Quando uno come David Cronenberg decide di chiudere un cerchio della sua impareggiabile carriera riprendendo spunti e titolo da un suo cortometraggio degli inizi, è il segnale per far partire la retrospettiva. E noi, puntualissimi, rispondiamo. Seguiteci nella seconda parte del nostro imprescindibile speciale: Le basi – David Cronenberg.
Partirò da un dato personale, che mi è utile per espandere poi il discorso e cercare di spiegare almeno in parte come il cinema di Cronenberg funziona. La mosca è stato un film molto importante per me, uno dei primi horror che abbia mai visto e una dimostrazione lampante di come i film dell’orrore non siano per definizione il livello più basso di cinema, ma possano ambire a essere il più alto, il cinema per antonomasia. Non sto necessariamente parlando degli elevated horror che vanno oggidì, quelli in cui un regista infila metaforoni a buffo per dimostrare di essere un AUTORE CON TUTTE LE MAIUSCOLE e finisce che il metaforone prende il sopravvento sul resto. No, parlo di quegli horror che riescono a dire cose fortissime e centrate sulla natura umana senza rinunciare a fare quello che ogni horror che si rispetti deve fare per contratto: spaventare, inquietare, disgustare. Se avete seguito Le Basi, saprete già che David Cronenberg queste cose le ha sempre fatte e non ha mai rinnegato la – o non si è mai sentito superiore alla – sua natura di cineasta di genere.
Tutto questo è evidentissimo in La mosca, probabilmente il suo film più mainstream (e infatti fu il suo più grande successo commerciale) e, sotto certi aspetti, più classicamente horror. Cronenberg iniziò a lavorarci dopo aver abbandonato Atto di forza (sul suo periodo a lavorare con Dino De Laurentiis al film ci sarebbe da scrivere un articolo a parte) e approdò al progetto (prodotto da Mel Brooks, uno che sugli individui deformi ci aveva costruito la street cred da produttore al di fuori della commedia) che già una sceneggiatura era stata scritta. L’aveva firmata Charles Edward Pogue, a partire dal racconto di George Langelaan che aveva anche ispirato L’esperimento del dottor K. (in originale, The Fly). Pogue aveva già avuto una delle idee chiave del remake: sostituire l’orrore immediato della trasformazione istantanea del protagonista – che nell’originale e nel racconto si scambia la testa con una mosca – con una lenta, dolorosa e inesorabile mutazione. Cronenberg accetta di dirigere il film a una condizione: vuole riscrivere la sceneggiatura.
Il film, come lo vediamo oggi, è perciò frutto di una rielaborazione quasi totale di Cronenberg, che mantiene per sommi capi la struttura dello script di Pogue, sbarazzandosi delle cose che gli interessano di meno (l’antagonista che vuole impossessarsi dell’invenzione) e infilandoci tutte le sue ossessioni ricorrenti. Già qui c’è una modifica apparentemente innocua ma in realtà essenziale: nella versione di Pogue, il DNA della mosca ha la meglio su quello del protagonista, che infine si trasforma in una mosca gigante. Nella versione di Cronenberg, a un certo punto Seth Brundle dice:
«Tu pensi a una mosca? A una mosca di 75 chili? No, io divento qualcosa che non è mai esistito, io sto diventando una Brundlemosca.»
È proprio la Brundlemosca a interessare a Cronenberg, il concetto di una mutazione della carne – vedere Videodrome – che porti a qualcosa di nuovo, inedito. Qualcosa allo stesso tempo di esaltante e ripugnante. Lo stesso Seth Brundle si fa portavoce di questa eterna dicotomia che Cronenberg ci martella in testa ormai da decenni: la mutazione è qualcosa che lo attrae e contemporaneamente lo spaventa, e la cosa è evidente nei vari stati di trasformazione di Seth, che passa dall’esaltazione alla disperazione, dalla paura alla curiosità, constatando come il suo corpo stia mutando in qualcos’altro, qualcosa di nuovo che non può fare a meno di stuzzicare la sua mente di scienziato. Ma mi sto già spingendo troppo in là con i ragionamenti; perciò, andiamo con ordine.
