Elisabeth Sparkle, guru dell’aerobica in televisione, sta ricevendo la sua stella sullo Hollywood Boulevard. Attenzione: gli operai la posizionano, la contornano, la puliscono… ma resta una macchiolina. Un minuscolo, indelebile difetto che prefigura e predetermina la caduta di Elisabeth.
1. QUANT’È BELLA GIOVINEZZA, CHE SI FUGGE TUTTAVIA
Elisabeth è la stupenda Demi Moore, 62 anni di carne strepitosa che ha vissuto a fondo la propria bellezza e la maternità, occhi di bragia che ti si fissano addosso e ti trapassano. Ma Elisabeth si macchia di un crimine imperdonabile: compiere 50 anni. (“Che esagerazione!”, direte; ma non troppo tempo fa, l’egualmente stupenda Isabella Rossellini è stata licenziata da Lancôme per aver compiuto 40 anni, quindi zitti.) Da quel momento, da quel compleanno fatale, il suo show deve scomparire dal palinsesto e preferibilmente deve scomparire anche lei; il suo capo, un grandissimo e disgustosissimo Dennis Quaid, la tratta come una merda da marciapiede mentre sgranocchia gamberi sbausciando a bocca aperta, perché a lui è permesso; i colleghi le recapitano un meraviglioso mazzo di rose rosse con la dedica “You were wonderful”.
Elisabeth non ci sta dentro (e non scelgo questa espressione a caso) e appena le capita l’occasione, sotto forma di un misterioso contatto fattole scivolare in tasca da un ambiguo quanto bellissimo infermiere, ci si butta a pesce: senza fare un minimo di ricerca, senza farsi consigliare da un’amica (perché Elisabeth, come mostra chiaramente il film, non ha amici), scorge l’opportunità di creare un proprio doppio/golem/famiglio/avatar/sim/alias più giovane e “migliore”, e la coglie al volo. Migliore per chi? Per lei? Per l’orrendo Dennis Quaid e il suo manipolo di marpioni impotenti, gongolanti, deficienti? Per il mondo esterno, per il mondo a parte della televisione? Un po’ per tutti costoro; quello che interessa a Elisabeth non è invecchiare con dignità o cercare lavoro in un ambiente meno intransigente e ingiusto: vuole solo continuare ad essere accettata nel mondo di stronzi in cui ha prosperato fino allora, come se le andasse ancora bene, come se niente altro non esistesse, come se la sua vita fosse tutto lì – e forse lo è davvero. Povera Elisabeth.
Naturalmente andrà tutto a rotoli perché la “sostanza” che le permette di sdoppiarsi fisicamente non ha nessun potere sul più naturale dei sentimenti: la gelosia. Elisabeth è la matrice, Sue (Margaret Qualley, perfetta da molti punti di vista) è la sua copia, ma sono comunque due donne diverse con due cervelli e personalità diversi e che cominciano fin da subito a odiarsi; entrambe vivono (nel caso di Sue, letteralmente) solo per la bellezza e il successo, l’una non può fare a meno dell’altra, non può uccidere l’altra – ma una è debole e l’altra, prevedibilmente, ne approfitta, scatenando una catena di vicendevoli vendette fino a un’apoteosi anarchica, caotica e mostruosa, fra Yuzna e Cronenberg. Come aveva notato la mia collega Xena Rowlands, a Coralie Fargeat interessa fare un cinema di corpi, soprattutto femminili e soprattutto di culi (quello di Qualley è spettacolare) e di tanto sangue: ci sono anche qui. The Substance è un film massimalista, esagerato, per niente plausibile; se vi chiedete “Dov’è andata a comprare quel trapano?”, non è il film per voi. La vostra Cicciolina, spietata sezionatrice di sceneggiature alla continua ricerca di elementi che non tengono, qui ha avuto il buonsenso di lasciar perdere e godersi la storia.
2. CHI VUOL ESSER LIETO SIA, DEL DOMAN NON V’È CERTEZZA
A qualcuno farà storcere il naso (intendo quelli che non vomitano e non svengono), ma The Substance è anche un film spudoratamente edonista. Intendiamoci, non è un film stupido: però è un film che non spara giudizi facili e non si fa tentare da geremiadi moraliste. Né Elisabeth né Sue abbracciano l’empatia o la bellezza interiore, non gliene frega niente di scoprire cosa giace oltre l’orizzonte della loro pura esistenza; coraggiosamente, Coralie Fargeat sceglie di non incollare con lo sputo un ‘messaggio’ al suo film o di farlo diventare uno degli ipocriti inni al femminismo all’acqua di rose che fan lagrimare gli occhietti al giovine pubblico di oggigiorno. Elisabeth è disperata e sola, ma anche discretamente scema; Sue è una stronza approfittatrice. I maschi, per non sbagliare, fanno tutti schifo al cazzo; è vero che non c’è la vendetta finale, è vero che nessuno di loro riceve le legnate sui denti che si meriterebbe, ma The Substance non è una parabola di donna-offesa-che-si-ribella-e-vince: in questo momento storico, e soprattutto dopo Revenge, sarebbe la mossa più prevedibile che Fargeat potrebbe fare. Ma anche se i maschi non muoiono (c’è solo un benissimo assestato “Fuck Off!”), non preoccupatevi che fanno davvero schifo al cazzo. Persino gli uomini che vanno a letto con Sue e sembrano volerle, come dire, “bene”, a un certo punto si rendono conto che c’è qualcosa di strano, ma mica indagano: scappano e basta.
