Jeremy Saulnier è uno da guardare con sospetto.
Perché è uno che non te la racconta giusta. È uno che te la racconta incompleta.
È uno che non fa mai quello che sembra, o che sai che se fa qualcosa è per farla diversa da come la si è fatta fino a quel momento.
E questo, ovviamente, è bene.
Quando è uscito il trailer di Rebel Ridge, abbiamo tutti fatto come il famoso meme di Leonardo di Caprio seduto sulla poltrona che guarda la tv, sigaretta e lattina in una mano, occhi attenti, busto lievemente piegato in avanti, l’altra mano che indica con decisione lo schermo (ve la descrivo perché mi scoccia mettere l’immagine), piedi sul tavolino, maglione giallo, catenina al collo (vabbè questo non è importante) e abbiamo detto “quello è Rambo!”.
Ci siamo emozionati.
Rambo usciva nel 1982, e ci sentivamo rappresentati: un uomo che veniva arrestato e maltrattato mentre stava semplicemente camminando per strada, soltanto perché dal modo in cui era vestito si capiva che era reduce dal Vietnam. Tutti noi empatizzavamo con il suo trauma come se fossimo stati in Vietnam con lui perché, anche se non ci eravamo davvero stati, nelle nostre poltroncine di una sala in provincia di Modena, era un tipo di oppressione che avevamo tutto sommato colto pressappoco a grandi linee, no? Giusto? Eravamo fortissimamente dalla sua parte. E anche Hollywood, ormai a distanza di sicurezza da Nixon, era dalla sua parte.
Poi arriva il trailer di Rebel Ridge e ci basta vedere Aaron Pierre fermato da un poliziotto interpretato da Emory Cohen (già Burzum in Lords of Chaos, probabilmente non un caso) e sudiamo freddo perché non ci serve nessun dialogo e nessuna spiegazione. Non c’è nessun momento storico particolare da inquadrare per riconoscere la scena di un poliziotto bianco che ferma un ciclista nero senza motivi apparenti. Ci vengono piuttosto i brividi a pensare che esca soltanto adesso Rambo con lo switch etnico, mentre a quei tempi Hollywood diceva “voi al massimo continuate a farvi i vostri Shaft e Super Fly o quel che è per conto vostro”. Immaginatelo nell’82, girato con la stessa rabbia, lo stesso budget, la stessa distribuzione mainstream.
Però ecco, Jeremy Saulnier è bianco ed è anche sveglio il giusto, e non è (solo) questo che vuole fare. Non siamo ai tempi di Hollywood che dice “ma sapete cosa? I soldi non hanno barriere! A Shaft in Africa ci pensiamo noi e lo famo fare a John Guillermin!”.
Rebel Ridge, prima ancora di qualsiasi immagine, inizia con Number of the Beast degli Iron Maiden a tutto volume, che è un ricatto morale irresistibile.
Terry sta andando in bicicletta ascoltando gli Iron Maiden in santa pace, finché non viene speronato. Da una macchina della polizia. Apposta.
Le abbiamo già viste scene simili, e fanno sempre prudere le mani.
Terry però va forte in sangue freddo, diplomazia e pragmatismo. Riesce a non far degenerare la situazione, ma i poliziotti gli sequestrano la quantità sproporzionata di contanti che si stava portando dietro, che gli servivano per andare a pagare la cauzione di suo cugino e comprarsi un camion (come Over the Top!).
Terry è quella fazza incredibile di Aaron Pierre, che qualcuno di voi forse avrà visto nella serie Krypton (qualcuno la guardava, la serie Krypton?), ma che personalmente ricordo con enorme affetto nel ruolo del rapper “Mid-Sized Sedan” in Old di Shyamalan. Originariamente il suo ruolo era stato affidato a John Boyega che aveva persino iniziato le riprese, per poi abbandonare per motivi ufficialmente “di famiglia”: per quel che mi riguarda, anche se le dinamiche sono diverse, non vedevo una sostituzione più azzeccata dai tempi in cui Michael J. Fox rimpiazzò Eric Stoltz in Ritorno al futuro.
