ATTENZIONE, avviso di servizio! Questa è la nostra ultima recensione dell’anno. Le dirette su Twitch continuano, ma per il resto come al solito ce ne andiamo in vacanza e torniamo lunedì 6 gennaio 2025. Esatto, nessuno di noi aveva voglia di vedere Kraven. E vabbè. Chiudiamo comunque col botto, come state per leggere. A presto!
Cari lettori, so che per molti di voi, dalla vivida immaginazione, sarà un trauma; ma Choi Min-sik è invecchiato. E che panza! Certo, è sempre un piacere rivederlo sullo schermo perché anche qui, come in praticamente tutto ciò che ha fatto, è un grandissimo attore. Ma per noi cinefili di una certa età, Choi resterà sempre una sorta di angelo custode coi capelli in aria e un martello in mano.
Trama! La giovane e rinomata sciamana Hwa-rim (Kim Go-eun), il suo adepto Bong-gil (Lee Do-hyun)con le formule magiche tatuate su tutto il corpo, un geomante del catasto (un geomante, siore e siori; naturalmente è Choi) e un grigio impesario di pompe funebri (Yoo Hae-jin) ricevono un incarico strapagato dal ricco erede di una famiglia coreana con un ramo negli USA: esumare la tomba del nonno, scavata sul cocuzzolo di una montagna impervia al confine fra Corea del Nord e del Sud, perché pare che il fantasma dell’avo abbia scagliato una maledizione su tutte le generazioni successive. Naturalmente, le cose si complicano fin dall’inizio: la posizione della tomba non può essere casuale; i rituali non riescono a fermare un’ondata di malvagità pura che attraversa l’oceano in cerca di vittime; ai quattro protagonisti toccherà tornare sul luogo del “delitto” varie volte e scoprire sempre nuovi risvolti di una vicenda non solo familiare ma storica e collettiva.
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Old Old Boy <3
Da quando è stato presentato a Berlino, Exhuma ha fatto parlare di sé come di un film insolito, che viaggia sul rischioso crinale fra modernità e superstizione senza davvero prendere posizione ma integrando i due opposti in una formula che forse noi occidentali non riusciamo a comprendere. Prendiamo per esempio il feng shui, un tema centrale: per noi occidentali è una cazzata da creduloni annoiati o da falliti che si improvvisano arredatori d’interni; per il film, il feng shui è una disciplina che trova tranquillamente uno spazio nella società razionale e materialista: nessuno mai mette in dubbio le parole del geomante Sang-deok, né gli sciamani né i muratori in cantiere. Gli sciamani stessi non disdegnano l’uso di microfoni abbinati ad estasi mistica e percussioni rituali. Ma le scene più emblematiche sono quelle che si svolgono in ospedale: il fegato, fegato spappolato di Bong-gil va curato dai medici, ma allo stesso tempo la sua possessione deve essere esorcizzata sgozzando un pollo – e nessuno ha da ridire; il bimbo in ospedale a Los Angeles va tenuto sotto osservazione, ma va anche protetto dallo spirito del bisnonno incazzato. Il quale (e questo è un altro livello di complessità straniante) è uno spirito, certo, ma è anche un’entità fisica che ha bisogno di tombe e finestre aperte per passare, ha bisogno di tempo per attraversare l’oceano Pacifico, sventra maiali e umani con le mani. Tutti questi elementi sono prettamente orientali e disorientanti per noi che ci aspettiamo una presa di posizione chiara, o razionale o irrazionale. Exhuma sceglie di non scegliere.
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Eeeeeee macarena
Ma c’è anche un discorso storico complesso da affrontare, e qui probabilmente bisogna essere esperti di storia moderna coreana e giapponese (io, naturalmente, non lo sono). Il film inizia con la sciamana Hwa-rim in aereo che dice alla hostess “Sono coreana, non giapponese”; e continua portando alla luce il tema della memoria bellica, della separazione fra le due Coree, dell’occupazione giapponese. La struttura filmica a più livelli di difficoltà simboleggia proprio il fatto che i traumi storici non sono mai stati davvero risolti, ed è per questo che i protagonisti sono continuamente costretti a tornare a scavare la tomba in cima alla montagna, infatti la sepoltura in quel punto preciso ha un significato politico che si riverbera sulle generazioni future. E anche quando un demone viene sconfitto, gli effetti della lotta segnano per sempre i protagonisti sia nel corpo sia nella mente.
