Quando ero piccolo
tutti mi scherzavano
perché avevo paura del buio. E io non stavo bene! Soffrivo le pene per colpa del buio. Oggi va meglio, sono cresciuto e il buio mi dà il pane, come dimostra il fatto che sono qui a parlarvi di un film horror tutto buio chiamato Skinamarink. Ma lasciate che vi parli ancora un po’ del buio.
Non era una paura normale, cioè, immagino che tutti i bambini del mondo a un certo punto della loro crescita abbiano avuto in qualche modo paura del buio, superata però intorno ai sei/sette anni. Io a dodici ancora avevo il terrore bianco dello spazio casalingo che separava camera mia dal bagno, e ho passato intere notti insonni a tenerla perché non mi andava di avventurarmi in quei corridoi che cambiavano forma ogni notte. Facevo anche un sacco di incubi da bambino, me ne ricordo uno con gigantesche creature antropomorfe che divoravano l’umanità a grandi manciate e un altro nel quale dovevo scappare da un vulcano ma siccome ero Paperino mi muovevo goffamente e non riuscivo a correre, venendo travolto alfine dalla lava. Non c’è per forza logica negli incubi, per esempio non sono mai stato Paperino nella mia vita, ma hanno sempre, più o meno inconsciamente, una certa struttura narrativa, la consapevolezza per esempio che la tensione prima si costruisce e poi si fa esplodere, non il contrario.
Skinamarink è un film che parla di un bambino che ha un incubo, forse, e quindi mi ha fatto tornare indietro agli anni della mia infanzia. Che è esattamente il suo scopo dal secondo uno: far regredire chi guarda a una condizione quasi primordiale, quel misto di totale assenza di difese e di carenza di strumenti necessari a una lettura complessa della realtà che caratterizza quei prequel di esseri umani che sono i bambini. Per ottenere il risultato sperato, l’esordiente canadese Kyle Edward Ball ha puntato sulla mossa estrema, quella che gli attirerà applausi e strali in egual misura a seconda che apprezziate il coraggio e anche la completa fedeltà all’idea creativa di fondo, oppure che diate un valore non indifferente a robe tipo la logica, la coerenza narrativa interna, la grammatica di base del cinema.
Ha fatto insomma il film sperimentale, e per di più costato letteralmente quattro soldi – e lo so che 15.000$ non sono “quattro soldi”, a meno che un soldo non valga 3750$, ma con 15.000$ oggi non ci paghi neanche il cameo di Pom Klementieff in The Suicide Squad, figurati mettere in piedi un’ora e quaranta di film. Ma Ball non lo sa e vola et cetera, il punto è: è partito da uno spunto semplicissimo, un’idea vecchia come il mondo ma declinata nel modo più moderno possibile, ed è riuscito a darle forma con un po’ di spago, una cingomma e tanta creatività. Ho già letto in giro tanti paragoni e paralleli, con Lynch ovviamente (confermato come ispirazione dallo stesso Ball), ma anche con Refn, con il c.d. slow cinema in generale, persino con Wavelength di Michael Snow e (non ricordo dove ma giuro) Jeanne Dielman, 23, quai du Commerce, 1080 Bruxelles, per dire quante cose si imparano quando una rivista decide di far parlare di sé – ma questo è un altro discorso.
Il discorso che mi interessa è che sono tutte stronzate. Skinamarink dà sicuramente uno sguardo anche al passato nella misura in cui Kyle Edward Ball è un cinefilo ed è chiaramente cresciuto con un certo immaginario e con dei miti inossidabili, ma è un film assolutamente, completamente e indiscutibilmente contemporaneo, alimentato a Internet e creepypasta, figlio di paure collettive condivise via reddit, che guarda a TikTok anche quando sembra Stalker. È disturbante e destrutturato come una collezione di alcuni dei corti più statici che abbiate mai visto, una playlist scombiccherata di cose che succedono che sembra più figlia di Paranormal Activity che di Eraserhead. È anche un film molto più facile di come venga venduto: se dopo i primi due minuti vi viene voglia di mandarlo a cagare, fatelo! È molto testardo nel voler fare una cosa molto precisa e non gliene frega nulla di accomodare la situazione alle normali esigenze spettatoriali. Se invece dopo due minuti vi affascina, SIGLA!
https://www.youtube.com/watch?v=RjbwmyH0giMOltre a essere un regista esordiente, Kyle Edward Ball è anche un generatore di quote utilissime da riproporre per spiegare il suo progetto. Una di queste è: l’Internet è stata la mia co-regista. L’idea di Skinamarink nasce su YouTube (e poi su reddit), dove Ball ha un canale, Bite Sized Nightmares, nel quale la gente gli racconta i propri incubi e lui li mette in scena. Uno di questi suoi corti, Heck, è il primo prototipo di Skinamarink, ma se ne guardate un po’ scoprirete che dietro all’idea buffa e molto social di Ball si nascondono anche uno stile e delle idee precise di messa in scena. La più evidente è la sua tendenza a sbagliare volutamente le inquadrature, a puntare la macchina da presa in luoghi dove non sta succedendo nulla per far lavorare chi guarda per inferenza – suoni e rumori fuori campo servono a completare la scena, per cui ciò che succede non viene quasi mai mostrato ma solo suggerito.