Va tutto a rotoli, dicevo; ciò accade perché, ahimè, del doman davvero non v’è certezza, e proprio questo è l’errore di Sue, che non vuole saperne di non avere un domani prestabilito e fa di tutto per prolungare un oggi che non le appartiene. L’oggi, in teoria, appartiene alla sua matrice Elisabeth, ma non sa cosa farsene; quando, una sera, si prepara per l’appuntamento con l’imbranato Dan (il quale non solo è socialmente inetto, ma come tutti gli altri riesce a vedere in Elisabeth soltanto l’aspetto fisico), ti viene da urlarle “Ma esci, cazzo! Sei bellissima!” e se uscisse, tutti i suoi problemi svanirebbero. Ma Elisabeth non riesce a uscire dal suo autoisolamento, dal bellissimo e freddissimo appartamento in cui si è sepolta, da un sentiero predeterminato e che pare escludere qualsiasi forma di volontà individuale. Ciò che conta infatti non è l’individuo ma lo sguardo dell’Altro, non necessariamente maschile. Siamo dalle parti di The Neon Demon, che postulava la bellezza come Assoluto da ammirare, non come arma di seduzione di un uomo.
Cosi’ come la Bella, anche il Mostro è tale solo quando viene riconosciuto e nominato/denunciato: è sempre il giudizio altrui a decidere chi è cosa. L’apoteosi non cambia niente, lo schifo viene eliminato e ripulito, ogni sforzo è vano e il mondo di stronzi continua come se niente fosse; rispetto a Revenge, Fargeat ha decisamente sterzato verso il pessimismo sociale. Concludo con la domanda di rito: è un film femminista? Non lo so e non mi interessa. È un film che ha tante cose da dire? Sì, e mi interessa. Le dice bene? Benissimo – e con tanto, tanto sangue. Andatelo a vedere al cinema e se possibile sedetevi vicino allo schermo, non ve ne pentirete.
DVD-quote:
“La grande bellezza”
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
Che cazzo!
(Stavolta) scrivi come una Dea.
“Che cazzo” l’ha scritto Dennis Quaid.
Rece dolcestilnovistica! Troppa grazia, in tutti i sensi, qui e sullo schermo.
Sulla plausibilità, già Revenge è stata una sfida non indifferente. Ma dobbiamo imparare a non fregarcene. Non vedo l’ora di vederlo
Praticamente il ritratto di Dorian Gray che invecchia a mo’ di Tetsuo…
Consiglio di accompagnarlo ad una cena di pollo e patate
Anche salsicce o comunque qualcosa tipico della cucina francese.
Incredibile che ti sia piaciuto dopo la stroncatura dell’ultimo film di Emerald Fennel. Comunque ci stà. Il film è una bomba che mette in discussione società e massimi sistemi, oltre a questo spero che ai Regaz e giovani in genere oltre che meno giovani arrivi il messaggio. Ovvero non inseguite bellezza e successo effimeri, siate voi stessi, siate AUTENTICI e forse dico forse vivrete meglio in questa società di merda, tutto il resto sono chiacchiere!
Facile per te che sei nato BRUTTO!
Hai dimenticato di dire che il nuoto è uno sport completo
Filmone e rece ancora meglio.
Sul fatto che siano due donne diverse non lo so, la mia idea e’ che Sue sia Elisabeth alla sua eta’ e che, inevitabilmente, finiscano per ammazarsi (se trovassi in strada il me 16enne probabilmente gli tirerei un pugno).
Dennis Quaid e’ pazzesco nel ruolo di Harvey ASSOLUTAMENTE NON WEINSTEIN DI COSA STATE PARLANDO.
Weinstein??? Non c’è nessuna allusione che vorrebbe portarsela a letto sotto promessa/ricatto. Il personaggio è del tutto infantile
@Provolone: anche se levi i ricatti sessuali Weinstein era così, era la barzelletta del produttore grezzone e maleducato che rovinava carriere a umore. Poi certo, potresti dire che anche altri erano come lui in questi aspetti, ma lui era il più famoso.
Però che cazzo di film faceva uscire la Miramax….
A me è piaciuto molto. Un ritratto di Dorian Gray – Dottor Jekyll in salsa e ciccia a là Carpenter.
Se proprio dovessi dirne male, cosa che non vorrei fare ma transeat, il minutaggio è forse un po’ troppo sfibrante: le idee buone non sono poche, diverse anche geniali, e se fossero state condensate in un’oretta emmezza avrei goduto di più. Invece intorno alla sua metà il film si ripete un po’ troppo. Carinissime le citazioni (La Cosa, Carrie) e confortante che il film possa tradursi benissimo in un cult che verrà ricitato a sua volta perché appunto sotto la panza c’è sostanza (aha!)
I culi mi hanno quasi nauseato e ciò è bene.
