Normalmente in questo periodo saremmo in vacanza, ma quest’anno ci sentiamo eccezionalmente generosi e, per non lasciarvi soli, abbiamo pensato di continuare con un piccolo speciale alla portata delle nostre energie in ricarica. In attesa di riprendere la programmazione normale ci faremo quindi traghettare verso il nuovo anno da Guillermo Del Toro e la sua Stanza delle Meraviglie, antologia horror a metà tra The Alfred Hitchcock Hour e i Racconti della Cripta, sbarcata da poco su Netflix: a voi, in quattro parti, una breve recensione di tutti e otto gli episodi.
EP. 3: L’autopsia, di David Prior
(pezzo di Terrence Maverick)
David Prior, dopo l’ottimo esordio con The Empty Man, qui si conferma un giusto da tenere d’occhio. Questa volta non fa tutto da solo, The Empty Man se lo era scritto, diretto e pure montato, e ok che era tratto da una graphic novel ma se lo è comunque scritto, diretto e pure montato tutto da solo, voglio dire: mecojoni; questa volta invece la sceneggiatura non è sua ma di David S. Goyer, quello dei Blade belli ma anche dei Blade orribili, dei Batman belli ma anche dei Batman divisivi, e infine quello, non va dimenticato, del film televisivo su Nick Fury con David Hasselhoff. Come se l’è cavata questa volta il nostro amico Goyer? Direi molto bene.
L’episodio di Prior che troverete dentro Tales from Del Toro’s Crypt è tratto da un racconto breve di Michael Shea, L’autopsia appunto, pubblicato per la prima volta nel 1980 su The Magazine of Fantasy and Science Fiction e poi incluso nel 1987 nella raccolta Polyphemus. Shea aveva Lovecraft come riferimento letterario al punto che scrisse The Color out of Time, sorta di sequel non ufficiale de Il colore venuto dallo spazio, e di conseguenza adorava Cthulhu e tutte le creature aliene in qualche modo figlie sue, soprattutto quelle viscide, parassitarie e ovviamente tentacolari. E in questo suo racconto tale passione si vede tutta.
L’autopsia gira attorno ad un misterioso incidente in una miniera, dove apparentemente uno dei minatori si sarebbe fatto esplodere uccidendo diversi suoi colleghi. Ciò che sfugge non sono solo le motivazioni ma la natura della possibile arma utilizzata: un oggetto di forma sferica che nessuno sa dire con esattezza di cosa si tratti. È una bomba? Non è una bomba? Boh. Per semplificare le cose lo sceriffo scrive sul rapporto PPP, ovvero: pelosa palla puzzolente, e per cercare di venirne a capo, chiede ad un suo vecchio amico dottore di esaminare i cadaveri dei minatori, compreso quello del presunto assassino.
Prima di arrivare quindi all’autopsia del titolo, per una buona prima metà dell’episodio Prior e Goyer creano egregiamente la tensione e il background che ci portano allo svolgimento e alla risoluzione della vicenda, giocandosi bene gli indizi (la pioggia di meteoriti, i cadaveri senza sangue) per non bruciarsi troppo la sorpresa e avvalendosi della presenza di due fuoriclasse come F. Murray Abraham e Glynn Turman. Quando poi arriva il momento di aprire i corpi è come se iniziasse un altro film, un cortometraggio a sé stante (come il prologo di The Empty Man) al quale però siamo giunti con assoluta naturalezza anche se ora al posto del thriller c’è l’orrore cosmico. È quasi un western sotto mentite spoglie L’autopsia, con la figura dello straniero che viene chiamato per risolvere un problema in una città che non è la sua, e con un vero e proprio duello finale, dove vince chi gioca d’astuzia.
Se lo chiedete a me, questo, I ratti del cimitero (di cui vi abbiamo già parlato ieri) e Il brusio (di cui vi parleremo la settimana prossima) sono i migliori episodi del Gabinetto del dottor Del Toro.
PS: sempre su Netflix, nel caso vi fosse sfuggita, c’è questa bombetta prodotta dal nostro Prior insieme al suo amico di vecchia data David Fincher che si chiama Voir, e sono sei video essay sul cinema, alcuni diretti da Prior stesso e altri da Taylor Ramos e Tony Zhou, quelli di Every Frame a Painting. Ripeto: quelli di quel capolavoro di canale YouTube che fu Every Frame a Painting. Devo aggiungere altro?
