a tutti i costi) dopo 20 minuti s’è addormentato…WTF?
Capolavoro straordinario, una delle esperienze più belle che abbia mai avuto in una sala cinematografica. Anche a livello di trama è nettamente migliore del primo
Mi chiedo ,non l’ho visto e manco il primo ,tolti gli arcobaleni che ce rimane?
Rimane James Cameron. E non è poco.
Si regge sugli arcobaleni, e sono i migliori arcobaleni sulla piazza, una roba da far instaurare un’alleanza tra Dio e il popolo eletto dei Na’vi. Tolto l’inseguimento e le macchine che si sfrociano in fiammate, a Fury Road che rimane? E tolte le legnate di violenza, quanto resta ad Undisputed? Forse sono one-trick-pony, ma quel trick te lo fanno talmente bene che non puoi che commuoverti davanti al Little Sebastian blu con le lucine stronze di turno.
E sono d’accordo, ma merita più di un true lies o un aliens? Tolti sempre gli arcobaleni e le stelline natalizie
non credo ti interessi la risposta
Eh su, che gli vuoi dire a Cameron? Che spacca. Anche quando magari non te lo aspetti!
E la sceneggiatura conta? A sto puntorglio un Terrifier 2,sostanza ,effetti vecchio stile,e una storia.
P.s sto trollando ma non troppo.
Al di la’ di tutto, Cameron e’ il primo uomo ad averci portato su un altro pianeta.
In tutti i sensi.
Ringrazio di essere nato nella sua stessa epoca, davvero.
Visto ieri, in IMAX 3D, anche se ho dovuto vendere un rene per pagare il biglietto. Primo film visto in IMAX, e secondo in 3D al cinema (il primo era stato, indovinate, Avatar).
Visto solo ieri, e la trama già quasi non la ricordo. Sono 3 ore di documentario sui pesci + le splosioni, salvo che non sono solo pesci e splosioni, ma TURBOPESCIAZZI e MEGASPLOSIONI e GRANCHI ROBOT, ed è stato bellissimo. Tornerei a vederlo oggi. Poi purtroppo basta, che ho finito i reni.
Sicuro me lo vedrò al cine, come ho visto il primo. Anche se sono tra quelli a cui non è piaciuto (il primo, ovviamente). E sono d’accordo con l’opinione generale, va visto perché è Cameron e cazzo Cameron va visto al cinema.
Ma non so, sono disposto ad aspettare che si svuotino un po’ le sale, nel mio cervello 400calcista roba tipo “the Big Four” o “Glass Onion” hanno la priorità.
È normale? L’hype per Avatar non mi sale. Spero di ricredermi vedendolo.
Se penso a James Cameron lo vedo un po’ come il nostro Méliès, e non solo in seno al cinema dell’attrazione mostrativa ma anche a questa bellissima ossessione del voler creare qualcosa di mai visto prima. Ecco, ricordo ancora quando sono andato a vedere Avatar, nel lontano 2009. Bei tempi quelli. C’era una certa emozione, la folla fuori dal cinema, i pop-corn, gli occhiali 3D. Si sono spente le luci ed è partita la magia, una magia di 2 ore e 40. Alla fine dell’ultima inquadratura, con l’arrivo dei titoli di coda, la sala è esplosa in un applauso spontaneo. Io mi sono guardato intorno, l’esprit de l’événement, mi sono dato qualche secondo di riflessione e poi ho pensato: “A me ha fatto cagare”. E oltre a ciò mi era pure venuto mal di testa. Negli anni ho poi dimenticato Avatar ed avevo come l’impressione che in linea di massima nessuno se ne ricordasse più. Il film più visto nella storia del cinema era anche quello mai citato da nessuno. Non credo neanche di aver mai visto un action figure di qualche personaggio di Avatar. Come si chiama il protagonista di Avatar? Come finisce? Bho, io l’ho cancellato. E con cotale hype che mi sono fiondato all’Arcadia di Melzo (perché non sono l’ultimo degli stronzi) a vedere Avatar – La via dell’acqua. Ma che bello tornare su Pandora. Il meglio del meglio. 