Un gruppo di personaggi arriva su un’isola privata a seguito di un invito molto esclusivo.
Sono tutti ricchi ed eccentrici, in diverse sfumature, e ci vengono dipinti come pretenziosi illusi da sfottere/compatire. Tranne uno, che per quanto provi a mescolarsi è chiaramente un outsider.
Sono tutti pronti e fomentatissimi nell’attesa di un’esperienza intrigante e memorabile, che però sfocerà in inaspettata violenza a cui l’outsider dovrà dare senso e ordine mentre intorno regna isteria, paranoia, disagio, morte.
Benvenuti a The Glass Onion Menu: il gioco è capire cosa sta succedendo e chi è il responsabile; il bello è divertirsi a districarsi fra i meccanismi narrativi che cercano di confondere le acque, e godersi la satira e le interpretazioni di una squadra di attori di lusso.
La soluzione è… Ci arriviamo dopo.
Non capita tutti i giorni che escano a distanza ravvicinata due film dalla struttura praticamente identica, lo stesso messaggio, e sostanzialmente anche gli stessi pregi e gli stessi difetti, e quindi più o meno lo stesso giudizio finale, al punto che tanto vale che li recensisca insieme.
Non potevo non approfittarne.
E il bello è che a essere meno esigente avrei potuto metterci pure Triangle of Sadness, il vincitore di Cannes, che parla di un gruppo di ricchi ed eccentrici, pretenziosi illusi da sfottere/compatire, che finiscono su un’isola ecc… l’outsider ecc… Ma non c’è un mistero da risolvere, e ci sarebbero da fare discorsi diversi. Stavate pensando anche a White Lotus? Vi capisco. Che buffo il 2022.
Comunque, torniamo a noi.
Glass Onion è il sequel di Knives Out, che avevamo trattato, e il tentativo di Rian Johnson di seguire letteralmente le orme di Agatha Christie con la sua versione moderna di Poirot, ovvero il Benoit Blanc di Daniel Craig. A questo turno, Blanc è tra gli ospiti al party di uno pseudo-Elon Musk e dei suoi amici di successo, con la promessa di un’esperienza immersiva e un mistero da risolvere, tranne che il morto c’è davvero.
The Menu è più una commedia surreale che si mescola a vaghe atmosfere horror: Tyler e Margot sono invitati a una cena esclusiva in un’isola privata, dove il cuoco promette un’esperienza culinaria unica che presto si rivela molto più losca e pericolosa del previsto.
La differenza principale è:
– in Glass Onion sai cos’è successo (c’è il morto) ma non sai chi è stato;
– in The Menu sai il colpevole (è il cuoco che comanda tutto e tutti) ma non capisci di preciso cosa sta succedendo e/o perché.
In entrambi i casi, il divertimento è lasciarsi trasportare dal progressivo disvelarsi di indizi, depistaggi, rivelazioni.
In entrambi c’è in primo piano la satira verso i ricchi, pretenziosi, deplorevoli, egocentrici, vigliacchi, vanagloriosi, persino stupidi.
In entrambi, il cast di prima fascia gioca un ruolo importantissimo nel tenere continuamente alto il livello di intrattenimento.
E in entrambi i film, per motivi sorprendentemente simili, funziona più il viaggio che la soluzione.
Siamo ormai spettatori sgamati, e ormai è diventato difficile depistarci con successo verso qualcosa di veramente nuovo.
Facevo l’esperimento qualche mese fa: non sono un grande appassionato del genere, per cui ho recuperato tardissimo Assassinio sul Nilo, il film del ’78 con Peter Ustinov, Mia Farrow, David Niven, Bette Davis, Maggie Smith, Angela Lansbury (che guardacaso, prima di lasciarci, aveva fatto in tempo a girare una comparsata per Glass Onion) e Simon “Manimal” MacCorkindale. Non lascio che questo influenzi eventuali pregiudizi sui libri originali che non ho letto, ma indovinare il colpevole nella versione cinematografica è facile, una volta che uno ha visto centine e decinaia di gialli successivi e ha imparato a fare caso a certa grammatica. Come mai Poirot interroga approfonditamente tutti i personaggi tranne uno? E con gli indizi che conosciamo a tre quarti di film, qual è l’unica soluzione che può suonare come un vero colpo di scena? La si può davvero escludere? Bellissimo film lo stesso (non ho visto il remake di Branagh).
