Vi ricordate i bei tempi in cui usciva un nuovo film di David Lynch e ci si divideva tra “è un capolavoro” e “è un film senza senso”, “sei tu che non lo capisci” e “nemmeno tu lo capisci ma non lo vuoi ammettere per darti delle arie”?
Mi mancano.
Non sono niente, NIENTE in confronto a quello che si legge in giro quando esce un film di Shyamalan.
La differenza principale è che David Lynch tirava dritto e continuava a fare la sua cosa fregandosene di tutto e tutti, puro testardo e onesto.
Shyamalan invece legge. L’ha detto e l’ha dimostrato.
Ha detto più volte di esserci rimasto malissimo quando hanno iniziato a piovere le stroncature, ha detto di essere andato in grossa grisi, ha provato a sublimare con il personaggio del critico che moriva male in Lady in the Water, poi però ha fatto E venne il giorno e The Last Airbender ed è andato in ancora più grossa grisi, si è preso una pausa, ne ha parlato con la sua psicanalista (interpretata da un’elegante signora coi capelli bianchi), se n’è fatto una ragione e ora sta bene.
Shyamalan, oggi, legge tutto e ride.
Intanto ha risolto il problema più urgente alla base: si paga i film da solo.
Dopodiché legge entrambe le fazioni. E ride.
E quando gli è venuto in mente il titolo per questo suo ultimo film, ha riso ancora di più.
E vabbè. Caschiamoci, facciamolo contento. Andiamo a vedere questi infiniti piani di lettura.
Il primo è la trama. Quella che ci vende il trailer, e quella che Shyamalan mette a schermo.
La trama vede un padre portare la figlia al concerto di una pop star.
Una volta dentro, tale padre nota una quantità insolitamente sproporzionata di polizia circondare e perlustrare l’edificio.
Il nostro padre va nel panico perché, anche se in quel momento voleva soltanto passare una tranquilla giornata a fare felice sua figlia, sotto sotto è un serial killer con una vittima ancora intrappolata in uno scantinato segreto che lui osserva tramite un’app del suo telefono.
Che sta succedendo? Come farà a uscire? Riuscirà a cavarsela senza insospettire la figlia? Dobbiamo davvero tifare per lui?
È un bellissimo spunto per un thriller, no?
Quanto ci si sarebbe divertito il buon vecchio Hitchcock con uno spunto del genere.
Shyamalan ha sempre avuto spunti bellissimi in carriera, questo gli va concesso. Io glieli abbuono tutti, compreso quello di E venne il giorno.
I risultati sono un altro discorso.
Ma sapete cosa vi dico? Per me questo di Trap è il suo spunto più divertente.
Il silenzio degli innocenti a un concerto di Taylor Swift, come ha detto lui stesso.
Io ad esempio mi sono identificato da subito.
Non nel serial killer, eh? Anche se l’idea di montare una webcam e un’app che mi mostri Bongiorno Miike mentre guarda Winnie the Pooh: Sangue e miele non è malvagia.
No: mi sono immediatamente identificato nella regazzina che va al concerto della sua star preferita. Ci sono stato miliardi di volte pure io pazientemente aggrappato a quelle transenne, quando ero giovine e riuscivo a stare in piedi due/tre ore consecutive. A parte quello non ho una figlia, però ho avuto morose con cui sfruttare agganci vari per portarle senza svenarmi a vedere roba per cui loro andavano pazze e di cui a me non poteva fregare di meno (non fatemi fare esempi), quindi per carità, anche l’identificazione nel nostro protagonista era in effetti facilissima.
(breve storia triste: una volta ho fatto la coda per Springsteen dalle 11 del mattino per essere sicuro di arrivare in prima fila, poi alla terza canzone sono dovuto andare in bagno)
Ci sono due dettaglissimi che mi sono piaciuti molto.