Consiglio questa spassosa intervista di Fallon a Margaret Qualley, dove lei parla di “anno difficile” per la sua famiglia, considerando i suoi ultimi film…
https://www.youtube.com/watch?v=KjxjIM7LIDo&ab_channel=TheTonightShowStarringJimmyFallon
LOL grazie della segnalazione, fa piuttosto ridere
Bellissima dvd quote
Cicciolina Number one
Qualley l’hanno riempita di protesi ovunque, era troppo secca
https://people.com/margaret-qualley-given-prosthetic-boobs-the-substance-8713170
sì, non ha ne tette ne culo, si vedeva bene in OUATIH, in compenso é davvero una attrice coi controcazzi.
SPOILER ALERT
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Ho apprezzato moltissimo i richiami a film come Society e Basket Case nel finale. Fatti veramente come si deve
La tetta che cade l’ho trovata un tocco di umorismo nero fantastico.
Lo tenevo in considerazione ma ho sentito pareri diffusi sul fatto che a metà film decade parecchio.
Bene, dopo la rece fottesega, me lo guardo appena possibile.
Horror di (e con) turbofregne approvato da Cicciolina… che te lo dico a fare?
Non vedo l’ora di scassarmelo.
Visto.
Contro 1: di base è una (buona) idea per un corto di 15-20 min. stiracchiata col minimo sindacale dell’impegno nella sceneggiatura per diventare un lungo.
Contro 2: è uno di quei film ultrafemministi dove i maschi non sono personaggi sfaccettati (come i manualini di sceneggiatura dicono che dovrebbero essere tutti i personaggi, pure quelli col pene), ma solo macchiette monodimensionali di crudeltà e idiozia.
Pro: ci sono molto splatter e molte nudini, quindi delle (molte) pecche di sceneggiatura ma che ce frega ma che ce importa, come direbbe il poeta.
NESSUN personaggio è sfaccettato. Neanche le protagoniste. È una fiaba che inscena volutamente archetipi grotteschi.
Consiglio a darkskywriter il corto della stessa Fargeat, Reality+, che sta su Mubi. Molto bello e si vede che alcune idee di The Substance vengono da lì anche se poi il corto prende un’altra strada
Non tutti i racconti devono avere personaggi sfaccettati o non tutti devono esserlo. I personaggi devono essere funzionali al racconto che si vuole fare non devono essere né un trattato di psicologia né una semifinale rappresentazione della media delle persone. Ma è sempre stato così, fin dai tempo dei racconti mitologici con dei ed eroi che incarnavano archetipi. Poi un base al racconto ci sta un personaggio complesso, stratificato, ambiguo e con lati positivi e altri negativi ma non è sempre ciò che serve.
Infatti la mia critica è che le fiabe vanno bene per i bambini, mentre nei film per adulti preferisco vedere personaggi con un minimo di spessore anziché marionette. Poi ok, non è che tutto può avere lo stesso livello di scrittura dei migliori episodi di Black Mirror, ma qua – come sceneggiatura – è proprio wannabe Black Mirror senza avvicinarsi neanche ai peggiori, eh. Così l’esilità della trama, per quanto le attrici siano brave e gli effetti visivi eccellenti, un po’ la soffri. Un bel po’, a dire il vero.
Il film non l’ho visto quindi fatico a dare un giudizio di merito, ma ripeto parlando in generale non sempre serve avere personaggi sfaccettati e la profondità della trama non è strettamente collegata ad essi . Un archetipo può essere utile per un racconto anche per adulti non solo per fiabe per bambini con la principessa bella e stupida da salvare e l’eroe bello e buono e mediamente altrettanto stupido e che va a limonare ragazze in stato di morte apparente. Dipende sempre dal tipo di racconto che si vuole fare e da come lo si costruisce perché magari si vuole parlare di una specifica caratteristica e talvolta è utile anche portarla al parossismo.
L’idea di base però è fantascienza (un farmaco), mica fantasy (vampiri, zombi, fatine, gnomi…).
Quindi l’argomentazione “ehi raga ma è una fiaba, anzi una fiaba femminista quindi le critiche – soprattutto da parte di uomini – verranno classificate tutte automaticamente come violenza patriarcale gnegnegne” in realtà nasconde un ben più prosaico “ho voluto fare un film di fantascienza senza saperla scrivere”.
Contando che di sceneggiatori bravi nel genere in giro ce ne sono, quindi bastava avere l’umiltà di assoldarne uno/a.
Scusami ma sulla base di cosa se c’è un farmaco invece che uno gnomo non può essere una fiaba? Chiamala come preferisci – parabola? allegoria? Andrea? – ma che metta volutamente in scena soltanto archetipi unilateralmente semplici e grotteschi è chiaro e coerente dall’inizio alla fine.
SPOILER
Il punto esatto in cui il film va in vacca è quando Demi Moore capisce che la sua versione più giovane la sta usando come un ritratto di Dorian Gray umano, e invece di interrompere la scissione decide di andare avanti (cioè di suicidarsi consapevolmente nel modo più orribile possibile).
Ma perché? Dato che non condivide la memoria con l’altra, non c’è ASSOLUTAMENTE NESSUN MOTIVO PLAUSIBILE per cui prendere una scelta simile.
Lì mi sono incazzato perché fino a quel momento, malgrado i personaggini monodimensionali, almeno a livello di trama la regista ti stava illudendo di avere la storia sotto controllo: il procedimento medico era ben dettagliato, il background dell’attrice al tramonto realistico, le prime azioni del suo doppio più giovane plausibili.
