Ogni tanto vengo preso da queste botte di ottimismo completamente ingiustificato, tipo pensare che il sequel di un film di successo possa venire distribuito in Italia. Specie quando, come in questo caso, siamo di fronte a un oggetto più unico che raro, qualcosa che non pensavamo che Hollywood avesse il coraggio di offrire, soprattutto di questi tempi.
Preso da hype sproporzionato – termine qui usato nel senso letterale di “superiore alle dimensioni appropriate” – ero andato a vedere questo film in sala in UK ad agosto 2022, ed ero uscito fomentatissimo, impaziente di parlarvene. Poi però c’era stato il Frightfest, poi il dare per scontato che sarebbe arrivato anche in Italia, poi [EDIT: poi è successo che il film è stato appena annunciato per un’uscita homevideo italiana per Midnight Factory il 18 maggio, quindi quello che ho scritto dopo non ha più senso. Purtroppo questa notizia mi è giunta quando era troppo tardi per preparare e controprogrammare articoli diversi, per cui un pezzo che temevo di aver scritto con nove mesi di ritardo diventa di colpo un pezzo che pubblichiamo con una settimana di anticipo. Avrei potuto fare finta di niente, ma la realtà e che sono metà frustrato e metà intrigato dallo scoprire di avere poteri psichici.]
SIGLA!
Lo sapete come andò la breve storia d’amore tra Roberto Benigni e Hollywood?
Benigni incanta tutti con La vita è bella.
Va ospite ai talk show e fa un figurone, portando un’italianità un po’ macchiettistica ma esuberante a livelli a cui negli USA non sono abituati.
Vince l’Oscar come Miglior Film Straniero e fa una scena memorabile saltando sugli schienali delle sedie in platea, poi riesce nel miracolo di vincere anche come Miglior Attore ed è un trionfo che passa alla storia.
Poi il film seguente è Pinocchio.
Ed ecco, qua è dove un giorno mi piacerebbe consultare dei seri studi di psicologia al riguardo.
Succede sostanzialmente che Roberto Benigni, 50 anni, si auto-assegna il ruolo di Pinocchio.
Fa letteralmente il ruolo del bambino.
Lo giustifica in sceneggiatura? Assolutamente no, non gli passa minimamente per la testa.
Noi italiani ci passiamo sopra: Benigni è un’istituzione più che consolidata, lo conosciamo da decenni. Tutto sommato ce lo vediamo, con la sua esuberanza, a fare il bambino. È una favola, può richiamare certe vecchie tradizioni teatrali, e in più non potevamo pretendere che in Italia avessimo una motion capture sufficientemente avanzata negli stessi anni in cui ci stava ancora cascando la mascella per Gollum. Stiamo al gioco e più di tanto non ci facciamo caso.
In America invece, rimangono spiazzati e sconcertati. Non ci arrivano.
Per loro, molto semplicemente, è la cosa più inspiegabilmente creepy che abbiano mai visto. Volete dare loro torto?
La Miramax fa uscire timidamente il film lo stesso, senza mostrarlo ai critici, e contribuisce allo straniamento decidendo di doppiare Benigni con la voce di Breckin Meyer. Benigni stava facendo semplicemente se stesso, conscio che sarebbe stato sufficiente, ma Breckin Meyer che fa la voce da teenager è la goccia che fa traboccare il vaso.
Il film ottiene uno 0% su Rotten Tomatoes, e nessuno ha voglia di vederlo.
Benigni si è bruciato tutti i ponti alla velocità della luce, e il sigillo alla reputazione viene posto dalla vittoria ai Razzies come Peggior Attore (ed era la prima volta che i Razzies si disturbavano a candidare un film straniero).
Vi avevo parlato del primo Orphan in una breve recensione super-vintage in cui non vedevo l’ora di poter discutere con voi del finale.
Hollywood, nella più imprevista delle mosse, mi ha accontentato.
SPOILER DEL PRIMO FILM: si scopre che l’11enne psicopatica omicida Esther, interpretata dall’11enne Isabelle Fuhrman, è in realtà un nano di 32 anni truccato. Se entriamo nel tunnel del discutere su quanto sia opportuna una storia del genere non ne usciamo più, per cui mi limito a citarvi il momento che mi ha fomentato abbestia: nel finale, la madre adottiva la colpisce con un calcio volante in fazza. In primo piano. Capito? Hollywood non potrebbe mai mostrarvi una bambina di 11 anni colpita da un calcio volante in fazza da un’adulta in contesto serio. Ma se vi racconta che il personaggio ha 32 anni, può. Anche se l’attrice in questione in realtà ne ha davvero 11. E il fatto di fare proprio il primissimo piano sul piede che le colpisce la fazza, a mostrare l’impatto, era il modo con cui il regista – un maestro del camp come Jaume Collet-Serra – mostrava il suo arrogante dito medio protetto dal vetro invisibile ma indistruttibile della magia del cinema, in tutto il suo splendore FINE SPOILER DEL PRIMO FILM.
