Sono arrabbiato con l’India quindi voglio iniziare dicendo una cosa controversa che potrebbe causare problemi diplomatici e infiammare gli animi. Vado.
Porca vacca.
Porca puttana vacca bovina balorda.
Porca mucca maledetta giovenca grulla.
Perché ogni volta che il Vishnu Nanni Cobretti emette sentenza cinematografica, come è cosa buona e giusta e fonte di sensatezza io seguo il consiglio e poi magari ringrazio girando l’8 per mille alla chiesa di Val Verde. Ne consegue che qualche tempo fa ho scoperto e amato – anche carnalmente (nei miei sogni più bagnati) – quel manzo irreale da competizione di Vidyut Jammwal. E scoprire e amare Vidyut Jammwal, specialmente con i primi due Commando, è come vedere per la prima volta Giannis Antetokounmpo coprire un campo da basket in sette falcate raccontando male barzellette brutte: la mia parte razionale è tuttora consapevole che tecnicamente faccio parte della stessa specie; i sensi vacillano e mettono in dubbio la realtà scientifica.
Il Mettetevi in pari con del Grande capo risale al 2021 e ci faceva scoprire un esperimento genetico andato benissimo che è anche un attore artista marziale già consolidato in India e (ancora) pronto a diventare il prossimo fenomeno globale. A quella retrospettiva va aggiunto il tumido Sanak uscito quello stesso anno, che faceva l’action pornografico di quelli che hai solo voglia di saltare la trama e passare direttamente all’idraulico che si fa pagare in natura. Ma il livello era ancora notevole, e l’irreale esuberanza atletica di Jammwal veniva magnificata nel giusto contesto cinematografico. Niente di trascendentale, ma la sua presenza dava un tocco di alieno e interessante a qualsiasi produzione. Poi la parabola di Vidyut comincia a rallentare e a stagnare. In tre anni fa il sequel poco memorabile (Khuda Haafiz: Chapter 2 – Agni Pariksha) di uno straight-to-video non indimenticabile (Khuda Haafiz), e una roba di dirottamenti aerei tratta da una storia vera (IB71) che più che altro è una menata di geopolitica anni 70 tra separatisti del Kashmir e dichiarazioni di Tashkent. Nel 2024 è il turno di Crakk – venduto come il primo film d’azione indiano sugli sport estremi – che avremmo tanto voluto fosse il film dell’esplosione ubiqua di Vidyut, il suo RRR, e invece peggiora ulteriormente il trend negativo oltretutto schiantandosi male al botteghino, senza contare che ha un titolo deficiente e un sottotitolo ancora più scemo con tanto di punto esclamativo (Jeetegaa Toh Jiyegaa!). Avanti con la sigla! allora, scontata ma necessaria per lenire le sofferenze.
Crakk è una sbrodolata lunga due ore e mezza, in cui gli sport estremi promessi dal marketing sono un concetto piuttosto fantasioso. Ed è una sbrodolata diretta ma soprattutto sceneggiata da un sedicenne idiota, di quelli che prendono a testate il pugnometro delle giostre per fare colpo sulle squinzie. O, circostanza più probabile, l’ha realizzato un adulto cognitivamente funzionale che ha voluto/dovuto fare un film appositamente per i giovani pur avendo la stessa comprensione del target di riferimento che ha Steve Buscemi in 30 Rock. L’adulto in questione è il guercio di nome Aditya Datt che aveva già diretto Jammwal in Commando 3, ovvero il film più scarso della serie nonché – ça va sans dire in hindi si dice bina kahen chala gaya – il miglior incasso della stessa. La combinazione peggiore per far convincere uno che fino a 10 anni fa dirigeva commedie romantiche di essere in grado non solo di stare dietro la macchina da presa, ma anche di sceneggiare un film d’azione come si deve.
Non è il caso.
Dunque oggi sono venuto qui per masticare carrube e convincere Vidyut Jammwal a cambiare agente prima che sia troppo tardi e il suo metabolismo commetta suicidio per il troppo lavoro. Solo che non è stagione di carrube, quella va tra agosto e settembre, per cui è il caso di concentrarsi su Crakk, un film che è proprio un peccato nonostante Vidyut si esibisca in un paio di mosse che comunque ti chiedi se la gravità funzioni davvero uguale per tutti.