Ce la si prende un po’ comoda, all’inizio: Terry segue pazientemente l’iter burocratico, ma è chiaro che ha bisogno di qualcuno che non sia alleato con lo sceriffo (l’ovvio Don Johnson), e trova quel qualcuno nell’impiegata del tribunale Summer (la mitica AnnaSophia Robb di Soul Surfer).
Ma le cose non vanno benissimo, perché lo sceriffo deve tenere il punto, affermare la maggiore autorità e assicurarsi sempre una power move di vantaggio.
E quando si scopre il passato del nostro eroe, la temperatura inizia a salire…
E qui, dopo una prima mezzora tesa e magnetica come pochissime cose recenti, e proprio dopo averti spiegato che il protagonista è un ex-marine, Jeremy Saulnier ti frega.
Terry non è davvero Rambo.
Terry ha ricevuto addestramento militare, ma non è mai stato mandato in battaglia.
Terry mena come un professionista ma, per sua ammissione, non è mai stato in una rissa da strada.
A me ha già fatto ridere fortissimo così: alla facciaccia di tutti gli action a cui siamo abituati, in cui gli eroi hanno visto l’inferno e hanno cicatrici come medaglie, eccone uno che è stato addestrato per situazioni violente ma che finora le ha effettivamente evitate. Non è solo uno che vaneggia su come non bisognerebbe ricorrere alla violenza: lui ci è effettivamente riuscito. Così semplice eppur così spiazzante, se confrontato con una certa malcelata ipocrisia dei luoghi comuni del genere.
Terry è un esperto di de-escalation (“c’è la sua foto su WikiPedia”): se non c’è bisogno, non mena. Se è meglio risolvere le cose in un altro modo, le risolve in un altro modo. Se si tratta di scendere a compromessi e mandare giù un boccone per non fare esplodere una situazione delicata, capisce quali sono le battaglie che non può vincere e lo fa. E in questo, è più zen di Patrick Swayze in Road House: la sua storia lo dimostra. Ma non vuol dire che sia una specie di santo inscalfibile: ha i suoi valori, ha le sue frustrazioni, ha le sue emergenze e ha i suoi limiti che una stazione di polizia corrotta mette ovviamente a dura prova.
Però il film si fonda proprio su questo: su uno che ne subisce di ogni ma che, pur inseguendo caparbiamente la giustizia (la giustizia, non la vendetta), non perde (quasi mai) il controllo. È una sfida aperta al famoso “prepara le barelle” del Colonnello Trautman affrontata a colpi di “ti prometto che non ci saranno morti”, senza però per questo uscire dal campo dell’action. Che ok, tecnicamente è un po’ la promessa di Terminator 2, ma quello era un freddo robot con delle direttive da rispettare: questo è un umano con un torto da raddrizzare, non è altrettanto automatico ed è molto più coinvolgente. I dialoghi di questo film sono micidiali.
Terry mena e mena forte quando c’è da farlo, ma ad essere spettacolarizzato è sempre il suo incredibile carisma, non le coreografie che rimangono nel puro campo del semplice ed efficace. È un nuovo eroe: Rambo e anti-Rambo contemporaneamente. Da una parte – il background militare, il senso di giustizia, lo spirito, la determinazione – il suo migliore erede dall’82; dall’altra – l’esperienza, la lucidità, le priorità, la specializzazione tattica – l’esatto opposto.
Non è perfetto, Rebel Ridge: nella seconda parte a un certo punto si pianta un po’ sulle indagini, approfondisce il background della situazione per non avere semplici cattivi da cartone animato, perde un po’ di ritmo e sembra per un attimo rinunciare alle sue promesse.
Ma è solo un momento: si ripiglia, e non tradisce.
Compone una bella trilogia, con Blue Ruin e Green Room, di storie di violenza viste da un’angolazione fresca: come esercizio per dimostrare che si possono riesaminare certi stereotipi di genere e farne a meno senza compromettere persino una trama classica come questa, è notevole, imperdibile, e una delle cose più esaltanti dell’anno. E ora speriamo che per il prossimo film di Saulnier non servano altri sei/nove anni.
