Allora, lo scrivo subito così vi abituate: la protagonista di questo film si chiama BOWIE DAVIDSON. Avete letto bene, BOWIE DAVIDSON. A interpretarla è Jenna Kanell, una delle due protagoniste di Terrifier che muoiono malissimo per mano di Art il Clown. Avete superato il trauma del nome più ridicolo della storia? Bene, andiamo.
Si comincia con Kanell e Catherine Corcoran (l’altra protagonista di Terrifier) nei panni di, sostanzialmente, loro stesse in version metacinema: sono due giovani attrici horror che hanno appena avuto qualche successo con un film su un pagliaccio assassino, ora firmano autografi nei vari comic-con di provincia e sperano di fare carriera senza farsi troppo distrarre dai fan volgari e dai detrattori crudeli. Nelle intenzioni del regista Raymond Wood e della straripante Kanell, che co-firma la sceneggiatura, questa è una situazione alienante e oggettificante oltre i limiti del sopportabile. In effetti posso capirle; però diciamo che in giro c’è ben di peggio. Ma non per Jenna Kanell, paladina di tutte le battaglie da tastiera, narcisista oltre ogni limite, probabilmente rompicoglioni suprema nella vita come sullo schermo! Questo è uno di quei casi in cui vorresti dirle: sí, sono d’accordo con te, però non stai facendo molto per comprarmi alla tua causa. Appena la vedi indossare la giacchetta di denim con la spilletta VEGAN sai già che il tema del veganismo tornerà almeno un altro paio di volte (Check!); ti puoi anche già immaginare che BOWIE DAVIDSON, oltre che vegana, sia anche queer (Check!), liberal (Check!) e mal predisposta a confrontarsi con l’esistenza di gente che non la pensa come lei (Check!), e infatti li ammazza tutti per quelli che dopotutto sono futili motivi. Insomma, tutto buono e tutto giusto ma anche tremendamente prevedibile e manicheo.
Il problema, e sono sinceramente in imbarazzo nel rivelarlo, è che BOWIE DAVIDSON… ecco, diciamo… vive… sí insomma, vive in una villa con piscina. E non fa un cazzo tutto il giorno. E si lamenta che suo padre non è un ricchissimo banchiere! E intanto no fa nulla di nulla, probabilmente perché fare la cameriera in un diner pieno di trogloditi è oggettificante, mentre non fare un cazzo evidentemente è dignitoso. Oh, che cosa vi devo dire? Per cui la noiosissima e annoiatissima BOWIE non trova niente di meglio da fare che stare ore e ore sui social media, farsi bombardare dalle notizie che questo mondo sta andando a rotoli per le varie ragioni che tutti conosciamo, lasciarsi ossessionare e rintronare dal sovraccarico di doomscrolling; chi si stupisce se a un certo punto perde la brocca? Ne ha alcune ottime ragioni. Ma, al contempo, chi si stupisce se noi spettatori perdiamo qualsivoglia straccio di simpatia nei suoi confronti? Un altro dettaglio interessante, e non so assolutamente se sia voluto o involontario: BOWIE DAVIDSON non chiude mai la sicura della porta. Le entra uno spasimante psicopatico in casa perché, dio bonino, ha trovato aperto! E dopo che BOWIE risolve la visita a modo suo, vigliacco che si decida a chiudere la sicura una volta che sia una! È forse un indizio di autolesionismo? O forse il regista Raymond Wood vuole spingermi a chiedermi dove finisce il libero arbitrio della vittima e dove comincia la responsabilità individuale dell’aggressore? No, sono solo io che tento di aggrapparmi a uno straccio di interesse per questo film e finisco per farmi altri film da sola.