Penso che Rian Johnson abbia letto molti più gialli di me e sappia benissimo tutto ciò. Non è la prima volta che lo fa, anzi. Dopo aver visto Glass Onion mi sono riguardato il suo esordio, Brick, e che dire: mi accontento, Craig mi diverte, ma era Brick, con Joseph Gordon-Levitt a fare Marlowe al liceo, a meritare un franchise.
Non conosco invece Mark Mylod, regista di The Menu, e mi è appena esplosa la testa nello scoprire che ha diretto anche Ali G Indahouse. E What’s Your Number?, del 2011, una rom-com in cui Anna Faris decide di passare in rassegna i suoi 19 ex per controllare se per caso l’uomo della sua vita non fosse fra quelli che ha già incontrato. Forse questo è più simile a un giallo di Agatha Christie rispetto ad Ali G Indahouse, ma temo che lo spoiler stia nel fatto che nel cast c’è Chris Pratt, con cui all’epoca Anna Faris era già sposata.
Ma ok, diciamo qualcosa di più specifico sui singoli film.
THE GLASS ONION
Che vi devo dire: Daniel Craig è in overacting continuo, lui e il suo accento fantascientifico. Però è una gioia da vedere, perché si sta chiaramente divertendo un mondo. Fa a gara con Jamie Lee Curtis in EEAAO in quanto a star che sembra avere improvvisamente trovato il ruolo della vita dove meno ce lo si aspettava. E capisci che è il vero ruolo della vita quando a un certo punto dichiara “Non sono Batman” per spiegare di essere un investigatore ma non un uomo d’azione, e tu gli credi all’istante, e ti ci vuole qualche secondo per ricordarti che fino a due anni fa era James Bond. Subito sotto, Kate Hudson che fa sempre più i ruoli di sua madre e ormai pure lei ha esperienza da stravendere. Bautista invece mi è sembrato sottotono. I tocchi da giallo old school e i lampi di intuizione di Blanc si fanno sempre voler bene, ma a questo turno la satira ha più peso rispetto a Knives Out, e questo farà sicuramente storcere il naso a qualcuno.
THE MENU
È a tutti gli effetti il Ralph Fiennes Show, con la sua recitazione posata e sottilmente inquietante, da vero fuoriclasse. E al secondo posto viene la sua assistente Hong Chau dall’istante in cui abbandona l’etichetta e inizia a rispondere semplicemente “No”. John Leguizamo ha dichiarato in giro di essersi ispirato per il suo ruolo a Steven Seagal, con cui ha lavorato in Decisione critica uscendone con aneddoti della madonna, ma sinceramente non ho notato niente di particolarmente riconoscibile. E Mylod gestisce bene, tenendo per oltre un’ora il tipo di atmosfera surreale in cui ti aspetti un po’ di tutto. Tra i due film, è sicuramente quello che minaccia maggiormente di avvicinarsi ai nostri generi tradizionali, anche se a conti fatti rimane più black comedy che altro.
Ma dicevo: anche il finale dei due film è a suo modo analogo.
E siccome trovo interessante discuterne, ora metto la linea dello spoiler e lo discuto.
Non volete discutere il finale? Ciao, grazie per aver letto fin qui, molto onorato, spero di avervi fatto sorridere ma anche riflettere.
Per tutti gli altri: procedete pure.
ZONA SPOILER
Scenario: siete su Facebook.
Un vostro amico… Anzi, facciamo di no: uno che conoscete, uno che vi compare in bacheca e non vi ricordate bene perché, magari un errore, non voglio addossarvi la responsabilità di avere come amici persone del genere, nessuna pressione. Ricominciamo.
Scenario: siete su Facebook. Trovate un quiz, facciamo che per qualche ragione è sponsorizzato. Il quiz è il seguente:
Se la soffitta di Fabrizio è completamente decorata in arancione, con le pareti arancioni, la moquette arancione, i mobili arancioni e il soffitto in tutte le sfumature dell’arancione, di che colore sono le scale?
Ora, io vorrei essere nella testa di chi risponde “arancione”. Perché qualcuno lo fa, eh? Non me lo sto inventando.
Nel senso: è ovvio che il quiz vuole portarti a rispondere istintivamente “arancione”, ma che diavolo di quiz sarebbe se la risposta fosse quella? Lo trovereste interessante? Divertente? Sareste soddisfatti? Vi sentireste di colpo invasi da un profondo senso di autostima per aver risposto correttamente? Vi verrebbe voglia di condividerlo? Trovereste plausibile che sia popolare?