Streaming-quote:
“Peace in our life – Remember the call”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Scusatemi tutti, ma io leggo ” è un esperto di de-escalation (“c’è la sua foto su WikiPedia”):” e non può che venirmi prepotentemente alla mente Giorgio Tirabassi aka Il Giornalista in Buttafuori ❤❤❤
https://m.youtube.com/watch?v=YTzqh3tbACg&pp=ygUUYnV0dGFmdW9yaSB0aXJhYmFzc2k%3D
Visto e piaciuto, ma dall’ultimo film di Saulnier (Hold the Dark, recensito da Xena) sono passati 6 anni, non 9.
Ho sbagliato a contare, ma a essere pignoli quello non se l’era scritto lui.
Però era una figata atomica.
In che senso 6 anni da hold the dark? Amico hai sicuramente sbagliato di grosso, io non sono invecchiato sei anni da quanto, l’altro giorno, ho visto hold the dark che era appena uscito.
AnnaSophia Robb per me era innanzitutto Leslie in “un ponte per Terabithia”.
Bella segnalazione, mi metto il film fra le urgenze.
Un ponte per Terabithia è nella categoria “film girati da cazzo di terroristi”, con l’aggravante che te lo vedi quando hai tipo 6 anni.
E io non sto piangendo per Leslie, tu stai piangendo per Leslie.
Parlando di Saulnier mi sembra che la gente si dimentichi sempre di Hold the Dark, del 2018. Come mai? Io lo ricordo molto bello.
È diverso dagli altri e non l’ha scritto lui
Ed è una figata atomica.
@Bradlice: eri tu che avevi visto le tre stagioni di KINGDOM con Frank Grillo?
Ricordo male o avevi scritto che seconda e terza non erano granché?
A me la seconda è parsa parecchio buona ;)
@Vandal che memoria! Sì le avevo viste tutte, e confermo che le ricordo così: prima bomba, seconda bellina ma con qualche sbavatura, terza inqualificabile. Mi stai facendo venire un dubbio: erano coinvolti attori presenti anche in Rebel Ridge?
No Nessuno.
Però sto finendo l’ultima stagione adesso e ci tenevo a confrontarmi
Capo, se questo è il miglior erede di Rambo dell’ 82 siamo messi male ed è l’ ennesimo sintomo dello stato catatonico del cinema, action compreso, che poi cinema, questo è un dtN….poi si vede ed è godibile ma tra questo Saulnier e quello di Blue Ruin e Green Room c’è una bella differenza, bella grande.
Oddio non è che lo scopo del cinema sia cercare eredi di Rambo.
Veramente l’articolo 11 della Costituzione di Valverde dice esattamente quello.
Eh, è un lascito del vecchio governo, io sono più nazionalista e spingo per cercare eredi di Commando.
Allora bisogna organizzare un referendum per rimettere le cose al posto giusto, io sono per la linea del vecchio governo…
Ma… visto che il nuovo governo è pro Commando, quando uscirà il libro de I 400 Calci su Arnold Schwarzenegger? …il vostro/nostro Marlon Brando, quello che ha portato i muscoli a Hollywood (dopo di lui tutti gli attori hanno dovuto fare palestra! Lo diceva in una intervista il mitico Clint Eastwood…), il primo attore a portare un fumetto Marvel sullo schermo con Conan il Barbaro (al cinema Conan ci è arrivato dal successo dei fumetti Marvel anni 70, che io divoravo…), quello che ha fatto diventare successi enormi i cult Terminator e Predator (forse lo sarebbero stati lo stesso, ma forse senza la sua enorme presenza invece sarebbero stati solo dei B-movie anni 80…). @Nanni Cobretti: so che per voi è un impegno… ma un vostro libro su Arnold è d’obbligo… in realtà me lo aspettavo già come terzo libro de I 400 Calci… altrimenti poi ci tocca comprare altre cose come Pumping Arnold :-), voi scrivete meglio…
O dobbiamo organizzare un referendum:-)?
