FACCIAMO UN QUIZ
Che cos’hanno in comune L’ululato, Willow e questo The Primevals?
Se avete risposto “li avete coperti tutti e tre su i400calci.com“, grazie al cazzo, Fabrizio, ci sono i link.
Se avete risposto “David Allen“ sono abbastanza sicuro che abbiate cercato su Google o sul vostro motore di ricerca preferito.

“E quello è il bottone che accende Google”
A differenza di gente come Rob Bottin, Rick Baker, Carlo Rambaldi, Ray Harryhausen, aggiungiamoci anche Phil Tippett, David Allen gode di una fama molto relativa. Eppure sapete cos’ha fatto David Allen in carriera tra le altre cose? Ha animato lei:

Lacrime.
E ha contribuito a una lunga serie di altri classici, anche se magari non sempre da protagonista: i due citati sopra, Ghostbusters II (… OK, “classico” in senso lato), Robot Jox, il primo Puppet Master… ed è poi quest’ultimo titolo a caratterizzarne davvero la carriera.
Perché dopo aver lavorato per anni nel cinema ad altissimo budget e altrettanto alta esposizione, David Allen conosce la famiglia Band quando ancora la casa di produzione capitanata da Charles e soci si chiamava Empire. E da lì Allen non se ne va più, trova la sua nuova casa: gran parte del suo CV è ascrivibile alla Empire appunto, poi diventata Full Moon. E quindi, nonostante il talento e la passione per la stop motion che se fosse vivo ancora oggi gli frutterebbe probabilmente una chiamata da Guillermo del Toro e un Oscar, Allen viene meno considerato, meno nominato, più malcagato insomma.

Questa è la classica espressione da malcago.
Negli anni Sessanta, David Allen aveva un sogno: fare un film in tecnica mista con pupazzoni e attori umani, ispirato a Edgar Rice Burroughs e comprendente un mondo perduto, i vichinghi e degli uomini lucertola. È la classica sceneggiatura che scrivi quando di mestiere fai altro e a forza di creare arte per conto terzi decidi che ne vuoi una tutta tua (in questo caso gli uomini lucertola) e ci costruisci intorno un intero progetto. Ed è anche la classica sceneggiatura che rischia di rimanerti nel cassetto fino a che non la riscopri a ottant’anni quando sei finalmente diventato miliardario avendo fatto gli effetti speciali di un film Marvel a caso tra gli ultimi ottantasette usciti.
Il problema è che David Allen non è mai stato chiamato ad animare il martello di Thor in stop motion. È riuscito a farsi finanziare il progetto dalla Full Moon sul finire degli anni Ottanta, ed è anche stato capace di completare una buona percentuale di questo The Primevals. Il problema è che nel 1999 è morto, a 54 anni. Da allora, il suo collega e amico Chris Endicott si è preso cura dei mortali resti di questo film mai nato ma quasi pronto per venire alla luce; e nel 2017, insieme a Charles Band, ha chiesto alla gente su indiegogo se fosse interessata a partecipare a una rianimazione. 40.000$ dopo (quarantamila!!!), The Primevals esiste ed è visibile, anche se per il momento solo a chi ha del ben denaro da investire. SIGLA!
Uff, non sono tanto bravo a raccontare queste storie produttive, ma nel caso di The Primevals è tutto abbastanza chiaro, no? Alla fine è lo stesso concetto dietro a Mad God, solo che postumo di un quarto di secolo. Cioè: David Allen non potrà mai vedere realizzato il suo progetto su vichinghi e uomini lucertola, che nel frattempo ha peraltro cambiato completamente natura.
Come forse avrete intuito dal titolo di questo pezzo, The Primevals parla dello yeti. Di tanti yeti! Già questa, se ci pensate, è una risposta a una delle domande fondamentali sullo yeti: è solo? È maschio? Esiste la yeta? È femmina e il maschio è a casa a conciare le pelli e curare il focolare? Cos’ha di abominevole? E soprattutto: perché è passato di moda? È un ragionamento più ampio che facevo tra me e me qualche giorno fa: viviamo nel mondo dei complotti e dei complottisti, dove basta un po’ di condensa nel cielo per gettare nel panico intere fasce della popolazione, eppure i complotti e i misteri migliori del secolo scorso sono scomparsi dal discorso collettivo.