48 fps, la stereoscopica acquatica e vasche da 946 mila litri. Tralasciamo il discorso degli effetti visivi… Sono fighi, una esperienza immersiva pazzesca, oggi ci sei domani chissà, quest’anno è proprio volato, più che freddo c’è umidità (questa me l’han detta giusto l’altro giorno). Visto che si tenta di parlare di cinema e non di videogames, io un po’ di storia la vorrei. Una storia con una compattezza. Avatar: The Way of Water ha una sua compattezza? Per me, povero scemo, no. Non solo. Presenta anche ingenuità, buchi, incongruenze, personaggi che fanno scelte incomprensibili. Spider… Fai tu bro, fa un po’ come ti pare perché la coerenza è un optional. Sì, ok, almeno è un film corale con una famiglia mai vista prima, rapporti tra fratelli mai visti prima e l’immancabile vicenda teen mai vista prima che fa proprio grande cinema 👍🏽. Oh, effetti speciali pazzeschi però. Jake e Neytiri (si, si chiamavano così i tizi dal primo capitolo) si sono evoluti. Lui mette in punizione chi sgarra e lei fa la massaia. Poi però succede qualcosa e loro prendono una decisione che rivela la sua inutilità con la scelta immediatamente successiva. Certo, il rivedere il percorso del viaggio dell’eroe ma del percorso del viaggio della logica ne vogliamo parlare? Spettacolo i 48 fps, Gesù la motion capture, non capisci nulla se parli male di Avatar 2 e quindi sento di dover dire che la balena (per semplificare) mi è piaciuta. Free Willy, Dragon Trainer, Belle e Sebastien, quel mondo lì che scalda tanto il cuoricino. Sì, il lato animalista è la cosa che ho più apprezzato di Avatar: La Voie de l’eau. Ma è un qualcosa che si muove più per scelte stilistiche, di impatto visivo e silenzi, che per una sceneggiatura decente. Già, perché, spoiler, Avatar 2 non ha una sceneggiatura decente. Fosse stato un film che se la tira meno una scrittura debole la si poteva perdonare, anche se in questo caso sarebbe stato un film penoso. Altra questione non da poco: tolto l’IMAX 3D e piazzato il nostro televisore in cucina, accanto allo stenditore e ai calzini appesi, Avatar 2 avrà ancora senso? Secondo me avrà sicuramente senso come fenomeno culturale (oddio, forse manco quello) e come evoluzione della immagine ma parlando di cinema? Un esempio un po’ sleale: se prendi Il nastro bianco di Haneke e lo guardi prima al cinema e poi in tv, resta un grandissimo film? Sì. Non si può dire la stessa cosa di Avatar – La via dell’acqua. Tuttavia quando la gente riempie le sale è sempre bello e qui una volta era tutta campagna. E a proposito, scherzavo sull’Arcadia di Melzo. Però fa figo e sento sempre nominare codesto luogo. Ma io ho optato per qualcosa di meno possente, anche perché avrei dovuto fare un viaggio assurdo in auto coi miei figli e di guidare per giorni non mi va. Vorrei infine dire una cosa che penso dal primo Avatar, a me i na’vi ricordano tutti Robert Pattinson.
Ti vedo, Fra… <3
(bugia: sono uscito di sala in configurazione S.Lucia Martire e ora staziono in un angolo in attesa del trapianto di corner. Poi torno a rivederlo)
Un esempio un po’ sleale: se prendi Il nastro bianco di Haneke e lo guardi prima al cinema e poi in tv, resta un grandissimo film? Sì. Mi è piaciuta molto la tua disamina sul film non banale ma ben argomentata come piace a me sentirsi dire il perché e il per come non piace una cosa argomentare. Io capisco tutte le tue motivazioni ma credo che ti resti da prendere in considerazione che Avatar e un film che va vissuto al cinema che va fruito in una sala la più bella possibile qualitativamente parlando ,e come scopo ha proprio questo portare la gente al cinema. Non è perfetto ,dimenticabile, banalotto, copia incolla del precedente e quante altre cose si voglia dire per sminuirlo ok. Restano comunque tre ore di puro cinema. Haneke per quanto posso amarlo vederlo in uno schermo di cellulare o al PC o al limite col proiettore non mi farà mai muovere dal divano per fare 300 km venire all Arcadia a vederlo nelle migliori condizioni possibili resta un film meraviglioso di nicchia bianco e nero autoriale che vedremo io te e qualche altro gatto ma che non compie il suo lavoro portare la gente al cinema. Se mi permetti la considerazione Avatar è pensato per la sala cinematografica e li va vissuto e mi sembra che il suo obiettivo sia stato centrato. Ciao Marco.
Visto in 3D come il primo. Stessa reazione avuta quando vidi il primo al cinema: appena uscito dalla sala ti sembra una meraviglia, un’esperienza sensoriale totale. Peccato che duri giusto il tempo della proiezione e subito dopo cominci a svanire. Fra qualche giorno sarà tutto dimenticato.
