Ho un problema. Più di uno in realtà, ma gli altri non c’entrano con Cult Killer – anche se il mio reflusso acido è stato parzialmente influenzato dalla visione del film. Il mio problema è che nella versione del Manuale delle giovani marmotte woke che mi hanno spedito quando mi si è rotto l’euroconvertitore di Berlusconi e ho invocato la garanzia, i capitoli sull’utilizzo degli stereotipi negativi in società e su quanto siano brutti & cattivi nel perpetuare generalizzazioni tossiche e via dicendo ci sono tutti, ma non c’è mica scritto come maneggiare gli stereotipi positivi. Debbo trattenermi dall’esprimere pubblicamente la mia stima per la generica puntualità degli svizzeri o per la precisa organizzazione dei tedeschi? Meglio sorvolare sul senso di accoglienza dei popoli mediterranei e sull’orgoglio di quelli balcanici? Chiedo perché io, nel mio cuore – e sempre a proposito di Balcani, serbo la convinzione del tutto immotivata e probabilmente razzista che gli irlandesi siano i migliori di tutti a raccontare le storie. Tanto che quando parte Cult Killer, con un incipit funzionale senza essere troppo telefonato o spiegato, dentro questo pub di Dublino molto buio, con un bancone in legno massello bellissimo e con una barista dall’accento vagamente irlandese, ho presunto che nonostante la tassa del bollito – Banderas nel ruolo del saggio mentore Jedi che appare quasi solo via flashback – Cult Killer avrebbe perlomeno raccontato bene (se non da dio) una storia. Perché gli irlandesi sono tutti bravi, no? Sigla!
Cult Killer non è un film irlandese, porco il leprecano. È tutta una finta. Una mossa Cork city pensata per sfruttare un regime di tasse favorevole e per ingannare gli stolti scellerati come me che per ignavia abusano degli stereotipi. Di irlandese, Cult Killer ha solo l’ambientazione e un regista con un cognome che non sai bene come pronunciare. Jon Keeyes. Jon Ki-yes? Jon Kiis? Saoirse Ronan? Jon Keeyes ha diretto agli esordi (nel 2002) l’horror di micro culto American Nightmare, finendo poi con lo smazzarsi (più o meno equamente tra regia e produzione) una carriera ventennale quantitativamente ragguardevole e comunque sempre all’insegna del dozzinale. In un ideale Jimmy Bobo dei film prodotti da Keeyes, il mio prefe in assoluto resta il corto Romeo, Juliet and the Shark (guarderei). Temo, così a naso, che Cult Killer sia il suo film migliore. Poteva andare peggio, ma poteva anche andare un pochino meglio. Checcazzo.
A Dublino ci sono un’inglese, uno spagnolo, un neozelandese che finge di essere irlandese e una statunitense i quali, ognuno a modo suo, tentano di disinnescare una coppia di anziani malvagi e presumibilmente incestuosi che, per diletto, rapiscono e torturano sessualmente ragazzine problematiche. L’inglese è Alice Eve, fra le migliori interpreti della grande categoria L’ho già vista da qualche parte – Iron Fist (la brutta serie tv), Into Darkness – Star Trek, ATM – Trappola mortale, SEX & THE CITY 2 – che qui interpreta una Padawan traumatizzata e alcolizzata, accolta sotto l’ala protettrice dello spagnolo interpretato dal celebre attore che forse non si chiava le galline, ma sicuramente ci dorme insieme. Lo spagnolo è un ex agente dell’Interpol riciclatosi investigatore privato – per tollerare la pensione e la vedovanza – che ha scoperto tardivamente il proprio istinto paterno e, utilizzando il superpotere del flashback, decide di aiutare la giovane donna problematica insegnandole il mestiere e sostenendola nel percorso di disintossicazione dall’alcol.
