Normalmente in questo periodo saremmo in vacanza, ma quest’anno ci sentiamo eccezionalmente generosi e, per non lasciarvi soli, abbiamo pensato di continuare con un piccolo speciale alla portata delle nostre energie in ricarica. In attesa di riprendere la programmazione normale ci faremo quindi traghettare verso il nuovo anno da Guillermo Del Toro e la sua Stanza delle Meraviglie, antologia horror a metà tra The Alfred Hitchcock Hour e i Racconti della Cripta, sbarcata da poco su Netflix: a voi l’ultimo appuntamento.
EP. 7: La visita, di Panos Cosmatos
(pezzo di Stanlio Kubrick)
Mi sta simpatico Panos Cosmatos perché fa cinema sottile e allusivo.

Va’ come allude, è pure tutto sgranato.
Non vuol dire necessariamente che mi piaccia, per esempio Mandy l’ho trovato un’enorme perdita di tempo, ma mi fa piacere che esista uno come lui, a cui piacciono il metal (cioè la cosa più bella del mondo) e le droghe (che non frequento, ma ho tante amiche droghe che hanno fatto anche cose buone) e che costruisce interi film solo per avere l’occasione di ricordarcelo per novanta minuti filati. Due film ha fatto finora, e tutti e due sono come un disco drone, una roba che non è fatta per celebrare la bellezza della musica intesa come composizione ma del suono in quanto, boh, onda?, proprio come Cosmatos gira per celebrare la bellezza di immagini e suoni e non necessariamente dell’oggetto-film in quanto tale. Capisco l’intento, apprezzo la botta, alla fine chissenefrega se non mi piace granché il risultato: l’attitudine è quella giusta.
La visita com’è, quindi? Esattamente quello che ho detto finora, con il vantaggio di durare meno di un’ora e quindi di non arrivare a stufare. Almeno credo, o meglio non credo, nel senso che immagino che ci sarà una fetta di pubblico che dopo dieci minuti di dialoghi lentissimi e che girano un po’ a vuoto tra gente strafatta si stuferà e passerà all’episodio successivo, quello recensito qui sotto da Jackie. Devo ancora vederlo quindi non so dirvi se sia la scelta giusta, ma diciamo che se Mandy vi aveva respinto per quella sua aria un po’ hipster finto-anticata, i suoi lens flare a cascata e i suoi dialoghi eterei e pieni di amore bizzarro tra Nic Cage e Andrea Riseborough, o magari diciamo che se Beyond the Black Rainbow vi era sembrato un modo un po’ goffo e spocchioso di provare a fare Cronenberg senza avere idee altrettanto interessanti, diciamo che se diciamo tutto questo La visita non vi farà cambiare idea su Cosmatos – e sarebbe un peccato!
Non perché questo episodio di La toeletta del Toro abbia particolari meriti in più rispetto a Mandy, lunghezza a parte, ma perché comunque è una bella botta, e se avete un po’ di pazienza finisce con un quarto d’ora di delirio ottantiano con un sacco di violenza e quei begli effetti pratici di una volta. È tutto “ottantiano” e “di una volta” questo La visita, c’è un po’ di psichedelia in fase paranoica ascendente, del gran Carpenter (inteso come John ma anche come Brut) nei synthoni grossissimi che fanno da colonna sonora costante – e particolarmente efficace, d’altra parte è scritta da Randall Dunn ed eseguita da una band di gran lusso che comprende anche il prezzemolino Matt Chamberlain – e c’è tanto tanto cattivo gusto perfettamente incarnato dal personaggio di Saad Siddiqui, Hector, dotato di un clamoroso pornobaffo.