Come ho detto, La mosca è stato un film molto importante per me, anche se alla prima visione ne ho colto solamente il più basilare livello di lettura. Ed è così che funziona un po’ Cronenberg: fa dei film viscerali, che ti colpiscono allo stomaco con le loro invenzioni di pura messa in scena, ma che allo stesso tempo lavorano su più livelli, come l’inconscio del loro autore. La mosca non fa eccezione: è un film che ha diversi livelli di lettura incastonati l’uno sopra l’altro. Andiamoli a vedere in ordine.
«Be very afraid» – Il racconto ammonitorio
A un primo livello, c’è il semplice racconto ammonitorio da fantascienza classica, quello sullo scienziato che si fa prendere dalla sua hybris e combina un pasticciaccio. Già qui è ovvio che Seth Brundle, non solo per come è scritto ma anche per come è interpretato da Jeff Goldblum (che fa le prove generali per Jurassic Park, o meglio: a rivedere La mosca, è abbastanza evidente che il suo Ian Malcolm sia modellato su Seth Brundle), sia ben più complesso del canonico “scienziato pazzo”, ma comunque a questo livello il film funziona come un acquario ben curato, in cui la paura dell’ignoto che il protagonista affronta si sposa con il trucco pazzesco di Chris Walas. Il gore è soddisfacente, lo schifo abbonda e chi è entrato al cinema puramente per lo shock value se ne esce soddisfatto. Avercene!
Smart is the new sexy – Il mélo
A guardar meglio, e ancora prima di addentrarsi nella psiche contorta di David Cronenberg, La mosca è però anche una love story, un melodramma bello e buono. Non è la prima volta che Cronenberg inserisce il melodramma nel suo cinema, e non sarà certo l’ultima. Eppure in La mosca la cosa è ben evidente: la storia d’amore tra Seth e Veronica è centrale, straziante, e non a caso il film si conclude pochi secondi dopo che quella storia d’amore è finita (con un colpo di fucile alla testa della Brundlemosca, sparato da Veronica stessa). Come già in Rabid, anche qui la mutazione è un ostacolo all’amore, sovverte i canoni estetici e prova così una questione di cui parleremo nel prossimo paragrafo: che mente e corpo sono legati in un tutt’uno. L’innamoramento potrà anche essere una questione puramente intellettuale, ma senza il sesso non si va da nessuna parte e, quando il tuo partner si trasforma in un mostro ributtante e non ci puoi più fare le sporcherie, l’amore non può che finire male.
Prendendo La mosca come un mélo, emerge anche un’altra interessante lettura del film: Seth Brundle è un tossico, il teletrasporto la sua droga (“È come una droga perfettamente pura e benigna”, dice Seth a Veronica) e, come ogni tossico che si rispetti, a un certo punto cerca anche di convincere l’amata a seguirlo nella sua spirale autodistruttiva. In tutto questo, Veronica soffre e si strugge di dolore vedendo il suo uomo tramutarsi lentamente nell’ombra deforme di se stesso.
Un insetto che sognava di essere uomo – Cronenberg e le sue ossessioni
Al terzo livello viene fuori di prepotenza Cronenberg, con tutto il suo bagaglio di ossessioni che ormai ben conosciamo. In particolare l’eterna lotta tra mente e corpo, che, in La mosca, si riassume nella figura del protagonista: Seth è tutto cervello, non si cura assolutamente del suo aspetto esteriore – indossa abiti tutti uguali per non perdere tempo, come Einstein – e si sente a disagio di fronte al corpo e alla sessualità. Per questo non riesce a insegnare al computer “a impazzire per la carne”, e riesce solo a teletrasportare oggetti inanimati. Almeno finché non incontra Veronica e fa sesso con lei. È la scoperta dei piaceri della carne che gli consente di sbloccarsi e perfezionare la sua invenzione.
L’altra faccia della medaglia è che, una volta conosciuta la carne, non si torna più indietro: Seth sperimenta il teletrasporto su di sé (ubriaco, e per pura gelosia: la carne ha il sopravvento sull’intelletto) e, subito dopo, si trasforma negli anni ’80. Diventa un uomo di pura carne, un edonista che consuma zuccheri senza ritegno (perché sta diventando una mosca, ma ancora non lo sa).