Non vi chiedo di indovinare la risposta: vi chiedo solo di fermarvi un attimo a riflettere sul fatto che, come primissima cosa, avete giustamente scartato “arancione” e vi siete messi a cercare altri indizi.
È sempre più difficile costruire un mistero efficace, perché ormai abbiamo imparato un sacco di trucchi.
E allora, la strada che sia Glass Onion che The Menu sembrano prendere è quella della semplicità.
È quella di costruire un enigma sulla soffitta di Fabrizio, complicarlo, e gettare in mezzo talmente tanti depistaggi e/o fumo negli occhi negli occhi da riuscire a sorprendervi quando poi si scopre che, alla fine, le scale erano davvero arancioni.
Come il disperato gol del pareggio dell’Olanda all’Argentina agli ultimi Mondiali: uno schema talmente stupido che non se l’aspettava nessuno (e di che colore è la maglia dell’Olanda? Arancione).
Glass Onion lo fa per design: è il significato stesso del titolo, e Daniel Craig si esibisce nell’apposito spiegone. Funziona, perché come minimo getta una luce diversa sul personaggio di Edward Norton diventando parte integrante della satira.
The Menu invece lo fa un po’ per sfinimento: semina stimoli intriganti con successo, ti porta a pensare a chissà quali situazioni complesse, forse addirittura fantascientifiche, e poi, prima di esagerare, si affida al rasoio di Occam e rivela un’ultra-elaborata ma banale vendetta di frustrazione. Il momento chiave è quando Ralph Fiennes dice qualcosa del tipo “Sinceramente mi ha sorpreso che non abbiate cercato di scappare con maggior convinzione”. Il momento più deludente è invece tutta la pantomima di Anya Taylor-Joy che si fa fare un hamburger: dopo un film che tutto sommato mi aveva intrigato anche grazie a diverse finezze, non volevo credere che ci si abbandonasse a uno sberleffo così elementare dell’intellettualismo vuoto contrapposto alla semplicità che sazia.
In entrambi i casi penso che un certo senso di delusione sia inevitabile: il bello, sperano fortissimo i rispettivi autori, sta nel viaggio e nel messaggio.
Il viaggio, tutto sommato, in entrambi i casi me lo sono goduto.
Il messaggio… Hey, personalmente ho un debole perverso per i film dal budget milionario che prendono in giro i milionari mentre incassano milioni.
FINE ZONA SPOILER
Paperback-quote:
“Ok, ora magari si può avere qualcosa più tipo Society di Yuzna?”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Glass Onion: IMDb | Trailer
The Menu: IMDb | Trailer
P.S.: raga non fatemi domande difficili, dove ho trovato il quiz qua sopra giurano che la risposta è “una soffitta non ha un secondo piano per cui non ha le scale”. E allora come minchia ci sali in soffitta??? Non guardate me, io premo Unfollow fortissimo ogni volta che trovo qualcuno che posta o risponde ai quiz su Facebook.
P.S. 2: volete un parere rapido anche su Triangle of Sadness, finché ci sono? È Travolti da un insolito destino della Wertmüller (Lina) con extra budget e il quadruplo dei personaggi per dire esattamente le stesse cose. Se non altro, ci aggiunge New Noise dei Refused.
Non ci arrivo io, lo so.
Mi sfugge totalmente il motivo di produrre gialli per chi i gialli non li legge e mai li leggerà, ché se ne avesse mai letti non potrebbe trovare anche solo vagamente interessanti queste satire di costume .
Che é poi lo stesso discorso che leggo spesso qui sulla maggior parte degli horror e i suoi meccanismi.
Forse la piú grossa presa giro é quella verso lo spettatore, costretto comunque a usare strumenti che ignora per cercare di capire.
The Menu continua a perseguitarmi: film divertentissimo, i primi 45 minuti sono una bomba, poi dalla scena del “the Mess” scende una spirale talmente priva di senso che ho rischiato di uscire dal film più volte. La “morale” è tanto furbetta e facile (il monologo dell’hamburger sembra davvero preso da twitter di uno scemo qualsiasi) quanto falsa, come spieghi tu: qui siamo milionari che ci divertiamo a far finta di parteggiare per i poveri. Trama “horror” completamente priva di senso. I personaggi sono tutti sotto-sviluppati, ma mi sono piaciuti i tre giovani ricchi: con niente hanno saputo esprimere perfettamente l’arroganza della loro specie.
Su Glass Onion niente da dire: un gioco di specchi esilarante, ma che palle affidare tutto a spiegoni su spiegoni di 45 minuti ciascuno (che poi: nessuno di questi geni padroni del mondo sapeva come era composta una certa famiglia? davvero davvero?)
