Recentemente mi sono rivisto quella bomba pazzesca di RRR. Tra le tante cose che si sono dette e che abbiamo detto sul filmone di S.S. Rajamouli che lo scorso anno si è portato a casa due statuette ai Premi Sylvester 2023 (miglior regista e miglior scena spaccatutto), l’aspetto che più di altri ha catturato il mio interesse è che il modo che ha di esagerare senza sosta è sì di un menefreghismo invidiabile e micidiale, ma è soprattutto sincero.
A me piace vendere RRR a chi non lo conosce come il film che fa rosicare Hollywood tantissimo, perché somiglia a tante cose che molti decenni fa Hollywood faceva e che ora si sogna di poter fare. Perché c’è proprio un respiro, un fomento, un ritmo nella narrazione di questa avventurona d’azione con sullo sfondo la Storia con la S maiuscola che davvero assume i toni dell’epica, e questi toni non vengono mai interrotti da ammiccamenti o battutine del cazzo per ironizzare/sdrammatizzare.
RRR non ti prende mai per il culo.
Non esistono momenti in cui fa gomitino-gomitino al pubblico sghignazzando.
Non chiama mai in causa lo spettatore sussurrando: «Visto che roba? Eheheh, ma quanto siamo matti, eh?».
No, no, no.
RRR tira dritto come una locomotiva e fa di tutto per rendere la storia di Raju e Bheem una leggenda, la cosa più epica mai raccontata.
E come abbiamo visto, quando dico “di tutto”, intendo veramente DI TUTTO.
C’è poi un altro aspetto, legato sempre al suo modo di esagerare, che a me fa impazzire ed è l’altra frase che uso per vendere RRR a chi non lo conosce: è la cosa che più si avvicina alla mia idea di adattamento in live action di un anime/manga giapponese matto in culo.
Il modo che ha Rajamouli di dirigere tutti gli attori, come riesce a renderli sempre convincenti qualsiasi incredibile cosa facciano e come riesca a inserire tutto ciò in una cornice di inquadrature studiatissime, virtuose ma sempre chiare e simmetriche, che esplodono di colori e dettagli, è esattamente il tipo di locura sfacciata ma dalla mano ferma e sicura che avrei voluto vedere in tanti live action recenti di manga o anime di successo.
Avete capito dove voglio andare a parare? Sì, dai che lo avete capito. Però tranquilli, non sono così stronzo da mettere a confronto RRR con il live action di City Hunter di cui vi parliamo oggi, sarebbe una mossa davvero troppo meschina. Era solo per dirvi che per me l’approccio giusto da usare in questi casi è quello dei Rajamouli (ma anche dei Wright e dei Vaughn) piuttosto che quello dei René Ferretti che timbrano il cartellino, mettono il pilota automatico e buona la prima.
E la sorpresa di oggi è che dopo tanta irricevibile merda questo ennesimo tentativo di trasporre in live action un anime/manga famoso cerca quantomeno di avere l’approccio giusto, ci prova ad essere pazzerello, si costerna, s’indigna, s’impegna… ma poi getta la spugna con gran dignità?
Lo scopriremo dopo la SIGLA!
Se avete anche solo sfogliato il manga di Tsukasa Hōjō o beccato un passaggio televisivo dell’anime prodotto da Sunrise, saprete che City Hunter è una sorta di Miami Vice ma con Tokyo al posto di Miami e invece di avere Sonny Crockett qui abbiamo Ryo Saeba, che insieme a Kaori Makimura, sorella del suo defunto socio, combattono il crimine giù in città in qualità di investigatori privati. Yûichi Satô per il suo adattamento in live action parte dalle origini, il suo film ci racconta di come Ryo e Kaori si sono conosciuti, cosa c’è dietro la morte del fratello di Kaori e attraverso questa storia alla fine si formerà la coppia investigativa che conosciamo.