Uno è quello in cui la figlia del nostro eroe il buon Josh Hartnett, si mette a fare un balletto con altre ragazze, chiede al padre di riprenderla e lui gira il telefono in posizione orizzontale, che è la più ovvia per ottenere l’inquadratura che ha più senso ma che rende il video semi-inutilizzabile per i social. Nessuno glielo fa notare e non c’è alcun tipo di focus su questa mossa, ma io gliela abbuono a Shyamalan: per me è un bel tocco raffinato per descrivere il protagonista come boomer distaccato dai riti collettivi dei giovani d’oggi, ma anche soprattutto come persona dotata di spirito di osservazione, logica e buon senso di base che se vede quattro ragazze una di fianco all’altra riconosce un quadro platealmente orizzontale e porcomondo lui lo riprende in orizzontale come farebbe ogni persona con due occhi funzionanti.
L’altro è quello in cui lui entra al palazzetto, si piazza in platea con la figlia (posti a sedere anche in platea? qui è dove non sono esperto di pop) e nonostante sia l’unico giandone a forma degli 1,90 di Josh Hartnett in una marea di 14enni e non gli freghi sostanzialmente nulla del concerto, non c’è verso che rimanga a sedere per il beneficio delle povere regazzine dietro. Questa mancanza di empatia cozza con una scena che vi racconterò dopo, ma non è grave. Pure io me ne sono sempre sbattuto, potete detestarmi.
A questo punto dovete sapere che la cantante di cui va ghiotta la figlia di Josh Hartnett è Lady Raven. Lady Raven è lo pseudonimo usato nel film da Saleka Night Shyamalan che, ve lo giuro, è solo un clamoroso caso di omonim– ok no non è vero, è la figlia di M. Night Shyamalan.
Ma ve lo garantisco, non ho pregiudizi su questa cosa.
Ho visto miliardi di film in cui una band vera o fittizia doveva comparire e suonare per un motivo o l’altro, e sono largamente abituato al fatto che nella maggior parte dei casi siano band impresentabili. Ogni tanto ci scappa il grosso nome, o la band piccola ma di qualità, ma la funzione è spesso talmente secondaria, o sottovalutata, che ritrovarsi davanti a signori nessuno che suonano pezzi improponibili e pure facilmente fuori genere è da mettere tranquillamente in conto. A volte sono i primi che passano, a volte sono amici di qualcuno. Qui sono esplicitamente parenti del tizio che dirige e mette pure i soldi, quindi per quel che mi riguarda è onestissima.
Ai pezzi di Lady Raven chiedevo solo una cosa: che non fossero fastidiosi. E questo sono: non sono fastidiosi (per fortuna, visto che fanno da tappeto sonoro ad almeno mezzo film). Sono adeguatamente iper-prodotti e, se non vogliamo fare il pelo al fatto che siano tutti uguali e tendenzialmente malinconici, più che credibili. Ci sono solo rimasto male che non duettasse con Mid-Sized Sedan.
Una grossa fetta del film – diventa plateale anche se non avete letto i titoli di testa – costituisce in uno showcase di Saleka, prima musicale/coreografico e poi persino recitativo, in un’operazione che gradualmente fa assomigliare sempre più questo film a una roba che avrebbero proposto a Madonna nell’85. Papà Shyamalan è cauto nel non assegnare troppi dialoghi alla figlia né tantomeno darle un personaggio complesso, ma fa sapiente ed efficace uso dei suoi occhioni giganti nei primi piani.
Bello comunque il sottofilone delle cantanti pop coinvolte in trame thriller. Per circa un mese quando andavo al cinema vedevo il trailer di questo seguito da quello di Smile 2, e sembravano letteralmente uno l’escalation dell’altro.
Chiavi di lettura interessanti, dicevamo.