In tutto questo, la sua mente un tempo brillante inizia a vacillare. Seth intraprende il suo esperimento, in un certo senso, per superare un corpo nel quale si sente a disagio: non a caso ci viene detto che Seth soffre il mal d’auto, e che quindi inventare il teletrasporto è per lui un modo per oltrepassare le barriere fisiche e battere la carne. Mind over matter. Ma cosa succede quando la matter si ribella? Un bel casino, ecco cosa. Cronenberg ci dice che l’idea che la mente sia indipendente dal corpo è un’illusione: quando il corpo muta, muta anche la mente. Basta vedere come i nostri più bassi istinti modificano la nostra personalità: sono pur sempre processi fisici che alterano la chimica del cervello. Cronenberg ha più volte chiarito che, per lui, la mutazione di Seth Brundle è una metafora dell’invecchiamento. Quando invecchiamo, il nostro corpo si ribella a noi, ne perdiamo il controllo e, guardandoci allo specchio, non lo riconosciamo più.
Nella vita, diamo il nostro corpo per scontato. Abbiamo quello che Seth Brundle definisce “il terrore malsano della carne”. Non ne vogliamo sapere niente delle nostre secrezioni, dei nostri umori, li trattiamo come un stigma sociale da ignorare e reprimere. Questo finché il nostro corpo non inizia a cambiare, a disgregarsi, ed è allora che lo notiamo. È allora che tutti quei liquami schifosi e le piaghe purulente diventano la nostra nuova routine, affiorano e non possono più essere nascoste. Succede anche a Seth. C’è un momento bellissimo in cui Veronica lo va a trovare e si rende conto, per la prima volta, di quanto la creatura che ha di fronte non sia più davvero Seth Brundle, ma la Brundlemosca: Seth vomita acido davanti a lei, Veronica si inorridisce e quel cazzo di genio di Jeff Goldblum fa un’espressione di un’innocenza quasi commovente. La Brundlemosca non si rende conto di quanto quel comportamento sia disgustoso, per essa è totalmente normale. Come per i vecchi.
Ovviamente, essendo Cronenberg Cronenberg, queste considerazioni non vengono fatte in uno spazio bianco/nero, giusto/sbagliato, accettabile/non accettabile. La mutazione kafkiana di Seth, in quanto tale, è almeno in parte imperscrutabile, è qualcosa che non possiamo giudicare secondo i canoni morali della nostra società. Lo stesso Seth si fa portavoce di questo: passata la sbornia iniziale, quando scopre di stare mutando si piglia male e definisce la sua mutazione come una “bizzarra forma di cancro”. Più avanti la vede come una progressione verso qualcosa di nuovo: “Vuole trasformarmi in qualcos’altro. Non è tremendo. Quanti darebbero chissà che per cambiare tutto o in parte?”, confessa a Veronica. Seth è consapevole che questa trasformazione finirà con la sua morte, perciò non si tratta di un cambiamento “positivo”, in senso canonico. Ma nella sua testa “nuovo” batte “positivo”. Seth non sta decadendo, sta diventando altro. Succede a noi tutti quando moriamo e, banalmente, ci trasformiamo in concime per le piante. Il decadimento è un concetto relativo.
Certo, delle volte la mente può vincere qualche battaglia sul corpo. È il caso di Veronica, che scopre di essere rimasta incinta di Seth e decide di abortire. L’ingegno umano blocca un processo fisico, l’intelletto modella la carne a suo piacimento. È una battaglia senza fine.
La mosca contiene, infine, l’ossessione tutta cronenberghiana per la tecnologia “organica” che abbiamo già incontrato in Videodrome e rivedremo in eXistenZ, Il pasto nudo e Crimes of the Future. A un livello più immediato, le capsule del teletrasporto sembrano gigantesche ovaie, ma qui il collegamento più interessante è anche quello più sottile: c’è un’interdipendenza tra uomo e macchina, è il computer che deve calcolare i parametri del teletrasporto, ma il computer è nulla senza l’uomo che lo programma e gli insegna “a impazzire per la carne”. Nel finale, si compie il destino di Seth quando la Brundlemosca, già deforme e morente, si fonde con la capsula per diventare una tragica e beffarda aberrazione, un misto di carne e metallo a cui non resta che morire.