Allora, avendo visto entrambi i film devo dire di essere rimasto un pochino deluso dalla recensione. Non tanto quel poco che c’è dell’analisi degli stessi anche se fondamentalmente quel che si dice lo trovo corretto (forse un pò cattivella per “The Menu” che alla fine mi è piaciuto decisamente di più di “Glass Onion”, apprezzo sempre del buon nichilismo quando lo vedo) quanto per il fatto che quasi tutto lo spazio è dedicato a dimostrare quanto si somiglino questi film piuttosto che a parlare degli stessi. Sembra che lo sforzo principale sia di giustificare il fatto che si è scritta una recensione sola per due pellicole.
Indubbiamente delle somiglianze riguardo un certo tipo nemmeno di messaggio ma quasi proprio di atmosfera di fondo ci sono, ma c’è anche un tono, un tipo di personaggi (quello di The Menu sono tutti ricchi e potenti veri, a parte una, quelli di Glass Onion in realtà sono tutti dei falliti veri, a parte uno) una vista, decisamente diversi tra loro.
Cmq in conclusione se ne potete o volete vedere uno solo guardate “The Menu”.
Fair enough, confermo di essere rimasto più incuriosito dalle somiglianze che dalle differenze, e di conseguenza non ho trovato utile dilungarmi su certe sfumature. Ad esempio non sono d’accordissimo sul fatto che in The Menu siano ricchi e potenti veri mentre in Glass Onion no: in Glass Onion vediamo personaggi in difficoltà ma, a differenza di quelli di The Menu che sono generici, se non altro sono tutti (ex?) leader del proprio settore.
Siamo d’accordo nell’essere in disaccordo :)
I personaggi di Glass Onion hanno tutti, sicuramente, un certo tenore di vita che deriva dalla loro posizione. Ma tale posizione è unicamente dovuta allo pseudo-Musk/Bezos/Zuckemberg, con le loro capacità non vanno da nessuna parte, abbandonati a loro stessi, tutti, crollerebbero miseramente.
I commensali di The Menu, anche se odiosi, sono invece realmente personaggi di alto livello. E, altra cosa interessante, in realtà se ci pensiamo, per quanto odiosi non hanno fatto nulla di cosi tremendo per meritarsi gli eventi.
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Una è una critica culinaria che col suo lavoro ha fatto chiudere dei ristoranti. E allora? E’ il suo lavoro, magari è stata troppo cattiva ma se è presa cosi sul serio non è colpa sua. Uno è un riccone che va ad escort. Capirai, se dovessimo ammazzare tutti quelli che lo fanno o lo hanno fatto bisognerebbe fare un genocidio. I tre stronzi sono indubbiamente tali, ma alla fine che hanno fatto? Fatture false? Rientriamo nel caso precedente…
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Insomma mi viene da pensare che lo chef possa passare come il Giustiziere Catartico che appaga le frustrazioni della “povera gente”, ma in realtà se andiamo a vedere sia più uno psicopatico che si sfoga con un senso della giustizia sociale a dir poco traviato.
Sono d’accordo con GGJJ: le motivazioni dello chef non hanno alcun senso. Poteva essere una specie di Assassinio sull’Orient Express di massa, ma è stato solo un trip gratuito. Piacevolissimo eh, ma se proprio vogliamo vedere, non sta in piedi.
Si può discutere. I personaggi di Glass Onion sono davvero arrivati a essere leader del loro settore (il film ci racconta questo), e il fatto che in realtà siano imbecilli finanziati da qualcun altro trovo personalmente che sia irrilevante se non ovviamente per servire l’intreccio giallo. Si può sicuramente dire la stessa cosa di tanti personaggi della vita reale. Che so, le Kardashians. O Trump. Quelli di The Menu sono, genericamente, gente che spende volentieri un sacco di soldi per un’unica cena (non ricordo se viene menzionato il prezzo dell’evento). Sono fantocci generici al servizio di una metafora che non si limita a sfottere la ricchezza materiale ma anche le pose intellettuali, da cui il personaggio del critico e quello del foodie.
In generale
SPOILER?
il personaggio di Ralph Fiennes è l’artista che crea opere che il pubblico non comprende del tutto, da cui la sua frustrazione. Hanno usato la metafora culinaria per avere un pubblico di gente ricca che può permettersi pasti esclusivi, ma a parte quello non è diverso dalla solita storia dell’autore di libri o film “impegnati” davanti a un pubblico che “si atteggia” mentre gli altri vogliono i cinehamburger.
