Quando uno come David Cronenberg decide di chiudere un cerchio della sua impareggiabile carriera riprendendo spunti e titolo da un suo cortometraggio degli inizi, è il segnale per far partire la retrospettiva. E noi, puntualissimi, rispondiamo. Seguiteci nel nostro nuovo, imprescindibile speciale: Le basi – David Cronenberg.
L’aneddoto è noto. David Cronenberg si trova a intervistare Salman Rushdie, lo scrittore indiano colpito da una fatwa lanciata dall’ayatollah Khomeini perché il suo libro I versi satanici è ritenuto blasfemo, e successivamente oggetto di numerosi tentativi di omicidio (una storiaccia che è ben lungi dall’appartenere al passato). Insomma, Cronenberg parla con Rushdie e ha un’idea: cosa succederebbe se qualcuno lanciasse una fatwa contro uno sviluppatore di videogiochi? Che è un po’ quello che pensa chiunque dopo aver parlato con Salman Rushdie, suppongo.
E dunque ecco eXistenZ, un film la cui protagonista, Sarah Michelle Allegra Geller, è la più celebre autrice di videogame del mondo, e un apparentemente capillare gruppo di estremisti “Realisti” vuole assassinarla. È anche quel film che esce nel 1999 e il cui protagonista è un ignaro e ingenuo passacarte che viene immerso in una realtà virtuale cui si accede ficcandosi delle cose dentro aperture nella parte posteriore del corpo, e che però non è Matrix. L’accenno al cult wachowskiano non è una gag a caso, ma: a) la prova di cosa significa “visione autoriale”, visto che da temi, influenze e perfino soggetti simili possono nascere film praticamente agli antipodi, e b) la constatazione di come in quella particolare fine di millennio, oltre all’ansia per un poi deludentissimo Millennium Bug, ci fosse questa paranoia diffusa sul ritrovarsi in una simulazione della realtà talmente verosimile da essere indistinguibile dalla “realtà reale”, al punto da non poter più separare cosa è vero e cosa è falso, e magari pure una in cui le dinamiche del gioco e della competizione fossero pervasive in ogni aspetto del quotidiano. Che sciocchi eravamo! Per fortuna poi è andato tutto bene, e nulla di tutto questo è mai successo (fatti alternativi? Performatività social? Gamification? Non so di cosa state parlando).

è andato tutto bene.
Certo, non è una cosa che spunta nel 1999, tutt’altro: eXistenZ discende da Philip K. Dick (citato nell’inquadratura del sacchetto da fast food Perky Pat*, a sottolineare esplicitamente, almeno per i più esperti, il collegamento) via cyberpunk, che come movimento culural-letterario-cinematografico-estetico nasce negli anni 80, ma nei 90 va più forte che mai. Però tra il 1997 e il 2001, diciamo tra Apri gli occhi e il suo remake americano Vanilla Sky, l’affollamento di titoli con questi temi e sottotesti è abbastanza impressionante, e in generi tutto sommato anche diversi e trasversali: da The Game di David Fincher a Avalon di Mamoru Oshii, da The Truman Show di Peter Weir a Nirvana di Gabriele Salvatores (che, forse non ci avete mai fatto caso, e forse non ci hanno fatto caso manco quelli che li han girati, ma sono quasi lo stesso film), passando per Il tredicesimo piano e perfino per un cartone straight-to-video di Scooby-Doo, e naturalmente il fenomeno Matrix: questa cosa di abitare una realtà finta, una simulazione, un gioco ordito da qualcun altro, una cosa che sembrava la vita vera e invece è una performance di sopravvivenza sembra essere ovunque (e sono matematicamente certa di aver dimenticato qualche titolo fondamentale… vogliamo metterci anche Lynch? Da Strade perdute a Mulholland Drive? Ma perché no, mettiamocelo Lynch, Lynch ci sta sempre).