A proposito, Wood ha “diretto” la serie Jenna Misconstrues Everything su TikTok, un’apoteosi di egotismo in cui Kanell sproloquia di robe che interessano a lei per 40 secondi di fronte alla camera fissa; quindi per “regia” credo che si intenda premere il tasto on/off. Qui mostra di avere un filo di conoscenza tecnica in più, se non proprio di personalità: dato per scontato che questo film è innanzitutto un veicolo per la protagonista, Wood si diverte a giocare con fotografia ipersatura, effetti video, inquadrature sghembe; tenta persino un primo piano insistito stile Mia Goth in Pearl, ma ahimé si dimentica che Jenna Kanell non è Mia Goth. E le scene truculente di ammazzamenti male? Ecco, da un amico di Damien Leone l’ultima cosa che mi aspettavo sarebbe stata la timidezza; e invece, le scene truculente sono deludenti, in controcampo o fuori campo, gli schizzi di sangue solo pallidi e accennati. Maronn che sberle. Come è facile intuire, Faceless After Dark è scritto e diretto col pennarello grosso e non si cale minimamente di roba complicata tipo le sfumature, i dubbi; mi direte che anche Terrifier non andava troppo per il sottile, ma Damien Leone aveva un’idea ben precisa del film che voleva fare – Raymond Wood invece si limita ad andare in giro tutto tronfio col suo pennarellone dritto e pensando “Sono un genio, sto facendo un film progressista per la generazione di quelli giusti”. Povero Raymond, qualcuno gli dica che sta sbagliando tutto.
Perché alla fine della fiera, Faceless After Dark (a differenza dei due Terrifier, ed il fatto che Wood non se ne sia accorto mi fa andare via di testa) è la solita storia del serial killer moralista che raddrizza i torti a suon di coltellate, col valore aggiunto del facilissimo ricatto morale trendy di oggigiorno: ma come?, ti stanno chiedendo Kanell e Wood, non sei d’accordo che un maschio bianco con la mascolinità tossica debba morire? E il cambiamento climatico? E l’omofobia? Sei un* alleat* o sei part* d*l pr*bl*m*?! Ripeto: tutto buono e tutto giusto, ma quando è detto con questi toni, non mi compra. Aridatece Art il Clown, che era meno pagliaccio di questi due qua.
DVD-quote:
«Più sangue, meno pippotti»
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
Leggendo questa recensione, mi sono venuti in mente dei commenti che ho letto ieri in merito a Furiosa:
persone (con evidente disagio mentale e che non avevano visto il film) che godevano del fatto che il film di Miller non stia incassando benissimo perché per loro è l’ennesimo film woke con protagonista “donna forte”.
Non ho grandi lezioni da tirare fuori da questa storia, è solo l’amarezza di un appiattimento non solo della discussione ma anche dei prodotti culturali che si polarizzeranno verso le due checklist (grazie Cicciolina per l’immagine): la checklist delle cose da inserire se vuoi essere woke, la checklist delle cose da non inserire se vuoi essere antiwoke.
E la frangia di chi sta in mezzo (che ho l’impressione si stia sempre più assottigliando) rimarrà fregata a più livelli.
Sono i pro e i contro di Internet, che altro non è se non un riflesso della comunicazione umana in sé. Vogliamo la totale libertà di opinione, salvo poi scoprire che forse un’opinione non ce la abbiamo o non abbiamo le capacità / gli strumenti per farcela, e allora ci schieriamo dalla parte di chi riteniamo sia il più forte o il più vicino al barlume di opinione che ci siamo fatti. Poi, un pezzetto tu, un pezzetto io, componiamo il grande puzzle dell’opinione condivisa. Così abbiamo ridotto la democrazia a destra contro sinistra, o democratici contro repubblicani; i diritti civili in woke contro antiwoke; il cinema in cinema di genere contro cinema impegnato.
Tiro in ballo internet perché mi sembra scontato che l’esplosione dei social abbia ancora di più accentuato (e velocizzato, cosa non da poco) questo dividersi in schieramenti, perché un conto è elaborare un pensiero dopo la lettura di un libro, una discussione in piazza / classe o la visione di un film, un altro (più veloce, più semplice, più rassicurante) è mettere un like e unirsi ad un esercito invisibile, ma comunque fortissimo.
