Prendete il vostro blocco degli appunti, quello dove vi segnate tutti i nomi che noi dei 400 Calci vi suggeriamo di segnarvi perché faranno strada, e scrivete: Francis Galluppi. No! Non cliccate, non guardatelo in faccia, potrebbe farvi salire il nervoso. Fidatevi di me. E non solo perché Mr. Galluppi è un potenziale Jimmy Bobo di buono/ottimo livello, ma perché ha scritto, diretto e montato il suo film d’esordio, The Last Stop in Yuma County, e il risultato è una di quelle opere per le quali mi potrei persino vedere costretto a usare termini tipo “a orologeria” e a citare riferimenti alti, altissimi, alterrimi, Tarantino, i Coen, Cormac McCarthy. Chiamatelo col suo nome e ricordatevene, perché se non si fa prendere dalla frenesia e continua così potrebbe fare tanta strada.
Il western è un genere innanzitutto di luoghi, che da soli impostano tutto il resto – personaggi, situazioni, azione. È il motivo per cui quando ci pensate vi vengono in mente il deserto, i cactus, le mucche, le pistole, l’Ottocento, ma poi se ci ripensate meglio nel cervello potrebbe frullarvi anche roba più moderna se non contemporanea. Prendete i diner: i diner sono uno dei simboli degli Stati Uniti post-western in senso cronologico, ma sono anche uno dei luoghi più western che esistano, forse uno degli ultimi baluardi della frontiera, perché sono (tendenzialmente, mitologicamente) lontani dalla civiltà, isolati, un microcosmo nel quale succedono, o quantomeno possono succedere che è ancora più importante, cose che in città non si vedono da più di un secolo. Prendi della gente, chiudila in un diner, magari sbattici di fianco un distributore di benza e un motel, e hai subito il western, anche negli anni Settanta, anche oggi.
The Last Stop in Yuma County è un film interamente ambientato dentro a e nei paraggi di un diner, il che lo rende quindi automaticamente un western, credo. Racconta la storia di uno sconosciuto senza nome che arriva in una città sperduta dell’Arizona negli anni Settanta (così da eliminare gli smarfoni dall’equazione) e si ritrova suo malgrado in mezzo a una qualche forma di conflitto, il che lo rende quindi ancora più automaticamente un western. È un film talmente torrido che pure l’aria condizionata dentro il diner è rotta. Una storia di gente lenta che fa una vita lenta a cento miglia di strade desertiche dal luogo civile più vicino. Capito, no? Un western, ecco.
Un western assurdo, però, e assurdista, proprio in senso filosofico. Popolato di gente sghemba, una galleria di fazze da Arizona che per un motivo o per l’altro non vorrebbero o non dovrebbero trovarsi dove si trovano, e invece lo fanno e questo non può che essere un preludio al disastro. Una tragicommedia, nerissima ma anche demenziale, che fa spesso ridere salvo poi lasciarti proprio sul finale con l’amaro in bocca e la sensazione che questa cosa che chiamiamo vita sia tutto sommato una stronzatona alla quale diamo un valore più alto di quello che ha pur di distrarci dal fatto che la cifra della nostra presenza sul pianeta è la sofferenza. E tutto questo raccontato con una leggerezza che non attribuireste mai a un tizio che porta quei baffi – e invece Francis Galluppi è uno che ha il cuore al posto giusto, che non usa l’ironia per marcare il suo distacco dai personaggi la cui storia ci sta raccontando ma al contrario per farci sentire più vicino a loro, anche ai peggiori dei peggiori. È quindi il momento della SIGLA!
The Last Stop in Yuma County è, almeno per amor di cornice, la storia di un tizio che secondo alcuni personaggi del film dovrebbe assomigliare a Anthony Perkins ma che se chiedete a me è un curioso incrocio tra Michael C. Hall e Ty Burrell. Questo tizio di mestiere fa il venditore ambulante di coltelli da cucina, e sta attraversando l’Arizona per raggiungere la figlia Sarah, con la quale spera di passare almeno il giorno del suo compleanno. Finisce la benzina all’altezza del diner sopra raffigurato, e qui scopre che il distributore lì a fianzo è rimasto senza benzina: gli tocca quindi entrare nel diner e aspettare l’arrivo del fantomatico camion che riempirà le pompe. Il tizio è un timidone, un po’ sfigato nonostante il suo innegabile fascino: con lui attacca bottone la graziosa proprietaria del diner, che è “graziosa” non perché lo dico io ma perché lo dice ogni singolo personaggio del film quando ne ha l’occasione.