Una delle più divertenti è quindi quella in cui pure Shyamalan tutto sommato si identifica col nostro serial killer, nei panni di uno che devia dalle sue normali (perverse) abitudini per dedicare di colpo le sue risorse ed energie a regalare un sogno alla figlia – nel suo caso, un filmmaker che le costruisce un film-concerto su misura e poi fa di tutto perché proceda senza intoppi, e affinché tutti i riflettori siano su di lei, mentre la SWAT sono i “critici” che lo aspettano al varco e lui ha i sensi di colpa per aver diretto più di un film che in realtà era un crimine contro l’umanità. Questa è la mia chiave di lettura preferita. C’è un momento esplicito in cui Lady Raven dice qualcosa tipo “dedico questa canzone a mio padre con cui ho passato dei momenti molto difficili ma che alla fine ho imparato a perdonare”, e mi sono venute in mente situazioni tipo quella volta che Eli Roth girò Knock Knock perché chiaramente sua moglie l’aveva pescato ad avere pensieri zozzi su qualcun’altra.
Ma tantissimi altri spunti! La riflessione sulla doppia personalità, o meglio di come Josh Hartnett riesca ad essere contemporaneamente efferato serial killer e insospettabile uomo di famiglia (al riguardo trovo molto più interessante The Woman, ma hey, questo passa il multisala in centro). O quella sul potere di influenza che hanno certe persone famose, che se fossero loro le protagoniste di certi gialli finirebbero tutti in cinque minuti.
Si potrebbe andare avanti.
Osservazioni interessanti, ritmo che fila liscissimo, le solite composizioni e movimenti di macchina eleganti per cui Shyamalan è famoso (o non abbastanza famoso, a seconda dei punti di vista).
Ero veramente impressionato da tutti questi temi, signora mia.
Poi sapete cos’è successo? Seguitemi.
È successo che lo scorso weekend, per coincidenza, senza nessun motivo in particolare, mi sono guardato Il giorno sbagliato con Russell Crowe. Quello in cui una gli suona il clacson al semaforo e lui, come equa risposta, decide di ammazzarle la famiglia.
E urca, quanti spunti c’erano pure lì, se uno vuole divertirsi a elencarli! Il grave problema della cosiddetta “road rage”; la doppia personalità (anche lì!) di un killer che quando vuole sa spacciarsi per persona innocua, e che si riflette tematicamente con la doppia personalità di ognuno di noi fuori e dentro il traffico in autostrada; il distacco generazionale tra genitori e figli (pure!) evidenziato dal rispettivo e contrastante rapporto con la tecnologia; ecc… ecc…
Sono andato a controllare e insomma, nonostante questa generosissima quantità di materiale analitico a disposizione, nessuno ha parlato di Il giorno sbagliato come di un capolavoro incompreso e di “Derrick Borte” come un genio. Eppure è un film divertentissimo!
Ci sono delle differenze, eh? Borte non ha ovviamente la stessa padronanza tecnica di Shyamalan, e poi non mette il personaggio dell’anziana e rassicurante psicanalista coi capelli bianchi che ti spiega tutto per filo e per segno indicando su cosa devi riflettere: punta un po’ meno il dito sulle cose (tranne l’intro con una collezione Youtube di momenti di road rage) e in cambio ci mette piuttosto qualche bell’inseguimento in auto.
Ma soprattutto, sia Borte che Shyamalan – oltre alla rispettiva quantità di spunti e metafore – fanno entrambi questa cosa già dai primissimi minuti: mandano la trama principale brutalmente in vacca.
Voi iniziate a guardare Il giorno sbagliato curiosi di come farà Russell Crowe a rimanere minaccioso per tutto il tempo, e la risposta è che al minuto 15 ruba il telefonino alla protagonista e il suddetto telefonino – come viene spiegato poco prima del furto facendoti immediatamente cascare le braccia – per incredibile sfortunata coincidenza non ha un pin di protezione.