Alla piccola Isabelle Fuhrman, nel 2009, era stato chiesto tantissimo.
Il suo coraggio, la sua dedizione e la sua creatività erano da premiare.
Sarebbe stato bello rivederla in qualche modo nel ruolo, ma non era cosa semplice.
Quando l’anno scorso, 13 anni dopo l’originale, hanno annunciato un prequel, ho dato per scontato che avrebbero cambiato attrice.
Quando hanno annunciato che sarebbe tornata lei, oramai 24enne, nel ruolo di Esther, ho sollevato un sopracciglio e poi ho pensato “ok, sì, in effetti ora abbiamo la tecnologia per inserire la sua fazza digitalmente nel corpo di una bambina, non è pulitissima ma si può fare, vedi Rory Kinnear in Men, o il caro vecchio Smilzo Rogers“.
Ma ecco, non so come dirvelo: immagino che qualcuno abbia comunicato alla produzione che, per qualsiasi motivo, con quel budget non era possibile creare quel tipo di effetto digitale in modo convincente.
E qualcuno alla produzione ha pronunciato le quattro fatali parole: “fottesega, facciamolo lo stesso”.
Orphan: First Kill è la storia di come Isabelle Fuhrman a 11 anni aveva interpretato una 32enne che ne dimostra 11 e poi a 24 anni interpreta una 30enne che ne dovrebbe dimostrare 9 così, a secco, senza effetti digitali, col puro potere di farle le codine, metterla in ginocchio, e inquadrarla unicamente da mezzo busto in su.
Ora: filosoficamente parlando una maggiore età porta un approccio più maturo al ruolo che sicuramente giova, ma c’è un grosso problema di fondo.
Il problema di fondo è che quando hai 11 anni non è difficile dimostrare 11 anni. Isabelle Fuhrman era una normale 11enne a forma di 11enne, e stava tutto nella sua abilità interpretativa lo spacciarsi per una 32enne con problemi genetici (e psichiatrici) che si fingeva 11enne. Quando veniva svelato l’inghippo, bastava poco: due rughe in più che il suo personaggio nascondeva continuamente col fondo tinta, e una dentiera a nascondere (finti) denti marci.
Il problema è che – scusate, non vorrei essere insensibile, portate pazienza, cercate di seguirmi – Isabelle Fuhrman non è affetta da nessuna particolare caratteristica fisionomica, problemi genetici o meno: a 24 anni, dimostra esattamente 24 anni.
Non è che ne so, Juno Temple che a 22 anni gliene davi ancora 15, che comunque non era sufficiente.
Isabelle Fuhrman, a 24 anni, con le codine, che fa la vocina e cammina in ginocchio, senza effetti speciali, sembra esattamente una 24enne con le codine che fa la vocina e cammina in ginocchio.
Isabelle Fuhrman, a 24 anni, sembra una bambina di 9 anni tanto quanto Benigni sembra Pinocchio (ok, non proprio a quei livelli ma ci siamo capiti).
E questo è solo il primo problema.
Il secondo problema è che, per non rivelare la stazza di una 24enne, non solo la si fa camminare in ginocchio ma la si inquadra unicamente da mezzo busto in su, e questa cosa, proprio grammaticalmente, si sente fortissimo. È come un brufolo nascosto da un cerotto gigantesco: ok, non vedi il brufolo, ma quel cerotto gigantesco è strano e salta all’occhio e ti fai due domande lo stesso. Una messa in scena che non inquadra mai la protagonista del film frontalmente a busto intero è azzoppatissima. Specie nelle scene d’azione.
Il terzo problema, che è la ciliegina sulla torta dell’imbarazzo, è che in ogni inquadratura di spalle Isabelle Fuhrman è effettivamente sostituita da una bambina. E si vede fortissimo. Immaginate la scena: entra il padre, stacco su una 24enne inquadrata da mezzo busto in su che fa la vocina e dice “ciao papà!”, stacco su un’inquadratura da dietro di una bambina di 9 anni che corre sgambettando e va ad abbracciare il papà. Sapete cosa sembra? Sembra quegli sketch in cui fanno la parodia di un film infilando il comico di turno direttamente nel montaggio originale, solo nelle inquadrature necessarie, invece che rigirandolo tutto, perché tanto deve fare ridere e lo sbalzo di proporzioni accentua l’effetto buffo.
Il quarto è che verso la fine del film più o meno si rinuncia a fare tutte queste acrobazie, ma a quel punto ormai ci ha rinunciato lo spettatore per primo, non è un vero problema.
Insomma, non credevo che avrei mai assistito a qualcosa del genere nel 2022.