Io sono convinto che sia solo una fase, siamo ancora “giovani” nell’uso dei social e l’era della comunicazione di massa è appena all’inizio. Magari l’uomo evolverà e imparerà a gestire la faccenda traendone finalmente il meglio. Oppure diventeremo del tutto idioti e scateneremo una guerra totale fondata sulla contrapposizione tra chi vuole Biancaneve salvata dal principe con un bacio e chi invece vuole Biancaneve donna in carriera che si sveglia da sola per andare di corsa al meeting in ufficio.
@Redux
“godevano del fatto che il film di Miller non stia incassando benissimo perché per loro è l’ennesimo film woke con protagonista “donna forte”.
Ho visto sia Furiosa che Fury Road. Piaciuti entrambi (ovvio), ma la colpa del probabile flop del primo è ATJ, bravissima ma comunque un imperdonabile miscasting.
Ah, e comunque Fury Road era infinitamente più “woke” di Furiosa.
Questa tua convinzione che Leone sappia il fatto suo contando che la sua fama è solo dovuta a dei film di merda da 16enni che si emozionano con lo splatter è più imbarazzante del fatto che lo stesso abbia aperto la strada alla Karnell.
Tralatro non si capisce se il film spinga sul fatto che la protagonista sia una estremista del ca**o o sia un lavoro di ego; complimentoni.
Un tempo eravamo tutti entusiasti di questo sito.
Poi il mondo è andato avanti; è arrivata, se non la dittatura, la forte influenza del politicamente corretto e altra roba del cazzo sulla quale mi concedo di sorvolare.
Se aggiungiamo che il cinema per tre quarti fa cagare, c’è poco da stare allegri: mala tempora occurrunt.
Detto ciò: i Calci resta un posto spesso divertente, e in linea di massima affidabile.
Continuerò a leggerVi e commentarVi finchè non mi caccerete.
Poi, “i conti li faremo sulla strada” (Cit.) insieme a Humungus, Scrotus e Immortan Joe.
“è arrivata, se non la dittatura, la forte influenza del politicamente corretto e altra roba del cazzo sulla quale mi concedo di sorvolare.”
Nessuna dittatura. E’ molto più semplice di quanto pensi. Ha anche un nome – che inizia per “A” – e un cognome – che inizia per “M” – pensa :-)
@Anonymous Woke Che ti ha fatto Angelina Mango?
Alessandro Manzoni? Tucca colpa della Provvidenza?
A Morte.
@Gigos @Capitan Ovvio @VandalSavage
Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
Amici, per la cronaca, per il signor Arnoldo (con cui non ho mai parlato ma che so che a un certo punto ha comprato Altervista quando già ci ospitava) funziona esattamente come funziona con voi: nel momento in cui non dovessero più piacere i nostri contenuti, strade separate con dispiacere ma senza rancore.
@Nanni Cobretti
Odio iniziare un discorso facendo premesse ma, eccezionalmente, ne devo fare addirittura due.
La prima è che non entro a gamba tesa nello spazio altrui e non inizierò di certo adesso. Casa tua, regole tue. Punto.
La seconda è che – parlo solo per me – preferisco il clima che c’è adesso rispetto a come era una volta.
Scenderei nei dettagli di come certi commenti, ancora presenti, violino le T&C di Altervista (che conosco bene perché avevo un paio di sitarelli trashissimi qui) e responsabilizzino gli admin, nonché fornirei un paio di tips su come riportare i400calci, come traffico ai vecchi fasti. Ma quello lo faccio su richiesta. Gratis, ma su richiesta.
Poi, se mi dici che una maggiore prudenza (?) nelle recensioni *** e nella gestione dei commenti NON c’entra nulla col fatto che Mondadori ospiti il sito e pubblichi i vostri libri per me è ok, non cambia assolutamente nulla.
*** ricordo perfettamente una recensione in cui un vs redattore, in un solo paragrafo, perculava depressione, cancro, chemio e, non contento, ci schiaffava la N-Word (ma proprio a caso e solo perché così i bambini facevano oooh).
Peace.
