C’è un nuovo film di Takashi Miike su Netflix. Lo sapevate? Beh, neanche noi. È apparso come accadono le cose su Netflix: di botto e senza senso. Prima non c’era, e poi, improvvisamente, c’era. Senza annunci, spiegazioni, non dico promozione (non sia mai), ma almeno comunicazione… Niente. Nascosto. E non è nemmeno quel tipo di film che il passaparola fa viaggiare.
Nell’ampia gamma di film di Takashi Miike, questo non è uno di quelli puramente violenti come Ichi The Killer, non è una follia demenziale ed esilarante come Yakuza Apocalypse, non è uno dei moltissimi film tratti da anime o manga come Yattaman o As The Gods Will, né uno di quelli che lo sembrano pur non essendolo come Zebraman. Non è un film metacinematografico come Sukiyaki Western Django, non è un horror come Over Your Dead Body, né un film surreale come Gozu, né ancora uno semplicemente perfetto come 13 Assassini. Questo è un film di parola, o almeno la cosa più vicina a un film di parola di Takashi Miike.
È tratto da un romanzo di Mayusuke Kurai, anche discretamente famoso in Giappone, e somiglia più a un thriller psicologico o, se volete, a un giallo italiano, almeno nell’impostazione iniziale e tenendo conto che poi Miike fa tutto come pare a lui. L’intreccio sembra coinvolgere i personaggi come nei gialli italiani (qualcuno indaga, qualcuno colpisce e poi c’è un elemento terzo tra i due poli che è il protagonista), ma l’atteggiamento è 100% Miike, vale a dire 100% figlio dei protagonisti dei manga, con la loro coolness che si esprime tutta nelle pose, nella decisione e nell’essere fermi quando serve contro ogni logica. In uno dei momenti più goduriosi di un film che di per sé è molto poco godurioso (quindi tocca tenerseli stretti), un inseguimento finisce con il protagonista fermo impalato dietro una curva, in mezzo alla strada. Potrebbe finire investito, ma lui già sa che invece causerà un incidente.
Il buono dell’intreccio è che si tratta di una caccia tra mostri: il Lumberjack the Monster del titolo, un tizio mascherato che dà la caccia ad alcuni orfani, e il protagonista, un avvocato senza sentimenti che se deve sgozzare, sgozza. Il mostro vuole far fuori l’avvocato, l’avvocato lo cerca per farlo prima di lui (e intanto ammazza altra gente per gradire). La verità, lo scopriamo subito, è che lui ha un chip impiantato nella testa, una pratica in disuso che tuttavia non ricorda di aver subito e deve essere accaduta proprio prima che fosse adottato. Quel chip crea la sua mancanza di empatia e tante altre belle cose che alimentano un film di Takashi Miike.
Peccato sia tutto lì, a parole. E solo occasionalmente in qualche omicidio che serve a tenerci buoni, ma che a un certo punto, specie negli infiniti dialoghi finali, non basta più. Certo, c’è il mondo nichilista di Miike e la tipica morale dei suoi film (i mostri che sappiamo identificare chiaramente sono solo una piccola percentuale del vero male e della vera mostruosità che non vediamo), c’è il sangue che schizza come nelle illustrazioni e una scena iniziale di grande miikismo, con scienziate pazze, bambini che leggono favole sanguinose e schizzi rossi su materiale bianco, ma tutto questo non salva niente.
Lumberjack the Monster è il consueto inno all’alienazione delle persone, alla sfiducia nell’umanità (ma un po’ meno del solito) che poteva benissimo funzionare con una trama in cui ci sono due predatori, uno peggiore dell’altro. Ma la scelta di farne un thriller psicologico pieno di spiegazioni, in cui tutto viene lungamente dettagliato e, peggio ancora, discusso e analizzato in confronti verbali tra i personaggi, è molto peggio di quando Miike faceva film in cui non si capiva niente. Almeno lì c’era di che godere.
Dvd-quote suggerita:
“Il film che Netflix non voleva farvi vedere, potendo probabilmente avere delle ragioni”
Jackie Lang, i400calci.com
Non il miglior film di Miike, ma non è malaccio.
Sostanzialmente, mi ritrovo abbastanza in ciò che dici.
Ho conosciuto Miike 10 anni fa, di persona, e, quando gli chiesi se avesse mai pensato di fare un seguito di “Visitor Q”, rise per mascherare imbarazzo.
Ecco, non so se hai mai visto quel film, al cui confronto “Ichi the killer” sembra una favola della buonanotte
personalmente Visitor Q sta ancora nella mia Top 5 di Miike
D’accordissimo sulla top cinque, direi pure tre.
La scena di sesso è il top.
Visitare Q è spassosissimo. Anche per me too 5 certo dire che ichi the killer in confronto pare una favola mi sembra esagerato. E poi ichi ha il vecchio muscoloso che accartoccia la gente, uno dei miei personaggi preferiti ever!!!111
Questo film me lo guarderò comunque sulla fiducia che a Miike gli si vuole bene
Se non ricordo male il vecchio muscoloso non era Shinya Tsukamoto, no?
Siete una manica di pervertiti, luridi come poco altro.
Corro a recuperare TUTTO.
Ne devi recuperare una carovana di Miike mi sa.
Alcuni li ho visti.
Ci sto lavorando.
Però ICHI non è un granchè…
Ieri sera ho visto LA GRANDE ABBUFFATA.
Film formalmente corretto ma con un “perché” a malapena ipotizzabile.
Con 15 minuti di mena sarebbe stato una papabile bomba.