Vi ho appena descritto Skinamarink, un film di inquadrature sbagliate, il cui sbaglio è amplificato dal fatto che i protagonisti del film sono due bambini, e dunque ogni singola scena è ripresa ad altezza pavimento, e vediamo la maggior parte delle cose dal basso verso l’alto, il che lo rende anche un film di torreggiare. Quasi tutte le inquadrature, poi, sono perfettamente statiche, e anche quando non lo sono le singole sequenze sono completamente prive di montaggio interno: il massimo dell’azione è rappresentata da movimenti di macchina lentissimi, e per esempio se per qualche motivo avete una curiosa e fortissima allergia ai controcampi questo potrebbe diventare il vostro film preferito di sempre. È per quello che sopra citavo Paranormal Activity e i found footage casalinghi, con la differenza che nel film di Oren Peli la staticità è conseguenza della forma scelta, mentre in Skinamarink lo è del fatto che è un film di infanti paralizzati dal terrore.
È un film sgradevole in ogni suo elemento, a partire dal sound design fatto di voci e rumori che suggeriscono distanze che in realtà non esistono, e che insieme al buio pesto delle riprese contribuiscono a disorientare chi guarda, a costringerlo a strizzare gli occhi per leggere inquadrature scure e sbilenche, per capire dove stia il sopra e dove il sotto. È girato in digitale, ma filtrato come se venisse da una VHS di bassissima qualità: filtrato fisicamente, non in postproduzione, con un pacco di filtri Super8 e 16mm sovrapposti fino a dare all’immagine abbastanza grana e disturbo da farla risultare fastidiosa e a tratti illeggibile. Solo luce naturale, ovviamente, e poca: ci sono sequenze nelle quali potreste chiudere gli occhi e godervi i pattern proiettati sull’interno delle vostre palpebre convinti di stare guardando il film. È l’horror analogico, bellezza: una roba che guarda ai primi video in SD come fossero la preistoria, e dove noi che abbiamo quarant’anni ci vedevamo pixel troppo grossi e l’attesa di un futuro HD, Kyle Edward Ball che di anni ne ha trenta ci vede un’estetica abbastanza vecchia da essere già materiale da riciclo.
Il fatto è: tutto questo accrocchio funziona, perché ricorda molto da vicino il modo in cui un vero bambino veramente spaventato dal buio vede casa sua di notte. Tutta la faccenda è di una semplicità disarmante, ma è vista dagli occhi di due personaggi che non sono equipaggiati per razionalizzare un bel niente, figuratevi il fatto che le porte di casa loro sono improvvisamente scomparse, o che dal buio ogni tanto proviene una voce.
Skinamarink è un film che va accettato, senza dubbio, e che potrebbe anche attirarsi pernacchie e sberleffi vari, e accuse di essere pretenzioso e arthouse e magari persino elevated – voleranno un sacco di “sopravvalutato” o di “truffa”, fastidiosi almeno quanto i vari “capolavoro!” o “film più spaventoso di sempre!” che lo stanno accompagnando dall’altra parte della barricata. Personalmente degli estremismi non me ne frega un cazzo, ma è fuor di dubbio che Skinamarink sia un film abbastanza nuovo e coraggioso da meritarsi attenzione e un giudizio ponderato. Per quel che conta, io ho passato un’ora e quaranta incollato allo schermo a godermi questo glorioso pastone di terrificante nulla e di suggestioni nel buio, proposte con la faccia serissima di chi non chiede altro dalla vita che riportare a galla nel suo pubblico il maggior numero possibile di traumi infantili.
Quote
«Come quella volta che a quattro anni avete pisciato nel letto dalla paura!»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
Ma quindi tu da bambino, diversi anni prima che uscisse, avevi sognato “Attack on titan”?
…e Pompei nella versione del pianeta di Howard il Papero
In realtà dopo anni ho ricostruito che con ogni probabilità quell’incubo mi era stato ispirato dalla serie animata degli Inhumanoids https://en.wikipedia.org/wiki/Inhumanoids
I cartoni animati fanno male alla gente
Ben contento di aver trovato la recensione di Skinamarink,e non posso che essere più d’accordo su quanto scritto.