Ora, io di Satô non ho mai visto nulla (e scommetto nemmeno voi) ma spulciando la sua scheda IMDb quel che ho scoperto è che non è esattamente uno sprovveduto quando si tratta di adattare un manga. Lo aveva già fatto almeno due volte prima di City Hunter: con Poison Berry in My Brain e con Kasane: Beauty and Fate, che se buttate un occhio ai rispettivi trailer (qui e qui) giusto per capire di che pasta sono fatti converrete con me che Satô è un buon mestierante, uno che riesce a passare con disinvoltura da un genere ad un altro, con una particolare predilezione per le cose un po’ matte. E se non lo sono abbastanza mi sembra il tipo che ci mette del suo per far sì che lo siano. O almeno ci prova.
Tutto questo per dirvi che magari Satô non sarà Rajamouli, non lo vede neanche spuntare all’orizzonte (maledizione, avevo promesso che non avrei fatto paragoni meschini, eh vabbé, ormai l’ho detto), però con il suo City Hunter ci prova a restituire sullo schermo quella locura fatta di faccette, urla e comportamenti molto lascivi tipica di tanta animazione televisiva giapponese anni Ottanta. Ryo Saeba nel manga e nell’anime è un malato di figa senza scrupoli, si comporta con le donne in un modo irricevibile oggi più di ieri e la comedy nascerebbe dal fatto che per colpa di questo suo comportamento molesto alla fine non riesce mai a scopare. Ma non era solo: il maestro Muten di Dragon Ball era così, Happosai di Ranma ½ era così e ovviamente Lupin III era così. Potrei fare un elenco lungo così di personaggi così. Satô decide di non rinunciare del tutto a questa caratteristica di Ryo, certo, la ammorbidisce un poco ma il fatto che questo coglione non capisca più un cazzo quando vede una scollatura quello c’è, e Satô riesce a portare questa cosa molto vecchia nel 2024 nel modo più divertente e meno cringe possibile. E qui va detto che l’interpretazione di Ryohei Suzuki ha aiutato parecchio.
È giunto il momento di mettere insieme i pezzi di una carriera parecchio interessante: Suzuki è esploso in Giappone nel 2013 con il folle Hentai Kamen (vi prego, guardatevi il trailer), ha lavorato con Takashi Miike in The Lion Standing in the Wind e in The Mole Song: Final (che abbiamo anche coperto) e una volta è stato anche l’ispettore Zenigata. Io l’ho scoperto nel 2014 con il mattissimo Tokyo Tribe di quel mattissimo genio che è Sion Sono (uno che se lo chiedete a me meriterebbe un approfondimento serio da parte nostra, per ora ci accontentiamo di questa manciata di recensioni) e già lì si vedeva la sua grande capacità ad andare in full Nicolas Cage. Questo City Hunter è indubbiamente una delle sue prove migliori, in alcuni momenti Suzuki sembra davvero uscito da un anime e passa dalla coolness più esagerata al ridicolo più urlato.
In alcuni momenti però. In altri no, in altri è solo cringe. Ma non è colpa sua.
È colpa del fatto che stiamo pur sempre parlando un blockbuster da piattaforma e quindi per quanto Satô ce la metta tutta e Suzuki risulti bravo e convincente, ci sono ostacoli che probabilmente nemmeno un Rajamouli riuscirebbe ad aggirare, per questo ci vuole un Ferretti che si tappi il naso e porti a casa la giornata. Guardando City Hunter la sensazione che si poteva fare un buon film è costante perché la voglia c’era, ma per la miseria se la trama non ti lascia nulla e non va da nessuna parte; se i combattimenti potevano essere davvero spettacolari con un po’ più di tempo per prepararle meglio quelle coreografie e quei raccordi di montaggio, invece di fare la figura di un Edgar Wright del discount; se in certi momenti si vuole inseguire il manga a tutti i costi e non ci si accorge che certe inquadrature, certe espressioni, semplicemente nel cinema in carne ed ossa non funzionano, sono solo imbarazzanti.
E per la miseria se questo modo di fare così pigro e privo di fantasia per prodotti come questo ha rotto i coglioni.
Insomma, per concludere: questo live action di City Hunter non è così pessimo, abbiamo certamente visto di peggio e perlomeno ci prova a essere diverso. Ma da qui a dire che me lo riguarderei ce ne passa.
E ora, visto che nel momento in cui sto scrivendo quest’ultima riga è abbastanza tardi, me ne vado a letto a sognare Ryohei Suzuki che fa il villain in un film di S.S. Rajamouli.
