Fancalcisti e fancalciste, pensavate per caso che fosse tutto finito? Che vi avessimo promesso una seconda edizione di EXTRA sci-fi festival Verona più grossa della precedente per poi restarcene in un angolo a pettinare le bambole gonfiabili? Giammai. Le proiezioni e gli eventi continuano fino al primo aprile (senza scherzi) e dunque vi rimandiamo al programma completo del festival per sapere le cose. Nel frattempo, mentre fate la cacca, vi parliamo di questo film che è stato proiettato al festival e che dopo aver fatto il giro d’Europa sbarca sulle uniche pagine giuste, quelle dei 400calci.
Dice il gran satrapo Gian Piero Brunetta, tramite una delle ottanta diverse Storie del cinema da lui redatte, che da qualche parte in questi anni ’20 di nuovo millennio potremmo pensare, se ne avessimo voglia, di festeggiare i primi cent’anni di cinema d’exploitation. Tutto molto bello, evviva i film a budget ridotto che sfruttano temi caldi alla ricerca di incassi facili, ma forse è anche il caso di sfruttare l’anniversario informale – impossibile conoscere la data precisa in cui il primo imbonitore ha proiettato un film sull’igiene personale intima per attirare gli sporcaccioni – e fare un vago punto della situazione. Per esempio: quanti cacchio di sottogeneri di exploitation esistono o sono esistiti? E perché nessuno ci ha mai fatto su un rap tipo Alphabet Aerobics dei Blackalicious? Dalla Blaxploitation alla Bruceploitation, passando per Sexploitation, Nunsploitation, Christploitation, Sharksploitation, i Mondo film, gli Women in prison, i Rape and revenge, i Mockbuster, gli SPAGHETTI SPY, i Cannibal film, la Nazisploitation. Sembra un negozio di caramelle, ma di quelle che ti vendono in Finlandia però; quelle che chiamano caramelle anche se sanno di merda piccante e liquirizia mantecata nel piscio di squalo. Eppure non puoi fare a meno di mangiarle. Senza contare che nel negozio ci sono anche i ripiani esotici, dalla Pornochanchada brasiliana all’Ozploitation australiana. La Turksploitation si capisce da dove arriva, così come la Mexploitation. La Canuxploitation invece è canadese, ma volendo si arriva anche in Sudafrica con la ZAxploitation. Secondo me avete capito dove voglio arrivare. All’appello mancavano praticamente solo gli svizzeri e siccome essi son calvinisti forte – confessione notoriamente in sofferenza quando ci sono buchi di offerta nel libero mercato, si prenda a esempio il nippojodel – ecco Mad Heidi, film fuori tempo massimo che ruba il nome e i formalismi del nostro beneamato contenitore e, con una furberia effettivamente degna delle peggiori teppe cinematografiche che nel corso dei decenni se la sono spassata con l’exploitation, crea in laboratorio la SWISSPLOITATION. Sigla!
Fuori dai denti e prima ancora di parlare di trama: vale la pena sbattersi e andare a pesca per dare soddisfazione a un film che ci prova con tutte le sue forze a essere ammiccante, compiaciuto, post-moderno, post-post-moderno e citazionista fin quasi alla nausea? Oppure siamo cresciuti, diventati maturi e queste operazioni a tavolino, crowdfundate e un po’ prive di sostanza alla Kung Fury ci fanno venire un goccio di orchite? Io sto nella prima parrocchia, ma posso anche capire gli amici che decidono di battezzarsi nella seconda preferendo cavarsi gli occhi con delle forchette da fonduta roventi piuttosto che vedere un film così artificioso che, ogni tanto, effettivamente ti fa sbuffare e un po’ ti fa venir voglia di prendere i due registi quasi agli esordi, Johannes Hartmann e l’esperto di effetti digitali Sandro Klopfstein, fargli pat-pat sulla spalla e indicare loro il più vicino parco giochi per cineasti volenterosi. Io sto nella parrocchia del vale la pena sbattersi per tre motivi ben precisi: perché c’è la Ana de Armas svizzera che impara il kung-fu con delle suore mascherate prima di imbracciare l’alabarda per la vendetta finale; perché c’è Casper Van Dien dittatore nazi-formaggio di un regime la cui propaganda cita direttamente Starship Troopers; e perché, alla fin della fiera, sono una persona semplice e mi sono divertito sopra la media ad ammirare i salti mortali che fanno gli autori per riuscire a integrare praticamente ogni forma principale di exploitation nella trama originale di Heidi (il romanzo svizzero di fine ‘800, non la serie animata di Takahata e Miyazaki).