Grazie in anticipo
Nel libro su Arnold andrebbe inserito anche l’aneddoto del cameo del 2003 in The Rundown, con cui Schwarzenegger ha benedetto Dwayne The Rock Johnson come suo erede :-)
Sembra carino,da vedere se solo avessi Netflix.😅
Anche se i film preferisco vederli al cinema.
Comunque i tempi cambiano ed è normale che un genere subisca modifiche nel tempo, l’importante è che alla fine si abbia un’opera solida. Meglio così che reitarare ab infinitum la stessa formula ma sbiadendola sempre più perché la verve creatrice e provocatrice iniziale è venuta meno.
Piccolo extra, sa volete leggere qualcosa su un personaggio che ha fatto la guerra in Vietnam vi consiglio la splendida mini serie a fumetti della Bonelli: mister no Revolution.
Ma hold the dark aveva dei problemi talmente grossi che noi Saulnieristi non lo consideriamo. Manco era stato scritto da Saulnier.
E infatti era una figata atomica.
Dopo una recensione di Nanni così non posso che vederlo. Prenotato per il weekend, ora non posso sto ri-guardando The Batman a Italia 1…
Confermo tutto, veramente tanta roba, devo assolutamente recuperare il resto di Saulnier.
A proposito di reduci a me e’ tornato in mente quel gioiello di ‘Red White & Blue
A proposito di Netflix, anche Reptile era bello. Alla fine forse (per budget) il noir é il genere che riesce meglio a questa piattaformona. Ricordo un paio di produttini che mi pare fossero Netflix original come Hell or high water e Shimmer Lake che ci stavano tutti.
Reptile veramente un filmone
Reptile lo ricordo però troppo lento (e complesso in senso negativo).
Comunque a Netflix riescono benissimo, sempre per budget, anche la fantascienza e il distopico low budget (appunto lo dice il nome). Ci stanno un paio di chicche tipo ad esempio il tedesco Paradise.
A proposito di Netflix, anche Reptile era bello. Alla fine forse (per budget) il noir é il genere che riesce meglio a questa piattaformona. Ricordo un paio di produttini che mi pare fossero Netflix original come Hell or high water e Shimmer Lake che ci stavano tutti.
Anche a me sono piaciuti parecchio Reptile e Hell or high water, uno è un noir e l’altro un western mascherato ma entrambi hanno un tono crepuscolare e totalmente disilluso che ho molto apprezzato. Poi ci si aggiungono attori, regia e sceneggiatura per dare solidità al tutto.
@Nanni grazie per il suggerimento, mi ispira parecchio questo film dopo aver letto la recensione.
Devo dire che le premesse suonano interessanti.
Inoltre apprendo solo adesso che abbiano fatto una serie sul nonno di Superman!!!
Mi merito un McMap per aver scoperto solo adesso Saulnier.
Bombette accese e belle cariche, non stavo così in tensione dal giorno della mia laurea (non sono laureato)
Filmone, io continuo a guardarmi in loop il confronto nel parcheggio tra Pierre e Johnson, magistrale.
sulla carta un operazione del genere che porta avanti il classico messaggio di resilienza civile ma al contempo ironizza sui luoghi comuni del revenge movie si sarebbe potuto tradurre, in mancanza di estro e fantasia, nel classico film parodia di grana grossa a cui siamo abbondantemente abituati. Invece, di comico in Black Ridge non c’è proprio niente o meglio qualcosa c’è, ma è limitato, scusate la parolaccia, al solo aspetto metacinematografico. Cerco di spiegarmi con due esempi e senza spoilerare: la scena dei fumogeni è una palese parodia di certe scene dei film d’azione nel suo essere assurdamente antirealistica, a me ha fatto piegare dal ridere. Non mi ha fatto per niente ridere invece il trattamento riservato al classico rapporto tra il buono e l'”ovvio” cattivo, perchè assolutamente credibile e quindi tristemente reale. Non c’è niente di manniano nel rapporto tra i due e val la pena notare come Saulnier decida, dopo aver creato una tensione pazzesca, di depotenziarlo. Il contesto socioeconomico in cui il film è ambientato mi sembra già di per sè una dichiarazione d’intenti. Adesso recupero Green Room e Blue Ruin.