Siddhu ha trentadue cazzo di anni e oggettivamente comincia ad averci una certa età per fare il regazzino perdigiorno, che piuttosto di lavorare va aggiro con gli amichetti della baraccopoli a filmarsi mentre fa parkour e intanto l’anziano babbo baffuto porta avanti la baracca guadagnandosi da vivere onestamente con il sudore della schiena spaccata. Ma Siddhu è bello come il sole e ha un hindi-mullet così fluente che blocca sul nascere ogni rimostranza di buonsenso. Puoi solo ammirare quella perfetta cofana di capelli, ondeggiante sopra un paio di basette disegnate con il goniometro su una mascella cesellata da una virile minzione millenaria di Varuna, custode delle anime annegate nel suo stesso piscio mentre scolpiva nella tolla la faccia di questo bambacione che si definisce uno Sportsman e che nella vita ha un unico sogno: riuscire a partecipare al Maidaan.
Il Maidaan è una faccenda interessante. È un campionato di sport estremi con partecipazione a invito e ricchi premi, e viene definito come l’evento sportivo più seguito al mondo nonostante sia esplicitamente progettato per far morire male la gente. Vorrei potervi dire che è una grande critica velata al voyeurismo che avvelena i nostri tempi, ma in realtà è solo un film scritto con i piedi.
Siddhu ha quel sogno qui e vive con il cervello spento sia perché il suo personaggio trentaduenne è scritto come un adolescente rincoglionito, ma anche perché altrimenti gli torna in mente il fratello con cui faceva quelle cose tutte estreme qui e che è morto durante la finale del Maidaan di quattro anni prima. Un torneo che, per rassicurare gli amici a casa che speravano in qualcosa di intelligente, è organizzato da un cattivo che nel tempo libero fa il modello di intimo tecnico per atletici calistenici, e che sul lavoro va in giro in salopette a petto nudo comportandosi da matto e uccidendo coreograficamente i voltagabbana dicendo cose tipo: “A dio non servono motivi per uccidere. A me ne basta uno. Il tradimento”.
Non è un vero film di azione, splosioni, ‘nseguimenti e (s)paratorie se non ci azzeccassero anche le forse dell’ordine. Qua ben rappresentate da una sbirra con il labbro superiore da influencer di lucidalabbra, la polacca fluente in hindi Patricia Novak, che indaga su questo torneo clandestino adorato dai regaz che vogliono l’adrenalina e il numero di telefono di Mr. Beast. Ella è convinta, a ragione, che il cattivo in salopette organizzi l’ambaradan per coprire traffici molto illeciti e perciò lavora alacremente per smascherarlo, osteggiata dai piani alti che le dicono di rilassarsi. Lei, come tutte le persone a cui dici di rilassarsi, giustamente si incaponisce ancora di più e va alla ricerca di una nuova talpa che, dall’interno, la possa aiutare a smantellare l’operazione. Siddhu, che nel frattempo è stato finalmente invitato agli Squid Game per hipster muscolosi e viene aviotrasportato a Cracovia, sembra esattamente il prototipo della spia scaltra e sottile, in grado di infiltrarsi con sottigliezza e naturalezza. Vabbè. Tanto prima o poi deve finire tutto in caciara no? Tanto vale cominciare presto.
Sì perché in Polonia c’è un deserto e io non ne avevo idea. Ma adesso che lo so mi sembra la location ideale dove ambientare la prima prova del torneo, che consiste in una versione trash-discount degli inseguimenti di Fury Road. Il Maidaan, infatti, funziona su tre turni a eliminazione e ha un feticcio per le bandiere: per decretare il campione, che infine sfiderà Salopette in un lascia o raddoppia, si sfidano in 32 e passa alla gara successiva la prima metà di concorrenti che in ogni manche riuscirà a raggiungere una delle bandiere senza morire e dopo aver fatto cose pazzerelle tipo inseguire e prendere il controllo di un dune buggy guidato da remoto o fuggire in rollerblade da un branco di cani affamati. Il tutto si svolge mentre Siddhu tuba con la social media manager del torneo creando parentesi gratuite di tossicità fuori contesto, mentre indaga cercando di scoprire la verità sulla morte del fratello, mentre fa il doppio gioco sul doppio gioco senza avere ben chiaro il significato dell’espressione doppio gioco e mentre si guadagna la stima imperitura di pubblico e rivali – lo soprannominano Crakk! Come il titolo del film! Pazzesco – senza fare niente di particolare se non passare il turno all’ultimo secondo ed essere diretto da un regista insipiente.
Dice che magari, dopo due ore e mezzo di rincorsa, almeno l’atto finale, con la sfida definitiva all’ultimo boss canchero e crudele, sarà una roba grandiosa e fuori scala, spettacolare ed esaltante, pregna di soddisfazione e catarsi. Dice.
Magari.
E invece.