EP. 4: L’apparenza, di Ana Lily Amirpour
(pezzo di Quantum Tarantino)
Ci incontriamo ancora, Ana Lily Amirpour.
Ti ho odiata fortissimo per The Bad Batch, non mi sono mai annoiato così tanto come quando ho visto A Girl Walks Home Alone at Night e sicuro, guarda, ci scommetto dei soldi, verremo alle mani quando vedrò Mona Lisa and the Blood Moon. Questo non cambia il fatto che comunque vedrò Mona Lisa and the Blood Moon e già che ci sono mi sono visto pure il tuo episodio del Gabinetto del dottor Del Toro. Che dire, Ana Lily Amirpour. Non credo che andremo mai d’accordo.
Che poi io quando guardo un film mi sforzo sempre di applicare la tecnica S. Craig Zahler. La tecnica S. Craig Zahler (grazie per averlo chiesto) è l’esercizio mentale con cui, quando guardi una cosa con cui non sei minimamente d’accordo, ti sforzi di badare a come la dice e non a cosa dice. Il che permette di apprezzare le bombe atomiche di S. Craig Zahler ignorando le puttanate atomiche di cui sono infarcite. Funziona anche con Ana Lily Amirpour? Beh, no, perché non è S. Craig Zahler.
The Outside è una cautionary tale sull’importanza di essere sé stessi, non cedere alla peer pressure e non uniformarsi agli altri solo per non essere esclusi. Pena la morte (cerebrale). La sceneggiatura è tratta da un webcomic (uhm, ok) e ci sono due attori bravissimi che vengono dal mondo della commedia, Kate Micucci e Martin Starr, più un cameo di Dan Stevens che invece viene da Downton Abbey e dal live action di La Bella e la Bestia (vabbè, dai, era anche Legion e il killer super-carismatico di The Guest).
Kate Micucci interpreta il personaggio che interpreta sempre, cioè la stramba quirky anticonformista persa-nel-suo-mondo e con gli occhi da matta, ma visto che siamo in un horror invece che suonare l’ukulele la sua passione è la tassidermia. Sempre visto che non siamo in una commedia, Kate soffre per il fatto di essere la stramba del paese, di non essere “bella” secondo i canoni estetici dominanti e in particolar modo di non riuscire a legare con le colleghe al lavoro, che vengono descritte come una cricca di arpie, false, crudeli, stupide e superficiali con cui nessuno al mondo vorrebbe mai fare amicizia (ma i meccanismi dell’amicizia femminile, si sa, sono strani e noi cerchiamo di non metterci becco). Così, su consiglio della televisione, inizia a usare una misteriosa crema di bellezza – significativamente, un liquido bianco, denso e vischioso – con risultati inaspettati e devastanti.
Immagino che questa cosa di doversi fare il bagno nella $b0rr4 per essere accettate dalla società sia un’arguta metafora del patriarcato, anche se forse un pelo fuori fuoco, dal momento che il “villain” del racconto sono le altre donne, cattive in modo caricaturale, mentre l’unico uomo, il marito interpretato da Martin Starr, è un santo che le ripete fino alla morte “amore mio non devi cambiare sei perfetta così come sei”. Quindi boh, voleva essere una parabola femminista (l’intento è abbastanza evidente più o meno all’altezza del monologo femminista di Micucci) e finisce per essere una di quelle storielle in cui le donne sono tutte stronze tranne la donna che la racconta. Perdonate la generalizzazione.
Come gli altri film di Amirpour, anche The Outside è lento, ridondante, ripetitivo, ridondante, scontato nell’uso dei simboli e poco interessante se tirato fuori dal Messaggio attorno cui è stato scritto. Usa con spocchia il genere horror per dire qualcos’altro e lo dice pure male. Ma soprattutto è la proverbiale montagna che partorisce il topolino: pare che stia montando su chissà che metafora per portare alla luce una grande e scomoda verità della società occidentale e alla fine se ne esce con una roba di banalità sconcertante. Non bisogna cambiare solo per piacere agli altri? Wow, ma l’avevamo già imparato in seconda elementare con il cartone animato di Mister T!
Oooh grazie che anche voi ritenete The Outside una cacata madornale! Tutte le recensioni in giro lo hanno incensato come miglior episodio della serie, a sto punto presumo solo per il “messaggio” e perché la regista è una donna.