In ogni caso ringrazio James Cameron perché il suo cinema è grandioso, concreto, tangibile. L’unico rimpianto è che dopo Titanic ha dedicato la sua vita cinematografica ad avatar e poco altro. Alita era un prigetto perfetto sia per lui che per Robert Rodriguez. Peccato che fosse interessato più a sperimentare nuove possibilità tecnologiche che non alla storia in sé e a tutto il resto.
La filmografia di Cameron rivela due cose: 1) fino a Titanic sono tutti capolavori e B) dopo Titanic ce lo siamo completamente giocato. Oramai c’è solo avatar ed è un vero peccato.
In ogni caso, tanto per giocare, ecco la mia personale classifica dei sui film dal peggiore al migliore.
PIRANHA PAURA
AVATAR
AVATAR 2
TRUE LIES
TITANIC
THE ABYSS (CAPOLAVORO)
TERMINATOR
TERMINATOR 2
ALIENS
Prima di avatar hanno mostrato il trailer di THE FABELMANS. Credo che il miglior regista della storia meriti l’attenzione di ogni sito di cinema che si rispetti. È intrinsecamente calciabile e che non rappresenti nemmeno un’eccezione meritevole. È meritevole e basta. Sarebbe un bel regalo di natale.
Ma a proposito di Arcadia di Melzo: esistono IMAX in Piemonte? O devo farmi due ore di macchina per vedermelo come Jakesooly comanda?
Domanda tecnica, avete notizie se il film è volutamente in 50/60fps?
In rete non trovo nulla e mi viene il dubbio che la sala dove l’ho visto l’abbia proiettato con quell’orribile effetto fluido, in gergo effetto soap opera. Possible mai che è stata una scelta di Cameron?
Cameron ha girato il film a 48 fps, e renderizzato tutti gli effetti in 4k a 48 fps, quello è il modo nativo del film, poi è stato masterizzato anche a 24, nessun cinema puo proiettare i film cosi fluidi, se non lo sono a 48 alla sorgente, e te lo dico da proiezionista
Signore e signori, per i fantacalcisti abbiamo le ….
Pagelle!
ATTENZIONE SPOILERS!!!
Jake Sully: il campione della scorsa stagione si e’ visto vendere il cartellino ed ha dovuto cambiare squadra e campionato. Anche dopo essersi portato dietro qualche elemento del vecchio team, appare spaesato e costretto a giocare in difesa, ruolo per lui solo in parte familiare. Passa un primo tempo a lavorare di motivazione, lo spogliatoio mugugna, nel finale infila qualche bella azione, ma deve essere salvato in corner. Voto 6.5
La moglie di Jake: rimane nelle retrovie per quasi tutta la partita, ha i suoi bei problemi con figli bullizzati e figlia drogata. Per dovere di ruolo segue il capitano, ma non e’ molto convinta. Sfodera nel finale l’antico talento, anche se non riesce propriamente a riemergere. Voto 6
Il figlio maggiore: solido, a suo agio in difesa, appena c’e’ da toccare palla verso l’attacco appare invece timoroso ed eccessivamente ligio alle regole e al fair play. Alza la testa nella (piccola) rissa del primo tempo, si sacrifica molto nel secondo tempo fino all’uscita tra lacrime e qualche perplessita’. Voto 7 meno
Il figlio minore: talentuoso, naturalmente votato ad un ruolo d’attacco, cerca come puo’ di uscire dagli schemi e costruisce qualche azione per proprio conto facendo un po’ troppo il veneziano e non passando palla quando dovrebbe. Grandissima intesa con il free willy cataceo, con il quale cerca di appartarsi un po’ piu’ del dovuto, ma i tempi cambiano e sono pochi a gridare allo scandalo. Effettua un grande recupero nel finale e si conquista la stima del capitano. Voto 8
La figlia maggiore: elemento di grandissime potenzialita’, per quasi tutta la partita appare assente e svogliata, spesso in trip lisergici, ha palesi problemi di droga. Causa risse prima e interventi dell’infermeria dopo, disorientando un po’ tutti. In zona Cesarini trova finalmente i suoi spazi e si carica sulle spalle meta’ della squadra portando a casa il risultato. Un consiglio? occhio all’antidoping. Voto 8.5
La figlia minore: elargisce faccine e sorrisini, una piaga per quanto riguarda le azioni corali. Poco incisiva, pochissimi palleggi. S.V.