Da lì in poi invece diventa tutto insensato e quindi noioso, perché a quel punto qualsiasi cosa potesse accadere non rispettava più nessuna credibilità rispetto alle premesse narrative.
Ora, quando assisto a cialtronate del genere a me non frega nulla del sesso del/la regista: come autore sei un/a incapace e stop, senza tirare in ballo altri discorsi tranne quello che c’è nel film. Altri discorsi che però quando il film fa il metaforone femminista, guarda caso, invece vengono sempre tirati in ballo come scudo della cialtroneria e per elogiare un’opera per meriti che non ha.
Questa ripeto, secondo me, alcuni li ha: gli effetti visivi, l’art direction, le interpretazioni. Ma la sceneggiatura è un disastro senza appello.
@Darkskywriter: è una parabola (o un Andrea, come preferisci) in cui il punto è calcare su un messaggio semplice a livelli volutamente disturbanti, insistiti e grotteschi. Se ti fai distrarre da un dettaglio di “plausibilità” (sinceramente arbitrario, se chiedi a me, altro che assolutismi coi caps lock) significa solo che non hai colto l’obiettivo del film. Non è che ti voglio costringere a fartelo piacere se non ti piace questo tipo di roba, ci mancherebbe, però ti lamenti di una svolta che non ha senso che accada perché non è quello il gioco che il film vuole fare. Poteva dire la stessa cosa in un corto di sette minuti, e invece la dice in un lungo di due ore e 20 portato fino agli eccessi più impensabili. È quello lo sport.
Ma il film ha davvero un obiettivo, inteso come qualcosa, una qualsiasi cosa, “di interessante” da raccontare? A me sembra che manchi quasi tutto (atmosfera in primis, ma anche l’estetica è banale) a prescindere dalla faciloneria (voluta, diciamo, anche se la scusante è comoda assai per una cattiva scrittura) con cui tutto è stato confezionato – e, ancora una volta, questa sensazione di farlocco e patinato fa certamente parte del piano, ma non necessariamente basta a fare un buon film, sennò Barbie sarebbe un capolavoro. A me è sinceramente è sembrata la rimasticatura astuta (perché strizza l’occhio in modo superficiale a temi di un certo rilievo) di 1000 cose, poi c’è sicuramente di molto peggio in sala, ma fatico a capire certi entusiasmi (ok, de gustibus, altri avranno trovato virtù e contenuti che non ho colto, ci sta).
@Jean-Luc: fiabe e miti hanno (quasi) sempre quel quid in più, che è il messaggio, l’etica, la gnosi, insomma un qualcosa, cui la presentazione dell’archetipo è funzionale, e che si vuole comunicare (non importa il tono) al lettore/auditore/spettatore. Non è tanto che i personaggi siano banali e noiosi, o l’estetica scontata e stravista, è che alla fine il prodotto, qui, non comunica e non lascia niente. Se poi l’intento era quello, per carità, può essere anche interessante come elemento di dibattito, il “film plasticoso volutamente vuoto”: però ho invece impressione che certa critica lo abbia caricato di significati che non ha, o non riesce ad esprimere; ed il film stesso si prende (mi sembra) molto più sul serio di quanto la pochezza narrativa dovrebbe permettere.
Voglio solo avvertire del montaggio criminale nel finale, ho dovuto chiudere gli occhi e tapparmi le orecchie rifugiandomi nella maestria dei rallenty di Carrie. Cmq è un b-movie in veste arty dalla lunghezza spropositata che in 140 min. anziché approfondire quei due spunti interessanti del soggetto decide di fare il giorno della marmotta e virare nel ridicolo spinto.
Passavo per Lisbona e, visto che c’è un multisala a due minuti da dove dormo, potevo non vedermelo? Tra l’altro in lingua originale.
L’unico grande difetto è che si poteva tagliare tranquillamente una mezz’ora e il film avrebbe girato alla grande comunque (i tre personaggi secondari monodimensionali ok che servono per accrescere il ribrezzo verso il sesso maschile, ma sarebbe bastato il terzo in ordine temporale). Per il resto un trio di personaggi principali stellare e un impianto visivo e sonoro praticamente perfetto. Non sarà candidato all’Oscar solo perché c’è Mubi dietro, lo avesse in catalogo A24 sicuro due tre nomination tecniche se le beccherebbe.
C’è questo equivoco per cui anche solo l’atto di mostrare una cosa (il corpo, il sangue, la vecchiaia, il maschilismo) sia di per sé già una riflessione sulla cosa stessa. Invece manco per il cazzo.
Banale, didascalico, noioso.
