Succubus è un film destinato in partenza al cestone del Mediaworld, quello dei DVD a 4 euro e 99. Noi spettatori consumati lo vediamo da distante: lo possiamo intuire dalla locandina, dal titolo, dal cast, da tutto. Al momento su IMDb si porta a casa un ottimo 4,5 su ben 572 recensioni. Ma anche di questo non ci stupiamo, tutto normale. Perché Succubus è quello che dovremmo definire come un film davvero di nicchia. Per chi è pensato? Qual è il suo pubblico? Ve lo dico subito: siamo noi. Recensire film come Succubus è il nostro fottuto lavoro, quello per cui siamo paga… ah, no, scusa. Quello per cui siamo nati!
Succubus è un film che si iscrive alla ormai sconfinata lista dei film girati nel di dentro dei computers. Open Windows, Unfriended, Searching, eccetera eccetera. Un sottogenere che forse è stata interessante per 20 minuti ormai una decina di anni fa. Ma adesso? È ancora una trovata che può giustificare la visione di un film intero? No, direi di no. Anche perché poi lo sappiamo come va a finire, no? Si parte con le migliori intenzioni, “ah, guarda, adesso faccio tutto nel di dentro dello schermo, eh? Non ne sbaglio una!”, ma poi a un certo punto non sai come fare a giustificare un’inquadratura, una scena che per forza di cose è ambientata all’esterno, e allora si decide che è arrivato il momento di buttare tutto in vacca. Un po’ come quelli che vogliono fare tutto il loro film in piano sequenza ma poi non ce la fanno, barano con dei tagli evidenti, per poi continuare come se nulla fosse, fischiettando disinvolti. Vabbè, ma te la perdoniamo Succubus: non sei il primo e non sarai manco l’ultimo a scegliere di mettersi nei casini da solo.
Succubus però è anche un film che potremmo tranquillamente ascrivere alla cultura incel. Non proprio la cosa più cool del momento, eh? Anzi, rilancio: un film incel e anche luddista. Un film in cui – poi vi spiego meglio – Fregna (qui intesa come parte per il tutto) = Male e Tecnologia = Male. Per concludere questa lusinghiera presentazione, Succubus è anche un film in cui sai già in partenza che gli unici due nomi spendibili nel cast, Rosanna Arquette e Ron Perlman, si faranno vedere all’inizio (al 99% solo su Facetime) per poi togliere il disturbo e andare a incassare l’immagino modesto cachet.
Riassumendo: Succubus è un film da cestone del Mediaworld, 4.5 di voto, gimmick ormai logora e abusata (e pure tradita), tecnofobo, incel, con un cast di has been lì in prestito. Ve l’ho venduto? Spero di sì, perché Succubus non è da buttare via.
Vi spiego perché: racconta la storia di Chris, un giovine uomo in crisi. Egli ha appena perso il lavoro. Lo ha fatto nel momento sbagliato, visto che ha appena comprato casa per andare a vivere con la sua compagna. Compagna con la quale ha appena messo al mondo un figlio! Compagna però che lo ha appena mollato! Per cui adesso il bambino se lo deve puppare tutto lui, mentre lei è fuori con le sue amiche a tentare di distrarsi, che è ancora giovane e bella e può rifarsi una vita felice, distante da quel fallito maledetto che le sue amiche frivole non hanno mai tollerato. Chris invece è a casa preso male, a chiacchierare su Facetime con un suo amico palestrato e scemo, anche lui da poco tornato single ed evidentemente in fissa male per la fregna. Apro una parentesi: ma voi lo usate Facetime? A me già gira il cazzo quando mi suona il telefono, in generale, se poi è una videochiamata è praticamente scontato che non ti rispondo e poi per paura che mi richiami butto il telefono. Ma che è, ma che vuoi, non siamo più in lockdown che a te ti mancano gli abbracci e quindi mi vuoi vedere in faccia mentre mi racconto i cazzi tuoi. Vabbè. Dicevo…
Mentre Chris è un omino buono (indossa degli occhialini tondi come solo gli uomini buoni e sensibili), l’amico, Eddie, è proprio il rappresentate massimo della mascolinità tossica: grande, grosso, ciula e maschilista. E con tutto il potere del patriarcato (e della sua canotta arrogante) convince il nostro Chris a iscriversi a una specie di Tinder. “Vez, ho capito che ti sei appena lasciato con la madre di tuo figlio, ma quella è una stronza, come tutte le donne! Tu hai il diritto di sfogarti, Chris! Il diritto! E là fuori è pieno di figa!”. Lui non vorrebbe iscriversi a questa specie di Tinder – è troppo presto, è ancora innamorato, non sta bene – ma alla fine cede. Cosa mai potrà accadere? Forse alla fine ha ragione il suo amico scemo in canottiera: non c’è nulla di male a cercare un po’ di svago, anche solo per una botta e via. E infatti, tempo un paio di match, Chris cadrà vittima del Demonio (sotto forma di fregna).