Voi iniziate a guardare Trap curiosi di come farà Josh Hartnett a capire cosa sta succedendo e a uscirne, e la risposta è un personaggio che, dopo 15 minuti, vedendo il nostro protagonista compiere un atto di empatia lasciando che l’ultima maglietta al merchandising andasse a un’altra ragazzina che stava insistendo più della figlia (la cosa di cui vi accennavo più su), rimane colpito nel profondo dell’anima e decide di spifferargli tutto all’istante, dalla situazione all’organizzazione generale alla via d’uscita sicura e persino la password riservata allo staff per potersi aggirare ovunque voglia all’interno del palazzetto. Poco dopo Josh torna da questo personaggio il quale convenientemente gli dà le spalle per farsi fregare il tesserino, e a quel punto mi aspettavo che si girasse e gli dicesse “ecco, questa è la sceneggiatura, leggitela con calma, c’è scritto tutto, ti basta seguire le istruzioni ed esci tranquillo, buon divertimento”. Sinceramente io a quel punto sono stato tentato di uscire e andarmene perché il primo motivo per cui ero entrato in sala – uno straccio di tensione sui procedimenti – se n’era già andato allegramente a quel paese.
A un certo punto è chiaro che Shyamalan come al solito si fa intrigare più dai sottotesti che dal testo, però santa pazienza io ero rimasto che le regole di un buon film erano che in teoria dovresti cercare di far funzionare decorosamente entrambe le cose, no? Chiedo troppo?
C’è che da una parte hai un thriller che mette il suo protagonista in una serie inarrestabile di situazioni tese per poi farlo uscire ogni singola volta nel modo più stupido, facile o forzato possibile prima ancora che praticamente lo stesso personaggio faccia in tempo a preoccuparsi, e dall’altra hai tutti questi spunti che non è che raggiungano chissà quali profondità sconvolgenti, perché comunque Shyamalan spreca un’inusitata quantità di tempo ed energie nell’illusione di poter far funzionare entrambi i piani con una serie di goffe spiegazioni – là dove, che ne so, almeno un Lynch mette su da subito uno straccio di atmosfera surreale/onirica così può essere criptico e istintivo quanto gli pare e lui e lo spettatore non devono preoccuparsi di nient’altro.
E intendiamoci, non è un problema di “credibilità” e altri sopravvalutati miti simili: è un problema di puro intrattenimento. Non è un problema di protagonisti che parlano come marziani perché i loro dialoghi consistono nella loro funzione tecnico/narrativa spesso senza manco la parafrasi: è il problema di provare un minimo di interesse per quello che il film in ogni caso insiste a fingere di voler raccontare, e in mancanza di quello di non avere altro per cui esattamente gridare al miracolo tranne che Shyamalan ha comunque statisticamente qualche cosetta in più da dire rispetto al primo Derrick Borte che passa. La collezione di “cosa” fa è lunga, se volete divertirvi con la semiotica, ma il “come”… uff… Sinceramente, non me lo vende. Mi sconfigge.
Il momento in cui ho capito che Shyamalan stava anche un po’ perculando attivamente è comunque quello in cui compare proprio lui di persona, praticamente nei panni di se stesso (lo “zio di Lady Raven”), a dire sostanzialmente “hey Josh, sono il regista e sceneggiatore, ascoltami che ti detto la tua prossima mossa”. Lì ho applaudito.
Shyamalan ha ormai un modo tutto suo di scrivere e girare assolutamente inconfondibile, e non cambierà: bisognerà sempre guardare i suoi film nell’ordine di idee che si tratta di pensieri vagamente intriganti a cui viene applicato il più pigro e peggio camuffato retro-engineering del pianeta.