Streaming-quote:
«Ma guarda che Rajamouli con 30.000 lire lo fa meglio, eh»
Terrence Maverick, i400calci.com
PS: questo film non sarà indimenticabile ma lascio decidere a voi se è meglio o peggio del live action con Jackie Chan del 1993, perfetto per la rubrica Gli stranissimi che teniamo su Twitch:
E per finire: SIGLA DI CHIUSURA!
Mai retto City Hunter, da vecchio (ahimé) appassionato di animazione giapponese l’ho sempre trovato stucchevole e puerile, sguaiatamente derivativo con ben poca fantasia (e no, non lo salvo neppure come parodia), con un disegno senza personalità, quello che oggi uscirebbe da una AI di seconda mano programmata per fare un dirty Harry manga scemo. Dalla recensione mi sembra di capire che hanno sostanzialmente rispettato il materiale originale. Non bene, anzi meno.
E questo mi porta anche al “è soprattutto sincero”. A volte è cosa buona, ma a volte è decisamente pessima. Come la “buona fede”, anche la “sincerità” può diventare facilmente la strada maestra per le peggio schifezze. Poche cose sono più dannose di uno che crede in quello che fa.
Sui gusti non si sputa ma criticare Tsukasa Hojo proprio per il disegno, insomma…
(forse però ti riferivi solo all’anime).
Sì, ma infatti. I gusti non si discutono, ma dire sciocchezze è altra cosa
Avete ragione, dovevo precisare: io Hojo l’ho conosciuto dagli anime, trovandolo non di mio gusto, per cui non ho approfondito. Per i motivi che ho spiegato: sullo schermo ho visto (e presto smesso di seguire) storie poco originali, e soprattutto un disegno generico e poco curato. Le tre Kisugi saranno anche sorelle, ma pure Kaori deve essere parente stretta. Così come Ryo e Toshio devono essere fratelli gemelli. Sembrano tutti essere stati disegnati con lo stampino, ed uno stampino generico. Se poi piace, nessun problema. Comunque se riesco a reperire il manga, a cui avevo dato solo un’occhiata veloce da un amico, gli darò una possibilità. Non sarebbe il primo ad essere stato massacrato da trasposizioni in anime fatte coi piedi.
Oh, ecco. Ora sei stato chiarissimo. L’anime è godibile, ma pasticciato, specie le prime 2 stagioni, a volte disegnate coi piedi. Il manga merita, anche se, a una trama che cresce, si avvicendano a volte piccole storie ripetitive delle clienti ecc. Ma ha una storia che si sviluppa, anche dolorosa, pur intervallata da momenti esilaranti. Poi c’è il mokkori di Ryo. Però il vero anello di tutto è la sua storia d’amore con Kaori, che si sviluppa piano piano. Non è un caso che CH alla fine abbia un enorme pubblico femminile. È una RomCom mascherata da action o slapstick pruriginosa.
visto recentemente il live action di jackie chan: un “maccosa” dall’ inizio alla fine.
il bello è che trama, gag e inquadrature spesso sembrano prese pari pari dal manga ma semplicemente non funzionano: jc è fuori parte e quasi imbarazzato e tutte le donne del film son tutte carucce ma pezzi di legno a recitare.
decisamente uno “stranissimo”
Segnalo che esiste anche un adattamento live action francese di questo manga, scritto, diretto ed interpretato dal trio di comici autori (Philippe Lacheau, Elodie Fontana, Tarek Boudali, molto noti nella loro patria) che hanno prodotto “Alibi.com” e “Super eroe per caso”
Me ne ricordo quando uscì il trailer! Una cosa assurda che mi scatenò un po’ lo sconcerto e un po’ il dileggio!
A pensare”ma che cazzo è questa cosa? Com’è che l’hanno fatta in Francia?”
Lo guardo solo se ogni volta che ci so o le martellate titaniche ogni volta che Ryo entra in modalità rattuso
Scusate ma ho resettato la tastiera del telefonetto ed ora scrive in modalità full dislessico.