La questione non è tanto che due adulti incazzati si rincorrano con le biciclettine da BMX lungo i tunnel delle miniere di sale di Cracovia e poi in centro facendo le derapate davanti a casa di Wojtyła – e Wojtyła muto perché, giustamente, essendo morto ha di meglio da fare. Tutto può diventare avvincente e carico di fomento se viene raccontato da qualcuno che sa quello che fa. Aditya Dat non sa quello che fa e non maneggia nemmeno bene i registri che si è scelto da solo. Il cattivone che fa il dito medio come il bambino ciccione alla fine di Babbo bastardo è uno dei tanti dettagli puerili fuori contesto che rompono proprio i coglioni. Ma fosse solo quello il problema. Crakk è anche girato piuttosto male e il budget per la CGI è stato prosciugato dal guardaroba dei protagonisti, che per ogni scena (e sono troppe scene) hanno un cazzo di outfit diverso, tutti ispirati a qualche stronzo su Pinterest che sta in Oregon a incidere il legno bevendo caffè equosolidale.
In tutto questo bailamme male acchittato, Vidyut fa proprio la figura del pirla. E aggiungo poverino. Le sue capacità atletiche sono tremendamente sacrificate da una sceneggiatura che vuole troppo e da una regia che non è in grado di arrivarci. Si salvano appena l’incipit sul treno, il guarda-mamma-senza-mani quando ci dimostra di saper andare anche sui pattini e sulla bici (facendosi pure un giro sulla campata di un ponte), e la scazzottata finale che almeno due ghignate spompate te le fa fare. Il resto è uno spreco di materia prima action ai limiti del criminale.
Strategia difensiva degli agenti di Vidyut Jammwal-quote
“155 minuti e nemmeno stavolta il nostro assistito ha cantato”
Toshiro Gifuni, i400calci.com
“se vinci allora vincerai” comunque meglio di “piangi ora, piangi dopo” (il film non so, probabilmente pure)
“Vinc’ mo, vinc’ aropp” come dicono a Cracovia.
La rece spacca, ho riso parecchio. Però sono dovuto arrivare tipo a metà per rendermi conto di aver visto questo pacco, e a questo punto non so se ringraziarvi per le risate o maledirvi per avermi ricordato questo aborto che avevo giustamente rimosso dalla memoria. E anche Sanak, ho dovuto riguardarmi la rece linkata per rendermi conto di un altro pacco visto e dimenticato immediatamente. A me ‘sti modelli indiani palestrati cominciano a stare vagamente sui marroni…
Ormai va di moda essere grossi non saper recitare. Anche grandi attori action del passato come Gibson, wills o smith dovevano sapere recitare e il fisico veniva in secondo piano. Ci furono eccezioni come stallone ma lui era creato per i suoi due personaggi e Arnold che comunque è meglio di alcuni di questi indiani. Non che poi vada molto meglio ad Hollywood, cavill è sempre più grosso che tra un po’ può fare lo space marine senza armatura e non mi sembra molto migliorato nella recitazione in anni e anni.
Però va beh gli indiani li perdono finché non cucinano il naan e ci sono registi come Rajamouli😂 che ridendo e sterminando il loro action da 10 piste a quello Italiano post bud e Terence.
1) Quando ho letto “il primo film d’azione indiano sugli sport estremi” ho pensato a un Point Break indiano. Peccato.
2) Le miniere di sale vicino Cracovia io le visitai e sono una roba incredibile. Andateci.
Voleva essere in maniera palese XXX in forno Tandoori.E per me ci riesce.
Me lo guarderò solo per colpa della rece (che spacca)
Non è per far sempre quello che cerca di rivalutare l’ingiustamente obliato Prof. Cesarone Lombroso nostro….PERÒ
dopo una serena occhiata alle scelte attoriali ed alla fisiognomica di questo patatone stolido, io un paio di conclusioni sulle sue evidenti limitazioni comincerei a farmele.
E poi questa cosa che lui fa il salmone a primavera con la Sacra Tradizione Milllenaria degli innesti musicarelli indù mi sta sugli zebedei.
Senza nulla togliere alla recensione (o aggiungere al film) … mi pare che ci sia un po’ di confusione sulla reale identita’ della protagonista femminile.
Imdb per me tira fuori questa: https://www.imdb.com/name/nm3367112/?ref_=ttfc_fc_cl_t4 che viene indicata come Britannica, non Polacca.
Madonna se il film è come questa recensione allora sì che è una mazzata sulle palle : /
Senti ‘a coso pagaia indietro verso tik tok , fai la santa cortesia
Toshiro con gli ormoni impazziti :’D