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Something in the Dirt e la porta che non si chiude

Nanni Cobretti
di Nanni Cobretti | 15/12/202228

Something in the Dirt è probabilmente il tipo di film che dovrei odiare fortissimo, e invece.

Vi ricordate il lockd– scusate, domanda scema. Ne abbiamo pure riparlato da poco.
Vi ricordate durante il lockdown, quando iniziarono a spuntare i primi registi, autori, “artisti”, che proclamarono ai quattro venti (immaginateli mentre roteano il dito) “ho in mente un film sul lockdown! Un film che racconterà questi tempi bui e le esperienze di tutti! La solitudine, le incertezze, la paura, ma anche la speranza e le emozioni della gente comune!”. E poi grazie al cielo nessuno di loro l’ha fatto (ok non è vero, Salvatores ad esempio l’ha fatto, ma è stato adeguatamente silenzioso).
Tanti hanno effettivamente fatto qualcosa.
Tanti hanno colto l’occasione per sfogare un po’ di creatività nei limiti imposti: son uscite diverse cose simpatiche, altre dimenticabili. È fisiologico.
Pure a Benson & Moorhead è venuta un’idea!
Ve li ricordate Benson & Moorhead? Li seguiamo fin dall’esordio, li abbiamo intervistati, e guardate adesso dove sono, leggetelo pure sul poster qua sopra: sono alla Marvel, a fare Moon Knight e la seconda stagione di Loki.
L’idea del loro progetto per il lockdown non è per forza la più geniale di tutti i tempi: due tizi vivono nello stesso edificio, fanno amicizia, assistono a eventi fisicamente inspiegabili, decidono di documentarli e investigare.
Sul serio: ci sono andati vicinissimi alla peggiore idea che si potesse avere durante il lockdown.
Peggio di così potevano soltanto interpretare loro stessi, penso.
Quando la metti così, per riuscire devi 1) essere un filmmaker serio, con un occhio ma soprattutto un orecchio coi controcazzi, e 2) assicurarti di ascoltare più il cuore della testa.
L’appartamento dove viene girato il tutto è, of course, quello dove Benson & Moorhead vivono realmente, e qui è dove ho imparato che effettivamente vivono insieme. Che bello! Ho iniziato a chiedermi quali altre coppie di artisti magari vivono insieme e non lo sospettavo. Lord & Miller? Neveldine & Taylor? Friedberg & Seltzer? Coheed & Cambria? Maicol & Mirco?
Chissà.
SIGLA:

Levi si è appena trasferito in un appartamento al Laurel Canyon, Los Angeles.
Si imbatte nel vicino di casa John.
Fanno conversazione.
La conversazione è ragionevolmente piacevole, si presentano, si invitano a proseguire.
Si innamorano, si mettono la lingua in bocc… Vi piacerebbe ma no, non lo fanno.
John spiega a Levi che la storia del suo appartamento è losca, è rimasto vuoto per un sacco di tempo.
Poi Levi assiste a un fenomeno inspiegabile.
Niente di che: semplicemente una cosa inspiegabile. Un oggetto sospeso per aria, che si muove. Una di quelle cose che la vedi, ti paralizzi, ti si spalanca la bocca, ti cade la sigaretta. Rimani lì frastornato che non capisci per cui continui a fissarla, abbastanza da essere sicuro di non essere vittima di allucinazioni. Abbastanza da essere sicuro che non esistano spiegazioni naturali, niente di cui tu sia a conoscenza. Abbastanza da dire “yep, l’ho visto, non risponde a nessuna regola fisico-natural-scientifica che io abbia mai sentito nominare, ma l’ho visto”.
Allora Levi condivide la sua visione con John.
Non sa come metterla giù, ma a chi altro la racconta? È appena arrivato, non conosce nessuno.
John è ovviamente scettico, ma poi guarda un po’? Capita di nuovo e John lo vede.
Per cui decidono di collaborare, indagare, documentare.
Questa è la premessa.