Il capo maori: non sta piu’ nella pelle verdina per l’emozione di poter giocare con il vecchio campione Jake, cerca qualche azione corale, ma non riesce ad imporsi. Risulta poco incisivo intento com’e’ a tener buono lo spogliatoio. Gregario. Voto 5
La capa maori: quella con la testa sulle spalle, ben conscia del ruolo, malgrado l’ottima vocazione alla difesa rimane troppo ancorata ai vecchi schemi a catenaccio degni di Trapattoni. Gioca malvolentieri con i nuovi arrivati, si eclissa nel finale. Voto 5.5
I figli maori: simpatiche canaglie, stordiscono con il loro tika-taka e creano pericolose occasioni al limite dell’autogol. Creano una deliziosa rissa in perfetto stile college. Poi scappano quando c’e’ veramente da entrare in partita. Ancora acerbi. Voto 5+
Il pesce ‘dentino’ squalone: un solista d’eccezione, ci regala tocchi di gran classe con cui fa letteralmente a pezzi tutto quello che gli si para davanti. Cerca il fallo da espulsione con il figlio minore, viene messo fuori gioco senza tanti complimenti da free willy. Da tenere d’occhio. Voto 7.5
‘Free willy’ cetaceo solitario: grandissimo, e non solo per stazza. Salva il figlio minore, e’ sempre presente quando c’e’ da menare pinne e mani, nel secondo tempo ci regala giocate di potenza ed eleganza che portano scompiglio nella squadra avversaria. Riporta a galla il capitano e salva il risultato. Avercene. Voto 9
Spider: sulla carta avrebbe grandi capacita’, gioca al limite del regolamento e non ha chiaro dove collocarsi fra i due schieramenti. Sue le colpe per alcune delle incursioni avversarie che causano i maggiori danni, ritorna in partita solo nel finale effettuando comunque un salvataggio di grande generosita’. Ancora troppo ingenuo. Voto 6 meno meno
Quello con l’arpione: granitico, caparbio, deciso fino all’ultimo. Esibisce una motivazione incrollabile ed alcuni palleggi di rara potenza e classe. Capace di organizzare i reparti offensivi secondo schemi ben rodati. Pecca un po’ in visione strategica, non getta mai la spugna e ne esce a pezzi. Implacabile. Voto 8.5
Lo scienziato pentito: non entra mai in partita, recrimina su tutto, mugugna come un camallo e non combina nulla. S.V.
Il Colonnello avatar: ci crede piu’ di tutti. Gioca con impegno e classe, attorniato da quella che sarebbe dovuta essere una selesao di livello, ma che si rivela molto al di sotto delle aspettative. Ha una visione strategica efficace e, applicando il manuale Ferradini, dosa bene amore e crudelta’ (ma fuori dal letto, nessuna pieta’). Non esce di scena per via dei ripescaggi, per cui disputera’ anche la prossima partita. E meno male! Voto 9.5.
Gli avatar militari: tutti dediti all’outfit, infilano qualche selfie tra una azione e l’altra. Eseguono gli schemi senza guizzi e non chiudono in difesa. Piu’ la spesa che l’impresa. Voto 4.5
Menzione speciale a: il liquido dorato alias l’elisir di eterna giovinezza. Dunque: gli umani sono in grado di compiere viaggi interstellari, di clonare forme di vita aliene, di backappare una mente su una chiavetta usb … e non riescono a replicare in laboratorio un composto organico? Voto… voto??? Vada a ristudiarsi Chimica Organica I e ringrazi se non lancio il libretto fuori dalla finestra!
Visto solo ieri.
Allora, i 50 minuti di battaglia finale sono la cosa più spaccamascella che vedo in una sala cinematografica dai tempi di Fury Road. Li rivedrei anche subito e sicuramente li rivedrò (solo quelli) quando il film uscirà su Disney Plus.
Peccato che per arrivarci bisogna papparsi 2 ore di menate di adolescenti blu.
Cameron voleva fare un documentario su Pandora, fine… probabilmente c’è pure stato (non è possibile che quella roba non sia vera) ma il documentario non glielo facevano fare e ci ha messo un po’ di storia attorno
Credo di essermi perso alcune parti perchè ero distratto dalla BELLEZZA.
Ma davvero quindi la storia è che i cattivi vogliono semplicemente vendicarsi? Ma pensa te.
Applausoni per la bolgia finale, il braccio che vola via, il balenone tristone e buonone ma non troppo e persino la parte Titanic 2.
James, ti vogliamo un sacco di bene.
Confermo che a 2 giorni dalla visione anche io ho già archiviato tutto, come con l’1.
Però mi è salita la fotta per riguardare The Abyss.
Non c’è “LA BATTAGLIA” ?!? Ma che film hai visto? C’è pure la “balena” che ne prende parte.
Bah, articolo che vale la lettura per si e no 10 righe.
Io mi sono divertito. Da vedere è abbastanza incredibile, pure in un normale 3d. Se non si hanno aspettative, come non le avevo io, secondo me è meglio.