È una roba che – con l’eccezione leggendaria di Tiptoes – riporta dritti come minimo agli anni ’70.
O se volete porta dritti alla tradizione teatrale, la pantomima, la commedia dell’arte, Sbirulino, quello che volete.
È il più grande esercizio di sospensione dell’incredulità a cui Hollywood ci abbia forzato da decenni, e per distanza.
Detto questo, Orphan: First Kill mantiene lo stesso tono dell’originale, che era un thriller che amava esagerare e non prendersi eccessivamente sul serio. Il suo gioco è stirarla ancora di più. Stirarla fino a vedere dove si trova esattamente il punto in cui si spezza. E sì, si spezza quasi subito, lasciandoti per un’ora e mezzo sospeso fra diversi piani di realtà che si intrecciano senza darti appigli di senso, ma come fai a non apprezzare il tentativo?
E pensare che questo non era nemmeno l’unico problema che un film come Orphan: First Kill, prequel su una psicopatica che si finge bambina per (diciamo) rientrare in società, doveva affrontare.
Ignorando la scelta pirotecnica di casting, c’è pur sempre il fatto che stai presumibilmente per raccontare la stessa cosa del film precedente, tranne che 1) lo spettatore sa già che questa volta la famiglia adottiva schiatta perché il film originale arrivava addirittura già a specificare la casa in fiamme; 2) sai già il “twist” che lei non è una vera bambina (anche senza le extra-complicazioni di cui sopra).
La brutta notizia è che il regista originale, Jaume Collet-Serra, a cui io voglio un mondo di bene, non c’è più perché in questo periodo si sta buttando via a fare il miglior amico di Dwayne Johnson (Jungle Cruise, Black Adam), immagino per poter pagare il college ai figli.
Al suo posto – e qui si sfiora il genio – abbiamo William Brent Bell.
Esatto: il regista di The Boy 1 e 2, ovvero quella saga horror in cui c’è una bambola che però potrebbe essere un bambino vero.
Io non commento più, appena me ne sono reso conto sono esploso.
Ormai sto fluttuando senza meta in un piano sospeso fra diversi strati di rappresentazione e significato, che non ho la minima intenzione di provare a ricucire.
La buona notizia è che William Brent Bell non è un genio ma neanche l’ultimo dei pirla: sa che non può solo seguire la formuletta e ricalcare qualche scena dell’originale, ma che gli serve un’ulteriore idea per rendere i procedimenti sufficientemente freschi e interessanti; questa ulteriore idea effettivamente ce l’ha, e ha la decenza di metterla in gioco ben prima del terzo atto per evitare che si formi troppa muffa.
Non ve la racconto, non ce n’è bisogno.
Sappiate che non ci si annoia.
E sappiate anche che il vocione di Julia Stiles che dice “She’s a grown-ass woman!!!” è una delle mie cose preferite dell’anno.
Grazie di esistere, Orphan: First Kill.
DVD-quote:
“I can make a film and make you my star – You’d be a natural the way you are”
Marc Almond, Soft Cell
Dunque un film del cazzo che però va visto perchè come film del cazzo merita?
Cioè, come “Demoni” di Lamberto Bava che era talmente scemo da essere un capolavoro?
Il più classico degli incidenti stradali per cui non puoi fare a meno di rallentare e guardare, anzi, proprio ti consiglio di rallentare e guardare i feriti perché sono troppo buffi (ok la metafora mi è sfuggita)
Bel pezzo Nanni. Mi ha molto divertito. A me all’epoca Benigni non mi aveva disturbato nel ruolo di un bambino. Ma ammetto che a ripensarci adesso, con Kim Rossi Stuard che fa Lucignolo è abbastanza improbabile.
Mi sembra invece incredibile che Isabelle Fuhrman al primo film avesse nove anni. Non lo sapevo. Non solo per la presenza scenica, ma mi sembra di ricordare che ci fosse anche una scena piuttosto pesa di lei che cerca di sedurre il padre adottivo. Credo che oggi sarebbe una scena impossibile da girare.
Nel nuovo trailer è francamente imbarazzante. Insomma, sembra una parodia della Premiata ditta. Apprezzo però la strafottenza della produzione.
Non 9 ma 11
Sì, d’accordo, è vero, Benigni che interpreta Pinocchio a 50 anni fa ridere, ma vogliamo parlare di Nicoletta Braschi nel ruolo della Fata Turchina?!? :D
Si aprirebbe inevitabilmente il thread “Nicky Braschi in qualsiasi ruolo” che porterebbe ad autolesionismo collettivo.
Ooooh sto sviaggiando
Già Braschi e attrice nella stessa frase fa ridere ma anche riflettere
Marò gli Speciali di S. Valentino! Mi sono andato a rileggere per nostalgia i commenti della trilogia del 2012, fra un po’ sudo dagli occhi.