The Benson Face

Something in the Dirt è un film apparentemente piccolo, subliminalmente ambizioso.
Si presenta come esercizietto da fare in un momento di forzata noia e staticità, reso piccolo dalle regole della pandemia (che comunque non è argomento, non fa parte della situazione narrata). Ma non è tutto lì, anzi.
Levi e John decidono di creare un documentario su ciò che stanno vedendo.
A quel punto si accenna a mille possibili direzioni.
Da dove partire?
Tanto per cominciare, fin dalle primissime sequenze Levi e John non sembrano esattamente il semplice, classico avatar dello spettatore, o il personaggio da formuletta. Entrambi, e ognuno a modo suo, sono – diciamo – misteriosi. Sono solo eccentrici? Hanno un background particolare? Sono loschi? Sono entrambi, come minimo, più soli di quanto vorrebbero essere.
Poi: non si conoscono. Cioè, si sono appena conosciuti. Sono accomunati dalle classiche ali dell’entusiasmo, hanno una certa intesa naturale, ma si sono incontrati da poco: quanto durerà? Quanto reggeranno prima che spuntino fisiologici malintesi e disaccordi? Come la gestiranno? Quanto si fidano realmente l’uno dell’altro? Ad esempio: Levi insiste per chiamare il documentario “The Door That Won’t Shut” (“La porta che non si chiude”); Levi, guardandolo come si guarderebbe tipo Homer Simpson dopo una delle sue sparate, non sa come dirgli educatamente che è un titolo che suona piuttosto scemo.
E ovviamente: superficialmente, che diavolo sta succedendo? Che è quel fenomeno che hanno osservato? Che significa? L’indagine fa progressi, il fenomeno sembra ripetibile, o perlomeno sembra rispondere a determinati stimoli, insomma, ha una sua struttura studiabile, diversi indizi che portano a indagini, collegamenti, coincidenze sospettose… Chi ha visto i film precedenti di Benson & Moorhead – tutti, Resolution, Spring, The Endless, Synchronic – riconosce i tratti in comune, il campo da gioco. La scienza, l’esoterismo, i paradossi, l’ombra di Lovecraft. Questa è ovviamente la parte principale, quella che crea l’atmosfera horror/sci-fi.

The Moorhead Face

Ma non solo: nessuno dei due ha realmente esperienza di indagini paranormali, o di documentari. Entrambi ne hanno un’idea plausibile, ma non sono ordinatissimi. Il documentario incontra difficoltà nel momento in cui devono ingaggiare ulteriori collaboratori e – mettiamola così – faticano a gestirli, a instaurare un rapporto di lavoro efficace.
E anche le indagini: gli indizi e le scoperte si moltiplicano, si accumulano strane coincidenze, ma chi ci dice che siano realmente sulla pista giusta? Nessuno. Nessuno ce lo dice. Non sono rigorosi. Non sono sempre lucidi. Non hanno sempre per forza le idee migliori. Certe cose potrebbero essere interpretate in mille modi, e niente ci conferma veramente che il loro sia quello corretto.
Cosa stiamo realmente guardando? Qual è la storia?
Impariamo sempre di più su John e Levi, e a un certo punto vediamo il loro passato mescolarsi sempre di più al loro presente e condizionarlo, contestualizzare il loro comportamento, i loro obiettivi, le loro speranze.