Dice “ma cosa vi succede?”. Mah, c’è un tizio (Peter Weller truccato da John Carpenter senza baffi, splendido) che è un ricchissimo collezionista di cose pazze ed esotiche, e invita a casa sua quattro persone sostanzialmente a caso alle quali far vedere la sua nuova scoperta, la cui natura non starò qui a rivelarvi. La serata prevede prima di farsi tantissimo in compagnia anche di Sofia Boutella (bello), poi di interagire con questo misterioso oggetto (meno bello, come si vedrà). Per cui all’atto pratico La visita è una storiella di gente svaccata su un divano che prima beve, poi passa alla canne, da lì alla cocaina e infine all’eroina pur senza morire pieni di overdòs. E che poi, quando è bella bollita, entra in contatto con qualcosa. È tutto lentissimo, glaciale, estetizzato fino all’eccesso, rigonfio di luci, colori, suoni, canzoni e Sofia Boutella che fa la fazza goduriosa. Non vuol dire granché ma è molto bello da vedere, che è poi un buon riassunto della carriera di Cosmatos fin qui.
Continua comunque a starmi simpatico, e La visita potrebbe diventare la roba sua che riguardo più volentieri.
EP.8 Il brusio, di Jennifer Kent
(pezzo di Jackie Lang)
No scusate dov’è l’orrore? Me lo sono perso io?
Sono stato attento dall’inizio alla fine, ho guardato per bene tutto, non mi sono alzato per andare a fare la pipì, non ho guardato il telefono, non mi sono messo a parlare con altra gente, però non l’ho visto. Sì, ok ci sono dei bambini che compaiono tutti bagnati e le vocine nella notte, ma sarebbe quello? Io pensavo a qualcosa di pienamente spaventoso come The Babadook, invece qui l’impressione è che a Jennifer Kent avessero detto tutto per bene del progetto tranne che fosse una raccolta di episodi e storie di paura.
A lei tocca la puntata su una coppia di ornitologi che va a vivere in una villa/maniero perché in quella zona c’è una specie molto particolare di uccello che si muove in grandi stormi da studiare. Vanno nella villa e vivendo lì lei sente di notte le voci di un bambino, di giorno invece i rapporti con il marito si fanno freddi. Scopriremo (mio dio!) che hanno perso un figlio e quindi, aggrappatevi fortissimo alla sedia, è tutta un’elaborazione di quel lutto!!!
ELABORAZIONE FOTONICAAAAA!!!
LUTTO INTERSTELLAREEEEE!!!
Io capisco che probabilmente Guillermo l’ha dato a Jennifer Kent questo perché ha visto The Babadook e ha pensato “Lo sa fare”, ma non è possibile davvero stare un’ora e poco più a guardare loro che guardano e/o ascoltano uccelli separatamente mentre pensano al figlio che non c’è più e la loro unione va in pezzi. Cosa dovrei temere? L’arrivo dell’avvocato? La parcella dell’avvocato? Ovviamente qui il coté lo fornisce Del Toro (“Stai, Jennifer stai! Ci penso io”) e quindi tecnologia, casa e illuminazione gridano gotico ma quel che contengono non ha niente di gotico. La storia di fantasmi è più che altro una storia di immaginazione e traumi.
L’impressione è che Jennifer Kent non abbia una mano sufficientemente abile per trasformare progetti non suoi in qualcosa che può girare ed essere efficace, avere un parco di idee e di soluzioni da horror buone per tutte le occasioni. Come molti registi sembra che se non sta all’origine del progetto questo non gira come dovrebbe. E alla fine quindi anche Il brusio si rifugia nell’elaborazione del lutto, la vera piaga del cinema degli ultimi 20 anni, capace di giustificare le assurdità più sciocche e le fregnacce più cocenti. Una soluzione che agli occhi dei produttori giustifica interi film, sblocca budget e che non ha niente di appassionante ma soprattutto massacra il vero orrore. Proprio lei con The Babadook aveva mostrato come si poteva provare ad immaginare qualcosa di diverso, puntando con più forza sull’ambiguo e uscendosene davvero solo all’ultimo con la questione. Ma così no. No davvero.
Questa serie ha confermato le mie precedenti opinioni sui vari registi: Prior bravo, Amirpour inaccettabile, Cosmatos un fuffaro divertente e Kent stilosa e intensa. La Visita mi ha divertito molto anche se concettualmente insopportabile. The Murmur mi è piaciuto tantissimo per la sua eleganza, ma è vero che si trascina troppo senza dei momenti di vera tensione e risoluzione, e la trama gotica è troppo esile. Però preferisco sempre una che gira come Kent a uno come Cosmatos. O alla Amirpour che il messaggio te lo scrive coi pennarelli Giotto e si dà le pacche sulle spalle da sola al circolo femminista.