«I build bodies» – Il livello meta
Infine, La mosca è anche un film sulla creazione e la creatività. È un film che parla in primo luogo di Cronenberg e del suo bisogno di partorire idee da incubo per esorcizzarle. Quando lo fa, per un attimo si sente meglio, come Seth Brundle, ma poi quegli incubi tornano a tormentarlo e Cronenberg è costretto a fare un altro film. In questo senso, l’incubo di Veronica è fondamentale: non solo rappresenta il terrore dell’ignoto che cresce dentro di lei, ma simboleggia la pulsione che costringe il regista a partorire ciclicamente orrori.
“Costruisco corpi, li faccio a pezzi e li rimetto insieme”, dice a un certo punto Seth. Potrebbe tranquillamente essere Cronenberg a parlare, e non del funzionamento del teletrasporto, ma proprio del suo cinema. E infatti Cronenberg si identifica completamente in Seth: lo vediamo molto presto, quando, dopo essere entrato nel suo loft in compagnia di Veronica, Seth si siede al piano e inizia a strimpellare. Cronenberg vede Seth non come un freddo uomo di scienza, ma come un artista, un moderno dottor Frankenstein il cui genio lo spinge a esplorare e domare la carne.
Le capsule per il teletrasporto non si limitano a dissolvere magicamente un oggetto o un corpo: lo distruggono, letteralmente, a livello atomico, e poi lo rimettono insieme. Ciò che esce dalla capsula B non è ciò che era entrato nella capsula A, ma un’imitazione, l’interpretazione che il computer fa di quell’organismo. Il che, se ci pensiamo, è esattamente quello che accade in un film: è il nostro cervello a interpretarne come reali gli eventi, a percepire la tridimensionalità di fronte a un simulacro bidimensionale della realtà. Ma un film è solo un’imitazione, filtrata dalla mente del suo autore. Qualcosa viene “perso nella traduzione”, ma indubbiamente qualcosa viene guadagnato. Quel quid inaspettato e imprevedibile, che ti spiazza e ti fa rileggere la realtà da un punto di vista nuovo. Quella cazzo di mosca.
Cofanetto quote:
“New flesh is the new sexy”
George Rohmer, i400Calci.com
P.S.: recuperate anche la precedente scheda di Mostrologia firmata Jean-Claude Van Gogh
Rece SPET-TA-CO-LO
(poi io ho il problema che nella mia testa la prima parte di questo film é Le Ragazze della terra sono facili,cosí si sono conosciuti Geff e Gina- ma é una cosa irrisolvibile)
Ma davvero sono io, che non sono nessuno, che ricordo che le capsule di teletrasporto sono modellate sul cilindro del pompone Ducati di quegli anni?
si, è così. ma quella cazzo di brundlebrain le rende anche, effettivamente, delle tecno-ovaie. sarebbe interessante sapere se sia una suggestione calcolata a monte da crony o uno di quei magici dipiù che sfuggono alla volontà e al controllo dell’autore.
Articolo colossale. Complimenti.
Due parole sul sequel, un filmetto carino e innocuo che poco o nulla aggiunge all’originale e per lo più dimenticato da tutti dopo pochissimo… Però io ho pianto durante la scena del pozzo e del cane deforme che riconosce il padrone, il quale lo uccide per pietà. E io al cinema non piango mai. Quacosa vorrà dire…
Pezzo splendido
ma che bellissima recensione ! grazie!
Mi accodo alla fila dei complimentosi, buon Georgione. Rece spettacolo, soprattutto per uno come me che aveva fatto un dritto per dritto da punto A a punto B senza deviazioni. Mi hai aperto la mente su diversi aspetti. Da riguardare as soon as possible e ci infilo pure il 2, che apprezzai e non poco e non credo di essere il solo in queste terre.
Capolavoro.
Che terra – terra e al di la’ delle varie interpretazioni ha portato il termine RACCAPRICCIANTE a un nuovo livello, dopo La Cosa di Carpenter.