Oops

Something in the Dirt può essere un’esperienza frustrante. Lo comprendo se per qualcuno è così.
È il classico film di cui non stupisce sapere che esistono ore di materiale, che poi sono state ricostruite al montaggio dopo una (immagino) dolorosa selezione che desse una forma soddisfacente.
Quando parti così, la forma perfetta non esiste.
Mi perdonerete il luogo comune, ma più che una metafora Something in the Dirt è il classico film che racconta un viaggio, non una destinazione, e il miracolo che dimostra la maturazione, la sensibilità superiore di Benson & Moorhead sta nella loro insistenza a non scegliere un tema e cavalcare quello, ma piuttosto a cercare – e trovare, qui sta il trucco decisivo – l’acrobatico equilibrio tra tutte le suggestioni che, insieme, formano un’esperienza umana che colpisce nel segno da più direzioni.
Mi viene da pensare a E.T. di Spielberg per un motivo che non deve depistarvi: il fenomeno paranormale a cui assistono Levi e John non è un marziano buffo che diventa il loro migliore amico. Ma penso a E.T. perché sulla carta – pupazzo avanguardistico e ultimi 15 giganteschi minuti a parte – era un film piccolo e personale, che poi si è scoperto essere un po’ la summa dell’idea di cinema del suo autore.
Something in the Dirt contiene anche un pizzico di Spielberg se volete vedercelo, ma non scopre mai le carte allo stesso modo: rimane formalmente piccolo. E avvolto in un’atmosfera ben più malata. Ti porta a bordo di un viaggio condito di sovrannaturale ma estremamente umano: nel suo dipingere situazioni incerte, nel suo farti accompagnare da personaggi complessi e non facili da decifrare, nel suo prendere una strada che – a un certo punto diventa chiaro, mettetevici il cuore in pace – non darà per forza tutte le risposte che cercate. Probabilmente proprio per questo verrà sottovalutato.
Ma è, almeno finora, il film totale e definitivo sulla poetica di Benson & Moorhead. E, a suo modo, un’ode a temi giganteschi come la curiosità, l’amicizia, persino la ricerca del senso stesso della vita, seppellito da forti dosi di destabilizzante paranoia per evitare di diventare smielato, rimanere terra terra, adulto, onesto.
La loro dedica conclusiva è un invito a girare, documentare, filmare, creare ricordi, collaborare, fare.
La cosa più bella, forse, è che alla fine “The Door That Won’t Shut” suonava scemo ma a mio avviso sarebbe stato davvero un titolo migliore.

MP4-quote:

“Ti voglio bene Cthulhu”
Nanni Cobretti, i400calci.com

>> IMDb | Trailer

Nanni Cobretti
Autore del post: Nanni Cobretti
"Tu sei il male, io sono un autarchico"
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tags: Aaron Moorhead cohhed & cambria e.t. il senso della vita Justin Benson laurel canyon lockdown Lovecraft Maicol & Mirco scambiarsi le pettinature something in the dirt

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28 Commenti

  1. GIOCHER 15/12/2022 | 11:02

    Io voglio augurarmi, anzi spero fortissimo,
    che da qualche parte nei credit ci sia chiaro e tondo il nome MARK Z. DANIELEWSKI e il titolo CASA DI FOGLIE.
    Che se davvero questo film deve esserne la trasposizione che tanti aspettavano almeno lo dicano e mi metto il cuore in pace.
    Altrementi, preparatevi a una causetta per plagio che Chris Wozniak Vs Matt Reevs &DC/Warner levateve tanto

    Rispondi
    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 11:29

      Conosco di fama il libro di cui parli e non mi risulta ne sia la trasposizione. Non l’ho letto, ma ho fatto un giro rapido su Wiki e niente mi fa pensare a un plagio a meno che non sia tutto in dettagli di cui non sono a conoscenza.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 11:43

      Scusa allora, comprenderai da te che wikipiedi non é affatto mezzo consono, specie in un caso simile.
      Ero sarcastico sulla speranza del credit, come avresti compreso se conoscessi opera e soprattutto storia editoriale in patria del libro.
      Nulla di male,beninteso.
      Personalmente grido fortissimo ed a ragionevole ragione PLAGIO! e desidererei il dollaro pesante per l’autore nel patteggiamento.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 11:51

      Libero di non credermi tu e pronto io ad essere eventualmente sbugiardato da qualcuno che l’abbia letto..
      Ma ti giuro che tra libro e questo film ci sono giusto un paio di Age e Gender Swaps e un maldestro mascheramento low budget del McGuffin.
      Persino l’approccio “metà” é identico, pur con mezzi diversi.

    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 12:01

      Comprendo tutto, e speravo appunto che mi dessi qualche informazione in più per capire dove stanno le somiglianze visto che Wikipedia non mi ha aiutato… Che finora comunque, se non sbaglio, siamo a me che non ho letto il libro ma anche a te che non hai visto il film e ti basi sulla mia descrizione.