Cosmatos mi ha frantumato le palle trasformando una robetta di 40 minuti in un indigeribile mattone di 3 ore e 40, salvato solo alla fine dagli effetti speciali simpatici (più che alto ho molto gradito vedere morire male gente insopportabilissima).
Giuro che mi sono annoiata molto meno guardando l’episodio della Kent, che almeno qualche emozione che non sia quella derivata da fattanza me l’ha lasciata.
Nel complesso, La stanza delle meraviglie a me è sembrata più una stanza delle sòle, con pochissimi episodi carini ma non entusiasmanti e parecchi tonfi.
The Visit l’ho odiato fortissimo, esclusi gli ultimi 15 minuti.
The murmur invece pur non facendo paura l’ho trovato in linea con lo spirito del progetto, proprio perché diverso. I fantasmi ci sono, l’atmosfera plumbea anche, commuove e tocca corde che magari non tutti hanno a disposizione. Più dalle parti di un Cime tempestose che di un Edgar Allan Poe, ma avercene di corti così…
the visit mi ha mesmerizzato, ero sicuro non sarebbe andato da nessuna parte ma sticazzi, per me è come guardare un quadro o sentire un disco, non è che ti preoccupi della trama. alla fine è l’episodio da cui ho tratto piu piacere di visione, proprio come mangiarsi una scatola dei tuoi dolci preferiti.
la kent invece mi ha spinto a fare fast forward fino al finale e ad un grosso mah.
alla fine è quasi come se non cercassimo tutti le stesse cose dai film, PAZZZESCO LO SO
The visit è stato un episodio sfiancante e che anche io ho odiato tantissimo, compresi gli ultimi 15 minuti. Credo più che altro di essermi sentito derubato dalla storia. In pratica inviti quatto tipi espertissimi, i migliori nei rispettivi campi e che dovrebbero avere chissà quale ruolo, forse delle intuizioni incredibili, e poi non gli fai fare nulla a parte ascoltare il pomposo padrone di casa. Insomma, se tanto era uguale, per fare serata poteva invitarsi anche i suoi amichetti.
La conclusione della storia è stata poi stile sceneggiatori di Boris. Facciamo che esce poi fuori un mostro e tutti rimangono basiti, e morti…
Il brusio non mi è dispiaciuto. Storia di fantasmi già vista e che poteva magari avere qualche sviluppo più originale. Magari un senso di pericolo maggiore per la protagonista che in pratica non si avverte mai. Mi sembra strano comunque che la Kent non faccia un film nuovo dal 2018. È un peccato.
Nel complesso una serie molto discontinua come qualità. La guarderei una seconda eventuale stagione? Credo di sì.
mah l’ultimo episodio forse è stato quello più sensato e se non propriamente horror almeno in grado di suscitare qualche emozione…quello prima audiovisivamente notevole…la storia come si dice nella rece… stigrancazzi
Diciamolo, i 3 episodi diretti da donne sono i peggiori. Di gran lunga. Cosa significa? Non lo so, ma così è.
Forse che l’orrore Lovercraftiano è una cosa aliena alla sensibilità e/o visione femminile, che si presta ad altri tipi di orrore.
Amirpour peggiore del lotto dei peggiori, tra l’altro.
The visit è la cosa migliore di Panos Cosmatos finora, principalmente a causa della durata. Però chissà cosa sarebbe venuto fuori con un Roger Avary a scrivergli i dialoghi. Poi che mondo sarebbe senza Boutella.
Vi voglio bene, perché mi sentivo scemo, che in giro a tutti LA VISITA ha fatto schifo e IL BRUSIO lo elogiano come il miglior episodio di tutto ‘sto baraccone che è American Del Toro Story, e la cosa mi metteva alquanto a disagio …
vista la monnezza che gira sul cestone netflix tra serie e film direi avercene di baracconi “firmati” di questo tipo…l’unica che ricordi con piacere a tema horror è stata The haunting of Hill House…il resto o l’ho rimosso o l’ho saltato con serenità
oh raga, al lavoro da me ne parlavano tuttissimi. a me non è piaciuto veramente per niente, e credevo d’esser di bocca buona con il genere, ma davvero mi sembra una mescolone dove l’importante è appunto mescolare certi ingredienti senza curarsi troppo del sapore finale, meh, sto diventando vecchio. :(
EP. 7: La visita
Belli i minuti iniziali con la ripresa stile “Baby Driver” e interessanti anche i minuti finali con la Ferrari fluo e tutto il resto, peccato che quello che c’è in mezzo è un lunghissimo e ipnotico prologo a qualcosa che non accadrà mai.