“Non li vedo neanche tra queste strutture di legno, professore”
Perché nel 2024 a nessuno è venuto in mente di fare un film sul mostro di Loch Ness, o sul coccodrillo bianco delle fogne di New York, o appunto sullo yeti? L’altro giorno ho chiesto a un terrapiattista se credesse anche lui come me nell’esistenza dello yeti e mi ha dato del “credulone” e augurato di “cascare giù dal bordo del mondo”. C’era davvero bisogno di un vecchissimo progetto del cuore di un non abbastanza noto animatore di stop motion defunto per riportare l’abominevole uomo delle nevi all’attenzione della gente?
Se proprio così dev’essere, grazie Nyarlathothep per The Primevals. È la storia di una notizia scientifica sensazionale: un gruppo di sherpa ha ammazzato uno yeti in Nepal, ne ha recuperato il cadavere e l’ha spedito alla Scienza. Essa è incarnata dall’austera antropologa illustrata due foto fa, e dal Bello di Turno, un dottorando complottista la cui tesi venne bocciata perché speculava sull’esistenza dell’AUDN senza fornire prove solide a sostegno.

“Questa ti basta come prova a sostegno?”
La professoressa e l’alunno si mettono dunque in viaggio verso il Nepal in cerca di altri esemplari, accompagnati da una studentessa in Erasmus e da un tizio che di mestiere faceva il cacciatore e la guida di safari ma che ora si è ritirato e gestisce un ristorantino. Il suo nome? RONDO MONTANA.
RONDO
MONTANA

“Sono proprio io baby, sono Rondo Montana”
Da questi dettagli, e dal fatto che la prima stesura del progetto contenesse vichinghi e uomini lucertola, dovreste avere capito il tono generale di The Primevals: è un monster movie vecchissima scuola, di quelli che oggi la Asylum prova a rifare con quattro spicci cannando sempre l’approccio e confondendo la noia con l’atmosfera. Nel senso, The Primevals è un film della Empire/Full Moon concepito a fine anni Ottanta, anche se è stato proiettato per la prima volta solo nel 2023. Il materiale ha quell’età lì, non è neanche mimesi o retrofitting come si usa oggi se si vuole essere postmoderni. È un cadavere resuscitato e che non ha neanche avuto bisogno di troppo lavoro: Allen aveva già girato tutto ed era già in fase di postproduzione, non è che ci si potessero aggiungere gli smartphone e i social per rinfrescarlo.
Ed è bellissimo, gente, bellissimo. Pensate che si fermi agli yeti? Syeti sciocchy: gli yeti sono solo l’inizio, l’antipasto, l’anticamera del delirio. E no, non vi spiego proprio nulla, perché privarvi del fattore MACCOSA sarebbe una scortesia imperdonabile. Sappiate che, come i vecchi romanzi pulp o come una puntata della serie originale di Star Trek, The Primevals va in posti. E lo fa tra l’altro con un grande amore per la scienza, unico viatico per l’immortalità – la scienza anch’essa vecchia scuola, quella degli esploratori che scoprono angoli perduti del nostro pianeta e ne ammirano l’ecosistema, quelli alla Jules Verne, un po’ Darwin un po’ Indiana Jones.

Quelli con questa faccia insomma.
Che piacere, che meraviglia, e quanta stop motion! E la convinzione che se The Primevals fosse uscito quando era il suo tempo e non 25 anni dopo, oggi sarebbe ricordato come un grande classico. Accontentiamoci di averlo.
Quote
“Stanno quyeti
tra i canneti
(nonostante i miei divyeti)
sette yeti
tutti lyeti”
(Filippo Tommaso Marinyeti, poyeta)
PS: quasi dimenticavo, piccolo aneddoto storico. The Primevals venne girato a fine anni Ottanta, ma il progetto era noto già a fine anni Settanta, al punto da attirare le prime attenzioni della stampa specializzata: eccovi per esempio la copertina che gli dedicò Cinefantastique nel 1978

“preproducing”
Ennesima dimostrazione che i vecchi maestri gli danno la birra, ai registi di oggi.
Capisco che sarebbe antieconomico ma…invece di dare petroliere di dollari a abomini come Snyder e Bay o ai pigiamati… sarebbe bello si realizzassero i sogni nel cassetto collaterali rimasti tali per troppo tempo…
Qui scende la lacrimuccia.
E niente, mi vengono solo discorsi da vecchio di merda quale sono, pertanto taccio.
Mamma mia la formichina… Un trauma infantile al pari del cavallo Artax di Atreyu
Viste le ultime settimane propongo la rubrica “La Misconosciuta Meraviglia del Mercoledi’ di Stanlio”.
Ma quindi Stanlio ora sei felice proprietario di n.2 (notevoli) spille smaltate?
Pardon, intendevo propryetario.
Quindi dovrò passare il resto del pomeriggio a vedere se trovo il rete la sceneggiatura originale di “vicKinghi contro uominiDi lucertola “?
Figlio di buona donna!ok ci sto!(cit)
Per Dario.
Personalmente comincio a pensare k ogni generazione abbia il proprio trauma lacrimevole nel cinema d’intrattenimento/per famiglie…
Sì può essere, ci sono casi in cui i traumi avvengono anche in età adulta, ad esempio Hachiko o il recente Il ragazzo e la tigre (che come film fa cagare ma se si parla di tigri io cedo a priori)