    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 12:04

      La cosa che vale la pena sottolineare comunque è che il pregio maggiore del film non sta nella trama, non sta in quello che succede e non sta nemmeno nella quantità di suggestioni che accumula, ma sta nella sensibilità e nell’orecchio puramente filmico con cui mette tutto questo insieme. Per cui, fosse anche la sceneggiatura di un altro, non penso che altererei il mio giudizio. Rimango comunque curioso, anche perché House of Leaves volevo leggerlo.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 12:38

      Per la gratitudine e ammirazione che ho sempre avuto per il tuo lavoro (specie lo scouting di penne) ormai da lustri, eviterò di sciorinarti i due trattamenti in parallelo qui nei commenti.

      SE , purtroppo, invece tu ti ritenessi troppo impegnato anche in futuro per leggerti il libro personalmente, posso permettermi di inviartene ad una tua mail una recensione esaustiva (già di suo nient’affatto semplice) in un paio di gg.
      Ma ti farei davvero un dispetto,levandoti un’esperienza letteraria che uno come te non può perdersi.

    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 12:55

      Ti ringrazio, gentilissimo. Guarda, sto chiedendo in giro a gente che so che l’ha letto e il parere generalizzato è che probabilmente hanno spunto simile e svolgimento diverso – in particolare sono tutti d’accordo che House of Leaves di per sé è praticamente infilmabile. Fosse anche che lo spunto è venuto da lì non ci vedrei niente di male, non mi sembra necessariamente la trama più originale del pianeta e pure House of Leaves mi pare di capire che ha la sua forza altrove. Linka pure, mi sforzo di recuperare il libro ma se cedo leggo la tua rece.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 12:57

      “il pregio maggiore del film non sta nella trama, non sta in quello che succede e non sta nemmeno nella quantità di suggestioni che accumula, ma sta nella sensibilità e nell’orecchio puramente filmico con cui mette tutto questo insieme. ”
      Sostituendo qui “film” a “libro” é esattamente quel che si può dire di Casa di Foglie.
      Il mio problema é che se anche quello che pensi fosse vero, ossia che prima di commentare non ho visto il film, io potrei eventualmente rimettermi in pari e confermare la mia tesi in 45 minuti.
      Tu avresti bisogno di molto piú tempo o di rovinarti un’opera unica.

      Non era una polemica di qualsivoglia natura,giuro.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 13:03

      Che imbarazzo…amerei capire chi possa aver definito un libro platealmente cinematografico,basato su un found footage raccontato + docu reality del fenomeno paranormale ,a sua volta derivativo di film e format precedenti, INFILMABILE.

      LOL un genio.Spero non comprenda testi complessi per mestiere.

    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 13:07

      Ti vedo molto relax sulla questione.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 13:19

      Rilassatissimo.
      Se rileggi meglio il mio primo commento forse potresti ravvedervi sincerità. Non sono neanche un grande fan del libro (per difetti sovracitati) ma come dicevo, chiunque l’abbia letto serba in cuore vederlo su schermo.
      Personalmente la trovo una discreta ma fallita occasione di trasposizione .

      Cercavo solo di offrire spunti nella sezione commenti un po’ spenta di oggi.

    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 14:12

      No prob. Ci sto anche al gioco delle iperboli. Se il problema in fondo è che ti dispiace che non abbiano fatto un adattamento diretto lo capisco.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 14:19

      Trnq :)
      A maggior riprova: in home page avete ancora Barbarians che ha proprio nella “stanza dalla metratura impossibile” un furtissimo a Casa di Foglie, ma declinato completamente diverso. Lí non ho fatto fiato.

    • André Bazinga 15/12/2022 | 18:39

      Io sono un grande fan del libro. Una parte probabilmente è anche filmabile, quella che riguarda appunto la casa: found footage per eccellenza. Ma tutta l’opera mi pare complicato, diventa tipo un incrocio tra, boh, Amityville Horror e Paura e delirio a Las Vegas.
      Citazionismo che non c’entra nulla: You should have left, quello con Kevin Bacon, parte con premesse similissime (spazi nascosti e immisurabili dentro la casa), tant’è che pensavo c’entrasse qualcosa con Danielewski, invece è tratto da un’altro romanzo e pace.

