Un giorno verremo a capo del mistero che avvolge i film di Netflix e come a certi registi sembra che li paghi per fare Fitzcarraldo e a certi altri pare gli faccia firmare un contratto in cui si impegnano a diventare scemi. Con che logica danno ad alcuni le chiavi del regno, gli dicono vai e crea, e ad altri fanno fare pecionate indegne di un cestone (ma promosse come se fossero ogni volta la roba più hot della settimana)? E non venite a dirmi che i primi sono i film che fanno per vincere i premi e i secondi quelli per far volume nel catalogo, che noia, è molto più bella la mia teoria secondo cui Netflix si è autonominata dio-regolatore del cinema e quando vede un autore che inizia a diventare un po’ troppo bravo dice “altolà! adesso ti sistemo io” per preservare l’equilibrio merda/capolavori e il continuum spazio temporale.
Timo Tjahjanto lo conosciamo, no? È l’amico di Gareth Evans, quello senza occhiali dei Mo Brothers. Col fratello Kimo Stamboel ha fatto Killers e Headshot, poi si è convinto di essere un figo e da solo ha diretto l’ottimo La notte su di noi (The Night Comes for Us) e la trilogia horror Possa il diavolo pigliartese (May the Devil Take You), Possa il diavolo pigliartese anche a te (May the Devil Take You Too) e, sebbene ancora in lavorazione, Possa il diavolo piagliartese: daje! (May the Devil Take You: Dajjal). In mezzo corti, lavoretti, recite scolastiche, duemila progetti annunciati e ancora nel limbo e poi questo, uscito veramente dal nulla e senza che nessuno se ne accorgesse fino al giorno in cui è comparso sui nostri Netflix, The Big 4.
Ora, sarebbe ingiusto dire che è stato Netflix a corrompere Tjahjanto: c’erano i soldi di Netflix anche dietro a La notte su di noi, che è, ricordiamolo, un gran bel film, e May the Devil Take You, che è, ricordiamolo, un film. The Big 4 è soltanto il primo, dei suoi film con Netflix, che ti fa dire “mi venga un colpo se questa porcheria non l’ha prodotta Netflix”.
The Big 4 parte che sembra la versione indonesiana di 6 Underground, che poi era la versione Michael Bay di Guy Ritchie, e finisce nel sacco dell’umido a circa metà delle sue interminabili due ore mannaggia a cristo e ventuno minuti. Avremmo dovuto imparare a leggere i presagi e fermarci all’incomprensibile trailer, dal quale apprendiamo quasi solo che ci sono dei personaggi e questi personaggi hanno dei ruoli. (Voglio dire, quando mai ci ha deluso un film in cui i personaggi avevano dei ruoli e quei ruoli venivano chiariti con una didascalia durante un fermo immagine?) L’esca! La spaccaculi! Il cecchino! Il capo! E poi violenza, esplosioni, sangue sull’obiettivo della macchina da presa come se fossimo nel 2003, cattivi stravaganti, umorismo e altra violenza fino all’accattivante tagline A VOLTE CI VUOLE UN CRIMINALE PER PRENDERE UN CRIMINALE – cosa che, ve lo giuro, non ha nulla a che fare con la trama del film.
The Big 4 parla di questi quattro vigilantes che raddrizzano torti e risolvono situazioni che la polizia non può o non vuole risolvere. C’è orfanotrofio che è in realtà una copertura per un traffico internazionale di organi prelevati direttamente dagli orfani di cui sopra? Chiama i Big 4! C’è un… ah no, era quello l’unico esempio che si vede in tutto il film, però da un paio di dialoghi per nulla espositivi si capisce che fanno questa roba da un po’ di tempo, che sono famosi negli ambienti underground della media e grande criminalità e che quando ci sono di mezzo loro i cattivi hanno le ore contate.