Comunque sì, quelle gag erano la cosa migliore dell’anime
Io guardavo sempre il cartone la sera e avevo letto l’intera serie a fumetti. Però, sono obbiettivamente invecchiate male sia l’una che l’altra. Per quanto riguarda gli sketch, più che un problema di cambio di mentalità ai giorni nostri, il punto è che il millesimo personaggio che si comporta come Ataru Moroboshi stufava già all’epoca.
Di nulla, Terrence, per me è stato un piacere parlarne. Ne approfitto per dirti che ho adorato la tua rece sul live action su Jigen.
Richiedo, donando casa mia ,un approfondimento su Sion Sono perché è necessario che venga conosciuto anche qui.Calcisticamente parlando è un regista che spacca il culo ai passerotti.
P.s. sul mio pc lo sfondo è uno screen del finale di Antiporno.
Vada per la recensione del film, che è soggettiva. Ma per il resto…nè tu nè i commentatori al tuo articolo, aveva davvero capito di che cosa parli City Hunter, specie il manga. Ecco, sì, magari lo avete sfogliato, quello sì. Ma leggerlo no.
“avete”, scusate.
Sarebbe stato interessante conoscere il tuo punto di vista sul manga, se lo avessi scritto.
Parlando per me, confermo: il manga l’ho solo sfogliato, e ho visto qualche puntata dell’anime (una decina. Quindi posso essermi perso qualcosa di importante. Anche Trigun partiva scemo e sembrava l’ennesima storiella dimenticabile, dopo due puntate dell’anime l’avevo già mollato e solo per caso vidi l’episodio in cui cambia tutto, trasformando radicalmente storia e personaggi, uno dei plot-twist più belli che io ricordi. Può darsi che anche City Hunter abbia qualche sorpresa in serbo. Se mi ripassa in mano il manga, proverò a cercare questi profondi significati. Resta comunque il giudizio sul disegno, a partire proprio dai personaggi, che più generici e sciabi era difficile farli. Ma magari pure quello era voluto. Mah.
Io l’ho letto. Ed è una piacevole robetta, ma nulla più. Raggiunge il vertice quasi subito (la storia della morte di Maki) e poi resta quella roba lì fino alla fine. Occhi di Gatto era più iconico e originale.
City Hunter, il manga, è una storia d’amore. Chi cerca altro, specie la storia action dura e pura, non la troverà. Chi si ferma al Ryo Saeba scemo e maniaco, va bene così, ma sotto c’è altro. Molto altro.
Jackie Chan che si fulmina nella sala giochi e diventa Chun Li resta imbattibile.
BRAVISSIMO.
Da quando ho visto RRR, ho la totale, incrollabile convinzione che un film di Dragonball diretto da Rajamouli sia un no brainer. Ogni tanto cerco speranzoso notizie su google, ma non lo trovo nemmeno tra le proposte dei picchiatelli su Reddit.
Da qualche parte nel multiverso quel film esiste e rende felici milioni di millenials
Mah, gli ultimi live action di Netlix me li sono sorbiti tutti, con vari gradi di apprezzamento/sopportazione (più la seconda, va detto) ma con questo non sono arrivata alla fine della 1a puntata. E’ proprio la modalità esageratamente cartoonesca che in versione live secondo me non funziona. In cambio ho visto il trailer del film francese e in 2 min ha più genialate à la “Ryo Saeba” della mezz’ora di questo che ho visto…
Ma se era un film solo e non una serie…
Pardon, ricordavo fosse una miniserie (come ho detto, mollato dopo mezz’ora)
Io qualche anno fa il manga me lo sono bingereadato tutto, mi sono divertito parecchio e non credo solo per l’effetto nostalgia (che pure per me in questo caso c’è, e forte). Se ha un problema è solo lo schema estremamente ripetitivo della trama:
a. Orfanella liceale è perseguitata da cattivoni generici e non sa a chi altro rivolgersi;
b. Ryo Saeba nicchia poiché ella è bruttina (indossa infatti cardigan all’uncinetto e gonna alla caviglia).
c. Per una serie di coincidenze si scopre che sciolta la coda di cavallo e tolti gli occhiali (e anche buona parte dei vestiti) l’orfanella è effettivamente una fotomodella di Yamamay, ed è pure di un soffio entro l’età del consenso, pensa te!