Come ho scritto su Famiglia Cristiana, è un film sul quale sono abbastanza combattuto, e questo già di per sé è positivo. Come se non vivessi già sufficienti conflitti interni però. Ma si parla di cinema e quindi è anche bello vivere codeste auto-riflessioni, onanismi, pippe, seghe, segoni, smanettarsi. Gli uomini possono squirtare? Non parlo di sperma. Ci rimango così male quando schiaccio per sbaglio una lumaca. Anche tu? Terribile. Mi sento davvero una merda. E comunque sai che non sapevo che Margaret Qualley fosse la figlia di Andie MacDowell? Non si finisce mai di imparare, come diceva sempre Albert Fish quando si infilava gli aghi su per il buco del culo. Dicevo… The Substance di Coralie Fargeat? Sigmund Freud (il cui vero nome era Sigismund Schlomo) in Zeitgemässe über Krieg und Tod (lo scrivo in tedesco per fare il cagacazzo) afferma “Sopportare la vita: questo è pur sempre il primo dovere di ogni vivente. L’illusione perde ogni valore se c’intralcia in questo compito. Ricordiamo il vecchio adagio: si vis pacem, para bellum: se vuoi il mantenimento della pace, sii sempre disposto alla guerra. Sarebbe ora di modificare questo adagio e di dire: si vis vitam, para mortem: se vuoi sopportare la vita, impara ad accettare la morte”. Da qui John Wick 3 – Parabellum ma anche la paura di perdere sé stessi, per sempre. Ben prima il filosofo greco Cratete di Tebe (sì, che nome di merda) ricordato da Erasmo Da Rotterdam negli Adagi scriveva “Se sei giovane, la giovinezza è ondivaga e impetuosa; la candida vecchiaia è privata della sue forze. Dunque cosa rimane, mi chiedo, se non desiderare di non esser mai uscito dal seno materno o, una volta fuori, andarsene, nascondersi nell’oscurità dello Stige?”. L’idea di scomparire in linea di massima ci angoscia, quindi immagina cosa possa significare questo fatto inesorabile per chi del proprio sé ha costruito una carriera lavorativa. Il corpo come bellezza, come simulacro del successo.
Nel tempo l’uomo ha imparato ad accettare questa cosa del dover morire, è un qualcosa con la quale dobbiamo conviverci. Da giovani non ci si pensa molto ma dopo i 40 anni inizi a pensarci sul serio, specie quando un uomo col camice ti infila un paio di dita nel culo, nel suo ambulatorio, con la solita scusa della prostata. Lì, un uomo di 40 anni inizia a realizzare che a breve morirà. E quei meccanismi di difesa cadono. La questione della morte inizia a palesarsi sempre più. Per dire, i mei genitori sono morti prima che io compissi quarant’anni (e mi fa sempre strano sentire ultra sessantenni che parlano dei loro genitori vivi) ma avevo già scoperto la morte, molto prima. È stato durante una estate, quando con un gruppo di amici decidemmo di andare a cercare il cadavere di un ragazzo morto. Non dimenticherò mai quella estate, né i miei amici di allora: Chris Chambers, Teddy Duchamp e Vern Tessio (che anni dopo avrebbe girato la serie tv Il mio amico Ultraman). Tornando a noi, l’antropologo Ernest Becker parlando di questi meccanismi di difesa dal pensiero concreto e inderogabile della prossimità della morte, parla dell’uomo come di eroe tragico. Proprio perché ogni giorno che passa è un giorno in meno da vivere e un passo in avanti verso la fine. Lui definisce l’uomo come un Dio dotato di un ano che produce flatulenze. Ora tu riderai ma ci ha vinto anche il Pulitzer per questo. Ed io lo stimo. Facciamo un bell’applauso all’antropologo Ernest Becker, uno di noi. Secondo Ernest l’uomo per non pensare alla morte e sublimare la vita si sente, anche inconsciamente, immortale fino a credersi invulnerabile. È un naturale meccanismo di difesa, alla pari di creare divinità che ci aspettano una volta morti. Ossia la fantasia finale. Quella che poi sfocia nella religione e nei conflitti che, paradossalmente, ci mettono a rischio di morte ancor prima della dipartita per vecchiaia.
Codesto The Substance ha vinto il premio per miglior sceneggiatura al Festival di Cannes ’24, accolto con 13 minuti di applausi. Tu riesci ad applaudire per 13 minuti? Non credo sia possibile. Penso che uno si ferma e dopo un po’ ricomincia, così fanno tutti ma nell’insieme si arriva a 13 minuti. Io non trombo dal conflitto Ucraina-Russia, febbraio 2022. Secondo te in media quando mi masturbo quanto impiego a venire? Ti assicuro molto meno dei minuti di applausi che The Substance ha ricevuto a Cannes.
Ma veniamo alla ciccia. Okay Society di Yuzna, okay Cronenberg (una mosca viene persino messa a fuoco mentre annega, più palese di così), okay John Carpenter, okay Lynch, il doppelgänger, Il ritratto di Dorian Gray, okay anche Matteo Salvini ma a me questo film ha ricordato tantissimo Kubrick. Come se la regista avesse voluto omaggiarlo citando ed eccitando visivamente Shining e 2001. Il bagno degli uomini come la camera 237 di Shining, il bagno come il bagno di Shining, la moquette, l’inquadratura dal basso mentre un personaggio batte contro la porta, gli occhi che si spalancano e quelle visioni che riprendono lo spazio-tempo vissuto dall’astronauta David, il sangue che ricopre tutto. Insomma, il film mi è parso un lunghissimo omaggio a Kubrick mascherato da body horror. Cosa vi è di male? Nulla.