I Big 4 però non sono soli: se avete guardato con attenzione il trailer avrete notato che c’è anche un anziano mentore e questo anziano mentore ha una figlia… Solo che, e qui il concept diventa davvero bizzarro, anche i Big 4 sono suoi figli. Adottivi, certo, ma figli pure loro, lui li chiama ragazzi e loro lo chiamano papà. E l’altra figlia, che è una poliziotta, di questa cosa non sa assolutamente niente. Cioè questo tipo ha avuto una figlia, no? E poi, quasi contemporaneamente, ha adottato 4 orfani e ne ha addestrati 3 (il quarto non sa fare niente e questa cosa è a metà tra una gag ricorrente e uno scherzo crudelissimo) perché diventassero le sue pedine in una personale crociata per ripulire il mondo dai malvagi, una specie di Batman ma per procura. Insomma, questo per mezza giornata faceva il padre di famiglia, accompagnava la figlia a scuola e ai giardinetti e per l’altra mezza insegnava agli altri quattro (tre) figli come si spara e come si uccide una persona usando una matita. E questa, uhm, genitorialità selettiva non viene mai raccontata come problematica, discutibile o almeno potenziale fonte di tensioni, è così e basta, anzi, il padre è dipinto come un santo e i Big 4 prendono in modo estremamente sportivo il fatto di avere una quinta sorella che non sa nulla della loro esistenza perché è giusto proteggerla dalla violenza del mondo o qualcosa del genere.
Inevitabilmente, a una certa l’anziano mentore viene ucciso in circostanze misteriose, la figlia poliziotta giura di trovare il colpevole e vendicarlo, mentre i quattro figli segreti possono finalmente farsi una vita loro: il capo apre un albergo scalcinato, la spaccaculi vuole fare la cantante, il cecchino diventa un guru truffaldino e lo scemo che non sa fare niente non è ben chiaro, pare continui a non saper fare niente. Fino alla reunion resa necessaria dall’entrata in scena di un cattivo da cartone animato – un tizio coi baffi che basa la sua personalità sulla sua passione per i coltelli, per la salsa e per gli scorpioni – che è, non casualmente, anche l’assassino del padre.
Ovviamente il problema non è la trama in sé, il problema è che questa è la trama di una commedia action. E se penso a Headshot e a La notte su di noi, ecco, diciamo che la prima cosa che mi viene in mente non è “belle le arti marziali, ma ci vorrebbe una situazione che permettesse a Tjahjanto di esprimere maggiormente questo suo lato comico”.
A scanso di equivoci, il massimo dell’umorismo raggiunto da The Big 4 è la gag che si vede nel trailer con gli eroi che camminano in slow motion e il vecchio che li prende per il culo perché camminano in slow motion (capita? non era un artefatto registico, stavano davvero camminando in slow motion per fare i fighi!) che ha smesso di fare ridere la terza volta che è stata fatta circa 17 anni fa. Il resto è lo scemo che inciampa, vecchi che sputano, gente che mima di scoparsi le cose.
È un film nato vecchio. Quando non cerca di far ridere, tutto segue la rule of cool con l’aggravante che non c’è niente di cool da far succedere. La storia non ha senso, i dialoghi sono tremendi e i personaggi scritti a metà: hai proprio la sensazione, mentre lo vedi, che sia stato pensato per ognuno di loro un background anche dignitoso, che poi è stato accantonato in favore di più gag sulle scuregge (d’altra parte quando hai a disposizione solo due ore e venti come fai a farci stare pure la caratterizzazione dei personaggi?). Alpha, la donna del gruppo, ha la sindrome di tourette? Di tanto in tanto ha queste esplosioni immotivate di volgarità dopo le quali si copre la bocca imbarazzata: le prime due volte dovrebbe far sorridere, la terza è in un momento “drammatico” in cui lei sembra proprio stia avendo una crisi. Topan, il leader, viene introdotto che sembra Ciclope degli X-Men – risoluto, serio, un po’ noioso – ma quando lo ritroviamo dopo il flashforward ha cambiato completamente personalità: è solare, affabile, è imbranato e fa battute. Che è successo in mezzo? Il cattivo viene introdotto come crudele e pericolosissimo ma nel finale diventa uno sfigato un po’ ridicolo. Il cecchino ha questa sottotrama in cui ha fondato una finta religione basata sulla non violenza e, anche se è chiaro che è una truffa, all’inizio c’è una reale reticenza a usare la violenza che poi supera immediatamente nella scena successiva.
Anche quando la scrittura vuole esagerare, non lo fa mai fino in fondo: tra gli sgherri del cattivo c’è questo energumeno con la cresta gialla che vuole mangiare le palle dei suoi nemici, viene introdotto con un monologo sopra le righe evidentemente comico che ti fa pensare che tornerà in qualche modo… e invece niente, compare solo in un’altra scena dove è un semplice energumeno cattivo che picchia in silenzio. Per usare il gergo degli amici della stand-up comedy, metà di questo film è il setup di una punchline che non arriva mai.