    • André Bazinga 15/12/2022 | 18:39

      Un altro, senza l’accento.

    • André Bazinga 15/12/2022 | 18:42

      Cioè l’apostrofo.

    • GIOCHER 15/12/2022 | 19:17

      Grazie André.
      A te che conosci bene il soggetto, chiedo di immaginarti un trattamento di un 50 pagine,di quelli fatti per avere un budget finanziario e tecnico di massima per la realizzazione…

      Fatto?
      (ok: é infilmabile a meno di non essere Gaiman che pippa nel night coi boss di Netflik)

      Bene… ora però ambienta tutto in Lockdown da pandemia…Improvvisamente diventa filmabilissimo.
      Ed esce qualcosa di davvero moooolto simile a questo film

    • André Bazinga 15/12/2022 | 22:09

      Ma guarda, forse basterebbe spezzarlo in due (tipo amputazione, non nel senso di fare due film). Come Il club Dumas che diventa La nona porta di Polanski.
      Hai ignorato metà romanzo, ma il film è buono, quindi chissene. Magari cambiare titolo etc…

  2. bread pit 15/12/2022 | 11:26

    dove si può vedere?

    Rispondi
    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 11:30

      In UK più o meno su tutte le piattaforme. In Italia è passato per almeno un festival, credo.

    • sacco 01/01/2023 | 10:35

      lo trovi facilmente nel torrente.

  3. Vitto Ogami 15/12/2022 | 14:24

    Propostina scema: ma se aggiungeste al format delle recensioni il posto dove trovare di volta il volta la roba recensita?
    Perché tantissime volte (come questa) fate salire una scimmia assurda ma poi trovare i film è difficilissimo barra impossibile barra solo sottotitoli in cirillico e uno si deprime.
    Grazie, in caso :)

    Rispondi
    • Nanni Cobretti 15/12/2022 | 15:18

      Ti capisco, ma ogni volta ci troviamo a scegliere se parlare di un film solo quando è facilmente reperibile da tutti o, in casi come questo, farlo prima, appunto per far salire la scimmia e mettere la pulce nell’orecchio a eventuali distributori (giochetto che ci è riuscito con successo in più di un’occasione). Ho visto questo film al Frightfest, so che è passato anche da festival italiani ed è al momento disponibile in UK su diverse piattaforme. In generale, consiglio di farsi un account su justwatch.com (è gratis), dove non solo è possibile cercare un film e scoprire su quali piattaforme è disponibile, ma anche settare un alert che ti avverta quando esce se per caso in quel momento ancora non si trova. Spero di essere stato esauriente.

    • Vitto Ogami 19/12/2022 | 11:12

      Assolutamente sì, grazie boss.

  4. mereghettitumifaimpazzire 15/12/2022 | 16:10

    The endless per me era una pallaalcazzo incredibile, Spring invece era più che guardabile…gli altri boh non pervenuti…questo lo si vedrà quando e dove si potrà

    Rispondi
  5. Donnie Danko 15/12/2022 | 21:21

    Resolution e The Endless mi sono piaciuti molto, da quando li ho visti tengo d’occhio questi due tizi. Purtroppo ho trovato Synchronic deboluccio e sono rimasto un po’ deluso, vediamo questo com’è…sono abbastanza fiducioso.
    Spring mi manca invece.

    PS Ma Benson è chiaramente un parente di Stanlio Kubrick, la somiglianza è evidente!

    Rispondi
  6. Lozio 17/12/2022 | 18:04

    molto bravi, anche come attori, molto bella l’estetica dell’apocalisse imminente vista sullo sfondo del cielo che riesci a vedere dai palazzi.
    Comunque concordo che sono riusciti a rendere le ansie e la solitudine del primo Covid senza mai nominarlo (grazie a dio!) facendo un film tra amici che sembra una cosa semplice da realizzare, soprattutto se si è del settore, ma c’è bisogno invece di un’energia pazzesca.
    bravi tutti

    Rispondi

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