d. Saeba accetta il caso.
e. Il pericolo incombe e nessun luogo è sicuro, tranne l’appartamento dei City Hunter (loft in centro a Tokyo, 400 m2 + altrettanti di garage con armeria, ma hanno sempre problemi di soldi) per cui l’orfanella dovrà passare qualche notte da loro.
f. Saeba cerca di introdursi in camera dell’ospite con metodi gattosilvestriani. Kaori lo accoglie a martellate in faccia, tronchi sospesi e trappoloni vari; Ryo passa la notte legato a testa in giù.
g. In qualche modo i cattivoni rapiscono l’orfanella.
h. Inseguimento in Mini Minor (bazooka opzionale).
i. Esplosioni.
j. Eventuale supporto di Umibozu (alias Falcon).
k. Ryo disarma il capo dei cattivi colpendo la sua pistola con un proiettile sparato da 300 m in penombra.
l. Problema risolto, l’orfanella potrà ora godersi il patrimonio dell’amato padre. Fra l’altro ora con Ryo ce ne sarebbe pure ma sfiga vuole che lei debba subito raggiungere dei parenti in Europa, dove terminerà gli studi (o forse sotto sotto ella ha capito che il cuore di Ryo è già impegnato con qualcuno, e chissà con chi, ma, non si sa).
Queste sono le trame verticali e sono il punto debole. Quindi hai assolutamente ragione.Poi c’è lo sviluppo del rapporto con Kaori (che non è solo la pazza isterica), poi l’arrivo di personaggi importanti per la loro evoluzione, come Silver Fox, poi Shoko (la pilota), Sonia Field, Bloody Mary, Yuka Nogami e, infine, Mick Angel, personaggio chiave. E Kaibara? Questo è il vero nucleo.
Bel commento! In effetti era più o meno così
Nonostante il titolo, dall’articolo pare che il film al recensore abbia fatto proprio schifo se per metà si parla di RRR e per l’altra metà c’è un sommario generico del manga City Hunter di cui 3 righe scarse per dire “questo film non mi ha lasciato niente”. Che per carità, ci può stare, ma non è un approfondimento come quelli a cui questo sito ci ha abituato, al netto delle citazioni di De André e di Boris. Per quel che vale, personalmente non mi è spiaciuto al di là dei “cattivi” super-generici e del ruolo secondario riservato a personaggi importanti come Saeko, parlando da frequentatore generale dell’anime e non da fanboy di Hojo. Ryohei Suzuki ci crede veramente tantissimo e a giudicare dal suo profilo personale Instagram si sta pure immedesimando parecchio in Ryo Saeba, chissà se troveremo qualche sequel…
Ad ogni modo mi stupisce molto come i giapponesi che di solito fanno i live-action delle cose più assurde (compresa “La clinica dell’amore”, per restare in tema di allupati), stavolta per City Hunter si siano fatti bagnare il naso da cinesi, coreani e persino dai francesi, il cui “Nicky Larson” (là lo chiamano così) dicono sia sorprendentemente ben fatto e fedele al manga originale con le dovute proporzioni (ancora non ho avuto modo di vederlo).
Concordo assolutamente con te. Pensare che questo sito rilascia ottime recensioni (quella sul live action con Jigen è quanto di più vero ci sia; è un film debole). Una premessa lunghissima, per poi dire che il film è esagerato. Dal tuo commento, della materia ne sai, anche se dici di essere più fedele all’anime. Però ne sai e si nota da quello che scrivi.
Spero nel sequel del film, sinceramente. C’è da snocciolare tutta la storia in divenire tra Ryo e Kaori. Il live action francese è godibile e molto simpatico, devo dire, è piaciuto anche ai giapponesi e Ryohei Suzuki ne è quasi un fan. Non un capolavoro, ma molto simpatico. Si vede che i francesi pure amano questo franchise
Il che però è assurdo! Secondo quale logica e regola della fisica possono i francesi aver fatto un adattamento di anime migliore dei giapponesi? Come è possibile?