Nei suoi momenti migliori, specie in fase di composizione dell’immagine, non arriva di certo a Hitchcock ma se non altro mi fa sentire un pelo meno la mancanza di Brian De Palma – è molto meno virtuosistico, ma altrettanto preciso ed elegante. Shyamalan è un De Palma tre volte più pretenzioso, disconnesso e paranoico. È un Ang Lee che non si sente all’altezza di essere davvero Ang Lee per cui passa tutta la carriera a fare soltanto varianti del suo Hulk, chiuso nello sforzo di “nobilitare” generi “inferiori” che in ultimo non rispetta. E nei momenti peggiori mi ricorda direttamente la fase tarda di Dario Argento, con la stessa dissociazione tonale con ciò che scrive che diventa sempre più visibile e ti costringe a guardare i suoi film armandoti di infinita pazienza, sorvolando su raccordi impacciatissimi e spesso ridicoli, in attesa che azzecchi quel guizzo o due di cui è capace solo lui che ti mandi a casa contento e disposto a perdonargli il resto. Là fuori c’è tanta gente che lo fa ancora volentieri: buon per lui.
Ridi, Shyamalan: se sei contento tu, son contento anch’io.
Il film non mi ha convinto, ma come minimo il titolo di papà dell’anno non te lo leva nessuno.
Spotify-quote:
“Strunz!!!”
Giovanni Trapattoni, Bayern Monaco
P.S.: chiedo scusa per il titolo semi-ingannevole, mi rendo conto che non ho affrontato il “twist” (tecnicamente esiste ma non è niente di sconvolgente) e che “trap” non si riferisce, per fortuna, al tipo di musica che suona Lady Raven.
P.S.2: Josh Hartnett capisce perfettamente che aria tira, si carica il film sulle spalle e ci si diverte un mondo: è forse la sua migliore prova di sempre. Shyamalan dovrebbe fargli un monumento.
Se capito vicino al cinema magari mi fermo a guardarlo. Anche se mandare già il pretesto della tensione a puffette allegre dopo un quarto d’ora non è il massimo.
Dopo che vedo un film di Shyamalan dico sempre : non mi freghi piu’ ,non ci casco piu’ con i tuoi film.Ho chiuso.
Poi puntualmente esce il trailer del nuovo film di Shyamalan e dico : dannazione,mi hai fregato ancora.Devo vederlo.
Quindi sono andato al cinema a vedermi TRAP.
Alla fine della proiezione non sapevo cosa pensare : mi era piaciuto,ma non mi convinceva.Hartnett bravissimo come non mai ma qualcosa non mi tornava.
Il giorno dopo con un nalisi a freddo ho pensato : Shyamalan e’ un fenomeno con gli spunti ma poi nello svolgimento e nei finali manda sempre tutto in vacca.
Ed e’ cosi’ anche questa volta : lo spunto e’ bello e intrigante ; svelare subito l’identita’ del protagonista e’ colpo di genio interessantissimo perche’ ti porta a metterti nei suoi panni e a seguire la scena con i suoi occhi.
Poi pero’ ovviamente va tutto in vacca con una serie di soluzioni artificiose e quasi assurde (il tesserino,la radio,la scusa per andare nel retro palco , il twist finale e la torta (non dico ovviamente di piu’).
E poi il ruolo sempre piu’ importante che assume la figlia / cantante nella trama che diventa assolutamente implausibile.
Mentre l’inquadratura finale molto molto molto Hitchcockiana mi ha riconciliato soprattutto grazie alla impensabile bravura di Josh Hartnett.
Tutto’ora a due settimane dalla visione di TRAP se qualcuno mi chiede se mi e’ piaciuto non so cosa rispondergli…
“Ho visto miliardi di film in cui una band vera o fittizia doveva comparire e suonare per un motivo o l’altro, e sono largamente abituato al fatto che nella maggior parte dei casi siano band impresentabili. Ogni tanto ci scappa il grosso nome, o la band piccola ma di qualità, ma la funzione è spesso talmente secondaria, o sottovalutata, che ritrovarsi davanti a signori nessuno che suonano pezzi improponibili e pure facilmente fuori genere è da mettere tranquillamente in conto”. Unica eccezione: Kaurismäki che mette le Maustetytöt in Foglie al Vento e vince tutto (e porca puttana perchè l’avranno dovuto tradurre così quando il titolo originale è “Le foglie morte”?)