“Rest in cheese, bitch”
C’è un problema in Isvizzera, un problema quasi più grave di un emmental senza buchi: un formaggiaio nazista, il Presidente Meili, ha conquistato il paese a colpi di caglio e SIG 510, e da vent’anni trucida oppositori e intolleranti al lattosio, costringendo gli amici elvetici a sottostare al giogo del suo capriccioso regime e a mangiare esclusivamente il formaggio lavacervelli prodotto nelle sue fabbriche. La resistenza ormai langue e sugli alpeggi non c’è grande aria di rivoluzione. La giovane e spensierata Heidi, dunque, se ne approfitta per godersi biblicamente il suo bel Goat Peter, allevatore di pecore (conciato come uno jodelpimp) che nel tempo libero fa anche lo spacciatore di formaggio caprino. Grosso smacco per Meili e i suoi fidi scherani, che rintracciano Goat Peter e gli fanno saltare le cervella. Heidi invece finisce prigioniera, insieme alla giapponese Klara, nel campo di rieducazione formaggesca gestito da Fräulein Rottweiler (sic) e da lì in avanti è una lunga rincorsa per riuscire a mettere dentro al film ogni tipo di sottogenere di exploitation possibile. Torture in prigione, suore ninja, testicoli vs. alabarde (“Say goodbye to your little friends”), formaggi zombificanti, francesi stupidi, tobleroni assassini, organetti indigesti, cameriere a petto nudo, gladiatrici sotto steroidi, nazisti sadomaso, Kill Bill, Faster Pussycat, Kill Kill! e chi più ne ha più ne metta.

Metti il cilicio, togli il cilicio
Amici e amiche, svizzeri e non: Mad Heidi non è la rivoluzione copernicana dei film tutti matti e autoprodotti con il crowdfunding in cui qualcuno sperava – viste le gustose premesse della trama e vista anche la presenza, nelle fasi iniziali della produzione, di quel finlandese di Timo Vuorensola. Il punto di non ritorno dei film cazzoni c’è già stato, ha la faccia di un porco kazako e si chiama Bullets of Justice. Mad Heidi non arriva a quei livelli di anarchia psichedelica, anzi. Il suo approccio alla faccenda di fare gli scemi spensierati rimescolando tutto il cinema di serie B del mondo è molto svizzero e sistematico, puntuale e anche un po’ secchione (pur non essendo saccente). Il che toglie un po’ di quell’energia a briglie sciolte che dovrebbe alimentare un progetto del genere, almeno secondo me. Però, in fondo al coccio della fonduta, si percepisce la passione con cui questa cagatona è stata messa insieme, a partire dal gore ben fatto e dalle ammazzatine creative. Senza contare che, da un punto di vista di pura messa in scena, Mad Heidi non sfigura per niente nonostante il budget ridicolo. Il più classico dei film da vedere in compagnia, con uno shottino di Unicum in canna da bere ogni volta che qualcuno riconosce una citazione. E poi ci rivediamo martedì, all’incontro degli alcolisti anonimi.
EXTRA quote:
“Ti sorride Inoki”
Toshiro Gifuni, i400Calci.com
La citazione dei GemBoy vale per lo shottino?
“Bullets of Justice” mai visto ma me lo ricordavo per Avesani
Vado subito a pesca!
Visto e apprezzato molto! Ho addirittura ordinato sul sito l edizione limited a 4 dischi….Casper Van Dien mi ha steso 😅
Questo è il genere di film che mi crea un mega hype (e amo Kung Fusion). Recupero subito!
Sì, ma qui si riferisce a questo Kung Fury (https://www.youtube.com/watch?v=bS5P_LAqiVg) che questo sito ha pervicacemente ignorato, contrapponendogli, se non erro, Manborg. Ricordo i commentatori che si davano di gomitino, in quanto appariva tutti ovvio che il corto andasse ignorato come Erostrato. Io non ho ancora capito perché.
Hai ragione tu e ho letto male io.
Appena finito di vedere Mad Heidi. Nonostante l’hype mi tocca dire che l’ho trovato simpatico ma moscio. Se fosse stato più matto, più stile Troma, sarebbe stato perfetto. Invece è troppo “normale” e mi sono scappati sbadigli qua e là. Scusa Toshiro.
Ma a Tana delle tigri le fanno ciao?
Ma sbaglio o c’è qualche connessione con la produzione di Iron Sky?
Godibile boiata, anche se le citazioni le ho trovate un po’ didascaliche.
Ad ogni modo, la Ana de Armas svizzera dembra la gemella eterozigota (e figa) di Seth MacFarlane.