Almeno l’azione si salva? Se avete letto fino a qua avete già capito che no. (Se non avete letto fino a qua sono io che me lo chiedo da solo agitando il pugno in direzione dell’universo.) Chiaramente Netflix ha visto le coreografie che è in grado di mettere in piedi Tjahjanto e gli ha offerto una sacco pieno di dollari a condizione che non lo facesse mai più. L’azione in The Big 4, pur presente, è ridotta a una serie infinita di sparatorie tutte uguali più una manciata di combattimenti senza gioia, intorpiditi da poca voglia e troppo montaggio. Sembra non gli interessi neanche, a Tjahjanto, il che rende ancora più strano il fatto che l’asticella della violenza sia più o meno la stessa di La notte su di noi: teste che esplodono, corpi dilaniati dalle esplosioni, arti mozzati e sangue a fontane letteralmente ogni 3 minuti.
È l’unica boccata d’ossigeno ma dà anche la misura di come sarebbe potuta essere una cosa mattissima e invece, vuoi per pigrizia, vuoi col preciso intento di farsi vedere da un pubblico più vasto facendo qualcosa di simile al cinema commerciale americano, Tjahjanto ha buttato fuori una delle robe più incolori, più ordinarie che abbia visto quest’anno.
Streaming quote:
“Speravo di addormentarmi prima”
Quantum Tarantino, i400calci.com
Per dovere di cronaca, Topan, il protagonista, è interpretato da Abimana Aryasatya, che era uno degli amici di Joe Taslim in La notte su di noi ma soprattutto, faceva Gundala in Gundala! Ve lo ricordate Gundala, è il primo film di supereroi indonesiano di cui vi abbiamo parlato di sfuggita più di due anni fa! Beh, vi starete chiedendo, come se la passa il Bumilangit Cinematic Universe? Non bene. Il secondo film è stato rimandato ottocento volte e i successivi sono stati bloccati a metà produzione a causa del Covid. Ma adesso pare che si siano rimessi in moto e non indovinerete mai chi sarà il regista del quinto: Timo Tjahjanto!
A quanto pare anche al NewYorkTimes, questo é il futuro del 90% dei prodotti che usciranno per piattaforma nel prossimo anno o due,forse piú. Come con l’editoria stampa,punteranno tutti a riempire i cataloghi ma vedono già il declino delle entrate a prescindere. Che gli frega della qualità di resa, bastano i nomi e la trailer/gif per i soccíal.
Allora, fermo restando che la recensione fondamentalmente è corretta, di tutto quanto detto ciò che mi ha dato veramente fastidio è la pochezza delle scene action, veramente inspiegabile visto e considerato che il lato gore è per l’appunto presente e quindi non è stato vietato usarlo ed in un certo senso fa rimpiangere quello che sarebbe potuto essere questo film e non è stato, perchè non ci sono più commedie nelle quali si amputano arti come se niente fosse?
Per quel che riguarda l’umorismo il discorso è un pochino più complesso. Non sarebbe la prima volta che un cineasta duro, serio e violento vuol mostrare di avere un lato comico, lo chiamo “il complesso di Kitano”, può accadere anche a prescindere dai soldi di Netflix che, in questo caso, sarebbero un mezzo e non un fine. E l’umorismo in asia orientale è qualcosa di abbastanza diverso da quello occidentale, io devo ammettere che sono arrivato a metà film chiedendomi “ma che è quest’immane stronzata” poi però dal punto di vista della commedia sono entrato nel ritmo e qualcosa mi è piaciuto. Ma capisco perfettamente che si possa non entrarci, temo però che al pubblico di quelle parti non sia dispiaciuto. Mi hanno colpito i non pochi riferimenti al cristianesimo in un film fatto in un paese a grande maggioranza musulmana.
Per dovere di cronaca la protagonista femminile Putri Marino (Dina, la “figlia naturale”) ha quel cognome perchè di padre italiano.
Di solito faccio un microcommento ,alla Twitter, ma mi limito a dire che sono d’accordo con te.
P.s. il combattimento finale dimostra che se volesse,TJ , ci saprebbe fare.
le non action non comedy dopo i pigiami sono la nuova piaga…netflix per me potrebbe anche chiudere domani
Prima di avatar hanno mostrato il trailer di THE FABELMANS. Credo che il miglior regista della storia meriti l’attenzione di ogni sito di cinema che si rispetti. È intrinsecamente calciabile e che non rappresenti nemmeno un’eccezione meritevole. È meritevole e basta. Sarebbe un bel regalo di natale.
non ti seguo Vincent. abbiamo sempre coperto tutti i film del miglior regista della storia, ma the fablemans non è di chad stahelski!