Parliamo di fregna, dunque. La ragazza con cui matcha Chris, Adra, è interpretata dalla me fino ad oggi sconosciuta Rachel Cook. Ora, come fare a spiegare Rachel Cook a voi che magari non l’avete mai vista? Rachel Cook è l’incarnazione perfetta di un ideale estetico femminile che non esiste, se non nella mente arrapata di noi maschi. Rachel Cook è quello che Bo Burnham intende quando canta That Funny Feeling: qualcosa di sottilmente sbagliato che viene però comunemente accettato dalla società in cui viviamo e che anzi, in questo caso, lo eleva a irraggiungibile canone estetico.
Rachel Cook è la rappresentante di una razza aliena che vive sul pianeta Instagram. Il corrispettivo delle donne nude dei calendari dei vecchi barbieri, aggiornate però all’epoca delle influencer che fanno unboxing di intimo in una villa affittata a Bali e ripresa da dei droni, un sacco di droni. È una versione pimpata di, boh, Carmen Electra alla fine degli anni Novanta. Hai voglia a pensare di essere uno da Charlotte Gainsbourg, toh, al limite da Rebecca Hall… Poi vedi Rachel Cook e ti si blocca la vena che porta sangue al cervello. Pensi a quanto c’aveva visto lungo ragione Roland Barthes quando diceva che nello striptease il desiderio è indirettamente proporzionale ai capi di cui la donna si libera. Che questa, la donna, mostrandosi nuda viene paradossalmente desessualizata. Poi vedi Rachel Cook e pensi solo a tette. Così, come pensiero unico, neanche interamente formulato o contestualizzato: tette.
In questo senso la scelta di Rachel Cook nel film è perfetta. Certo, come dicevo è facile vedere Succubus come film incel, ma mi sembra di poter dire che l’immaginario erotico che Rachel Cook incarna, sia davvero demoniaco. Per tutto quello che ho tentato di spiegare qui sopra. Perché le ragazze come Rachel Cook, come gli igloo, non esistono. O meglio, esistono ma solo per creare nelle nostre menti un modello di bellezza irraggiungibile e per farci sbavare doomscrollando in preda alla nostra dissociazione mentale, ahahahah, guarda, un video di un cane buffo, tette, p4lest1na, tette, ricetta pazza, cane simpa, tette, eccetera, ad libitum. Mi sembra intelligente anche la scelta di far insistere Chris affinché lei gli mostri gli occhi. Mentre lei è lì, online, con quella spallina dell’intimo che non si fa come faccia a non cadere e a rivelare finalmente le tanto agognate tette, lui la vuole guardare negli occhi. Attraverso uno schermo. Che a un certo punto del film, incredulo, si troverà a baciare con desiderio. Un po’, chiedo scusa, come James Woods con lo schermo del televisore di Videodrome.
Ve l’ho detto. Si potrebbe salutare Succubus come film tecnofobo, colpevole per altro di dire cose già dette meglio da altri (se lo sapesse David che per parlare di Succubus, 4 e 99 da Mediaworld, ho scomodato un capolavoro di 41 anni fa…), ma sarebbe una semplificazione ingenerosa. Il regista e sceneggiatore R.J. Daniel Hanna dimostra di aver intuito quanto sia profondo quell’abisso, di quanta desolazione ci sia dietro a quell’estetica e quanto questa sia in realtà mostruosa. La cosa interessante è come sceglie di farcelo vedere.
Come vi dicevo, la trovata è di ambientare il film tutti su degli schermi: il computer, il telefono, la nanny cam nella camera del figlio (Premio Miglior Scena Imbarazzo del Decennio), il simil Tinder, Facetime, Messanger, eccetera eccetera. Ma a un certo punto il Diavolo, Adra, Rachel Cook, riesce a fregare Chris e lo trasporta in un’altra dimensione. Da qui in avanti Succubus prende inaspettatamente un’altra piega e tira fuori un immaginario fatto di effetti speciali prostetici, mostri, maschere, trucchi, sovraimpressioni secondo me molto fantasiose e funzionali. La stanza in cui finisce Chris mi ha ricordato il limbo di Insidious, il mostro con cui si accoppia Eddie (e che, amici, gli strapperà il cazzo!) sembra arrivare dalle cose più matte di Steven Kostanski, Rachel Cook travestita da fauno è a un passo dal cinema sperimentale. Davvero, a un certo punto si abbraccia la matteria e si tira fuori una voglia di fare cinema, se posso, coraggiosa. Che per i film nati per finire nel cestone del Mediaworld è forse il complimento più bello.