Dimentichi i Cannibal Corpse nel primo Ace Ventura.
Direi che Ex Drummer abbia i migliori gruppi in un film.
SPOILER
Avendo visto il trailer non sono rimasto infastidito dal tizio delle magliette, e capita l’aria che tirava non ho avuto neanche problemi con i dialoghi degni ell’IA (i suoi primi piani ricordano la prima persona dei videogiochi, altro che Demme). Ma guardando un film come questo tutti sanno che ci si divertirá nella location principale, prima di un terzo atto noiosetto dove si prova a cambiare le carte in tavola. Speed, Red Eye, La signora scompare di Hitchcock. Ecco, quando qui il concerto finisce con ancora metà film io sono rimasto allibito dall’incompetenza del nostro.
Un film che avrei preferito evitare, forse il peggiore di questa seconda parte di carriera di M night.
P.s. per sciacquare la bocca, tornato a casa ho visto Rischio totale con Gena Hackman, di Peter Hyams, film che sviluppa la propria premessa come Shyalaman non riuscirebbe mai a fare
In effetti la banalità dello script, su quello che dovrebbe essere il pezzo forte del film (suspence, thriller, mio Dio sono in trappola, ma ne uscirò in modi sorprendenti date le mie superiori doti da psicopatico ad alto funzionamento) fa cadere le braccia…non si pretende né realismo né verisimiglianza, ma almeno che i personaggi non si comportino nei modi più assurdi possibili (a meno di non volere fare la parodia di un thriller). Qui la trappola è talmente piena di falle che la suspence cade subito, non c’è mai la sensazione di pericolo della cattura, e le soluzioni di fuga dello psicopatico sono sceme quanto i travestimenti nella serie vg Hitman – tra i miei vg preferiti di sempre, tutta la saga meno il primissimo del 2000, però lì c’è la parte ludica che lo richiede, qui mi sembra solo pigrizia/mancanza di idee. Per me discreta delusione.
Breve storia triste: al multisala dovevo scegliere tra questo e The Well. Dato che questo puzzava già dal titolo, e spinto anche dai pareri stranamente entusiasti sull’altro, ho dato i miei ricchi 3 euro e 50 a Zampaglione.
Maledetto Shyamalan, mi hai fregato anche se non ho visto il tuo film.
quindi The Well non vale neanche 3,50 €?
Guarda, in tutta onestà: ha i suoi momenti e i suoi lati positivi. Location e atmosfera sono belle, gli effetti speciali sono old school e fatti alla grande. Qualche scena, specie quando andiamo nello splatter puro, è più che buona.
Però c’è tutto il resto, e tutto il resto per me è una roba al limite dell’inqualificabile. Tanto da farmi convincere che molti dei pareri che ho visto / letto su questo film non siano proprio “spontanei”.
Poi se e quando verrà recensito qui se ne parlerà, senza andare troppo OT qui, mi risparmio il rant per quel momento.
Strano non sia stato nominato a paragone
https://m.imdb.com/title/tt0120832/
Per me il personaggio del venditore di merchandise che spiffera tutto ci sta perfettamente: è banalmente un idiota, uno che appunto ragiona con due neuroni e fa l’equazione “mi ha lasciato la maglia = è buono”. Forse perchè ho avuto questo approccio involontario per tutto il film, la tensione non mi è quasi mai calata.
In quel “quasi” purtroppo ci sta l’unica vera assurdità del film: il buon Josh si è trovato di fronte la polizia più imbecille del pianeta.
Però chissà, forse il buon Shyamalan ha voluto mettere alla berlina pure questi numerosi, attrezzatissimi e stupidissimi super poliziotti?