@Gino Rattuso: la premessa su RRR potrà anche sembrarti troppo lunga ma non prende metà pezzo, al massimo un terzo, ma mi serviva per cercare di far capire qual è il taglio a mio parere idoneo per trasporre sullo schermo un certo tipo di anime/manga, cosa che questo live action di City Hunter in parte riesce a fare. Per il resto ho pensato non fosse così necessario analizzare nei dettagli trama o altri aspetti, visto che pensavo (ma magari ho sbagliato) fosse abbastanza esaustivo elencare nella parte finale le cose che non funzionano e che, nonostante i pregi, affossano questo film. E in secondo luogo, non lo nascondo, mi premeva di più capire da dove venisse il regista e soprattutto lodare l’interpretazione di Suzuki e segnalare dove poterne recuperare altre.
@Francesca: sicuramente hai una conoscenza del manga molto più ampia della mia, però questo film in live action sceglie di raccontare un momento preciso del racconto, ovvero quando inizia la storia. Sicuramente poi in City Hunter come dici tu c’è altro, molto altro, però ho ritenuto corretto che il confronto andasse fatto tra il Ryo Saeba di Suzuki e quello delle prime storie (del manga e dell’anime).
Detto questo, accolgo molto positivamente le vostre critiche perché non prive di fondamento e vi ringrazio perché mi spronano a fare meglio in futuro
“Secondo quale logica e regola della fisica possono i francesi aver fatto…?”
Me lo sono chiesto pure io, dopo aver visto Arcane. Che è altra roba, ma comunque, chi si aspettava una bomba simile dai cugini d’oltralpe? Non che dispiaccia eh, anzi, fa piacere sapere che quando vogliono, ci sanno ancora fare.
Ah dimenticavo, @Francesca: lieto di sapere invece che hai apprezzato la rece di Jigen Daisuke visto che l’ho scritta io
Sì, sì, ma io adoro tutto il sito, in genere mi ritrovo spesso anche con le rece.
Tutto bello e quello che volete.
Ma regolarmente quando vedo le immagini di un live action di un anime, che sia di produzione giapponese o occidentale, che sia ben fatto o meno, l’effetto imbarazzante da “cosplayer che si è montato la testa” è la prima cosa che mi salta all’occhio.
Non ce la faccio a prenderli seriamente (leggi: dargli il giusto contesto) quanto l’anime o il manga originali.
Sarò prevenuto io. Forse.
Anche il Diabolik dei Manetti è un live action, l’ennesima dimostrazione che, la MAGGIOR parte delle volte, certe cose è meglio lasciarle disegnate.
Intanto noto con interesse che, da concetto che aleggiava nelle teste degli esperti, si è venuto a creare il lemma “blockbuster da piattaforma”
È indicativo
Insomma, il film si è rivelato un nostrano “Diabolik”, ma in salsa di soia.
A mio parere, questo live action di City Hunter sta al Diabolik dei Manetti come I sette samurai sta ad Amore14 di Federico Moccia.
Ecco, bravo
Quando avevo 16 anni City Hunter era il mio anime/manga preferito (insieme a Slayers – Un Incantesimo Dischiuso Tra I Petali… Dio che titolo italiano demmerda…), e lo amo ancora malgrado i giovani fighetti si sciaquino la bocca coi soliti “Buuh, ripetitivo…buuh trame verticali…”. Non solo per il disegno realistico o per la simpatia e umanità dei personaggi, ma anche per come riprende gli ingredienti del noir occidentale ma ne ribalta le atmosfere cupe con massicce dosi di sentimento e una comicità demenziale, tipicamente giapponese, che irrompe quando meno te l’aspetti, creando un mix unico ed imprevedibile.
Per quanto concerne il film Netflix…Mah. La trama ha un buon ritmo, ma non regala grandi sorprese e non riesce a ricreare quei toni demenziali del City Hunter disegnato. L’attore che intepreta Ryo ce la mette tutta, ma Kaori proprio non convince e Saeko è lontanissima dalla sexy furbacchiona che tutti conosciamo. E poi, con tutte le belle canzoni dell’anime, solo “Get Wild” sui titoli di coda (minimo sindacale) e un brutto remix di “Footsteps” coperto dai rumori degli spari? Come dice DocManhattan “Son cose che non sono cose…”