C’è un certo pregiudizio sulla filmografia da produttore di Sam Raimi e, certo, non ha sempre azzeccato tutto, anche se gli dobbiamo roba come Senza tregua, 30 giorni di buio e Man in the Dark. Poi, oh, bisogna ammettere che non ha mai particolarmente brillato e ha prodotto molta roba generica, per cui è naturale approcciarsi a questo Don’t Move con un certo scetticismo, soprattutto visto che arriva su Netflix. Eppure sono qui a dirvi che è un onesto thriller che sa fare il suo lavoro. Ma prima: sigla!
Iris (Kelsey Asbille, vista in Yellowstone) esce di casa una bella mattina, lasciando il marito a letto e il cellulare in carica, per recarsi in solitaria nel buco di culo di qualche gigantesca foresta americana e visitare il luogo in cui è morto suo figlio, Mateo. Là, per sfiga sua, ad aspettarla c’è “Richard” (Finn Wittrock), uno psicopatico che riesce a convincerla a fidarsi con le sue buone maniere e la sua storia tragica personale, per poi iniettarle un tranquillante che, in una ventina di minuti, la lascerà paralizzata e incapace di parlare. Ma Iris, che solo fino a un attimo prima intendeva suicidarsi, dovrà escogitare un modo per salvarsi dal serial killer.
La premessa è chiara, dritta, semplice: prendere una persona allo stremo, senza più una ragione di vita, e metterla di fronte a un ostacolo che le darà un nuovo motivo per lottare e sopravvivere. Il gimmick del film è forse la cosa più debole: Iris non è solo limitata nei movimenti, è proprio completamente paralizzata. Va da sé che non potrà davvero cavarsela da sola e dovrà contare anche su un po’ di culo e qualche aiuto esterno. Infine, ovviamente, quando la sfida tra lei e Richard arriverà al dunque nel terzo atto, quello sarà il punto in cui gli effetti del tranquillante cominceranno a svanire e lei sarà in grado di fare quello che richiede la sceneggiatura. Un po’ comodo.
Resta che però i registi Brian Netto e Adam Schindler, che vengono dalla serie di Raimi 50 States of Fright, hanno le idee chiare su quello che vogliono raccontare e sono capaci di creare un paio di situazioni abbastanza originali, costruite su un rapporto tra vittima e carnefice che evolve in maniera non banale. C’è ad esempio un bel momento in cui Iris è intrappolata in una casa in fiamme, ed costretta a farsi notare in qualche modo da Richard (ricordiamo che non si può muovere né parlare) per essere salvata, scegliendo dunque tra una morte certa, immediata e atroce e la possibilità di farsi salvare dal suo stesso aguzzino. È un dilemma interessante, in un tipo di film che nella media non si pone nemmeno questi problemi.
Quello di Richard è un personaggio interessante in generale: all’inizio del film, quando incontra per la prima volta Iris, che si sta per buttare da una rupe, lo scambio che ne segue è abbastanza inaspettato. O meglio: sappiamo esattamente dove andrà a parare, ma solo perché sappiamo che siamo di fronte a un thriller con serial killer che bracca una vittima nei boschi. Per come è giocato e sviluppato, potrebbe però tranquillamente essere l’inizio di un melodramma su una donna che sviluppa un’amicizia con un’altra vittima di trauma. Netto e Schindler si assicurano di non scavallare sulla sindrome di Stoccolma, tratteggiando due personaggi sufficientemente complessi e accompagnandoli verso un finale che soddisfa, sfruttando una battuta ricorrente del film per operare un ribaltamento davvero efficace.
Ci riescono anche grazie a due attori ben impiegati: Kelsey Asbille ha degli occhi penetranti, perfetti per un personaggio che dovrà usare solo quelli per comunicare per buona parte del film. Finn Wittrock magari non sarà Anthony Hopkins, ma i suoi lineamenti cesellati si sposano bene con un personaggio che vive una doppia vita, quella del serial killer e dell’uomo di famiglia.
Certo, poi il film è pieno dei classici personaggi scemi, quelli che potrebbero risolvere la cosa in due secondi e invece si fanno abbindolare, oppure reagiscono troppo lentamente e vengono fregati. Ma c’è anche da dire che la storia è piena di serial killer che se la sono cavata in situazioni assurde, semplicemente perché davvero bravi a simulare empatia. Resta che in un paio di momenti vi ritroverete a urlare allo schermo “Ma che cazzo fai, non vedi che quello è matto? SPARA!!”.
Non siamo comunque qui per vedere una storia realistica, specialmente considerando che si tratta di un thriller high concept, dove è ovvio che debbano succedere una serie di robe che richiedono la sospensione dell’incredulità. L’importante è trovare qualcosa da dire, o dei personaggi ben costruiti, che ci aiutino nel sospenderla, e Don’t Move, contro ogni previsione e pregiudizio, ce la fa piuttosto bene.
Continuiamo a pagare Netflix quote:
“Quando ‘Dal produttore Sam Raimi’ non suona come una minaccia.”
George Rohmer, i400Calci.com
Sì, dai, è onesto e non mi ha fatto rimpiangere il tempo impiegato. Degno componente del filone in cui il protagonista non può fare qualcosa, insieme a quello dove non si può parlare, quello dove non si può acoltare, quello dove non si può guardare, quello dove non si può toccare e quello dove non si può stare fermi. Aspettiamo quello dove non si può annusare. O l’hanno già fatto?
L’ultimo è una storia da rehab.
Quindi il primo produttore che si prende i diritti di L’Uomo che Scambiò sua Moglie per un Cappello ha trovato una miniera d’oro.
Eh sì.
Don’t breathe era bellino…sempre grande Stephen Lang
Don’t breathe nello specifico non l’ho visto, ma il suddetto Filone in realtà imho offre spunti molto interessanti, almeno sulla carta. In quest’epoca in cui tutto è virtualmente permesso, la limitazione di un aspetto fisico/meccanico importante della vita, pena la morte, può bastare a scatenare l’orrore. Infatti a me quello dove non si può parlare (anche nei sequel) è piaciuto parecchio. Poi, sì, dipende.
Mah!
SPOILER
Niente menzione speciale per il vecchio-giunto-a-fine-corsa-che-però-ti-fa-ancora-il-culo?
FINE SPOILER
Garba assai a George Rohmer + Sì pirata facile in HD + Amico cashone con l’home cinema + birra fredda + non passare 3 ore di dibattito del cazzo a decidere che film guardare = grazie <3
@Gigos mi hai fatto immaginare una lunga serie di film spettacolari. E sto continuando a immaginarne! Grazie <3
Che film di merda. Mamma mia.