Nulla contro le registe donna eh, mi sono piaciuti Ladybug, Piccole donne e andrò dritto a vedere Barbie quando esce!
A vederlo rigorosamente in compagnia, immagino
“Due biglietti per Barbie”
E invece colpo di scena, visti di mia sponte e in solitaria…il che forse suona anche peggio…
Grazie per tenerci compagnia anche in questi giorni di feste…. almeno non ci si sente gli unici sfigati al lavoro 😁
Il Gabinetto di del Toro ancora non sono riuscito a vederlo perché mi sapeva di sola, ma direi che provvederò.
Poi se ne avete voglia vi chiedo un parere anche su The Bad Guy… visto per metà ma a me sta piacendo parecchio, una eccezione meritevole secondo me
Non saprei se meritevole, ma non è una eccezione. Mafia, gente morta ‘splosa, gente morta pistolata, gente morta menata in modo creativo. Bonus ponti che crollano.
Il migliore e il peggiore della serie. Amirpour irritante da morire, Quantum ha espresso pienamente i miei stessi pensieri: neanche alle medie leggevo lezioncine così banali raccontate con tanta spocchia. Odiosa. Prior invece arricchisce un bel racconto con una regia eccezionale, crea grande tensione con una storia dopotutto già vista, ma che gode anche di un attore eccezionale.
>> “anche The Outside è lento, ridondante, ripetitivo, ridondante”
Quantum sei un genio [emoji dei cuoricini k-pop fatti con pollice ed indice]
♥ (ma coreano)
Un appunto (non inficia la recensione anzi): le colleghe di lavoro sono la perfetta corrispondenza dei colleghi di lavoro (maschi) che stanno sempre a parlare delle tipe che si sono fatti o di quante corna mettono alla moglie. In effetti il messaggio di fondo ne esce pure peggiorato
quindi confermate che solo io ho colleghi che si fanno i cazzi loro?
Dan Stevens per me è innanzitutto il protagonista di “Legion”, in realtà
Serie di cui un paio di episodi sono stati diretti proprio da questa Armipour, se lo deve essere portato da lì
Con tutto quello che avete detto di questa tizia, io personalmente non ne ho visto neanche un lungometraggio. Neanche quel “Bad Batch” facilissimo da vedere su netflix, memore della vostra stroncatura. Un giorno, forse, ma non fra le priorità
Domanda per Quantum Tarantino: su cosa non sei d’accordo con Zahler? Credevo che fosse un santo da queste parti. Io personalmente ho visto solo il film con Mel Gibson e Vaughn, poi non so se tu hai in mente altro
Comunque bella questa rassegna su questa serie tv, sarebbe (stato?) bello vedere un trattamento simile per altre serie antologiche degli ultimi anni, come quella sui racconti di Philip K. Dick su Amazon Prime “Electric Dreams”, l’animazione meritevole “amoremorterobot” e quell’altra horror curata da Max Landis di cui non ricordo il titolo
(e anche quelle di Star Wars…)
Zahler è bollato come regista conservatore, perciò, al di là dei meriti tecnici, è mal visto dalla parte liberal progressista tipica di questi ambienti (Quantum ne è uno dei massimi esponenti ma anche gli altri non scherzano).
Quindi non è tanto cosa dice ma fa solo parte dell’altra squadra quindi brutto e cattivo.
la cosa è leggermente più sfaccettata di come l’ha descritta l’altro esimio collega commentatore.
riassunta e semplificata, te la butto cosi
1 – zahler sceglie dei protagonisti razzisti e conservatori
2 – i destrorsi dicono “yeah finalmente protagonisti che dicono quello che pensiamo”
3 – i sinistrorsi dicono “i suoi protagonisti sono razzisti e conservatori e piacciono ai trumpiani, quindi anche lui ed i suoi film sono probbbblematici”
4 – zahler di suo su questo ci marcia tantissimo e dice “non so io non mi occupo di politica, se uno pensa che i miei protagonisti sono nel giusto lo approvo, se uno pensa che sono orribili lo approvo, hanno ragione tutti”
ognuno poi si trae le sue conclusioni.
La cosa non è sfaccettata, è esattamente come la descrivi tu nei punti 2 e 3: una questione di squadre.
Avere protagonisti “problematici” fa parte del cinema da sempre, specialmente quello fatto bene.
