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Sembra horror, ma non è: Hold Your Breath

George Rohmer
di George Rohmer | 23/10/20248

Karrie Crouse e William Joines sono due signori nessuno che, fino all’altro ieri, non avevo mai sentito nominare. Hanno fatto dei corti insieme e Crouse, qui anche sceneggiatrice, ha scritto episodi di Westworld, ma, a parte questo, non avevano finora lasciato il segno in maniera importante. Eppure eccoci qua, a parlare del loro esordio al lungometraggio, Hold Your Breath, che sembra presagire una carriera bella illustre per i due. Sigla!

Ogni tanto è bello trovarsi di fronte a una sorpresa, e Hold Your Breath per quanto mi riguarda lo è stato. L’ho avvicinato con lo scetticismo che si riserva ai film che finiscono direttamente in piattaforma, ma anche col filo di speranza che si riserva agli horror Hulu/Disney+, considerando i risultati di Barbarian, Fresh e, in misura minore, Prey. Ora possiamo aggiungere anche Hold Your Breath alla lista.

Partiamo innanzitutto dall’ambientazione, che in un horror è sempre cruciale: Crouse e Joines tirano fuori dal cilindro uno degli angoli più bui e angoscianti della storia americana del secolo scorso, il famigerato Dust Bowl, gli anni, che vanno dal 1931 al 1939, durante i quali le grandi pianure del Nord America furono colpite da devastanti tempeste di polvere causate da un’agricoltura scriteriata. È roba che ha citato anche Christopher Nolan in Interstellar e che sta alla base di Furore di John Steinbeck, un fenomeno di cambiamento climatico causato dall’uomo (ma non si è detto che non esistevano?) che a sua volta causò migrazioni in massa delle popolazioni di Texas, Kansas, Colorado, New Mexico e Oklahoma, che poi è dove si ambienta il film.

La realtà a volte è peggio.

Al centro di Hold Your Breath troviamo l’ormai solidissima garanzia di nome Sarah Paulson, una madre che sta cercando di tenere duro mentre cresce due figlie in una fattoria sperduta nell’Oklahoma rurale del 1933, con un marito lontano per lavoro e la costante maledizione della polvere che si infiltra ovunque. Una vicina/parente ha già sbroccato e per Margaret Bellum (cognomen omen) le cose si stanno facendo dure: qualche anno fa ha perso una figlia, e questo le ha comportato un disturbo del sonno che l’ha portata a un sonnambulismo dai risolti inquietanti. E ora, mentre in paese si chiacchiera di un vagabondo assassino che potrebbe o potrebbe non aver fatto irruzione in una casa per poi sterminare un’intera famiglia, paranoia, stanchezza, disperazione e lutto sembrano lì lì per far impazzire anche lei. L’arrivo di un guaritore sospetto (il sempre ottimo Ebon Moss-Bachrach), che sostiene di conoscere il marito di Margaret, e una storia per bambini che racconta del famigerato Grey Man, un’entità mala che si aggira nell’aria e, se ti entra dentro, ti fa fare cose brutte, fanno il resto.

Ho parlato di horror, ma non so se Hold Your Breath possa definirsi davvero tale, dato che sin dall’inizio denuncia la propria intenzione di scombinare le carte e mescolare i piani della realtà e del sogno. È talmente ambiguo, riguardo la natura sovrannaturale del Grey Man, da fare tutto il giro e non esserlo più: non siamo di fronte, come ad esempio in Shining, a un film che usa il Male sovrannaturale come metafora del male che si cela dentro di noi. No, qui il male è da subito quello che cova nei nostri animi e a cui a volte assegnamo caratteri esterni, sovrannaturali, per spiegarlo e inquadrarlo, giustificando noi stessi.

#FAMILIA

Eppure, per quanto sia di fatto un thriller psicologico, Hold Your Breath è girato come un horror moderno, con la stessa cura per il sound design e le atmosfere evocate da un certo modo di girare, inquadrare, fotografare le scene. È un’idea semplice ma bella e, soprattutto, per una volta dimostra che Crouse e Joines non guardano il genere dall’alto in basso, non se ne sentono limitati e non hanno intenzione di lasciarselo alle spalle per parlare di altro, ma parlano di altro usando in maniera accorta ed entusiasta tutte le armi a loro disposizione.