* [I giorni di Perky Pat è un racconto che Philip K. Dick ha poi ripreso e ampliato nel romanzo Le tre stimmate di Palmer Eldritch, una storia in cui due “imprenditori” competono vendendo droghe che sprofondano gli utenti in mondi illusori. La citazione più famosa è «Dio promette la vita eterna. Io posso fare di meglio: posso metterla in commercio»; in eXistenZ i sottotesti religiosi sono presenti tanto quanto quelli sessuali – la presentazione del gioco si svolge in una chiesa, gli sviluppatori dei giochi sono venerati come semidivinità, o viceversa chiamati “demoni”, e ovviamente c’è la questione della persecuzione da fatwa –, e un altro tema che ritorna – molto cyberpunk – è la competizione tra potentissime corporation. Inoltre nel finale, quando si scopre che un’avventura apparentemente durata giorni si è svolta in realtà nello spazio di pochi minuti, un giocatore dice proprio che restare sempre nel gioco equivarrebbe a vivere una vita molto più lunga – siamo tutti d’accordo che il Chris Nolan si sia studiato questo film prima di fare Inception, giusto?]

LYNCH CI STA SEMPRE
C’è da dire che il nostro gentilissimo e soavissimo cineasta canadese, come pressoché sempre, questi discorsi li aveva cominciati già a fare quasi due decenni prima, con quello che a oggi resta uno dei suoi film più famosi e paradigmatici, Videodrome. E in molti, già all’uscita di eXistenZ, tracciarono un parallelismo tra i due titoli, anche perché il film del 1999 è anche il ritorno di Cronenberg alla sceneggiatura originale, scritta da lui solo e non tratta da materiale pregresso, e l’ultima volta in cui era successo, appunto, era il 1983 di Videodrome. Dopo il pedale (ehm) spinto all’estremo di Crash, tra l’altro, eXistenZ sulla carta (e anche poi un po’ sulla pellicola dai) era un progetto finalmente più… no, vabbè, “commerciale” non è l’aggettivo giusto, ma diciamo “appetibile per un pubblico un po’ più ampio”? Diciamolo, dai: l’argomento, come s’è visto, è trendy, ed è anche un ritorno al genere puro (la fantascienza, per quanto con tanti elementi horror e body horror), con due protagonisti in ascesa, giovani e bellissimi, come Jennifer Jason Leigh (che per fare questo film rinunciò ai reshoot di Eyes Wide Shut e dunque fu sostituita da Kubrick… si sarà pentita? Per me no) e, soprattutto, Jude Law (che per un film dello stesso anno, Il talento di Mr. Ripley, sarebbe stato candidato all’Oscar). Cosa potrà mai andare storto?

cosa potrà mai andare storto?
Beh, Cronenberg è Cronenberg. E, in un certo senso, il cyberpunk lo ribalta dall’interno. L’idea del cyborg nasce da un progressivo diffondersi nel quotidiano della tecnologia, che diventa non solo ubiqua e pervasiva, ma anche funzionale ed essenziale alle esistenze collettive, va a rimpiazzare o a potenziare pezzi di essere umano. Insomma, pezzi di macchina che si attaccano all’umano, all’organico. In eXistenZ, naturalmente, è il contrario: la tecnologia è organica, geneticamente modificata per creare realtà artificiali a partire da un ibrido di creature anfibie OGM inseminate e sinapsi, energie, metabolismo, pensieri (anche inconsci) umani (altro collegamento con il film delle Wachowski: i pod si alimentano dell’energia di chi li utilizza come le macchine di Matrix trasformano gli esseri umani in batterie, in un rapporto di co-dipendenza qui più immediatamente esplicito). E in questo modo la distinzione tra “vero” e “falso” si fa definitivamente incerta, ambigua, incomprensibile: esattamente come i pod che vediamo nel film, e come potenzialmente i corpi che li accolgono attraverso le bioporte, sono i diversi piani di realtà a contaminarsi, a infettarsi, con alcune “malattie” (il fanatismo, per esempio) che paiono colare da un livello/mondo all’altro. I personaggi di eXistenZ giocano accarezzando in estasi quello che sembra una via di mezzo tra un utero fuoriuscito dal grembo e un feto abortito, infilandosi lucidi cordoni ombelicali nella schiena, in aperture sul fondo della spina dorsale che un po’ sono ombelichi alla rovescia e un po’ sono cavità potentemente erogene. L’eccitazione sessuale – evidente fino alla parodia («la bioporta è eccitata»; «non sono io, è il mio personaggio») ma mai davvero consumata, per precisa scelta dell’autore – si scambia di continuo con momenti ed evocazioni disgustose. E il film è un clamoroso flop al botteghino. Costato 15 milioni di dollari ne incassa, in Usa, meno di tre.

