Quando uno come David Cronenberg decide di chiudere un cerchio della sua impareggiabile carriera riprendendo spunti e titolo da un suo cortometraggio degli inizi, è il segnale per far partire la retrospettiva. E noi, puntualissimi, rispondiamo. Seguiteci nella seconda parte del nostro imprescindibile speciale: Le basi – David Cronenberg.
Spider, si sa, segna un po’ l’inizio del nuovo Cronenberg, quello meno carnale e più psicologico, ossessionato dalla psiche umana, quello forse meno amato dal pubblico. Un Cronenberg che si lascia ispirare, che mette da parte la propria immaginazione per dar voce a storie di altri (in questo caso Patrick McGrath, autore dell’omonimo romanzo). Ci vorranno vent’anni prima di vederlo alla prese con un’altra storia originale. Nel frattempo però questo Cronenberg minore, questo Cronenberg un po’ in disparte, in realtà non lo è per niente. È sempre lo stesso grande regista, alle prese con immagini meno ovvie, meno esplosive, che di certo non bagnano lo schermo di sangue, ma che utilizzano la forza della pisicologia umana per trasformare quelle che vediamo e percepiamo. Una specie di psicosi collettiva in cui nulla è quello che sembra, in cui anche il ricordo di questi film rischia di essere frainteso, a volte completamente reinventato. Questo per dire che Spider non lo vedevo da tanto, e me lo ricordavo diverso: un film più complesso, più incisivo, quando invece è un film piuttosto piccolo e vagamente convoluto che però non perde un colpo, anche quando sembra deragliare nelle sue stesse trame.
Spider, come il film, è anche il suo protagonista: un Ralph Fiennes schizofrenico, ridotto in uno stato quasi vegetativo, che non parla e che quando scrive lo fa in una lingua tutta sua. Uscito da un ospedale psichiatrico e introdotto in una struttura di reinserimento, Spider si ritrova a girare per i luoghi della sua infanzia dove ricordo e follia si mischiano in una tragica storia di tradimenti e violenza: qui il film diventa piece teatrale; i genitori di Spider, Miranda Richardson e Gabriel Byrne, mettono in scena un passato narrato da una mente instabile, in cui nulla è quello che sembra. Un trauma continuo, un vortice di violenza e sessualità che nella realtà si traducono in altrettanti problemi, fino a un culmine che chiude il cerchio e manda tutti a casa, confusi e straniti.

:(
La grandezza di Cronenberg, qui, sta nell’essere in grado di girare sia un film che, appunto, uno spettacolo teatrale. Una messa in scena fatta di equivoci e personaggi che cambiano volto e si mischiano con altri, un intreccio di visioni e versioni abbastanza in linea con il regista che dopo qualche anno avrebbe girato A Dangerous Method, un film sulla psicoanalisi nella sua forma più popolare.
Mi piace anche pensare che lo Spider del titolo non si riferisca solo agli intrecci di spago utilizzati dal protagonista per mettere insieme le proprie ossessioni, ma anche alle ragnatele nella loro immagine più simbolica, quella del vecchio, dell’abbandonato, proprio come Spider, un uomo chiuso nella proprio testa, nel proprio passato. Un uomo lasciato lì, a fare le ragnatele.
Spider tra l’altro è anche un progetto un po’ sfortunato: una produzione povera che costringerà regista, attori e produttori a lavorare gratis pur di portare a casa la baracca. Una testimonianza di come non basti essere dei grandi autori per farcela in questo mondo un po’ sfigato, ma anche la conferma di come questo film sia un Croneberg piccolo, personale, con tanti problemi e tanta buona volontà, e rimarrà sempre un po’ così, chiuso nei nostri ricordi, difficilmente rivisto. Di nuovo, a fare le ragnatele.

E per finire, una classica immagine a la Eraserhead
DVD-quote:
“Lunga vita alla nuova psiche”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com
Verissimo tutto. Ricordo che lo vidi al cinema, mi piacque molto, ma da allora non ho più avuto il desiderio di rivederlo. In realtà prima di leggere questa recensione non ci pensavo da anni.
Ero convinto (livello convinzione: mi ci gioco la casa e la fidanzata) di averlo visto e che mi fosse anche piaciuto.
In realtà…
Lo confondo (livello confusione: mi gioco 100 euro sull’X2 di Milan vs Tottenham) con Red Dragon, anch’esso del 2002, sempre con Ralph Fiennes che fa brutto ad uso schizofrenia.
Chapeau per Fiennes, che ha capitalizzato 2×1 il metodo Stanislavskij.
Ricordo un aneddoto divertente, su questo film.
Io e mio fratello (gemello, tra l’altro) andiamo a vederlo una sera a Milano, in centro.
Cinema d’essai in via Torino, roba per pochi.
Il tizio alla cassa, a vedere due ventenni a chiedere un biglietto per Spider, ci fa: “Guardate che e’ Spider, eh!!”
So cosa voleva aggiungere. I classici due sfigati che devono andare a vedere Spider – Man (visto, tra l’altro. E piaciuto un casino) e non hanno capito un cazzo, tipo la madre che deve portare i pargoli a vedere un film di super e li porta a vedere Deadpool.
Ma non lo dice, che pare brutto.
Al che glielo faccio notare io.
“Ci scusi”, gli faccio, “Ma guardi che noi ADORIAMO Cronenberg.”
Basta. Muto.
Gran bel film, con un Fennies da Oscar. Che gia’ fa le prove generali per il Fairytooth di Red Dragon.
Anche se qui da solista funziona meglio, a dirla tutta.
La’ era schiacciato tra Sir Hopkins e Norton in un’ammucchiata a tre.
Ho avuto anch’io la stessa sensazione, comunque.
Che ormai il buon David ce l’era amo giocato. E che in un certo senso stava andando a morire.
Horror piu’ psicologico che fisico, ma che lascia comunque il segno. E infatti al termine e’ scattato l’applauso.
Perche’ le contorsioni di una mente umana fanno paura quanto le escrescenze corporee.
In quel cinema d’essai di Via Torino ci vidi L’Odio con i miei due super migliori amici (i tre eravamo 400calcisti a te litteram per capirci).
Stessa scena: cassiera che se la tira un botto, tutti i presenti molto abbottonati, il Luca che se ne esce con “vi immaginate alla fine tutti a commentare la fredda messa in scena e le brutture della banlieue, noi a ridere grassi perché una ha sparato in testa a un altro”.
Già sapete quanto gli ultimi minuti di film ci dettero ragione.
400calcisti si nasce.
*ante litteram
Grandi.
Dedicato a chi divide il cinema a reparti stagni. O a chi ritiene che per frequentare certe sale si debba essere di mezz’eta’ con barba, pipa e occhiali (ma non voglio generalizzare, ci mancherebbe).
O a chi ritiene sia impossibile appassionarsi sia dei cine-comic che di questi film.
Poi Cronenberg ha fatto una scelta, ed e’ mutato volando verso ben piu’ alti lidi.
Tipo Cannes.
Ma per qualche tempo la sua filmografia ha saputo fare da ponte a due diversi modi di intendere il cinema.
Tra chi cercava un (mal) sano horror disturbante, e tra chi per disturbarsi (o chissa’, magari per fare quell’altra cosa che termina in STURBARSI) era alla ricerca di qualcosa di piu’ profondo.