Io che sono un commentatore ” alla molto buona” l’avevo,al di là dei social che maltollero, come una sorta di videogame non interattivo nella quale entra in gioco la tia6 emotività e niente altro.
Bel lavoro , complimenti.
“Il terrificante NULLA” hai detto tutto…
Un film che si regge a malapena in piedi e chi mi stava facendo addormentare…
diciamo pure che forse dico forse c’è moolto di meglio, questi filmetti meta-cinematografici che lasciano il tempo che trovano ragazzi…
Capisco che dovete recensire, però almeno recensite qualcosa di UTILE.
Vedo un briciolo di leggerezza scusate eh! Dall’inizio dell’anno a parte Cronenberg e qualcos’altro poche rece su film INTERESSANTI, non dico belli che tutto è relativo ma INTERESSANTI:
tre suggerimenti giusto per dire;
Infinite Pool, Winnie the Pooh: Blood and Honey, Hell hole.
Insomma basta cercare, e guardare.
Alè.
mi piace è utile / non mi piace è inutile..è un concetto fantasmagorico…
Ma sei sicuro che un recensione au infinite pool valga la pena? Un film arrivato ,forse purtroppo, arrivato troppo tardi in sui si salva solo Mya Goth ignuda?
Ho visto il precedente film di Brandon C. il citato Possessor che devo dire al di là della storia di uso del corpo-mente di donne-uomini per perpetrare omicidi di base con l’organizzazione segreta che lascia il tempo che trova mi è piaciuta la messa in scena. Il figlio di Cronenberg ha le capacità di reggere storia e regia di film horror-thriller. qui Possessor non è stato amato, e sinceramente non ho visto molte argomentazioni di senso logico in tal senso. Ora Infinite Pool che comunque è passato sotto silenzio negli USA mi sembra un salto anche qualitativo non indifferente. Soprattutto perchè Brandon è attratto dallo scambio e meccanica dei corpi, qualcosa di molto FAMIGLIARE.
Il primogenito è un prequel di essere umano, il secondo è più un reboot che un sequel, e noi siamo l’origin story.
E lo spin-off?
Io ho visto il trailer e ho paura (anche perché i film se non li vedo in sala li vedo da solo al buio in cuffia all’una di notte), però mi attirava parecchio, per cui grazie della recensione di cui mi accontento :-)
Il terzo figlio, che in realtà non è tuo.
Era una risposta a Bandini…
Mai piaciuti gli spin-off.
L’ho trovato interessante ma la durata è un suicidio. Massimo 1 ora e 10/15 se voleva essere davvero efficace.
“a seconda che (…) diate un valore non indifferente a robe tipo la logica, la coerenza narrativa interna, la grammatica di base del cinema.”.
non vorrei apparire snob, anzi spero proprio di sembrare il contrario, ma la grammatica di base del cinema è esattamente, da che è nato, la grammatica del sogno e non ha (nei casi migliori, non dovrebbe proprio avere) granché da spartire con la tossicomania della logica e della coerenza narrativa, specie quando la posta in gioco è la paura – che di rado si lascia razionalizzare a bella posta. quindi venduto a prescindere e a trascendere.
p.s.: “quei prequel di esseri umani che sono i bambini” è tra le cose più belle mai lette da anni qui dentro. grazie.
Hai ragione, ma il mio discorso non ha tanto a che fare con discorsi di logica coerenza e struttura ma con robe ancora più basilari, tipo come si compone un’inquadratura in base a quello che vuoi dire e fare, dove piazzi i soggetti et cetera. Cioè il film è pieno di roba che se porti a un esame di cinema ti espellono dalla scuola dandoti dell’incapace, scene dove sembra che sia passato uno e abbia dato un colpo alla mpd e nessuno sul set se n’è accorto. Ed è giusto e bello così, eh!
ottimo. un approccio ancor più bambino. venduto a maggior ragione.
Chissà una sua seconda opera come e cosa potrebbe essere… Io sinceramente sono curiosissimo.
due cojoni cosi, ma che me mettete su 400calci, sta roba ? prossimo film un elettricista polacco che svita na lampadina tre ore ? eddai so ‘a kubrik
Quindi mi dici in pratica che se volessi diventare famoso ed apprezzato mi basta fare un film in camera fissa scorreggiando sul microfono ed affermare di star facendo una cosa “sperimentale” per aver successo?
Fantastico.
SannaMarin, anche detto Skunk Anansie.