Provo a rispondere un pò su tutto:
– Non credo sia irrilevante se i personaggi di Glass Onion siano o meno nel posto in cui si trovano perchè ce li ha messi qualcun’altro. Perchè in questo caso non sono ricchi “veri”, come invece sono quelli di The Menu. Secondo me cambia la prospettiva con la quale guardarli, che diventa diversa da film a film.
– In The Menu viene menzionato esplicitamente il prezzo dell’evento, 1250$. Tant’è che la Gnocca risponde “Ma ci danno da mangiare un Rolex?”
– Il personaggio di Ralph Fiennes secondo me, ed anche in questo la vediamo diversamente, non è frustrato dal fatto che il pubblico non capisce la sua arte, ma dal fatto che il suo pubblico è fatto di stronzi, ed ha capito che chi può permettersi di godere della sua arte è (discorso oserei dire tra l’evangelico ed il marxista) per forza di cose uno stronzo, perchè un ricco lo è inevitabilmente. Da cui la solidarietà coi “colleghi dell’industria dei servizi”, perchè hanno a che fare con gli stessi bastardi con cui ha a che fare lui, e la felicità di tornare a fare una cucina più semplice, ma più soddisfacente perchè fatta per la gente comune.
– Non capisco la distinzione tra ricchi “veri” e non veri. Hanno avuto un finanziatore dietro e, per buona parte della loro carriera, la cosa ha funzionato e sono diventati leader di settore. È come va la vita anche per tanti altri ricchi al mondo. I soldi li hanno avuti, li hanno ancora, nel momento in cui inizia il film semplicemente ne hanno un po’ meno e/o hanno paura di perderli.
– Mi sembra sinceramente un prezzo bassino che se uno è fomentatissimo con quel tipo di esperienze può permettersi senza per forza essere un dirigente della Apple. Trovo ci siano più potenziali ricchi “finti” qua che in Glass Onion. Tant’è che la satira include il tipo di gente che spende un millino per queste cose indipendentemente da quanto è grosso il suo conto in banca in generale. Il foodie, ad esempio, sembra uno che semplicemente magari rinuncia a un weekend al mare pur di pagarsi questa esperienza. E questo risponde anche al punto 3.
– Non esattamente, almeno non secondo me. I soldi li hanno soltanto perchè LUI vuole che li abbiano, nel momento in cui non dovesse più volere sono rovinati, da qui il terrore di andargli contro in ogni senso e servirlo ogni volta che ha bisogno. Per cui in realtà se vogliamo applicare la definizione che ad un certo punto da lo chef di “The Menu”, sono forse più persone che spalano la merda, rispetto a quelli che la merda la creano.
– Beh noi dai, per quanto possano essere folli i prezzi dei ristoranti stellati, una cena degustazione in un 3 stelle Michelin (il massimo) tipicamente non va oltre i 3-400 euro, infatti i foodie veri, anche se non ricchissimi, ogni tanto se le possono permettere. Ma cmq la vera discriminante della cena del film è che, per ovvi motivi, è a inviti, non poter pagare. E, naturalmente, lui invita chi vuole far fuori.
Ma infatti, non è un prezzo da milionari
1250 dollari e sono in 10 non è neanche esagerato, se conti che quello stronzo di Ralph Fiennes ha dietro una brigata di almeno una 20ina di chef/seguaci/adepti, che in teoria
— SPOILER —
se non venissero ammazzati
— FINE SPOILER —
sarebbero da pagare.
In the menu appunto c’è anche il discorso della fede cieca nel “leader”, che prende per il culo le varie sette religiose, coi “fedeli” disposti ad arrivare fino alle estreme conseguenze per la venerazione del proprio credo
Tutto giusto, o quasi. PER ME c’è una lieve differenza che fa tutti. Glass Onion vuole essere un Giallo senza seguire nessuna regola del giallo ma, anzi, barando spesso. Questo vuol dire che in quel campo mentre lo guardi e cerchi di capire il colpevole, sport che si pratica durante la visione dei film di quel genere, ti senti spesso preso in giro. Il film rimane divertente? Si, ma solo per accumulo di faccette e non per altro.