Già ammesso più volte che certe differenze tra come scriviamo oggi e come scrivevamo 15 anni fa sono puramente il risultato di gente che (vogliamo dire “su certi aspetti”?) cresce. Nessuno ci ha mai fatto alcun tipo di pressione sui nostri contenuti, né tantomeno pagato così tanto da scrivere cose che non ci andava di scrivere. Il discorso è questo: se il cosiddetto “politicamente corretto” sono certe specifiche espressioni di facciata, mi sembrano sacrificabili senza grossi rimpianti e, siccome non alterano la sostanza, l’abbiamo fatto autonomamente; se invece sono determinati argomenti e valori in cui crediamo, quelli sono sempre stati lì in bella mostra dal giorno 1. Questo per dire: se ora faccio un fischio ad Altervista e mi chiedono di ritoccare qualche commento negli archivi, non mi pare la fine del mondo e penso che nessuna discussione ne risulterà modificata/indebolita.
@Nanni Cobretti
Nel 1983 i Metallica cantavano:
Now’s the death of doers of wrong
Swing the judgment hammer down
Safely inside armor: blood, guts, and sweat
Nel 1991:
So close, no matter how far
It couldn’t be much more from the heart
Forever trusting who we are
Negare che le persone – in questo caso un blog e i suoi redattori – crescano, si evolvano, cambino approccio sarebbe come negare la natura stessa umana.
Il problema di internet è che primo: non dimentica. Secondo: “appiattisce” la memoria; l’articolo di un tuo redattore scritto 15 anni fa ha la stessa valenza di un suo articolo scritto l’altro ieri. I Metallica, “The Four Horsemen”, non la suonano più nei concerti; la recensione di SUPER è sempre lì, accessibile.
Detto questo, ti ringrazio per avermi risposto e ti chiedo scusa per aver insinuato ingerenze dall’alto.
L’unico “problema” che ho con i400calci, è che non consenta la registrazione utente – motivo per cui sono mesi che mi “firmo” Anonymous [qualcosa] ma so già che è una guerra persa in partenza :-D ; per il resto non sento in alcun modo la mancanza della N-word (anzi!), delle bestemmie nei commenti e di altre licenze in uso dalla redazione 10 anni fa.
Ma figurati, grazie a te per aver segnalato vecchi contenuti potenzialmente compromettenti in pubblico! Questo mi insegna a mettere la mia email più facile da trovare. Comunque la cosa della registrazione non è assolutamente fuori dai nostri orizzonti.
“Tutto buono e tutto giusto” anche no. La cosa divertente è che tutto questo politicamente corretto sta rompendo così tanto i maroni che fa diventare scorretti anche chi naturalmente, tipo me, non lo sarebbe.
Ah, vedi, ha ragione il titolo della recensione. Brava Cicciolina
Allora forse non lo sei poi così tanto, in realtà. Semplice.
No, no.
Calma.
@Piedi Sporchi
Non ho scritto “Tutto buono e tutto giusto”. Anzi.
@Ettore
La cosa non è affatto semplice, e Piedi Sporchi ha enunciato un principio di realtà adamantino. “La veglia della ragione genera mostri” quanto “il sonno”. L’una conduce all’isteria, l’altro alla bestialità: destinazione ultima il rincoglionimento.
Però se approfondissimo qua, oltre a essere off-topic (cosa di cui potrei anche fottermene), finiremmo per ripetere ad libitum le medesime trite argomentazioni.
Chi doveva capire ha (già) capito.
Gli altri, si spera, a rischio di morire cagando, capiranno prima o poi.
n*n h* m*lt* d* dir* s* n*n ch* qu*st* fr*s* l’h* scritt* gr*zi* *ll* funzi*n* “s*s*tituisci” di libr**ffic*.
Libr**ffic* si, p*rché s*n* p*v*r* c*m* l* m*rd* * s*n* *n*st*, * n*n h* l’*ffic*.
Ma almeno chiavano?
Vegana, liberal, queer e… carina???? La sospensione dell’incredulita va a farsi benedire.
Si vede che non abiti a Bologna. Poi secondo me manco è carina, ha solo labbra carnose e nasino ma anche una faccia da culo non da poco
Hanno aperto le gabbie stamattina?
Aridatece Felissa Rose e Barbara Crampton, please!
Che film borioso. Che recensione azzeccata. Che commenti sciocchi.