Vorrei promettere che non sarà un’altra recensione di Kill Boksoon che cita John Wick. Ma immagino che possiate accontentarvi del fatto che qui non compariranno le formule “il John Wick coreano!” e nemmeno “John Wick ma femmina”. Però di John Wick bisogna quasi obbligatoriamente parlarne almeno un po’ (e intanto i quattro link li abbiamo piazzati). Non tanto perché Kill Boksoon sia un calco pedissequo o un omaggio più o meno riuscito alla saga con Keanu Reeves. Non è così semplice. Cioè, è più una questione di sentire le giuste vibre, direbbe quell’amico che è ben in contatto con la sua spiritualità (ce l’abbiamo tutti, il mio si chiama Dharma “Sound of Da” Police). Ma a Val Verde siamo pratici e funzionali come una one-liner di Schwarzenegger e quando quelle cose qui succedono nel cinema, diciamo che quei film sono Fratelli di sangue e abbiamo ragione.

Fratelli di Gun fu
Kill Boksoon è il fratellino di sangue di John Wick. Di John Wick, in questo film qua, c’è soprattutto la voglia di creare una mitologia pop incentrata su un ipotetico mondo sotterraneo di assassini prezzolati, sbizzarrendosi in un worldbuilding abbastanza fantasioso e dettagliato, il più possibile realistico (nel senso che non si toccano corde fantasy). A parte quella fondamentale pietra miliare, però, va detto che in Kill Boksoon, rispetto al mentore, c’è molta meno azione (ma comunque fatta bene), ci sono molti meno muscoli e mascelle digrignate, c’è più ironia (molta di più, ma era abbastanza facile) e c’è più attenzione allo sviluppo delle dinamiche fra i personaggi. Il film non è diritto come potrebbe essere un “maledetti russidimmerda avete ammazzato l’unica cosa che mi faceva voglia di rimanere vivo e adesso faccio un macello”, ma è piuttosto un intreccio zigzagante e pieno di pezzi a incastro che servono a muovere l’azione e anche a continuare a farci chiedere: come farà questa mamma single, che di lavoro fa l’assassina, a crescere una figlia sedicenne che, di suo, uno o due problemi già ce li ha? Detta così, in effetti, suona quasi come un trattamento potpourri K-Drama del soggetto di John Wick. Ma visto che è fatto discretamente bene, io non me la sentirei di fare troppo il fastidioso. Sigla!
Gil Boksoon, che detto da un coreano suona quasi come Kill Boksoon, ha una vita movimentata in cui è sia una letale e leggendaria assassina a contratto – ma tipo la meglio in circolazione ammirata e invidiata da tutti i colleghi, anche perché loro vivono letteralmente in una roulotte in riva al fiume – sia una mamma single che vorrebbe far smettere di fumare la figlia sedicenne tutta musona e chiusa nei suoi confronti. Solo che come fa Boksoon a far smettere di fumare la figlia, lei che le sigarette le fuma abbastanza volentieri e in ogni caso è stata cresciuta da un babbo sbirro corrotto che quando l’ha beccata a fumarsi le paglie l’ha roncolata di botte e poi gliele ha fatte letteralmente mangiare. Le paglie, non le botte. Che poi è la sineddoche di un altro quesito, vale a dire: cosa può insegnare a sua figlia una donna che è la migliore nel suo mestiere e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno? Non fosse per il piccolo dettaglio che di mestiere ammazzi la gente e i piedi in testa li eviti tagliando ad altezza tendine d’Achille. Boksoon è la punta di diamante della MK Entertainment, che di facciata è una società di organizzazione eventi. In realtà è la più importante ditta coreana di ammazzatine a pagamento e in quanto leader di settore ha contribuito a formalizzare le regole del business. Gli incarichi si chiamano “Show” e vengono portati a termine seguendo tre regole basilari: non uccidere i minorenni, eseguire solo gli Show autorizzati dalla propria agenzia e tentare sempre di portare a termine gli Show autorizzati dalla propria agenzia. Ovvero: il fallimento di un incarico è accettato, il rifiuto in corso d’opera no. A Boksoon succede qualcosa del genere e nonostante lei e il suo capo, il tostissimo boss finale Cha Min-kyu (MIN-KYU, salute, scusate), condividano un legame quasi famigliare, la MK sguinzaglia comunque i suoi sgherri per uccidere Boksoon. La quale, correggetemi se sbaglio, fatemi controllare un attimo gli appunti, eccolo qui, sì esatto: venderà cara la pelle.