Sorvolo sull’associazione conservatore e razzista (o qualunque altro termine dispregiativo a seconda del caso) perché si apre una parentesi che chiudiamo tra due anni.
ciao mel, per rispondere alla tua domanda, Zahler ci piace molto. è innegabile che in tutti i suoi film ci sia un tema di malsopportazione verso i non-bianchi, non-americani e immigrati, e questo se devo essere onesto non mi fa proprio impazzire. lui stesso non ne fa mistero e si diverte a provocare al punto che non è chiarissimo se ci creda davvero o trolli soltanto.
in cell block 99 posso ammirare lo stile e non essere d’accordissimo con l’iconografia di un eroe bianco, retto e incorruttibile, che fa una carneficina di topi di fogna messicani. stesso discorso per bone tomahawk, che è un fantastico western-horror dove i nativi americani sono dei subumani cannibali stupratori e i bianchi che li sterminano sono colpevoli solo di stare proteggendo le proprie donne. in dragged across concrete, d’altra parte, mi è sembrato di scorgere un discorso non diversissimo da quello che fa Lansdale in molti suoi romanzi (lansdale, a scanso di equivoci, è dichiaratamente di sinistra): mettere personaggi detestabili nella posizione di fare la cosa giusta e lasciarti lì a cheiderti se a fare un uomo sono le sue idee o le sue azioni. che è secondo me uno spunto piuttosto interessante.
per quanto riguarda Electric Dreams: sarebbe stato figo ma ho paura che quel treno ormai sia passato, è una serie del 2017 e riusciamo a stento a stare dietro a quello che esce ora!
è sfaccettata perché, come conferma anche quentin, zahler ci marcia alla grande, punto.
ps: conservatore e razzista non è un’associazione, semplicemente i suoi protagonisti sono entrambe le cose, fossero stati liberali e classisti o pastafariani e omofobi avrei scritto quello.
L’autopsia credo sia il miglior episodio di tutta la stagione. Un prologo abbastanza lungo ma necessario per una seconda parte ricchissima di tensione, horror ostentato e corpi vivisezionati. Non credo possa lasciare indifferenti.
Mi pare che l’episodio prenda molto dal vecchio film L’alieno.
Con L’apparenza per me inizia la sequenza degli episodi peggiori. La serie si risolleva solo con l’episodio il Brusio.
Non è l’episodio che ho detestato di più, ma ci è andato molto vicino, con il suo messaggio elementare ma ribadito a manetta accettati per quello che sei.
Con L’apparenza per me inizia la sequenza degli episodi peggiori. La serie si risolleva solo con l’episodio il Brusio.
Non è l’episodio che ho detestato di più, ma ci è andato molto vicino, con il suo messaggio elementare ma ribadito a manetta accettati per quello che sei.
Mi è scappato un copia e incolla.
Speravo fosse una strizzata d’occhio alla ridondanza due volte citata ;)
Mannaggia, che ghiotta occasione sprecata…
Da chimico mi sto chiedendo come sia possibile una maschera alla burra. Solidifica, diventa grumosa, imspalmabile. A meno che:
– 60 grammi di burra
– 30 grammi di acqua distillata
– 5 grammi di zinco stearato
– 2 grammi di metilcellulosa
– 3 grammi di sodio laurilsolfato
Posso provare così, ma ho dubbi sul laurilsolfato e sul come procurarmi 60 grammi di burra in meno di due anni. Vi tengo aggiornati.
ti ringrazio per questo contributo
Io ho trovato l autopsia identico a l alieno di Jack shokder bob
Sì, la premessa/meccanica è la stessa, ma lo svolgimento non ha nulla a che vedere. Tra l’altro mi fai venire in mente che c’era un Dylan Dog degli anni d’oro che aveva la stessa premessa, ma non ricordo quale…
Possibile “il male”?
In cui infatti a un certo punto il mai-subito-convinto Dylan chiede al cliente se lo stia infinocchiando con “l’invasione degli ultracorpi”.
EP. 3: L’autopsia
L’episodio migliore della serie, come già riassunto sia nella rece, che da altri utenti parte lento, ma poi acchiappa di brutto e tiene incollati fino alla fine.
EP. 4: L’apparenza
Carina la protagonista, simpatico suo marito, maccosa la storia. Guillermo, ma che è sta roba?!?