“Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando.”
Parole forti. Parole forti di un uomo dai capelli molto strani che, nel corso del Ventesimo Secolo, rivoluzionò completamente la fisica con la Teoria della relatività. Eppure, a oltre un secolo dalla loro formulazione, i concetti espressi da Albert Einstein sono ancora difficili da capire per chi non mastica il linguaggio della scienza.
Benvenuti (o bentornati?) a i400Quark, io sono il vostro host George Rohmer e sono qui per svelarvi che, oggi, nel mese di settembre 2024, ho finalmente trovato il veicolo perfetto per divulgare questi concetti in maniera chiara, succinta, alla portata di tutti: Mind Body Spirit.
Perché vedete, credo non esista altro termine di paragone più efficace del cinema per spiegare il concetto della relatività del tempo; tutto sta in quella frasetta che vi sarà sicuramente capitato di pronunciare, ogni tanto, all’uscita dalla sala: “Oh, è bello lungo, ma mi è volato” (That’s what she said). Ironicamente mi è successo di recente con Oppenheimer, un film di tre ore sulla creazione della bomba atomica in cui una scena che include Oppenheimer e Einstein è l’equivalente degli Avengers (in effetti c’è anche Robert Downey Jr.) per quel nerdaccione vestito di tweed di Christopher Nolan, a sua volta l’equivalente cinematografico di quella scena de I Simpson in cui Lisa sogna George Washington e Bart l’apostrofa con “Persino i tuoi sogni sono pizzosi”. Eppure, mi è volato! Un polpettone di tre ore costruito con un tale senso del ritmo da non annoiare mai.
Arriviamo quindi al film di oggi: Mind Body Spirit è l’esordio alla regia di Alex Henes e Matthew Merenda (not related), finora autori di corti. Si tratta di un horror, e più nello specifico si tratta di un found footage. Ancora più nello specifico potremmo dire che è un post found footage, in quanto la macchina da presa è presente anche quando dovrebbe essere spenta e viene “pilotata” dall’entità mala di turno che, quindi, fa le veci di un regista vero e proprio, permettendo a Henes e Merenda (d’ora in poi, H&M) di fondere con una certa libertà i momenti da found footage canonico (in cui la macchina da presa è diegetica, oppure la protagonista parla alla madre in videochiamata) con la finzione standard. Un po’ come The Office, che citavo indirettamente prima: sai che è impossibile che la macchina da presa stia riprendendo quelle cose, eppure sospendi l’incredulità e ti lasci trasportare.
Mind Body Spirit racconta di Anya (Sarah J. Bartholomew, decisamente la cosa migliore del film), una ragazza che si è trasferita a vivere nella casa lasciatale in eredità da una nonna con cui non ha avuto mai alcun contatto, per volontà di una madre che aveva rotto con lei. Anya vorrebbe diventare una personalità dei video-tutorial di meditazione, ma poi scopre per puro caso una stanza segreta in casa, un altrettanto segreto libro redatto da sua nonna esplicitamente per lei, e questo la porterà giù per la tana del Bianconiglio, alla scoperta di un’eredità famigliare ingombrante che forse sarebbe stato meglio non rivangare.
Più di questo non voglio dirvi, ma credo che, se avete visto un po’ di horror a tema segreti di famiglia/nonne inquietanti, avrete già capito dove H&M andranno a parare. E sì, è tutto banalissimo, già visto, telefonato: al di là della buona idea di messa in scena ibrida, ai due non viene in mente nient’altro per riempire la pur sobria durata. E qui torniamo al concetto della relatività spiegata col cinema: Mind Body Spirit dura 85 minuti. Un’ora e 25! Non dovrebbe obbiettivamente avere il tempo di stufare, e invece ci riesce alla grande, e dopo soli 20 minuti!