EP.8 Il brusio
Credo non esista termine non offensivo per descrivere questo episodio, ma dato che lo stesso non merita troppo del mio tempo, mi limiterò a etichettarlo come spazzatura.
Una volta ho provato anch’ io l’ orrore alla radiolina. Credo fosse il 1985 e stavo in vacanza al Camping del Garda. Avevo un amico mica tanto sveglio, Camillo, che era un grande invalido della bicicletta. Mi spiego: ogni due tre giorni, causa incapacità a pedalare, finiva dentro dei fossati che stavano sul bordo della strada e servivano per lo scolo dell’ acqua, ferendosi in maniera clamorosa. Ed erano fossati profondi, di quelli degli anni 80, a norma di leggi degli anni 80 (e chi è sopravvissuto agli anni 80 sa di cosa parlo) e mica ci uscivi da lì se eri un bimbo di un metro e 50 scarso con tanto di bicicletta. Suo padre, per non umiliarlo rimettendogli le rotelline, decise di prendere una coppia di walkie talkie e di piazzargliene uno sul manubrio della bici. Siccome il camping era enooorme e i fossati numerosi, se Camillo finiva in un fossato poteva provare a chiamare il padre o anche dargli solo un colpettino ogni tanto per dirgli che stava ok. Un giorno il padre e la madre escono per andare al supermercato, allora Camillo sr. lega il suo walkie talkie alla mia Saltafoss e io e Camillo biciclettiamo biciclettiamo finchè a lui non viene l’ idea di separarci e cercare di trovarci a vicenda, fornendo all’ altro dei piccoli indizi. Parto io: “Roger, qui Adolf, sono in un posto con molte monete. Passo”, ma dall’ altra parte nessuna risposta. “Roger, qui Adolf, sono in un posto con molte monete, dove sei tu? Passo”. Silenzio. Poi la linea si apre e sento solo dei respiri. La linea si richiude. Mi cago addosso pensando al peggio: Camillo in un fosso e non riesce a parlare. Parto quindi dalla sala giochi (posto con molte monete) e inizio a biciclettare continuando ad aprire la linea. “Roger, qui Adolf, dimmi dove sei, passo”. Giro mezzo camping. Alla fine trovo il mona comodamente appoggiato con la bici alla rete di recinzione che separava il camping dalla spiaggetta lacustre. Mi avvicino e gli chiedo come mai non rispondesse, dandogli dell’ idiota stronzo scemo.Lui mi guarda e mi fa: “Io sono stronzo? E tu che mi chiami Roger?!”. E niente, si era impermalosito credendo che lo chiamassi Roger. Ho provato l’ orrore, credendolo morto nel fosso. A distanza di anni e anni, cercandolo su Facebook, non ho mai trovato Camillo. Per allontanare i cattivi pensieri, lo immagino felice e spensierato su un social del dark web a lui più congeniale: Fossbook.
Il brusio, che mi pare l’episodio migliore tecnicamente, è di una banalità assassina.
Invece La visita è misterioso, ottantesco (in senso buono), visivamente potente, alla fine anche un po’ stupido ma non c’è Rupert Grint e non è tratto da Lovecraft, quindi ne ha diritto, e tutto sommato diverte.
Cosmatos fa questi trip stilosi che o li ami o li odi, effettivamente (io li amo). Rick Grimes che ascolta gli uccelli mi ha annoiato di più, però alla fine per me funziona pure quello di episodi…
The brusio ha anche un altro livello di lettura, ossia le coppie che non scopano. A Ricordarci come il genere horror sia sempre metafora degli orrori reali che abbaimo intorno.