Non ho avuto modo di leggere le interviste alla regista perché tra il cambiare il pannolino a mia figlia e scendere a prendere da bere giù al negozietto pachistano non vi è tempo di nulla ma immagino abbia detto qualcosa su Kubrick. Ma la cosa di Kubrick mi ha distratto abbastanza durante il film e per questo vorrei rivederlo. Ma se questo film fosse stato girato da un uomo? Mi sono fatto questa domanda e mi sono risposto che mi sarebbe piaciuto molto di meno. Per via dei culi. Ma l’ha girato una donna e quindi posso guardare quei culi senza sentirmi in colpa. Anche per questo sono un grande fan dei porno girati da donne. E sono anche un grande fan di essere il passeggero quando in auto guida una donna. Donne e motori. Da qui Titane di Julia Ducournau che mi aveva convinto assai di più rispetto a questo The Substance. Parlano sì, di cose diverse ma hanno anche alcuni punti in comune. Tipo sono francesi.
Sospendo quindi il mio giudizio su The Substance e dovrai fartene una ragione, in attesa di rivederlo al cinema assieme ai miei amici di quella estate. Ah, Demi Moore? Forse il ruolo della vita. Grandissima.
Però! Senti, senti, abbiamo tra noi un attore comico, il soldato Pollon. Io ammiro la sincerità. Sì, sì, tu mi piaci, vieni a casa e ti faccio scopare mia sorella!
Bergonzoni 2.0
Sei un pazzo fottuto!
Tutta la mia stima.
Letto tutto d’un fiato.
Come dice the Producer Guy:” Wow wow wow wow.
Wow!”.
Superlativo.
Questo è manierismo calcista! Lovvo.
Sono combattuto.
Il film comincia bene, ma a un certo punto, pur inaspettatamente, ci si scopre a rompersi i coglioni.
Più di una volta ho sperato finisse, poi ho pregato. Invece niente: continuava ancora e ancora, bombardandomi infine con immagini di raro schifo, in con un epilogo surreale ovve l’allegoria spinta ha la meglio su una trama che si spappola allegramente contro un muro di tette e culi.
Per coloro a cui frega (presumibilmente nessuno) ho rimesso piede in un cinema a 18 anni dall’ultima volta, trascinato da una donna il cui sedere ha niente da invidiare a quello di Margaret Qualley, verificando, ahime’, che nonostante i prodigi della tecnologia e’ ancora sufficiente un singolo povero stronzo che commenta il film a voce alta per funestare irrimediabilmente l’esperienza.
Ah si, la cosa più figa: la serranda che si solleva solo a metà, giacché per entrare nel tempio del dimonio bisogna per prima cosa chinare la testa…
Per una volta sono in clamoroso disaccordo con Cicciolina… del film per me si salvano solo gli effetti speciali (comprese le tette nuove della Qualley). Per il resto a me è parso una sequela di idee trite e ritrite condite da un moralismo orrendo e da un intento grottesco/body horror che non inquieta MAI e anzi trascende immediatamente nel ridicolo. Incredibile come venga subito scritto col pennarellone che MASCHI = CATTIVI e DONNE = VITTIME, nonostante entrambe le protagoniste abbiano come massima ambizione nella vita mostrare il culo in televisione (la televisione poi… nel 2024) e siano pronte letteralmente ad uccidere se stesse per farlo. Incredibile l’idiozia con cui viene sbrigato il rapporto tra le due, che poteva essere l’aspetto più interessante della storia, e invece si riduce tutto ad un conflitto autodistruttivo, con buona pace della pazientissima voce al telefono che gli dice cento volte che qualunque danno infliggano all’altra è un danno inflitto a se stessa. E lasciamo perdere la plausibilità del tutto… non tanto il siero della clonazione che vabbè, è fantascienza-magia, gliela diamo per buona; ma le incredibili abilità medico/edili delle protagonisti? Non ci sono manco le istruzioni nelle scatole, roba che io avrei mandato tutto a puttane già al primo step. Complimenti.
Mentre vedevo il film ho fatto un rapido conto di quanti ne ricordavo con il tema del doppio o della trasformazione legato al mondo dello spettacolo… Mulholland Drive il più ovvio, Il Cigno Nero, The Neon Demon, Starry Eyes… questo al confronto ne esce con le ossa distrutte, con tutti.
Ah, è assurdo che qualcuno consideri ancora raffinato e ricercato citare Shining, sono quarant’anni che viene saccheggiato.
Pensala come vuoi ma anche gli influencer o chi per loro che oggi vivono con i social (maledetti), darebbero un piede per un quarto d’ora in tv. Non necessariamente in prime time, in tv. Che ha ancora la sua forza e il suo fascino da monolite.
Filmone gustosissimo, da vedere al cinema anche per l’impressionante lavoro sul sonoro. Chi si lamenta dell’implausibilità mi sa che non l’ha proprio capito tantissimo, e dire che la regista ci ha anche evidentemente provato a tenere il discorso abbastanza all’osso e a volume 100 per lasciare spazio al divertimento nella visione.