Si può rimanere fedeli a se stessi dopo 12 anni? Si può fare un sequel che non solo visivamente ma che a livello narrativo amplifichi quello che è stato fatto nel primo film e non ne ripeta completamente la genesi narrativa? Si può far durare il film di più e renderlo comunque nonostante la lunghezza più drammatico? Ma soprattutto si può rimanere il regista più visivamente straordinario e innovativo della fantascienza assieme ad un altro canadese del Quebec?
Io credo che si possa, Cameron è tornato e ancora una volta fa la differenza, quella continuità che non è riuscita a nessuno, tranne il suo conterraneo Denis Villeneuve. Non è riuscita a Spielberg, oramai avvitato su se stesso in una deriva favolistica raccogliticcia ed autocelebratoria, non è riuscito a Jackson, che si è involuto, sia visivamente che narrativamente è diventato schiavo del TRASH da cui proveniva senza soluzioni apparenti. Non è riuscito a Lucas che ha fatto tenere in vita un aggrovigliato, contraddittorio e scopiazzato universo di fantascienza che non ha sviluppato PER NIENTE la galassia lontana lontana.
Insomma Cameron non è solo rimasto fedele a se stesso, ma si è EVOLUTO e alla soglia dei 70 anni oramai rappresenta il cinema di fantascienza come qualcosa non certo di innovativo a tutti i costi dato che le trame sono una trentina ma CREA un mondo DIVERSO. Dove la continuità c’è, e gli esseri umani SCOMPAIONO. Ecco la cosa più importante, sarà anche Balla con i Lupi, piccolo grande uomo, il mucchio selvaggio, Platoon, moby dick, lo squalo, abyss, Aliens,Mowgli eccetera ma reinventa non poco. Cameron costruisce una storia corale questa volta, dove la famiglia aliena è centrale mentre gli esseri umani beh, facciamo veramente schifo…
siamo spietati, vendicativi,vigliacchi,avidi,stupidi e soprattutto senza empatia. Abbiamo distrutto il nostro pianeta, e ora vogliamo fare lo stesso con Pandora, sterminandone animali e popoli indigeni.
Ovviamente non sarà così facile, non con gli alieni blu, non con le tribu del mare.
Questo è uno dei punti di forza del film, quando Cameron ci immerge nel mare è come tornare a 12 anni fa, al capostipite AVATAR.
Potrei restare per due ore a guardare l’immensità degli oceani di Pandora, i pesci, le balene aliene, gli squali alieni, piante e organismi a colonia, come in un documentario.
La storia pecca di lunghezza ma ci sono almeno due sequenze che fanno dimenticare tutto questo, la caccia alle balene aliene che colpisce al cuore e lo scontro tra gli umani Acab e Moby Dick verso la fine, qualcosa di stupefacente, non solo per inventiva, ma per narrazione, ritmo e stile, qualcosa che nessun altro regista credo sia attualmente in grado di eguagliare. Tutto per un finale aperto che ci porta verso Avatar 3 la seconda parte di questa via dell’acqua che uscirà nel 2024. Il cinema d’intrattenimento è tornato alla grande, e questo non era scontato dopo tanti film mediocri.
“finiamola qui”.
Ma la penuria di commenti sarà mica indicativa del fatto che ‘sto stracazzo di filmone ha floppato?
No, il botteghino lo sta sbancando, come prevedibile, e finirà poco dietro al capostipite, da qui ad un annetto. La relativa scarsezza di commenti è che non c’è un accidenti da dire oltre alle due cose che tutti hanno già detto. La parafrasi la fai alle elementari, e se non diventi giornalista, trovi di meglio da fare.
Visto a ceva sabato in due d a me è piaciuto mia moglie l ha odiato perché troppo lungo effettivamente fosse durato 2 ore e 20 era meglio un film da vedere al cinema bob
Visto due volte con gusto (non lo faccio mai).
Sia detto senza polemica, chi non lo ama secondo me non ama il cinema, specialmente quello riconducibile alle note definizioni calciste (1. il cinema è azione, lo dice la parola stessa; 2. fammi vedere cose che non vedrò mai nella mia vita).
Io amo il cinema ma oggettivamente mi basta una volta che legano le bimbe blu e le rapiscono e scappano e le rapiscono e scappano e che due palle bob
Assolutamente da vedere. Delle recensioni l’unica che è arrivata vicino a cosa vuol raccontare il regista è la terza. Il resto sono come sempre autorefenziali e di una noia morta.
Dio benedica James e la sua follia subbacuiaatica (semicit)