Cioè, hanno fatto un film su di me senza chiedere e hanno dato la parte a un nero (Nanni, mi va BENISSIMO: sai che sparo cazzate)?
Devo assolutamente vederlo!
Mah, forse mi avevate gasato troppo, e poi sono finito come il meme di Di Caprio ma senza il dito puntato allo schermo, rassicurandomi “ora arriva”, “ora arriva”. Però non lo so se poi è arrivato.
Mi è molto piaciuto il come (la bici, la tenda, le interazioni, la non semplificazione dell’azione, l’eroismo più morale che muscolare, la tensione) abbastanza il cosa (la trappola della legge corrotta, l’impotenza, la rabbia, l’ingiustizia), poco il perché (le procedure, le motivazioni, la rivelazione dei 90 giorni!).
E poi gli manca un colore nel titolo, quindi per me:
Green Room > Blue Ruin > Rebel (Red) Ridge.
Però alla fine consiglio.
Ehi ma c’è dell’ hell or high water in questo rebel ridge…quindi bello, bravi tutti .
Praticamente un brutto romanzo di Lee Child, addirittura più noioso dei già noiosissimi precedenti, ambientato in un mondo parallelo dove Jack Reacher è nero e usa (male) l’arte marziale cinematograficamente meno incisiva.
Ma davvero vi fate bastare così poco?
Però pare che ne parlino bene in tanti https://movieplayer.it/articoli/rebel-rigde-recensione-film-cast-trama-netflix_33479/
Anzi da quanto leggo pare che piaccia a tutti, a critica e pubblico https://www.gqitalia.it/article/rebel-ridge-film-action-netflix-ricorda-reacher-tyler-rake
E questo è molto, molto grave.
(Cit.)
Ci sarà una differenza fra film buono discreto chiamalo come vuoi e quella roba che hai scritto te per darti un tono…
Va bene tutto ma paragonarlo a Reacher e Tyler Rake vuol dire aver capito un po’ il contrario di quello che si è visto, che roba mi linkate mannaggia la maledizione…
@Mereghetti
Ce l’hai con me Mareghetti?
Dici a me?
@Nanni
La formula è innegabilmente quella di Reacher, dopodiché è altrettanto innegabile che la roba linkata “nun se po’ legge”…
Direi di sì ma non è un problema…opinione moltissimo opinabile a sto giro diciamo.
Dimmi cosa non ti piace: accogliero’ le tue parole con gratitudine e le userò per migliorarmi.
Vandal, grazie al cazzo che non ti piace se ti aspetti Reacher, qua monta una premessa simile ma il gioco del film sta nel gestirla con stile ben diverso (che, tra parentesi, passo tutta la mia recensione a descrivere).
Grazie a Te, Nanni.
Non mi aspettavo Reacher, che manco mi piace, ma neanche un film piatto, dal minutaggio eccessivoe, privo di tensione, coreografato male e interpretato da gente senza un briciolo dicarisma in cui neppure all’ovvio Don Johnson viene concesso esprinere qualcosa di appena interessante.
Ho letto la tua recensione; come sempre l’ho capita, e come sempre ho commentato schiettamente: se lo scopo era la decostruzione dell’action, cioè farsi accorciare il cazzo perché troppo lungo, allora Saulnier ha realizzato il suo obbiettivo.
Personalmente è roba che non min interessa.
Aspetto ancora la recensione di Rumble Trough the Dark.
Che non piaccia amen degustibus…non è un capolavoro ma neanche la ciofeca che descrivi…però con Reacher appunto non c’entra una mazza per mille motivi..che poi neanche quello era sto gran film allora
Grazie del riscontro (avevo detto che sono un esperto di de-escalation? C’e’ la mia foto su wikipedia) Intendevo la formula Reacher nei romanzi di Lee Child (sono stato specifico), e in qualche misura la serie tv (soprattutto la prima stagione).