Ho apprezzato anche il sequel, diretto tra l’altro da Chris Walas (realizzatore dei grandiosi effetti speciali di questo).
Non al livello del primo, ma ha i suoi momenti (quello del povero cane) e un insospettabile lieto fine.
vorrei complimentarmi Manon Serve
Al netto di tutto il cinema di Cronenberg sicuramente uno dei suoi capolavori più dirompenti, tragico e in anticipo sui tempi. Noto che la MUTAZIONE o TRASFORMAZIONE già presente nei precedenti film del canadese portano sempre ad un finale tragico. Probabilmente perchè l’essere umano, maschile o femminile non riesce a convivere con ciò che è diventato, scontrandosi in primis con la società. Il concetto stesso di società implica che per farne parte bisogna OMOLOGARSI, altrimenti si viene visti come un corpo estraneo. In questo contesto la mutazione o trasformazione che sia non riesce a replicare se stesso, a meno di non TRASFORMARE l’intera società in qualcosa di NON OMOLOGATO, vedasi IO SONO LEGGENDA per esempio. Buona recensione comunque.
E’ per articoli come questo che i400calci è il primo sito che apro in pausa pranzo. Grazie di cuore, chicos di Val Verde!
Grazie ragazzi!
Mi accodo…a questo serve la critica cinematografica, ad accendere la luce su aspetti di un film visto N volte sui quali mai avrei pensato.
Gran bella recensione per un grande film. Rimase per un poco il mio horror preferito, poi uscì Inseparabili, di… buffo, non ricordo il regista. Ma qualcosa mi dice che ne parleranno, qui, tra non molto. Chiamatela intuizione.
Ora voglio il pezzo su Atto di Forza.
Fermo restando che Verhoeven ci ha regalato uno stracazzo di capolavoro che è tra i film preferiti di noi tutti com’è giusto che sia, ma ve li immaginate I MUTANTI DI MARTE PENSATI DA CRONENBERG?
Mi unisco ai complimenti. Visto la settimana scorsa in originale, perché in qualche modo sapevo ne avremmo parlato.
Questo The Fly e’ veramente un film incredibile (posso dire seminale senza essere preso a calci in faccia?): Cronenberg commerciale e godibilissimo come non e’ lo stato mai e non lo sarà piu’ per almeno altri vent’anni. E’ un film che ripulisce i primi film visivamente ancora grezzi e con evidenti pochi mezzi a disposizione, mantiene ed espande la poetica a visione del regista senza corromperla o svenderla al mercato, si concede a un pubblico piu’ ampio senza vergogna e mantiene diversi livelli di lettura. E, come giustamente puntualizzato dall’ottima recensione, e’anche una straziante storia d’amore.
Rivisto e niente…che ve lo dico a fare. L’ unica cosa che, riguardandolo con un po’ più di cognizione di causa riguardo alla lingua originale rispetto a 20 anni fa ( non tanto, eh), mi sento di criticargli è la recitazione cagna della Davis. Ma talmente cagna che dopo il provino devono averla messa nella capsula con un chihuahua e vedere che ne usciva. Impressione solo mia o…? Lui che fa vomitino gioioso sulla caviglia dello stronzo dopo aver capito cosa può fare una vomitinata ad una mano è arte.
Gran film di un grande autore. E complimenti per la bellissima recensione!
Capolavorò! Non ricordo che età avessi alla mia prima visione ma mi fece uno schifo assurdo (in senso buono ovviamente). Più o meno contemporaneo di quello della recensione seguente, anche se visto più da giovane, questo si che mi ha tenuto sveglio per diverse notti :)
Anche rivedendolo più da adulto ha retto benissimo per via dei vari livelli di lettura che George evidenzia e che da ragazzino invece non cogliere…
Grazie per aver ripreso la retrospettiva su Cronenmberg, BTW.
Ottimo pezzo! Non avevo mai pensato alla “lettura meta”, ci sta tutta.
Non è che a forza di complimenti per gli articoli comincerete a mettere abbonamenti anche qui…..?
Questo è il mio preferito di Cronenberg dopo Videodrome.