The Menu non vuole fare il giallo. Ti spiattella tutto quasi subito, come dice l’articolo, tenendoti li in tensione con la scusa di farti capire in quanti moriranno e perché. Non lavora minimamente di indizi in modo canonico, non porta lo spettatore a fare lo sport praticato da chi di solito guarda i gialli. Certo, gli argomenti e le metafore possono di base essere simili ma cercano cose completamente diverse, senza contare che non è un film di faccette e si ride più per la scrittura e non perché Bautista è grosso, nudi, con un costume da bagno piccolo e una pistola infilata dentro. È il motivo per cui ho preferito The Menu a Glass Onion (trovandoci anche io delle similitudini, sia chiaro) perché non bara e fa meno faccette e non pretende di fare il giallo a differenza dell’altro che fa un sacco di rumore, più di quanto effettivamente potrebbe permettersi (ma ne vedrei un altro eh, sia chiaro).
Sono d’accordo col commento di Vespertine. Non capisco il motivo di “ispirarsi” ad Agatha Chirstie se non vuoi fare dei gialli. Il film di Rian Johnson è fastidioso nel suo credersi più furbo dello spettatore, e nel sovvertire le regole, perché “i gialli sono difficili da scrivere”.
P:S.
Comunque mi sarei aspettato una recensione “double bill” con Omicidio nel West End.
Bravo Nanni Cobretti che ha fatto un grande plot twist!
Su Triangle of sadness mi pareva ficcante per questo sito sottolineare che si apre con “Born free” di M.I.A.
Eh, i Refused li riconosco al volo, M.I.A. ancora no. Ma apprezzo l’osservazione.
Bella recensione ed i film li ho apprezzati entrambi, ma:
– la protagonista di The Menu si chiama Margot, non Megan
– Dato che sono film dell’anno scorso, contano per i Sylvester di quest’anno, nonostante la recensione sia uscita a gennaio?
Grazie!
– hai ragionissima, lo sapevo, ma all’ultimo ho avuto un lapsus causato da quello che al momento è il mio film dell’anno (M3GAN), ho corretto
– purtroppo, per amor di semplicità, no
Grazie per la risposta, si passa dunque ai Sylvester dell’anno prossimo per questi due?
il cheeseburger di ATJ è chiaramente un omaggio alla *vera* ispirazione del film, l’indimenticabile thriller psicologico “Ratatouille”.
Leggendo, anche io in effetti ho pensato a quello
Per me film brutti entrambi. Con The Menù nettamente peggiore ( molto arty farty)
Ma che è successo coi Refused? New Noise era anche in The Bear…
Se la mettono su Stranger Things vado in crisi.
Si ma in The Bear fa bestemmiare perchè c’è l’intro in loop e non arriva MAI il “Can I scream” liberatorio.
È un coito interrotto insopportabile.
Povera Anya, la prugna che galleggia non arriverà mai perché la servono solo da Moe.
Ma poi chi si crede d’essere? Yoko Ono?
Nanni dai fai uno strappo: The Square e Forza Maggiore li avevi visti?
Se si che ne dici?
Ho visto Forza Maggiore ed è una bomba. Triangle of Sadness pare il film di uno che gli hanno dato un budget esponenzialmente maggiore per fare una cosa simile ma aveva esaurito le idee. L’unica scena che spacca veramente è la resa del mal di mare. The Square mi manca.
Grazie capo. Concordo su tutta la linea. Le idee le ha finite con The Square, i temi sono gli stessi. È un film con troppa carne al fuoco, ma se ti capita però guardalo, che c’è una scena di ricchi a disagio che è una fucilata.
L’artista scimmione che aggredisce il pubblico è tensione pura
Vero che i discorsi di The Square e di Triangle of Sadness sono pressoché identici, ma il secondo mi è sembrato decisamente più “centrato” del primo, e soprattutto si ride molto di più. Per me è un film perfetto fino alla parte sull’isola, in cui cala un po’, riprendendosi solo nella scena finale.
Comunque Ostlund genio dell’umorismo vero, di suo consiglio spassionatamente Incident by a Bank, un cortometraggio vagamente calciabile in cui lui ricrea una rapina in banca realmente accaduta in Svezia che era stata ripresa da una telecamera di sicurezza in cui ti fa capire quanto goffo e sostanzialmente scemo sia l’essere umano.