Nel giro di pochi minuti, l’incresciosa situazione petrolifera porta il diner a riempirsi delle già citate fazze da western. Innanzitutto ci sono due tizi che hanno appena rapinato una banca lì in zona, e che quando capiscono di essere stati riconosciuti prendono in ostaggio i due e li obbligano a far finta di nulla anche in caso di arrivo di altri clienti, pena una pistolettata in fazza. Dopodiché, essendo The Last Stop in Yuma County un film anche buffo, arrivano: una coppia di anziani texani; una coppia di giovani scapigliati che hanno rubato 200$ e sono fuggiti da casa nella speranza di rifarsi una vita altrove; un nativo che guida un grosso camion; il proprietario del distributore; e ovviamente anche un tutore della legge, uno dei due che verranno coinvolti nella faccenda (l’altro è… ma non ve lo dico, tanto lo si scopre subito, però vi segnalo che la sua segretaria è Barbara Crampton).
Apparecchiata la tavola in questo modo, è difficile andare avanti a raccontarvi The Last Stop in Yuma County senza rovinarvi la visione, perché è un film tutto di azione e di azioni, per quanto limitate e contingentate nello spazio e anche nel tempo. C’è gente chiusa in un posto, che attende l’arrivo di un Godot a quattro ruote carico di benzina, e che per ingannare il tempo imbastisce dialoghi tra il ridicolo e l’imbarazzante. Gente che peraltro, a differenza di quanto potreste aspettarvi, si comporta in modo logico, non tenta mosse assurde, non forza in alcun modo la situazione, che si sviluppa quindi in maniera armoniosa e con i tempi perfetti; cioè: quando le cose succedono (e come da tradizione ci mettono un po’ a farlo), lo fanno perché ha senso che succedano, non perché qualcuno prova a fare l’eroe al solo scopo di movimentare il film. Al nostro nuovo amico Galluppi non frega nulla di movimentare alcunché: i personaggi arrivano alla spicciolata, quando ha senso che arrivino, ed è in questo modo che la trama progredisce. Non c’è nulla di forzato in The Last Stop in Yuma County, e per quanto mi riguarda questo è il suo più grande merito.
Il suo secondo più grande merito è che è girato da dio, come si dice tecnicamente nel mondo della critica. Guarda ai suoi modelli senza scimmiottarli, è stiloso solo quando serve – il che significa che lo stile è centellinato e i momenti in cui Galluppi mostra i muscoli sono pochi e piazzati nei punti giusti – e non ha mai l’arroganza di buttarla sull’arthouse o sulla sperimentazione fine a sé stessa. È una roba bella da guardare che però ha sempre nel mirino la storia che racconta e soprattutto i personaggi che la subiscono. Santa polenta, c’è persino una scena al ralentì che non mi ha fatto venire l’orticaria!
Il resto lo fa il cast, tutto sul pezzo con un MVP su tutti che è Richard Brake, voglio dire, guardate che bella fazza, e dovreste sentire la voce!
Ma sono tutti all’altezza, tutti presissimi dal recitare questi personaggi (queste persone!) che paiono usciti non dalla mente di un tizio che ha amato Non è un Paese per vecchi ma dall’elenco telefonico di Yuma County. Non è gente con la quale vorreste passare le vostre giornate, ma un’ora e mezza di film sì, anche solo per capire in quale assurdo e tragicomico modo usciranno dalla situazione nella quale si sono cacciati loro malgrado. E sapete come lo fanno? Ebbene [CENSURATO]
Non ve lo dico, ovviamente. Recuperate The Last Stop in Yuma County in qualche modo. Dura 90 minuti!!! È un film caldissimo e sabbioso, pieno di scemi che però sono spontaneamente scemi, non scemi scritti, e altrettanto pieno di vittime del fatto di abitare nel buco del culo degli Stati Uniti, dove la legge fuma la pipa e si dedica a dipingere miniature invece che mantenere l’ordine. Sapete che cos’è tutto questo? È WESTERN.