Ma non c’è molto da capire, anche se vogliamo portarlo sul piano esclusivamente simbolico tralasciando qualunque aspetto materiale della trama (e facendogli quindi un grande favore…) resta comunque di una banalità estrema e di un’altrettanto estrema goffaggine. Ma per me è proprio impossibile passare sopra a certe cose. Il personaggio di Demi Moore, alla quale hanno dovuto addirittura togliere dieci anni nella finzione perché a 61 primavere è ancora di una bellezza sconcertante, con una stella sulla walk of fame, che improvvisamente viene ripudiata da chiunque, non ha un amico, non ha famiglia, non ha un agente, l’unico spasimante è lo sfigatello del liceo, e va in depressione in zero minuti; La sperimentazione di quella che è probabilmente la scoperta scientifica più importante della storia dell’umanità che avviene mediante caccia al tesoro con tanto di setta clandestina che vigila (“È un’ottima candidata!” , ma vaffanculo); il nuovo astro nascente di Hollywood che sparisce una settimana sì e una no e nessuno ha nulla da obiettare; prelievi di midollo spinale fatti con la stessa semplicità di un taglio di unghie; la cazzo di televisione vista come principale mezzo di popolarità nel 2024, dove hanno inventato la clonazione ma non i social network. Ma per favore. Mi sta bene tutto, ma c’è modo e modo di farlo. Questo The Substance sembra scritto da una quattordicenne il cui fidanzatino l’ha mollata per una tredicenne più carina, sarà una visione maschilista sicuramente, ma d’altra parte sono un maschio, e mi ha dato anche abbastanza fastidio vedere trattata la categoria in quel modo tra parentesi, che se domani esce un film a ruoli invertiti lo sceneggiatore lo tritano, altro che Cannes.
E arrivando alla parte tecnica, è effettivamente l’unica cosa salvabile del film. Belli gli effetti speciali, bello il sonoro, buon lavoro sulla colonna sonora, sulla regia avrei invece qualcosa da ridire, perché ero in terza fila e ho passato due ore nel culo di Demi Moore. Che sicuramente è un bel posto per passare due ore, ma insomma. Mi stava piacendo molto, all’inizio, l’insistere sulle rughe, sulle imperfezioni (di una donna praticamente perfetta, ma vabbè), ma dopo due ore e mezza di inquadrature strettissime, esasperanti, comincio a credere che sia più una scusa per non farci vedere che il film si svolge tutto in tre location.
No no, per me è quasi tutto da bocciare. L’ho trovato un film nella migliore delle ipotesi ingenuo, nella peggiore proprio disonesto e paraculo.
Guadagnino, sei tu?
Per i primi 100 minuti, poi Cronenberg.
Però bello, mi è piaciuto !
ovviamente soprassediamo alle incoerenze di sceneggiatura se il film ha il messaggio che ci piace, ma quando lo fanno gli altri con altri film con un messaggio che non ci piace allora non va bene. poi usare impotenti come un insulto…
Ad onore del vero qui di messaggi ce ne sono anche pochini – come ha scritto meglio di me altro utente in questa stessa discussione, mostrare qualcosa non è lo stesso che offrire una riflessione (seria, sarcastica, ironica, quello che si vuole) sul tema. Ho l’impressione che certe lodi di critica derivino un po’ dall’ormone (“Sue” è davvero uno schianto, per quanto plasticosa) e un po’ dal politicamente corretto (si accenna a patriarcato, maschilismo e sessismo, e quindi il film merita).
Grossa delusione, per quel che mi riguarda.
Revenge, nel suo piccolo, gran film…questo, a giudicare da alcuni commenti, dev’essere ancora meglio di quanto suggerisca la recensione.
Visto ieri sera e mi trovo decisamente in disaccordo con la recensione
A parte la lunghezza ingiustificata, il solito modo macchiettistico di descrivere il sesso maschile, le incongruenze (tipo la vecchia che passa dover muovere manualmente il ginocchio, a correre giù per le scale pochi minuti dopo). E’ che manca proprio la sostanza, parafrasando il titolo
Ogni forma di denuncia o riflessione, che siano sullo showbiz, sul maschilismo, l’ossessione per la bellezza o la giovinezza, è trattata in un modo così superficiale e poco incisivo, che tutto quello che rimane impresso di questo film è la continua ricerca del disgustoso, dello scioccante
Peccato perchè il primi 15-20′ erano stati molto interessanti visivamente, ma col passare del tempo diventa sempre più un noioso e ridondante esercizio di stile, e non vedevo l’ora finisse
Io a dire il vero l’ho trovato molto derivativo e banale anche nell’estetica, sulla superficialità del tutto e sulla carenza di sostanza (che sono il problema principale) concordo comunque 200%…
Non il film peggiore dell’anno, ma nemmeno sta gran bomba.
Czz.. regista francese, per di più donna. Visto ieri nonostante io sia fortemente prevenuto verso ile pellicole dei nostri cugini mangialumache. Oh ma c’è Demì Muur nuda! Oh, ma c’è Margherita Qualcosa nuda! Beh dai, la ruffiana regista sapeva che le scene di nudo valgono tutto il film per noi maschietti. Nudo + splatter, cosa vuoi chiedere di più! Voto: dièsci.
Epperò la logica non torna… uno dei pilastri sui quali è costruito il film è “YOU ARE ONE”… ma non è vero! Sono due! Nessuna delle due ha memoria di quello che l’altra fa durante il proprio tempo.
E allora, che cosa ha ha ci guadagnarci Demì Muur!?!?
Esatto, questo della memoria separata è un particolare che fa franare tutto il film come un castello di carte. Nella serie Severance di Apple del 2022 c’è una cosa simile (i personaggi non hanno memoria di ciò che fanno al lavoro in ufficio e viceversa), però lì è tutto giustificato alla perfezione, sia in generale che rispetto alle esperienze individuali.