Ho visto Glass Onion a tempo perso. E in effetti l’ho trovato parecchio tempo perso. Mi faccio abbindolare dai nomi nel cast, come sempre per poi ritrovarmi con un film che alla fine trovo meno che mediocre. Ma é ovviamente colpa mia che ancora mi fido di netflix, nonostante abbia sempre meno tempo da perdere
The menù sicuramente superiore a Glass onion, alla fine la vendetta è un piatto che va servito freddo. Trama più semplice ma non così scontata, alla fine lo chef si vendica non tanto perchè sono ricchi e stronzi ma perchè se NE FOTTONO. Di tutto e di tutti basti vedere quando da l’ultima possibilità ai CLIENTI, di ricordargli cosa avevano mangiato l’ultima volta che erano stati nel suo ristorante, e ovviamente nessuno si ricorda NIENTE perchè la moglie del puttaniere scambia un halibutt per un NASELLO. In sostanza è un film che parla della superficialità dei ricchi, che anche per questo vengono PUNITI, con una bella vendetta all’antica. Rispetto a Glass Onion il risultato è migliore con un budget più basso.
Glass Onion là, velleita’ satiriche a parte o divertimento per i personaggi che non condivido, ha il raro dono di ammantarsi di mistero pari a 0 (come detto), soluzioni di scrittura a caso su idee a vanvera e un 3° atto che gesù li perdoni tutti. Dico solo, visto a Santo Stefano, appena terminato, mi son messo a smontare l’albero di Natale. Ed è pure tipo uno dei più visti su netflis di sempre
Ecco come ho spiegato le differenze alla mia metà: se Knives Out è C.S.I. Los Angeles, allora Glass Onion è C.S.I. Miami e The Menu è C.S.I. New York…
Comunque ora mi sto risparando I Refused che era gia tipo un anno che non riascoltavo
Potresti giocare a Cyberpunk e unire l’utile al dilettevole
Ho visto solo Glass Onion e sì, dai, mi è piaciuto tanto quanto Knives Out. The Menu mi manca, ma rimedierò. Mi soffermo un attimo su Bautista: ma come mai ha la cellulite mista a smagliature sulla pelata? Ormai quando vedo un film con lui mi parte la “multipupillodistractomia” e rischio di perdermi la trama. La figlia di quella più famosa si conferma la solita gnocca pazzesca con uno stacco di gamba che ancora fa ululare alla Luna. Le proponessero come dici giustamente ruoli diversi potrebbe sfondare abbestia. La scena dello sclero a spaccare tutto ci sta: Adolfa mi tira i piatti per molto meno.
@ Adolf Hit-Girl
“ Mi soffermo un attimo su Bautista: ma come mai ha la cellulite mista a smagliature sulla pelata?”
Cutis verticis gyrata.
Ma questa cosa che SS corre come una ragazzina allora sono in tanti a dirla. Oltretutto, la frase di Arsenio è precisamente il titolo di un video su Youtube con una compilation di SS che corre male
..Con la differenza che “Travolti da un insolito destino” è un film della madonna, Triangle of sadness è accettabile solo per metà ( la prima).
Anche a me il momento rosebud dell’hamburger ha fatto storcere, però la cosa che m’ha colpito di più di tutto è come alla fine dei conti mi sentissi vicino al cuoco, anche se in un altro ambito.
Glass Onion è un film di rara stupidità. Il bello, con Rian Johnson, è che tu, spettatore, LO SAI che i suoi film sono fondamentalmente barati ed in pratica degli esercizi di stile dove fare le furbate per simulare di essere intelligenti e dove la “satira” è semplicemente un attacco politico che diventa sempre più banale e moscio di film in film, eppure i film te li guardi, illudendoti che abbiano un minimo di senso. Va beh, grazie, è stata anche l’ultima volta.
Di base, fare un giallo che prenda in giro le regole del giallo ci potrebbe stare, ma richiede una bravura ed un’onestà maggiori. Cioè, sul serio? La gemella? Il proiettile fermato da un TACCUINO? Il protagonista che diventa supermiliardario senza saper fare NIENTE, tranne il PR? La GIOCONDA? Va beh…
C’è qualcosa di bellissimo nel tuo commento: estrapolando alcune parole chiave, riassumi il pensiero che ho di quasi tutti i film di Johnson. Nello specifico: “rara stupidità”, “barati”, “simulare”. Sono incazzato con Johnson, non perché sia il peggior regista sulla scena, poiché non lo è, ma perché ha preso per le suole delle scarpe quintalate di gentaglia come il sottoscritto, che da eoni aspettava qualcosa per far volare la fantasia; ha avuto i mezzi, i cast, il pubblico, i franchise (perché ci sono e non possiamo evitarli), e invece di realizzarvi qualcosa, ha ammucchiato queste cose e le ha portate al cinema. Non solo: ogni volta, gli viene data un’altra possibilità, e lo fa di nuovo. Di nuovo.