amore della mamma
Peccato, perché in realtà eXistenZ – che insegue, appunto, la sviluppatrice Allegra e l’addetto marketing Ted mentre fuggono da fanatici assassini e corporation senza scrupoli, costretti a giocare a eXistenZ per provare a capire se l’unica copia esistente è danneggiata, nel frattempo incontrando personaggi e fazze pazzeschissime tipo Willem Dafoe e Ian Holm – è davvero uno dei film più potenzialmente “da grande pubblico” di Cronenberg, e un modo per accorgersene è la presenza di una cosa che spesso nei film di Cronenberg non dico non ci sia ma è molto meno scoperta: l’ironia. È anche molto divertente, eXistenZ, come fosse consapevole dell’effetto inevitabilmente e volutamente un po’ ridicolo che i dialoghi che si scambiano i personaggi e le regole di questo mondo cyberpunk comportano (siccome ne abbiamo parlato recentemente su Twitch, riflettevo che se a Nanni Moretti – Moretti, eh, non Cobretti! – hanno dato così fastidio le battute di Strange Days, probabilmente per quelle di eXistenZ sarebbe passato direttamente ai rantoli e alle convulsioni – ma d’altronde ci aveva già fatto sapere come la pensa su Cronenberg in Caro diario). E l’intreccio adrenalinico, fittissimo di fughe, sorprese, colpi di scena, ribaltamenti di fronte è esattamente quello di un thriller sci-fi/action, ma anch’esso “infettato” sia dagli elementi canonicamente cronenberghiani – la materia organica, il feticismo, l’attrazione/disgusto – sia da un parossismo volutamente assurdo, che aumenta vertiginosamente mano a mano che corriamo verso la fine.

un thriller come un altro
Oltre che al gruppo di film ossessionati dalla (possibilità di perdersi in una) realtà virtuale, infatti, eXistenZ fa pienamente parte anche di un altro trend che fiorisce negli stessi anni, ma che da allora non ha mai davvero smesso di essere di moda: quello dei mind game film o film-rompicapo – quelli a cui è tanto affezionato il nostro amico (?) Shyamalan, ma non solo: i già citati Nolan e Amenábar, Fincher, perfino Scorsese con Shutter Island o Ron Howard – Ron Howard!! – con A Beautiful Mind, Lynch… vogliamo mettercelo Lynch? Ma sì, dai, mettiamocelo, ci sta sempre bene Lynch, e molti altri. Si potrebbe banalmente dire che son quelli in cui nel terzo atto o nel finale c’è una rivelazione che rivoluziona tutto – Shyamalan twist! – ma, se è vero che ogni buon film t’insegna come dev’esser visto mentre lo stai guardando, sono soprattutto film che coinvolgono lo spettatore nel loro stesso gioco (ah!), invitandolo a una visione interattiva, approfittando anche di tutto quell’armamentario postmoderno di “complicazione dello storytelling” che negli anni 90 va tantissimo (vedi anche alla voce Quentin – Quentin, non Quantum! – Tarantino). Così il buon Cronenberg semina indizi fin da subito per suggerirci, anche solo subliminalmente, che stiamo già giocando: la fuga di Allegra e Ted girata nell’auto con le retroproiezioni “fintissime”, il fatto che luoghi e cose si chiamino genericamente col proprio nome comune o con un appellativo ridondante (il motel si chiama “MOTEL”, la gas station si chiama “COUNTRY GAS STATION”, il gestore della suddetta gas station, interpretato dal “dio meccanico” Willem Dafoe, si chiama “GAS”, etc.), le pettinature dei protagonisti che variano a seconda del livello di realtà (o di gioco?) in cui si trovano, etc.