Qua invece manca proprio una motivazione sensata alla base delle azioni della protagonista. Voglio tornare giovane IO avrebbe senso, ma dato che non solo fisicamente ma anche mentalmente è un’altra persona, IO che cosa ne ricavo?
La trollata suprema è che questo film a Cannes è stato premiato proprio per la sceneggiatura…
e su questo concordo.
però il film é valido ma doveva essere più corto.
La Rossellini l’ho incontrata parecchi anni fa, quand’era ggiovine. Diciamo che in realtà dal vivo è “un tipo”. Senza make-up abbastanza anonima. Bisognava lavorare molto di spatola e pennelli.
Fa parte delle brutte-belle, un po’ come Liza Minnelli, Barbra Streisand, Sarah Jessica Parker, Cara Delevingne, Kyra Sedgwick
Sinceramente la Rossellini di Blue Velvet a me sembra tutt’altro che una bella-brutta, e mai mi sognerei di metterla nella stessa frase con la Streisend o la Minnelli
Io vidi Cara Delevigne due volte durante una sua vacanza a Cancun e mi era sembrata appartenere più alla categoria fighe-fighe, ma poi oh, de gustibus etc.
Ma te hai gli occhi nel c..o
XD
Banalotto sia per sostanza che per estetica, ma si lascia guardare, e poi dopo Terrifier 3 ogni film è almeno decente…
Mia rece letterboxd, sulla falsariga della Dvd quote:
“Non ti disunire, Liz!”
Ha senso tutto quest’hype per un film che non aggiunge nulla al famigerato dibbattito? Perfetto il cast, il montaggio, il sonoro, soprattutto il gioco vivace di citazioni (metafilm?), però cos’ho appena visto? Mi pare un film di denuncia che però è una variazione sul tema. Se vuoi variare, varia, perbacco questo sito e questo recensore si nutrono di b-movies, però un’idea originale c’è? Una? Altrimenti, citazionismo per citazionismo, mi piglio la casa dei 1000 corpi perché i clown cattivi hanno una marcia in più.
PS: l’inquadratura dall’alto su Demi Moore non c’era anche in G.I. Jane?
DVD quote: “La bella è la bestia”
Visto poco fa con la mia compagna: 6 adolescenti sono usciti dopo 10 minuti, io sono tra quelli che ha fatto fatica a non vomitare/svenire, non mi capitava dai tempi del Frankenstein di Kenneth Branagh 🤣
Bomba! Storia folle, finale ancor di piu, regia stilosa e ritmata!
tirato per le lunghe ma non male.
incongruenze si noterebbero meno se fosse più breve perché hai troppo tempo per pensarci.
alla fine se voleva disincentivare dalla chirurgia estetica c’è riuscito.
domanda: on yuzna e cronemberg e harmony korine ma anche molto la morte ti fa bella di zemeckis.
Che bello, un film che riempie gli occhi (di sangue).
è vero che ci sono dei momenti wtf, però non mettono in discussione la plausibilità di quello che viene raccontato.
Mi spiego meglio con un esempio: non si dice mai se questa substance abbia un costo, io però dò per scontato che sia una roba che si paga, e anche tanto, così come non ho bisogno di sapere come faccia la Qualley a saper montare una porta o ricucire una ferita.
Poi è anche vero che la storia non brilla di originalità, però chi se ne fotte, mi mancava un bel film grottesco che fa rivoltare le budella, grazie Fargeat.
porca merda la sezione commenti è un carnaio peggio del film.
linko un articolo uscito sul tascabile di tale alice sagrati sul film, magari a qualcuno interessa.
https://www.iltascabile.com/linguaggi/sangue-finto-in-vendita/
ps: funny fact, io il film l’ho tolto dopo un’oretta perché mi stavo annoiando troppo, e avevo appena finito di vedere the teacher’s lounge.
Gran film, è vero che prende a destra e a manca, ma lo fa da dio. Musiche talmente fighe che volevo alzarmi a ballare ogni 5 minuti. Finale incredibile. E grazie a dio che non c’è la morale spiattellata e le riflessioni, se le vuoi fare, te le fai a casa sul divanino per capire come ha reagito la tua mente a 2 ore di 2 fighe stratosferiche che erano in realtà dei mostri (ma non è necessario per quel che mi riguarda). Se vuoi i compitini già fatti guarda altro.
Mi è piaciuto enormemente fino a quasi la fine, quando purtroppo le mie sinapsi l’hanno collegato inevitabilmente al finale di men di Garland. E li il film è rimasto.peccato.
Finalmente recuperato. Qualcosa non mi ha convinto fino in fondo (forse la durata, non sono un montatore ma avrei asciugato qua e là per compattare un po’), ma come si fa a non voler bene ad un film come questo? Le maestranze, signora mia… 20 persone nei titoli di coda il cui lavoro era creare le minne della Margaret. Altrettante per il culo, un nugolo di professionisti per il progressivo deterioramento della Demi, e poi un listone infinito per lo spoiler finale, veramente bello e mostrato bene.
Ho anche apprezzato la morale principale del film: non importa quanto sia chiara la documentazione e quanto essenziali siano le istruzioni che scrivi in capslock per il tuo prodotto, qualche stronzo le ignorerà e proverà a lamentarsene con l’assistenza clienti. L’azienda che produce La Sostanza, specialmente il povero stronzo che risponde al telefono, è la vera vittima del film.