Horror culinario che fa di trama e cast i suoi punti di forza The Menù è una piacevole variante gioco al massacro di altri film, meno efficaci. Qui invece, complice la sceneggiatura e soprattutto la produzione Adam McKay il film si rivela tutto sommato efficace. Non è tanto la critica alla RICCHEZZA come hanno fatto notare alcuni critici,ma l’esasperazione della superficialità e dell’ignoranza accompagnano tutti i protagonisti verso un esito scontato (forse). In tutto questo la sola Margot, una Anya come sempre pefetta ma senza fornzoli rimane l’outsider, a cui SOLO LO CHEF SLOWIC continua a ripetere “lei non dovrebbe essere qui”.
D’altronde essere li vuol dire far parte di quel mondo, a cui anche il suo accompagnatore Taylor sogna di appartenere soltanto perchè possiede un tipo particolare di attrezzo da cucina. Insomma certamente non c’entra niente con Glass Onion, anzi se ne discosta in maniera palese. A volte credo che alcuni critici non abbiano voglia di fare le recensioni una per una.
Tipo chi?
Pare che Glass Onion abbia la stessa storia e ambientazione di 5 bambole per la luna d’agosto di Mario Bava con Edwige Fenech, Ira Furstenberg e William Berger. Non ho ancora visto nessuno dei 2 film, ma la fonte è decisamente affidabile.
È una gag simpatica, niente di più
Ho visto Glass Onion, un paio di giorni dopo aver rivisto Knives Out (che mi era piaciuto). Non pensavo si potesse mettere tanta merda in un film. O meglio, non pensavo che un film di cui si parla così bene potesse nei fatti essere così mediocre, autocelebrativo
Davvero due ore della mia vita perse, uno scherzo poco divertente tirato per le lunghe
Mi sa che allora non hai mai visto capitolo VIII di Star Wars, guarda caso sempre dello stesso regista….
Premetto che ho visto solo Glass Onion dei due (per ora).
Personalmente, al netto del fatto che rispetto a Knives Out l’ho trovato più spostato sul comico/grottesco, mi sono divertito fino ad un quarto d’ora dalla fine.
Craig esagera ma esagera bene, ed anche se il suo personaggio è un po’ più macchietta, ha tutto il carisma che occorre e ti cattura alla grande.
Diversi tocchi mi sono piaciuti molto (le parole sbagliate qua e là di Norton).
Cast centrato nei propri ruoli, e formato da gente che sa il fatto suo.
Non è la prova che lo porterà all’Oscar ma a me il nostro Big Dave non è dispiaciuto.
Ma il finale…..no, il finale mi ha lasciato una sensazione spiacevole addosso: non spoilero ma mi è sembrato proprio un volersi “fare tornare per forza” una roba che era già stata decisa prima…non so se rendo l’idea.
A mio modestissimo parere, se fosse finito dopo lo spiegone finale di Blanc e con l’esibizione della prova decisiva sarebbe stato molto molto meglio.
Maledetto Rian Johnson, ogni volta che inizi a piacermi poi fai delle robe che mi fanno girare le balle.
Ci sono 50 commenti prima di me, non li ho letti tutti, quindi spero di non ripetere qualcosa che è già stato detto.
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER
“non volevo credere che ci si abbandonasse a uno sberleffo così elementare dell’intellettualismo vuoto contrapposto alla semplicità che sazia.”
Secondo me quella scena ha dentro moto di più della contrapposizione cibo fighetto/cibo semplice che sazia. Chiedendo un cheeseburger Anya ecc gli ha sbattuto in faccia le sue origini, quando cucinava roba semplice ma con amore, cosa che non faceva da grande chef con tutte le sue stronzate intellettuali
Finalmente ho recuperato The Menu e posso commentare con cognizione di causa: Glass Onion superiore senza se e senza ma. Contrapporre un Daniel Craig gigioneggiante a un Nicholas Hoult stronzetto è improponibile, se poi aggiungiamo quella lagna di Agna Taylor-Joy a livello di cast non ci sono paragoni. Poi oh, avercene di film che mandano in culo i ricchi, ma che la vendetta sia portata avanti da una chef star (quando ci accorgeremo che è solo gente che cucina del cazzo di cibo?) mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo al finale urbi et orbi. Tematiche simili ma film di livello assolutamente differente.
Direi che il momento mmmaccosa del 2023 lo vince the Menu in cui servono lambrusco come aperitivo – minuto 11. Anche se poi nel bicchiere c’è vino bianco….
Glass onion guardabile…l’altro monnezza