Non ho visto i corti di H&M, magari avevano anche delle buone idee, ma se hai una singola buona idea un corto lo fai con grande facilità, un lungo no. Qui, H&M si giocano tutte le trovate di messa in scena (già di per sé non irresistibili, eh?) nel primo quarto d’ora; dopo venti minuti non è ancora successo un cazzo, ma ti dici: sarà il classico horror a ebollizione lenta, no? Dopo mezzora stiamo ancora agli stessi due/tre gimmick visivi – la macchina da presa che si gira da sola di 360°, la rotella del caricamento che interrompe le scene sul più bello, le pubblicità che interrompono la narrazione (a volte) senza motivo apparente – e all’estenuante ripetizione delle stesse due/tre situazioni. Alla faccia dell’ebollizione lenta: qui non succede proprio un cazzo di nulla di interessante, e quando finalmente i nostri due nuovi migliori amici riescono a infilare una sequenza buona è ormai troppo tardi. Mind Body Spirit si spegne infine nell’anonimato delle soluzioni narrative già viste miliardi di volte, e in un finale aperto che pure io, che generalmente sono molto stupido e non riesco a prevedere nulla, ho visto arrivare da un chilometro di distanza.
Capiamoci, io non è che i found footage me li vada a cercare, ma non sono nemmeno avverso a priori al formato. Secondo me riesce ancora a dire qualcosa di interessante, quando dietro c’è gente con tante idee e la voglia di spaccare. Penso solo a Deadstream e al recentissimo Late Night with the Devil: l’idea figa di base c’è, ma entrambi si ricordano di doverci costruire anche un film intorno, con trovate costanti, ribaltamenti, sorprese, tensione. La tensione! Ecco un’altra cosa che a Mind Body Spirit manca completamente, complice anche il fatto che, ormai, alle vecchie che fanno brutto nel cinema horror siamo abituati, se mi mostri l’ennesima senza trovare qualcosa di interessante o sorprendente da farle fare hai già perso in partenza.
Forse sono persino troppo buono nel dire che almeno H&M hanno avuto una buona idea, quella della messa in scena ibrida. Forse si tratta solamente di indecisione su che strada intraprendere e scarsa cura per i dettagli. Ad esempio: come dicevo, il flusso della storia viene interrotto di quando in quando da delle pubblicità. In un paio di casi servono a introdurre un personaggio che poi apparirà nella storia, e ci posso stare. Ma, esattamente, cosa stanno ricostruendo qui, H&M? Il passaggio televisivo di un documentario ricavato dal girato di Anya? Mi sembra uno scenario fin troppo specifico, il che mi porta a pensare che, semplicemente, i due non avevano le idee chiarissime e hanno buttato dentro tutto quello che passava loro per la testa. Ed era comunque troppo poco per raggiungere gli 85 minuti di durata.
Passaggio televisivo quote:
“Mi sono annoiato meno con un film di Lav Diaz”
George Rohmer, i400Calci.com
per un breve, magico momento ho sperato fosse un mockumentary su Jenna Marooney (o almeno un film Lifetime sui pericoli del backdoor bragging)
*lacrima*
Grande attrice comica forse sottovalutata.
Oggigiorno pare sia d’obbligo trovare un nome cool per ogni cacata, signora mia!
Curioso come il mockumentary comico post The Office è andato sempre più fregandosene della credibilità delle riprese:
• nella versione UK tutto sommato il tutto era quasi accettabile (anche perché durava solo due stagioni)
• la versione US chiaramente da un certo punto fa finta di dimenticarsene (salvo provare a mettere qualche risibile pezza nell’ultima stagione) (la sottotrama del cameraman che ci prova con Pam io guarda lasciamo perdere)
• E poi si sbraca definitivamente con Modern Family, in cui le riprese sono del tutto ingiustificate e incompatibili con la privacy di minorenni in una casa privata (si potrebbe argomentare che almeno le interviste sono nella testa dei personaggi se non che spesso comprendono più personaggi insieme)
Succede quando all’ inizio pensi sia un ‘idea figa, poi a metà strada ti accorgi che ti sei legato le mani da solo.
Oggigiorno pare sia d’obbligo trovare un nome cool per ogni cacata, signora mia!
gli unici H&M che vale la pena di ascoltare/guardare:
https://www.youtube.com/watch?v=YPDw7UQCgfw&list=RDEMs7jcscSJDVExR-OdVK5m_w&start_radio=1
Ok, lo skippo come la morte. 85 minuti risparmiati che useró per tagliarmi le unghie dei piedi. Nel frattempo ho scoperto su Netflix un film di menare koreano dove il protagonista si fa chiamare Diarrea,.E quando Diarrea ti colpisce…
Tag-line già pronta: “Dio ti prego, non qui, non adesso! E invece qui, adesso!”
Sembra un ottimo spunto per una rubrica.