Ahah, direi che fa il paio con cocainorso, per la serie “cazzate che dieci anni fa avrebbero fatto esplodere l’internet.”
in “What we do in the shadows” (la serie) in una stagione ci sono 3/4 episodi con Baby Colin Robinson (ergo, la testa dell’attore cinquantenne montata sul corpo di un infante/bambino/adolescente) e l’effetto è ottimo. Non so di che budget si parli, ma non penso avessero i soldi di Marvel/Disney.
qui mostrano un po’ del processo (SPOILER della stagione 4!)
https://youtu.be/UzTGAGI_48U
Andrei piano a definirlo “ottimo”, è una serie comica, se anche esce imperfetto (e spesso lo è non poco) accentua la gag più che rovinarla. E anche Rory Kinnear in Men dopotutto è una semi-allucinazione metaforica. Per fare una roba del genere in modo convincente in contesto serio servono ancora dei bei soldini.
“Salta fuori che no, in realtà non era lei a essere in ginocchio ma tutti gli altri ad avere le scarpe di Berlusconi. Geniale (NOT).”
Il Signore degli Anelli fece scuola. Ricordo gli attori con le braccia lunghissime, manine giganti e le zeppe per la scena della locanda nella Compagnia. E anche lì c’erano gli attori hobbit che si trasformava o palesemente in nani quando erano inquadrati da dietro.
Arrangiarsi con genio e stile.
È ok farlo per un pugno di inquadrature furbe ed economiche, meno ok se sei costretto a farlo per tutto il film col personaggio protagonista.
Vero. E a parte che in quei film Jackson ci stava sparando in faccia tante di quelle cose strafighissime che automaticamente gli si perdonava qualche soluzione “furba” come dici tu.
Anche in Giappone comunque fanno queste cose: nella serie sul sumo “Sanctuary” appena uscita su Netflix il lottatore protagonista è un ultra-trentenne (che li dimostra tutti e anche di più) che dovrebbe interpretare un ragazzino o comunque qualcuno che ha appena finito la scuola, mi pare che verso la fine la madre dica che è ancora adolescente… In realtà a me del sumo frega cazzi, l’ho guardata solo per le due protagoniste femminili e per Tomorowo Taguchi alias Tetsuo the Iron Man, che qui fa un giornalista. Fa piacere vedere come a oltre 3 decenni da “Tetsuo” il nostro sembri ancora un nerd schizzato, anche se non fa più nessuna faccia buffa.
Dai, non è la stessa cosa. Dalla pubertà in poi vale quasi tutto e lo dimostrano decenni di serial per adolescenti. Specie poi se parliamo di uno che ha già in partenza un fisico particolare come un lottatore di sumo. Qua stiamo parlando di dimostrare nove anni. NOVE.
È vero anche quello, grazie per aver risposto. In realtà il primo Orphan non l’avevo visto e neanche mi interessava, ho buttato lì la storia del sumo perché era una cosa che avevo appena visto e anche un’occasione mancata perché sarebbe potuto essere meglio e dimostra che ormai i giapponesi neanche più ci provano a fare qualcosa che possa essere venduto al di fuori del loro paese, ormai ci sono i coreani per quello.
Ti sei scordato di dire che lo danno su Boing.
Caro Nanni io continuo a pensare che ingiustizia sia che non fai conoscere qua a tutti quell’esplosione che è Kgf 1 e 2, praticamente il fury road bollywoodiano. Sarà grandioso.
Che?
Ops..la domanda era x S.S. qui sopra
Quanta bellezza.
Ciao. Ho finito di vedere ora il film. Mah, che dire…premesso che ormai negli ultimi anni ho abbassato (e di molto) l’asticella per i film horror, della serie “basta che respirino”, questo però mi ha fatto aggrottare il sopracciglio che neanche Carlo Ancelotti. Io non ho visto il primo film, per cui l’inizio mi è sembrato molto intrigante, ma l’entusiasmo a cominciare a lasciare lo spazio a una sensazione di dejavu, nel senso che mi sembrava di vedere una copia in minigonna di Hannibal Lecter quando evade….anche qui, la mia sospensione dell’incredulità è tale che ho passato un mese a piangere quando un mio collega l’anno scorso si è lasciato sfuggire che Babbo Natale non esiste, però persino io nelle scene iniziali ho cominciato a dubitare…però ci stava ancora dentro, in fin dei conti adoro gli slasher anni 80, per cui…..però quello che mi ha fatto cadere braccia, gambe e tutto quello che poteva cadere, è stato il “twist”: d’accordo ha vivacizzato il film ma, come diceva una volta, ” ame me pare na strunzata”…giuro per stavo per spegnere…per il resto, non sto a ripetere le cose dette perché le condivido tutte. Onesto, se Benigni ha preso 0, questo merita 1 e solo perché ormai guardo qualsiasi cosa….