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I segni nel corpo
Insomma c’è un bel po’ di carne al fuoco (metaforica e non) in questo film; è lunghissimo, ha una trama contorta e ripetitiva, forse avrebbe dovuto essere una miniserie. Ma vale la pena di spendere due ore e mezza con questi protagonisti, soprattutto perché sono simpatici: Jang Jae-hyun scrive e dirige con mano incredibilmente leggera, si concede episodi di puro umorismo (la scena della dentiera), fa interagire gli attori con freschezza e modernità anche durante le sequenze più tradizionali ed arcane. Merito di un gruppo di attori straordinari, Choi Min-sik e Kim Go-eun su tutti, di cui il regista si fida e che lascia liberi di interagire come se fossero una famiglia. Non a caso il finale si basa concetto di “famiglia”, infatti fra tutti i personaggi c’è affetto e solidarietà. Ma forse anche questa è una metafora politica.
Lo stile di Jang, a sorpresa, non è tradizionalmente quello che ci si può aspettare da un regista coreano: siamo anni luce dalle acrobazie di Park Chan-wook, uno che quando legge una sceneggiatura pensa subito a qual è il modo più arzigogolato, innaturale e sborone di girarla; ma anche anni luce dalla complessità delle scene collettive di Bong Joon-ho o dal passo meditativo di Lee Chang-dong. È una regia, per cosí dire, ‘americana’, nel senso che sembra un film di Michael Mann. Il montaggio è fluido, impressionante, non lascia mai cadere il ritmo, non c’è mai un attimo di noia; pochissima musica e quasi tutta diegetica e percussiva; fotografia scura ma limpida e senza virtuosismi inutili. Niente spaventerelli ma un’atmosfera inquietante inarrestabile, come una coltre di nebbia che avanza inesorabile e ti spappola il fegato. Per me, uno dei migliori film dell’anno.
Streaming-quote:
“Un altro tipo di film sulla famigghia”
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
Uff! Peccato per Kraven, ma ci spero per gennaio, così almeno avrei l’occasione per approfondire perché non è la ciofeca che si dice in giro (non che vada oltre lo scrauso, ma almeno, a differenza degli altri titoli del ssu, è un film e non qualcosa di meno).
Per che riguarda il pezzo di oggi, la recensione è interessante e ben scritta e la didascalia sulla macarena mi ha fatto scompisciare.
“ non è tradizionalmente quello che ci si può aspettare da un regista coreano” ecco, e su questo dico una cosa antipatica, antipatica perché non conosco il livello di approfondimento del cinema coreano dei redattori, e d’altronde io sono il primo che ha delle conoscenze superficiali in materia, ma voglio lo stesso gettare il sasso: ma non è che stiamo prendendo pochi registi bravi a esempio della filmografia di un’intera nazione? Voglio dire, questa frase mi sembra come aspettarsi che tutti i film italiani siano diretti come fanno Fellini e Sorrentino con attori non professionisti, che è quello che uno straniero si aspetta da tutti i film italiani, evidentemente ignaro di come sia davvero la nostra filmografia media. Scusate, ma non credo che in Corea lavorino solo quei due o tre registi che hanno fatto Ferro 3, Oldboy e Parasite, è perfettamente possibile che i loro film più commerciali siano diversi; cosa ne sappiamo noi di come sono le loro commedie sceme o quali sono gli altri film che spaccano il botteghino?
Ecco, qui come risposta può uscire fuori che lo sapete benissimo perché seguite la classifica di fine anno dei film coreani, ma ho voluto lo stesso suggerire l’argomento.
Hai ragione, ma immagino che per Ciccilina, come per tutti noi, quando si parla di “cinema coreano” sia sottinteso “il cinema coreano per come lo conosciamo e per come ci arriva”.
Io di film Coreani ne vedo a valigiate e che abbiano un ottima cinematografia è un fatto. Certo, poi essendo asatici hanno anche tutta una serie di drama romantici (comunque molto apprezzati) ma con un loro film non caschi mai male. Ovviamente non sono tutti capolavori ma e a parlarne si fà media ma il livello rimane sicuramente superiore a molti altri paesi. Fidati.
Gran bel coreano. Io l’ho amato pure più di The Wailing anche grazie ai suoi personaggi che rivedrei volentierissimo in un altro film!
Beh che dure me lo hai venduto.
Sembra molto interessante anche se forse un po’ difficile da seguire poiché la loro cultura è a me aliena se non per quei film che ho visto di vari registi più o meno famosi.
Però mi stuzzica vedere questo continuo gioco tra materialismo e superstizione.
Buone feste a tutti! Che siano piene di calci, rock e birra!
Era una vita che non sentivo “sborone”; ero addirittura arrivato a credere che fosse una parola romagnola :) Film stravenduto, brava Ciccia! …e buone feste e tutt’ ‘e fancalcist’ 😙
Ma neanche Nosferatu ci recensite?
Non è ancora uscito.
Bastava andare avanti nel tempo un paio di settimane eh
Purtroppo c’ho la DeLorean dall’elettrauto…
Ad averne di sciamane così!