Perché, sì, Hold Your Breath parla di altro: mette la sua protagonista in una situazione estrema per tirarne fuori i lati peggiori, quelli che nella normalità sarebbero presenti ma più sottintesi. Il film ha in comune con molti horror moderni uno sguardo molto cupo sulla famiglia, intriso di psicanalisi. Il tema portante è l’inadeguatezza dei genitori, o per meglio dire il fatto che i genitori, visti dai figli come saggi e infallibili, siano invece semplicemente delle persone come le altre, imperfette, fallibili. Le cause dei nostri problemi e traumi, ci dicono Crouse e Joines, spesso non sono esterne, ma provengono proprio dalla nostra famiglia. Un concetto che i due scelgono di raccontare nel modo migliore, gestendo alla perfezione l’escalation di follia che porta a un twist narrativo finale molto interessante e coerente con tutto il discorso.

Cousin!

L’altra mossa furba è quella di circondarsi delle fazze giuste: a parte i già citati Sarah Paulson (anche produttrice esecutiva, ormai ci ha preso gusto con questa storia dell’horror) ed Ebon Moss-Bachrach, mi sento di citare Amiah Miller e Alona Jane Robbins, che interpretano le figlie di Margaret e sono davvero bravissime, ma sicuramente anche dirette molto bene.

Insomma, un bell’esordio, che mi rende molto curioso di vedere dove andranno a parare Karrie Crouse e William Joines nei prossimi anni.

Disney+ non si può plus condividere mortacci vostra quote:

“Continua questa cosa assurda per cui su Disney+ ci sono thriller/horror belli”
George Rohmer, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer

Dove guardare Hold Your Breath
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George Rohmer
Autore del post: George Rohmer
"Ne me quitte Bub"
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tags: Alona Jane Robbins Amiah Miller Annaleigh Ashford cousin disney plus dust bowl ebon moss-bachrach furore hold your breath hulu Interstellar Karrie Crouse la famiglia è un po' una merda sarah paulson the bear William Joines

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8 Commenti

  1. VandalSavage 23/10/2024 | 14:46

    Bella recensione, che nonostante io aborra Sarah Paulson mi ha fatto venir voglia di guardare il film.
    La sviolinata (pur sincera) mi serviva a veicolare l’Off Topic di oggi, e sono certo ne valga la pena.
    Qualcuno ricorda RIFLESSI IN UNO SPECCHIO SCURO (1972) di Sidney Lumet, con Sean Connery?
    Mi aveva sconvolto che ero piccino, e avendolo rivisto ieri capisco perché.
    Mi piacerebbe sapere cosa se ne pensa QUA.

    Rispondi
    • Redux 23/10/2024 | 17:58

      Non posso dire la mia, perché non l’ho visto.
      Posso, però, segnarmelo per provvedere alla mia ignoranza

    • Lestofante 24/10/2024 | 09:38

      Riflessi ecc… semplicemente filmone con un Connery assolutamente inedito diretto dal mitico Lumet di cui vale la pena riscoprire la filmografia a ritroso giusto per iniziare subito con “onora il padre e la madre” che lasci sbaccaliti e l’incredibile Prova a incastrarmi con un Vin Diesel per una delle rarissime volte fuori da un’automobile.

  2. Ubik 23/10/2024 | 20:17

    Ma perché non ricordo NULLA di Interstellar? Ogni volta che citate qualcosa del film, non mi suona nessun campanello in testa.

    Ricordo solo che uno muore male per un’onda anomala che non ha senso di esistere e che c’è uno scaffale di libri importante.
    È tutto quello che m’è rimasto.

    E si che Nolan mi garba assai.

    Mah.

    Rispondi
  3. Jesus strikes back 24/10/2024 | 11:59

    Scusate faccio un attimo il cagacazzo, segnalo un “sonnambulismo dai risolti inquietanti” che immagino sia un “sonnambulismo dai risvolti inquietanti” e un “potrebbe o potrebbe non aver fatto irruzione” che più o meno si capisce ma credo renda di più come “potrebbe o non potrebbe aver fatto irruzione” o forse ancora meglio “potrebbe o no aver fatto irruzione”

    Rispondi
    • VandalSavage 24/10/2024 | 12:17

      Checcazzo Jesus, va bene che tu sei infallibile, ma abbiamo notato tutti sti strafalcioni.
      Chi te lo fa fare di segnalarli?
      Chettefrega?
      Quasi nessuno nasce imparato e(d) evidentemente George non lo naCque.

    • Jesus strikes back 24/10/2024 | 14:13

      Ma niente, magari aveva voglia di correggere, tutto qua.
      Comunque ti perdono figliolo.

  4. Bradlice Cooper 28/10/2024 | 13:28

    Visto, ma non è che mi sia piaciuto tanto. Ben fatto, ma racconta una storia davvero banalotta e già vista, a partire da The Others. Mi ricorda molto un film di qualche anno fa molto migliore di questo, The Wind, di Emma Tammi.

    Rispondi

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