Cartello all’entrata del diner quote suggerita
“WESTERN”
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
Ok, ma non ho capito che genere è.
Buddy movie ,son tutte coppie !
Venduto!
Giusto per la cronaca ho lavorato per anni con un sosia di Francis Galluppi ,in più, aveva anche l’occhiale tondo come Groucho.
Non so, mi attira, ma credo che mi guarderò un western.
Venduto al primo paragrafo
Wow, me non l’hai venduto, me lo hai imposto.
Io, sto Francis Galluppi, mo’ me lo segno, ma temo andra’ ad aggiungersi a questo elenco:
Dennis Hauck (Too Late)
Henry Dunham (The Standoff at Sparrow Creek)
Andrew Patterson (The Vast of Night)
Ryan Prows (Lowlife)
Thomas Napper (Jawbone)
Ovvero esordi bomba degli ultimi anni a cui e’ seguito il nulla assoluto.
Registi giusti nei posti giusti nei tempi sbagliati.
Grazie per Jawbone , è l’unico che non ho visto.
Per ringraziare ti consiglio un altro esordio bomba ,The Artefice Girl , e chissà se il regista sarà solo un fuoco di paglia….
Segnato, grazie.
Segnalo solo che Patterson è in postproduzione di un thriller con Matt McConaughey e Kurt Russell, quindi non diamolo ancora per disperso.
Ottimo, anche se temo che McConaughey porti un po’ sfiga
Credo che il problema degli esordi bomba a cui non segue un cazzo sia dovuto alla sostanziale morte del film a medio budget, che toglie un bel po’ di possibilità di crescita. Ogni tanto qualcuno di questi esordienti viene notato ma gli viene subito affibbiato un mega-polpettone di due ore e mezza, magari con due-tre star in cartellone, e pure zeppo di CGI, per i quali spesso non sono pronti. I più sfortunati si trovano assegnato l’ennesimo capitolo di un franchise, per cui oltre all’inesperienza tecnica devono pure sorbirsi le interferenze dovute all’IP e le rotture dei fan integralisti. Questo è il caso più tragico, perché se il film va male sono praticamente marchiati a vita, ma se il film va bene vengono risucchiati dal franchise e messi a fare un film uguale dopo l’altro per anni.
L’unica alternativa è lo streaming, che però consiste ad un’autocondanna all’irrilevanza visto che verrai visto solo dagli abbonati alla specifica piattaforma su cui pubblichi.
Venduto. Brutta cosa quando manca il petrolio in America…
La cosa più vicina all’apocalisse, da quelle parti. Il prezzo al gallone è stato per mezzo secolo abbondante il loro indicatore economico di riferimento per l’uomo della strada, che ovviamente da loro vuol dire al volante di un minimo cinquemila di cilindrata.
Visto e sinceramente apprezzato , ottimo esordio.
Se mi dovesse girare farò i sub per chi non masticare l’inglese. È comunque piuttosto semplice.
oh è talmente coeniano-mccarthyano che uno dei tizi bloccati nel diner è Gene Jones, lo stesso panzone cui Javier Barden fa il monologo della moneta alla stazione di servizio in Non è un paese per vecchi
Il film mi ha deluso (forse in parte per via delle aspettative elevate create dalla recensione…). La regia è effettivamente impeccabile e a tratti anche originale, con l’uso ansiogeno di campi stretti e di azione fuori campo. Ma non basta a reggere il film di fronte ad una sceneggiatura piatta; non c’è nessun guizzo, il modo in cui si svolge e si risolve la trama non ha niente di sorprendente né di originale. Il fatto che le cose succedano senza “nulla di forzato” e in modo naturale per me è più un difetto che un pregio, alla fine dei conti non si guarda questo tipo di film alla ricerca del realismo. Tutto sommato meglio riguardarsi “The hateful eight” di cui questo a volte sembra un remake più blando, o l’episodio del diner di “The Sandman” (e già che ci siamo quello di “The Mandalorian” con Richard Brake!).
Qual è quello dei due tutori della legge che dovrebbe essere una sorpresa? Ammetto che ambedue gli attori mi sono sconosciuti…