che tenero animalino
Allo stesso tempo, però, Davidone nostro si accerta che il tessuto visivo e scenografico delle varie realtà non sia granché diverso, anzi: la fotografia livida di Peter Suschitzky si mantiene uniforme; la scenografia è fatta, in qualsiasi mondo o realtà, di luoghi transitori, camere spoglie e retrobottega dai muri scrostati; il passaggio da una realtà all’altra è reso, in una sequenza indimenticabile, con un campo-controcampo di montaggio contemporaneamente “visibile” e trasparente; e per quanto via via che si sprofonda nei livelli di gioco alcuni elementi vengano “amplificati” nella loro weirdness fantascientifica (i “micro-pod” che s’infilano completamente nel corpo dei giocatori, gli animali mutanti), quegli stessi elementi sembrano “viaggiare”, “colare” da una realtà all’altra, come appunto un virus o una contaminazione (vedi la disgustosa e geniale pistola d’ossa e cartilagine che spara denti). D’altronde, ci spiegano, il gioco si nutre e si forma a partire dalle personalissime fobie, preoccupazioni e ossessioni dei giocatori (le variabili “X” e “Y” scritte in maiuscolo nella grafia del titolo): e così, siamo noi che infettiamo il gioco, no? Siamo noi la malattia di eXistenZ. Ma è anche – i Realisti forse non hanno del tutto torto – il gioco che infetta noi, facendo collassare ogni distinzione tra vero e simulato. «C’è un elemento di psicosi, qui».

slurp!
Va da sé che eXistenZ è anche un film super metacinematografico, e come potrebbe non? C’è uno sviluppatore-regista-dio che invita gli spettatori a giocare con lui, in realtà manipolandoli dall’inizio alla fine. Spesso Allegra utilizza direttamente un gergo filmico per spiegare a Ted come funziona tecnicamente il gioco («a volte ci sono dissolvenze, a volte stacchi netti»), ed è esplicitato che tutti, in determinati momenti, devono fare o dire determinate cose per fare avanzare la trama (una sceneggiatura sciatta? Sempre sceneggiatura è). Però, ancora una volta, Cronenberg si premura di cancellare i confini tra i piani, e allo stesso modo in cui fanno inevitabili parallelismi tra gioco e cinema, i personaggi spiegano il gioco con la vita, e viceversa. «Il libero arbitrio non è chiaramente granché importante in questo tuo mondo» dice Ted, e Allegra risponde: «È come nella vita vera, ce n’è giusto abbastanza per rendere le cose interessanti». O, ancora più scopertamente, uno dei più celebri dialoghi dal film: «Avanziamo a tentoni in questo mondo informe, i cui obiettivi e regole sono largamente sconosciuti, apparentemente indecifrabili, e siamo sempre sul punto di essere uccisi da forze che non comprendiamo… Non sembra un gioco facile da vendere», «Sì, ma è il gioco che ognuno sta già giocando». O, per farla breve: «Devi giocare al gioco per sapere perché stai giocando al gioco». Forse che… alla fine… eXistenZ è… l’esistenza stessa!?!!? BOOM! MIND. BLOWN.
E tutto torna.
Dvd quote Criterion edition ultra fighissima suggerita:
«Va’ dove ti bioporta il cuore»
Xena Rowlands, i400calci.com
Alternative quote per l’edizione da ultra collezione ancora più rara:
«Dio pod!»
Xena Rowlands, i400calci.com
Troppo ve ne fregherà ma io insegno “interfacce uomo-macchina” all’università di Pisa (corso di ingegneria Bionica) e dedico sempre una decina di minuti a Existenz per spiegare perché le interfacce devono essere biomorfe
Il film è così presciente sugli sviluppi delle interfacce neurali che i casi sono due: o lui è un visionario al limite del viaggio del tempo o tutti gli scienziati che lavorano nel campo si sono ispirati a questo film. Probabilmente entrambe le cose.