Chiudo con un’ultima riflessione. Succubus è un film che ha il coraggio di far vedere non uno, bensì due – 2 – cazzi. Uno è quello già citato, strappato da una vagina mostro dentata che arriva direttamente da Society, e l’altro è invece una bella protesi (lo spero, anche perché altrimenti dobbiamo chiamare Fassbender e dirgli di andare a nascondersi, lui col suo cazzetto). E a me i film che fanno vedere i cazzi mi fanno simpatia. Soprattutto in un film in cui sarebbe stato lecito vedere delle gnocche nude. No, qui alla fine si frustra lo spettatore che ha pagato il biglietto per vedere quella sulla locandina nuda (la si intravedrà, ma mai come promesso) e per punizione gli si fa pure vedere due cazzi. Insomma, ottimo.
DVD-quote:
“Le grandi soddisfazioni dei cestoni del Mediaworld”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
Comunque foto della Cook nuda se ne trovano a bizzeffe su Google, lo dico per quelli che vogliono rifarsi gli occhi dopo questi due cazzi messi lì a tradimento
Mediaworld mi pare abbia tolto i cestoni
Esatto, ma non solo, ha proprio disinfestato dai DVD. In quello della mia città non c’é più un solo singolo DVD in tutto lo sterminio di spazio che posseggono.
Certo, “Cestone del Mediaworld” rimane come categoria e come luogo dell’anima, come Coney Island.
Luogo dell’anima come la discoteca
Ogni volta che devi cacare al Mediaworld c’è una storia dietro.
Stavo per andarmene a “incel” ma ho cambiato idea a “cazzo strappato”.
Cioè, strappano un cazzo vero per poi farcene vedere uno finto?
Cosa non si fa per amore del cinema!
P.S.
Perché, il cazzo di Fassbender non è nella norma?
George Clooney disse di lui che “potrebbe giocare a golf con le mani dietro la schiena”…
Lo so, millantavo una concezione di “normalità ” che non posso permettermi.
Questa cosa dei cazzi nei film ammerregani sta diventando quasi una norma. Mostrano con meno problemi un cazzo che una tetta o il sangue per esempio.
Ricordo ancora che quello che si (intra)vede in Sideways mi sorprese tantissimo, e sì che era lì unicamente per l’effetto grottesco/comico.
Comunque anche Alessandro Borghi in Supersex c’ha fatto un figurone, eh? (Giusto per difendere i cazzi tricolore)
Ecco mentre leggevo per l’appunto mi chiedevo se questo cazzo strappato, insomma, alla fine, si vede, ma dovevo aver fiducia e arrivare in fondo alla rece. Eoh sono un tipo semplice, mi dici cazzo strappato e io subito trà, lo voglio vedere (poi un giorno che non è la mia pausa pranzo di oggi parleremo di questa orribile fissa di mettere i cazzi finti agli attori, che chi preferisce le donne ha il full plate – e le attrici non hanno scappatoie – e chi preferisce gli uomini deve approcciarsi ai cazzi da film come a Rick Baker con la perenne incertezza di cosa sta vedendo e senza sapere se l’attore ha affrontato la sfida
Ecco mentre leggevo per l’appunto mi chiedevo se questo cazzo strappato, insomma, alla fine, si vede, ma dovevo aver fiducia e arrivare in fondo alla rece. Eoh sono un tipo semplice, mi dici cazzo strappato e io subito trà, lo voglio vedere (poi un giorno che non è la mia pausa pranzo di oggi parleremo di questa orribile fissa di mettere i cazzi finti agli attori, che chi preferisce le donne ha il full plate – e le attrici non hanno scappatoie – e chi preferisce gli uomini deve approcciarsi ai cazzi da film come a Rick Baker con la perenne incertezza di cosa sta vedendo e senza sapere se l’attore ha affrontato la sfida)
Be’, sticazzi
Ottima risposta di Schrödinger
Dio esiste. E quando ci si mette lavora pure bene.
Ma sono rifatte male Casano’, sembrano due palloncini
esiste tutta un subcultura – parolone – sui succubi, l’ho letta su alcuni manga non proprio raccomandabili
ne é nata una estetica erotica che va molto forte su OnlyFans e piattaforme analoghe.
il solito doppio standard americano contemporaneo, i cazzi vanno bene ma le fighe no