Verissimo ci mancherebbe. Pensavo che questo potesse interessare perché è un modo diverso di intendere un film calciabile. Sarebbe interessante avere il vostro parere proprio perché di solito qui si parla di altro cinema.
@Vincent: ti ringrazio per lo spunto, credo di capire cosa intendi. Non penso che lo copriremo e puoi immaginare il perché, ma effettivamente la prima e l’ultima scena sono la perfetta sintesi di come ho sempre visto e inteso il cinema.
Leggo “Big 4” e l’unica cosa che riesco a pensare è alle agenzie di consulenza aziendale di Milano (i miei amici che ci lavorano chiamano le 4 più “importanti” proprio Big Four) e mi sono immaginato sto trailer qua ma ambientato nel mondo delle agenzie di consulenza milanesi: fermo immagine su un consulente psicopatico, scritta in sovraimpressione “DELOITTE”. Sarebbe bellissimo.
Io ho pensato a “Poirot e i Quattro”, romanzo della Christie il cui titolo originale è proprio The big Four, e nella mia testa sono già al 25eaimo minuto di un film mentale in cui Poirot mena e ammazza i criminali coreografato – bene però – da Timo T.
Io ho pensato a “Poirot e i Quattro”, romanzo della Christie il cui titolo originale è proprio The big Four, e nella mia testa sono già al 25esimo minuto di un film mentale in cui Poirot mena e ammazza i criminali coreografato – bene però – da Timo T.
sì diciamo che non sono proprio morti di fatica quando c’è stato da trovarsi un nome
Ma facciamo un universo cinematografico tra Piemonte – Lombardia
Consulenti in giacca e cravatta deliranti, maranza vari da usare come comparse al massacro e gli effetti speciali che sono cascati dal camion durante le riprese di fast and furious
Ma tu pensa alla confusione quando presentano il successivo con la scritta “Ernest & Young”: ma chi sarà questo, ernest? Oppure young? Ha due nomi perché psicopatico due volte del primo? Oppure si porta young nascosto sotto la camicia come un gemello siamese uscito male e deforme?
Per una volta la mania dei remake “localizzati” di film stranieri potrebbe essere una cannonata: sempre che ipoteticamente lo realizzassero con l’intento parodistico!
stessa cosa che ho pensato io! Anche perche le risorse umane delle big 4 (detti anche head hunter cioè cacciatori di teste) sono molto aggressive
La risoluzione a (non) vederlo dipende per me interamente dallo scoprire di che tipo di salsa (ballo / pommarola) è appassionato il villain barbuto.
hai ragione, avrei dovuto specificarlo: è il ballo.
Peccato, per un attimo ho sperato in un dialogo come quello di boondock saints 2 coi pomodori
Imperdonabile recensire un film che si chiama The Big 4 senza mai citare il quartetto Metallica-Megadeath-Anthrax-Slayer. Sigla!
Proviamo a scomporre tutte le citazioni (furti) scaturite dal riassunto della premessa (perché non credo vedrò a breve questo film: ho già perso troppo minutaggio vedendo proiettile vagante 2, perché il primo era stato onestamente senza infamia e senza lode, ma in realtà questo secondo si è rivelato una merdaccia…):
– a-team, per la squadra di criminali buoni che fermano i criminali cattivi
– charlie’s angel, per il mentore esterno che prende i contratti e li manda in missione
– saint seiya (manga), per il mentore che ha innumerevoli figli (naturali o meno) e ai quali applica una “genitorialità selettica”, però con il twist dei ruoli invertiti (nella fonte i figli naturali erano molti, tutti da donne diverse, fatti istruire dalla versione giapponese del sergente hartman che li picchiava con un boken e poi mandati ad allenarsi/morire nei peggio buchi di culo del mondo, mentre la figlia addottiva usava sti poveri sfigati anche come surrogati di pony… qua invece quella trattata bene è – più previdibilmente – la figlia naturale)
– the loosers, per la composizione della squadra ed i ruoli dei suoi membri (là però lo scemo era anche il tech guy, interpretato da chris evans prima della cura palestra)
Ho dimenticato altro?
In effetti mentre leggevo la rece, una vocina nella testa sussurrava ‘…ma se avete un problema che nessuno può risolvere, e se riuscite a trovarli…’ Rilancio Dexter alla voce genitorialità selettiva & un po’ malata’
stessa cosa che ho pensato io! Anche perche le risorse umane delle big 4 (detti anche head hunter cioè cacciatori di teste) sono molto aggressive