Figata! Prima o poi cerco il tuo corso e vengo a seguirlo… mi riconoscerai perché sarò quello con scritto I LOVE YOU sulle palpebre 😎
Scherzi a parte, da ingegnere informatico, la bionica è un campo che mi ha sempre affascinato, complimenti
Dopo questo commento direi “Shyamalan twist!”
eXistenZ e’ il film che consiglio sempre a chi mi chiede “Come posso approcciarmi a Cronenberg?” (evento successo volte: 0; evento che succedera’ in futuro volte: 0)
Non il suo piu’ complesso, non il piu’ riuscito, ma sicuramente un buon compendio dei temi e digeribile a chi non e’ abituato al suo cinema, anche piu’ de “La Mosca” secondo me.
OT: segnalo agli amici della Milano bene che al cinema della Fondazione Prada sabato danno la doppietta Terrifier + Terrifier 2
Fine anni ’90. Linquietudine per il nuovo millennio, la paranoia/complottismo sulla realtà in cui si vive, lo spettro delle corporation onnipotenti (ah che bello quando le multinazionali si mostravano per quello che erano senza le odierne paraculate da green, pink ecc. washing): tra tutti i principali riferimenti di quel particolare spirito del tempo direi che il più rappresentativo è X-Files.
Un film brutto come pochi, al punto che per trovargli dei pregi bisogna inventarsi cose del tipo:
– le variabili “X” e “Y” scritte in maiuscolo nella grafia del titolo eXistenZ –
un commento inutile come pochi, al punto.
Effettivamente il film più pop di Davidone, che rimane comunque una trappola dalla quale piano piano capisci che non è possibile uscirne e anzi ne vieni inglobato sempre di più.
Paradossalmente per me non è il miglior film di Cronenberg soprattutto perchè dopo l’inizio della presentazione di Existenz e compagnia cantante il film aimè SI PERDE. Non è che non succede niente, ma Cronenberg ha un idea dell’azione che per esempio si scontrerebbe a prescindere con l’action pura e semplice. Non è nelle sue corde. E pensare che avrebbe dovuto dirigere 10 anni prima ATTO DI FORZA, ma il nostro rinunciò perchè dopo avere scritto circa dodici script si accorse che volevano un film alla Indiana Jones. Insomma David ha un idea dell’action che appunto non coincide con l’action, basta pensare a Matrix, qualcosa che ASSOMIGLIA a Existenz ma appunto il secondo manca della spettacolarità del film delle Wachoski. Cronenberg è sicuramente più cerebrale, e dopo il pasto nudo e Crash decide di scrivere il suo personale film di fantascienza cerebrale e non-spettacolare. Ovviamente il film è un flop, perchè il piubblico si appassiona alla semplicità spettacolare di un film sugli hacker, arti marziali, post-apocalisse e bullet-time. Cronenberg come Stuart Gordon e Romero è un artigiano, che si preoccupa di far PENSARE il pubblico, che ovviamente vuole schemi facili da decodificare. In quel mondo Existenz semplicemente non è al passo con il GENERE. Capita, ma rimane comunque un film coraggioso, che non ha paura di usare tutto quello che ha a disposizione. Il cast è sontuoso, c’è perfino Christoper Eccleston nel ruolo del Leader del seminario e udite udite Sarah Polley futura star di Dawn of dead di Snyder. Senza contare le altre star, ta cui ovviamente Ian Holm fa la parte del personaggio ambiguo. C’è così tanta carne al fuoco che lo stesso Cronenberg riesce a gestire la connessione realtà- fantasia a corrente alternata, perchè la MESSA IN SCENA non è spettacolare, insomma i 15 milioni di dollari non bastano per fare la differenza e un pò si vede. Poi certo Willem Dafoe che fa il meccanico fanatico con bio porta contaminata annessa e tutto il resto sono Cronenberg al 100% ma come già detto NON BASTA. Personalmente credo che non sia del mio regista canadese preferito la colpa (assieme a James e Denis) almeno non tutta. Cronenberg parlava di reale e fantasia, insomma di quello che la psiche umana poteva o non poteva RICONOSCERE come reale. Vedasi il successivo film SPIDER, qui il nostro mette troppa carne al fuoco, ma riesce comunque a concludere, anche perchè è pur sempre il profeta della carne, l’inventore del body-horror e il regista non americano meno scontato per quanto riguarda narrazione e finale.