Il neozelandese che finge di essere irlandese è un detective della Garda Síochána amico dello spagnolo che, quando quest’ultimo viene assassinato a coltellate in pieno giorno, fa squadra con l’inglese per scovare il killer, certamente collegato all’uomo su cui stava investigando il morto, un viscido avvocato americano che millanta irlandesità ed è al soldo dei vecchi incestuosi di cui sopra. La statunitense è Shelley Hennig (comprimaria in Oujia e parte della cosca mafiosa di Teen Wolf) per la quale inventano una storia implausibile (sono di New York, sono scappata di casa da ragazzina, non so come ma sono finita a Londra) pur di non farle fare brutta figura con un accento europeo. Ella è una ragazza ancora più giovane e ancora più traumatizzata dell’inglese, essendo stata per una manciata d’anni il giocattolo sessuale minorenne dei due anziani psicopatici che sono sposati ma ci tengono a ribadire per ben due volte che si conoscono sin da quando erano bambini; ovvero un britannico che invade nuovamente il vicino cattolico e l’unica irlandese del gruppo, la sensazionale Olwen Fouéré che con quella fazza da matta cattiva esemplare è stata anche la madre cultista Marlene in Mandy e la cantantessa inquietante in All You Need Is Death (papparararaaa). L’inglese ha faticosamente esorcizzato il mostro fomentato dalle molestie subite per lunghi anni grazie all’aiuto dello spagnolo saggio e buono; l’americana, invece, il mostro l’ha sguinzagliato consapevolmente in cerca di vendetta, tremenda e sanguinosa vendetta – come ci tiene a ostentare, pleonasticamente, il turgido sottotitolo italiano.
Altro che Irlanda. Cult Killer è un film che mangia spicci detassati della Dublino Film Commission e caga stelle e strisce. Capisci che è violentemente americano dalla sottile ignoranza con cui fraintende la débauche della nobiltà europea. I due cattivi disegnati da Keeyes sono persone inquietanti e orribili, pervertite da generazioni di privilegio, impunità e, per l’appunto, incesto. Agiscono per noia e perché possono. Sono gli antagonisti preferiti – gli old money villain – di una bella fetta del recente cinema di genere americano che ha segnato l’immaginario di un bel po’ di pubblico: Get Out, la saga di The Purge, Hostel, Ready or Not; porca troia, ci sono persino in Knives Out e in The Boys – la cui versione depravata di Batman è un tizio ricco da 11 generazioni che gestisce il monopolio delle carceri private e si eccita guardando un uomo con le chiappe al vento che si siede su una torta. Cult Killer è un thriller dalla struttura interessante, costruito sull’ambigua specularità tra due facce della stessa medaglia, una protagonista eroica e una deuteragonista antieroica; è, però, anche fatto un po’ a cazzo di cane. Si salva parzialmente, secondo me, con un ultimo atto in cui una fiammata improvvisa di gore diventa il perfetto innesco narrativo (senza didascalie superflue) per lanciare un finale che potrebbe lasciare del groppo in gola a tutte quelle persone così sensibili da immalinconirsi quando un film sembra irlandese e invece non lo è.
Sindacato dei titolisti bolliti quote
“Prima di tutto ci aggiungiamo un sottotitolo brutto, che guasta sempre”
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Alla fine non ho capito se è consigliato o no.
P.S.
Shelley Hennig è anche la protagonista di “Obliterated”, la cosa migliore uscita da Netflix nel 2023.
Ma i cazzi dei tizi di Obliterated sono veri?
Che supertopa Shelley Henning!
Obliterated una mezza scemenza ma tanto tanto sexy.
@GGJJ: grazie per la segnalazione, scaric… ehm visto e piaciuto, era dai tempi di Banshee che non perdevo così tanti neuroni ad ogni puntata (.cit).
@Vandal: nah, sono prop, come ammesso dalla stessa produzione, a parte quello di T. Howell…
Iŕonia della sorte proprio questa settimana esce il nuovo con Liam Neeson giustiziere che al contrario è un film irlandese DOC al 100%.
E vi dirò, come storia, ambientazione e cast (la cattiva è Kerry Condon boss dell’IRA) promette pure bene, molto più di questo
Tutto sommato la locandina generica mi piace. Fa molto anni ’00. Sarà la nostalgia.
Vabbè, io l’ho guardato perché mi sorbisco qualsiasi cosa con dentro quella fregnissima di Alice Eve, e sono rimasto per un cast interessante e in parte e una trama non banalissima. C’è di ben peggio.
Toshi’, ti si vuole bene, ma a forza di masturbarti a leggere quanto scrivi arguto, mi sa che hai perso di vista quale sarebbe il punto della recensione.
Gara di sottotitoli alternativi? Io propongo:
– Vendetta Vera
– Vendetta Verde (Capito? Perché è in Irlanda!)
– Un Buongiorno per Vendicarsi
– In Irlanda… Una Vendetta Verde Shocking
– Quando c’è la Vendetta c’è Tutto (“No, quell’è ‘a salute!” cit.)
– Eve per Vendetta
“Dei balcani, serbo” passata completamente inosservata. Soffro…