Prima di vendere cara la pelle, ricordati sempre di mangiare le verdurine che fanno bene
Kill Boksoon è lungo. Quasi 2 ore e venti sono tante, a meno di non essere il quarto capitolo di una saga dalla mitologia espandibile virtualmente all’infinito – John Wick nello spazio sarà un duro colpo per i miei centri nervosi, ma nel dubbio ho già prenotato i biglietti per quando aprirà Cannes nel 2040. È lungo vero, Kill Boksoon, ma è anche compatto ed è scritto con quella stessa sagacia narrativa che riesce a rendere avvincente persino una serie tv con un coreano ‘ndranghetista di nome Vincenzo Cassano. È che a a questo film qui mancano giusto un paio di scene di menare in più per essere un action eccelso. Quelle che ci sono – al netto del birignao da Sherlock Holmes di lei che prevede gli scenari futuri dei combattimenti – sono fatte con gusto e con un’idea di stile piuttosto personale, giocata (con l’aiuto di una spruzzata di CGI) sui vettori di panoramiche a schiaffo ben coordinate. Soprattutto, le scene di menare e sparare aiutano a condurre la trama da un punto A a un punto B. Nulla da eccepire, invece, sul contorno extra-calcista del film. Per quanto ingombrante, è funzionale allo spirito ecumenico del film – un pugno in fazza, un momento di riflessione sull’essere genitori – ed è portato in groppa da un paio di attori, la protagonista Jeon Do-yeon (Boksoon) e il co-protagonista Sol Kyung-gu (MIN-KYU, salute, scusate), che qui sono anche eccellenti menatori, ma in realtà di solito li trovi a fare film con Lee Chang-dong che vincono premi a Cannes. Mica cazzi Jeon Do-yeon che fa un film del genere e fisicamente ci sta dentro dal primo all’ultimo secondo. Daje Giovanna Mezzogiorno, adesso tocca a te.
Associazione contro il dramma da tinello quote:
“Daje Elio Germano, adesso tocca a te”
Toshiro Gifuni, i400Calci.com
Boh, io l’ ho trovato abbastanza palloso. Troppo, troppo, trooopooo dramma famigliare a discapito dell’ action. Mi è sembrato John Wick diretto da Özpetek. Poi la scena di lei che immagina il menare futuro prossimo (cosa già vista) è anche carina, ma ci sta bene una volta, non praticamente ad ogni menata. Un 6 stiracchiato.
per il tinello-fu avevamo Giorgio Pasotti che, come viene ricordato ad ogni intervista, è cintura colorata di qualcosa…c’è ancora tempo
Il world building è un po’ troppo stereotipato, ma alla fine funziona nel contesto; anche i “gradi” e relativi compensi sono una trovata gradevole (mooolto GdR), però non è credibile che una Gilda (perché di questo si tratta) come la FKM riesca ad avere il monopolio nazionale senza intromissioni dall’estero. E, per finire, Gill nella primissima ammazzatina parte un po’ troppo loffia.
Davvero dura così tanto? Non me n’ero reso conto…
La cosa di immaginarsi la rissa in anticipo non la faceva anche Denzel Washington? Lui era ancora più pro perché già che c’era faceva una stima del tempo che ci avrebbe messo. E faceva pure partire il cronometro.
Che io ricordi la faceva R. Downey Jr nei suoi Sherlock
Sì, credo che almeno in occidente nasca con Sherlock Holmes di Ritchie. Una di quelle cose bellissime come originali, e che rovinano la vita a ogni imitatore, proprio come il bullet time, la fotografia fumettosa e le tarantinate.