I motivi per cui non mi è piaciuto li ho elencati nella risposta a Nanni.
Il link di GQ non era per riportare il paragone con Reacher ma perchè riportava dati in cui il film era piaciuto molto in generale a critica e pubblico… scusami @Nanni… so che sono la pecora nera e dei vostri lettori :-)
Vai tra Giancarlo, si scherza
Visto stasera con i miei figli.
Veramente un film bello, solido e realistico.
Ovviamente non comparabile a Rambo, che è il capolavoro assoluto del cinema d’azione muscolare anni 80.
Fra l’altro come genere a me ricorda più alcuni degli ultimi film di Clint Eastwood che Rambo.
Grazie Nanni comunque della segnalazione, sicuramente non lo avrei visto se non avessi letto questa recensione, i nomi personalmente non mi dicevano nulla…
Visto anche io stasera, casualmente.
Anche io devo dire che non gli avrei dato due lire se non avessi letto la recensione…
Per me bel film, forse non un gran bel film perché nella seconda parte effettivamente si pianta un po’ e perché alcuni dialoghi sono un po’ … mi viene da dire stupidi, ma magari è il doppiaggio che non gli ha fatto bene non so… Anche il finale non mi ha convinto fino in fondo.
Per questo appunto bello ma non bellissimo…. però avercene eh
Ho provato a riguardare alcuni pezzi doppiati e confermo che rientra nella categoria “E’ un altro film” se non lo si guarda in lingua originale
Io l’ho trovato di una pesantezza allucinante.
Un film con un potenziale enorme, ridotto a un pippone allucinante dal minutaggio interminabile.
Un attore azzeccatissimo(per capacità e prestanza fisica) in un ruolo sbagliato.
Poteva venirne fuori una saga alla John Wick, invece di una puntata dei griffin.
Piaciuto molto, forse un po’ troppo lungo ma chissene
Protagonista solido ed affetto per Don Johnson, ma esce fuori il solito film netflix per chi è di bocca buona (e infatti tra i commenti si elogia un altro dtv netflix come reptile).
Assolutamente ridicolo il bisogno di giustificare i poliziotti o metterne uno bravo nel 2024. Sono sorpreso non se ne sia parlato in giro, Boyega ha fatto bene a lasciare.
A parte l’ ovvio, non ci ho capito nulla di tutte le indagini, dei 90 giorni, dei filmatini su microsd, etc. Ho fatto veramente fatica a seguirlo. Non ho manco capito il finale, sul perché tutto ad un tratto compare la Polizia di Stato a scortarli. Boh.
Una tipica cacata netflix dove Saulnier si scorge a malapena… Deludente ai massimi, una macchia su un’ottima filmografia.
Momento altissimo quando dopo aver steso uno dei poliziotti lo mette in posizione di sicurezza per evitare che si soffochi con la lingua
Pierre è strepitoso e azzeccatissimo nel ruolo e mette ansia anche leggendo la lista della spesa. Inoltre aspettavo da tempo un film di revenge americano dove il protagonista non risolve tutto con la violenza. Il problema numero uno è che ho avuto ciò che ho chiesto e semplicemente non funziona. Il film non decolla mai. Sembra sempre il momento in cui il vaso trabocca e invece
SPOILEEEEEEEER
non muore nessuno. CAZZO NON AMMAZZA NESSUNO! NESSUNO! Persino il presidente di nessuno tocchi caino vorrebbe vedere gli sbirri tagliati in due con la motosega. E invece niente.
Il problema numero due è che nel finale cade nel solito nonsense degli action in cui il buono vince e non si sa il perchè. A una certa tutti si arrendono, lui ha delle prove ridicole, nessuno lo ferma, la poliziotta oversize che prima era buona e poi no e poi vallo a capire con chi sta. Insomma, un finale del cazzo. Nel complesso comunque un film godibile.