Alla fine al povero Rushdie gliel’hanno fatta pagare.
E magari per mezzo di gente che nemmeno ha mai letto il suo libro, o sapeva chi fosse.
Ma solo perche’ gli hanno ripetuto fino all’ottundimento che doveva morire.
E pensare che qualcuno ci ironizzava pure sopra, dicendo che la scomunica con condanna a morte da quelle parti era l’equivalente di una pessima recensione.
Quella gente non scherza, ragazzi.
Gran film, che mi piaciuto soprattutto in quanto appassionato di Videogames.
E in quel periodo stavo in fissa forte.
ExistenZ (o TrascendenZ, forse?) in un certo senso ha anticipato i tempi.
Erano gli anni della prima Playstation, i Videogames stavano diventando una moda.
Un bene di consumo e un must have da possedere a tutti i costi.
Quanta gente si compro’ la scatoletta grigia di Sony senza sapere effettivamente cosa farci…
Oggi abbiamo i tg che pubblicano in prima pagina l’uscita di una nuova console, e i programmatori venerato come star.
Come nel film. Che sembra procedere senza una meta precisa per tre quarti, per poi sferrarti il colpo a sorpresa sul finale.
Bello, bello, bello.
I terroristi sarebbero sempre da condannare, con la loro idea che nessuno e’ innocente di cio’ che accade nel mondo e che percio’ tutti devono pagare.
Ma alla fine mi sono ritrovato a simpatizzare con quelli di quest’opera.
Li immagino come me. Vecchi videogiocatori che preferiscono che tra la realta’ e quel che si gioca vi ci debba sempre essere uno schermo a dividere, a mantenere le giuste distanze e i confini.
Anche se uccidere in nome delle proprie idee e’ sempre sbagliato.
D’accordo. Sempre meglio però uccidere in nome delle proprie che di quelle altrui.
Programmatore celebrità colpito da fatwa di morte? Direi che la roba che ci va più vicino è Kojima, signore indiscusso dell’hype videoludico idolatrato all’eccesso e quando è finito ai ferri corti con la software house (konami) hanno provato a fargli terra bruciata in tutti i modi.
eh su nel 2023 ancora confondiamo programmatori e designer, manovali e ideatori
Appena rivisto, seguendo il percorso dello speciale calcista, as usual. Non lo vedevo da anni, che dire, ennesimo capolavoro del maestro, sempre in anticipo sui tempi di uno o due decenni almeno. Un’altra cosa che mi era venuta in mente già dallo speciale su La Mosca, ogni film di Cronemberg è talmente denso e complesso che si potrebbe senza problemi sviluppare da ognuno una serie autoriale da otto o dieci puntate. Magari prodotta dallo stesso Cronemberg arruolando giovani registi.
Il Maestro ti ringrazia per i complimentoni e il messaggio di stima profonda. Però se iniziassi anche a chiamarlo col cognome giusto ti farebbe avere dei gadgets pazzeschi.
Scusa, noto solo ora il tuo prezioso commento in cui mi fai notare il mio grave errore di battitura.
Ti ringrazio.
Ora puoi prendere i gadget e ficcarteli nel culo, povero imbecille.
Aggiungerei il fantastico Dark City alla lista iniziale.
E chi aveva 17 anni e un amico che gli fece provare la marijuana proprio quel giorno e proprio con questo film?
Poi divenni vegetariano, tutt’ora diffido del cibo fuori regione, per fortuna sono romagnolo, e mantengo una forte apprensione verso tecnologie virtuali, videogiochi troppo reali etc.
Credo che fu l’unico caso nella storia in cui non subentrò la fame chimica.
Grazie David.
Quanto si fanno gli elenchi dei precursori di Matrix… il più delle volte non viene riportato https://it.wikipedia.org/wiki/Il_mondo_sul_filo di Fassbinder (ci tengo sempre a ricordarlo, essendo io talmente vecchio da averlo visto in TV)