L’idea che mi ha trasmesso la profiler, che era costantemente impegnata a spiegare agli ottusi poliziotti cosa dovessero fare, è quella di una che pensa “ma dove sono capitata” e “a me chi me l’ha fatto fare”.
Per me il film è promosso con buoni voti.
Non ho ancora visto il film e non ho manco letto la recensione e a maggior ragione chiedo: c’è o non c’è lo shamalantwist?
no
Ni
Ce’ un twist finale ma e’ poca roba.
“E intendiamoci, non è un problema di “credibilità” e altri sopravvalutati miti simili: è un problema di puro intrattenimento”.
Io ormai non ci faccio più caso a questa dinamica, l’intrattenimento per me dipende da altro. Il 90% (se non di più) dei film è costellato da personaggi che prendono decisioni o fanno cose che lo spettatore giudica (a torto o a ragione) idiote e stupide, o che – banalmente – rappresentano un pigrissimo pretesto per mandare avanti la trama senza doversi scervellare più di tanto. Shyamalan e Borte sono in buona (e affollata) compagnia.
Almeno Shyamalan spesso lo fa con stile ed è in grado di creare atmosfere suggestive che rendono più spontanea la sospensione della credulità.
Il punto di questo film (e di molti degli ultimi film di Shyamalan) è che manca del tutto il tipico “twist alla Shyamalan” che era una delle caratteristiche più forti delle sue produzioni.
Tra tutti questo Trap è il più telefonato di tutti, è molto poco Shyamalan, prevedibile e troppo ordinario.
Nick Name epico.
Posso capire la questione “credibilità” ma se nello stesso film usi DUE volte il barbatrucco della tipa ubriaca per far andare avanti la storia vuol dire che ti sei impatanato sul concept “facciamo arrestare un serial killer al concerto di mia figlia” e cerchi le soluzioni + pigre possibili per far andare avanti. Carina la cosa della live su IG ma per il resto devi darti dei pugni in testa per sopportare tutti gli escamotage.
PS per Nanni: confermo che mettono le sedie in platea in alcuni concerti, tipo ai 2Cellos al forum di Assago.
A me pure la trappola non convince, cioè sai che il killer è al concerto (per il biglietto? vabbè) ma il piano si riduce ad interrogare 3000 maschi adulti quando se ne andranno? oltre ad un tempo esagerato per farlo, che causerebbe a ragione una sommossa, ma che gli chiedi? come li colleghi al serial killer? bah..
SPOILER
SPOILER
SPOILER
SPOILER
Ci sarebbe da dire che all’inizio si parla di alcune tipologie di ricercato, tra cui uno come il nostro col tatuaggio del nostro, per cui avrebbero anche potuto beccarlo all’uscita sulla base della corrispondenza fisica (lasciando stare che è assurdo l’interrogatorio di 3000 persone, ma lasciamo anche questo margine al regista).
E sul cellulare lui ha del materiale abbastanza compromettente che potrebbe essere sequestrato.
È la mancanza di suspence nella caccia che mi ha abbastanza deluso.
L’idea di mostrare la vicenda dal lato del ricercato era interessante, ma poi tutto procede piatto e con soluzioni banalissime. E visto che si voleva “entrare” nel punto di vista del Mostro, si poteva anche osare qualcosa di più (forse) nel mettere in scena già lì i suoi meccanismi mentali “non standard”. Prima di arrivare alla disclosure (che mi è sembrata anche questa piatta) del finale.
La regia c è, il ritmo anche.. se partite sapendo dei mille buchi di trama (e io avevo letto che era assurdo in tanti punti) ve lo godrete..
Io mi sono divertito sapendo che era tutto scritto male..
Il top penso sia guardarlo a casa con amici e bere uno shottino ad ogni Maccosa!!
Una preghiera: fate una recensione, una diretta o quello che volete su E venne il giorno.
Me lo ricordo come un film davvero scemo, e sarebbe grandioso leggere un vostro commento al riguardo.