Che strano film, Oddity. Non a caso si intitola “Stranezza”! Damian Mc Carthy (si scrive così, giuro!) è un “giovane” regista emergente che in realtà ha 43 anni, ma finora, a parte una manciata di corti (tra cui uno, How Olin Lost His Eye, che è di fatto un prequel di Oddity), ha diretto solo due film, il primo dei quali era Caveat. Non so dirvi perché non ne avessimo parlato, e confesso che non l’ho visto, portate pazienza. In compenso ho visto Oddity e, come ho detto, è proprio un filmetto strano.
Oddity è stato presentato al South by Southwest, dove ha vinto un premio del pubblico, ed è stato quasi unanimemente lodato dalla critica. Tipo che ha il 96% su Rotten Tomatoes, dove è definito una “elegante e inquietante ghost story punteggiata da colpi di scena intelligenti”. Per quanto io sia d’accordo in linea generale con questo assunto, vi dico anche che a me non ha convinto fino in fondo. Però, ehi, chi sono io per oppormi al Pomodorometro?!
Dicevo che sono d’accordo in linea generale perché, al di là di limiti e difetti che, forse, sono invece intenzionali idee di messa in scena e scrittura su cui, semplicemente, io e Mc Carthy non andiamo d’accordo, Oddity ha in effetti una bella atmosfera, un bel criaturo (usato con parsimonia, forse troppa) e soprattutto, oh, ottimi spaventi! Quante volte potete dire di aver fatto un saltino sulla sedia, di recente, vedendo un horror? In Oddity ho contato almeno due jump scare gestiti alla grande, e non è certamente poco! Peccato che il film sia in parte affossato da una serie di personaggi veramente poco interessanti, a partire dal protagonista, lo psichiatra Ted Timmis interpretato da Brian May Gwilym Lee.
Mc Carthy ha deciso per qualche ragione che, nonostante nel film si usino gli smarfòn, il personaggio di Ted dovesse sembrare uscito da un film di Hitchcock con Jimmy Stewart, tutto cardigan, pettinatura perfetta, morigeratezza generale (e non è un caso che nel film le hitchcockate si sprechino). Ted è INSOPPORTABILE, un perfettino fastidioso che non ride mai, e sicuramente anche questo era voluto, però poi il film ce lo mostra come una sorta di sciupafemmine e davvero si fatica a comprendere come una donna possa essere attratta da uno stoccafisso del genere, figurarsi due! Se non che, ecco, anche le sue due compagne non è che siano esattamente il massimo della simpatia.
Comunque: in soldoni, la storia di Oddity è che c’è Ted che ha questa compagna, Dani (Carolyn Bracken), sempre sola in questa lugubre tenuta di campagna, che hanno acquistato da poco, perché lui fa le notti nell’ospedale psichiatrico che dirige. Lei sembra avere un accenno di poteri psichici e si dedica alla fotografia spiritica, per cercare di immortalare le presenze della casa. Dani ha una sorella gemella cieca, Darcy, che gestisce un negozio di stramberie assortite, un po’ alla Cose preziose, e che ha il potere della psicometria, ovvero può ricavare informazioni su un defunto toccando un oggetto che possedeva. Una notte, Dani viene uccisa. Ted si trova una nuova morosa in tempi record e va a vivere con lei nella villa. Ma qualquadra non cosa, e Darcy, che ha toccato l’occhio di vetro del presunto killer (l’Olin del corto di cui sopra), s’arreca nella villa con uno strano dono: un giandone tutto di legno, inquietantissimo, che a quanto pare è stato regalato alla sua famiglia da una strega. COSA POTRÀ MAI ANDARE STORTO?
La risposta, ovviamente, è: TUTTO. E ci mancherebbe altro, è un horror e quel giandone in frassino prima o poi dovrà animarsi e fare un casino, altrimenti che cazzo ci stiamo a fare qua? Mc Carthy è però bravo a centellinarlo, riservando la sua entrata in azione all’atto finale. Pure troppo, dicevo, perché onestamente l’avrei voluto vedere un po’ più a lungo: è una bellissima idea, un golem che prima di tutto ti giudica malissimo, come il tuo gatto, standosene fermo, seduto educatamente al tavolo mentre tu ti caghi sotto via via sempre più. Poi, a un certo punto, quando ti volti verso il tavolo e quel coso enorme e incazzato non c’è più, ecco arrivare il momento di prendere un Imodium.
Però, ragazzi, che fatica per arrivare al dunque! Mc Carthy tende a scambiare un’atmosfera languida e una recitazione legnosa per un lento crescendo. Gwilym Lee è abbastanza un cane, ma credo che in generale siano diretti un po’ tutti male. Carolyn Bracken è brava a dare alle sorelle due personalità diverse e, con l’aiuto del trucco, anche un aspetto diverso; io vi giuro che ci ho messo un po’ a capire che era la stessa attrice, per dire. Mc Carthy decide di lavorare per suggestioni, rivelando qua e là pezzettini del passato delle sorelle, vaghi riferimenti a stregoneria e affini, per dare l’idea complessiva di una famiglia strana, e sottolineare quello che è uno dei temi centrali del film, ovvero lo scontro tra la concretezza e il pragmatismo del noiosissimo Ted e la “Oddity” rappresentata dai poteri paranormali delle sorelle (e dal giandone di legno). Scienza vs. fede, mondo materiale vs. mondo spirituale, cose già viste e già dette, ma non è questo il problema.
Se mai è che la confezione e il ritmo sono altalenanti, e le ambizioni non sono sempre allineate alle capacità e ai mezzi. La scrittura è spesso naif, con dialoghi e personaggi veramente tirati via, la fotografia a tratti pare quella dell’episodio di una serie antologica, e le parti non collimano come dovrebbero. Prendiamo il già citato Ted: in sé non sarebbe una brutta idea quella di caratterizzarlo come un personaggio anni ’50, un uomo d’altri tempi, terribilmente maschilista e freddo. Purtroppo Mc Carthy non sembra in grado di amalgamarlo con il resto del film, e il risultato è che le scene nell’ospedale psichiatrico e quelle nella villa di campagna sembrano appartenere a due film diversi, ambientate in due momenti storici differenti. È chiaro, insomma, che Mc Carthy vorrebbe dare al film un look sospeso nel tempo, ma l’incantesimo si rompe appena sentiamo la vibrazione di un telefonino.
Oltretutto, Mc Carthy si incarta (HA HA) anche al montaggio, piazzando i flashback esplicativi in posti sempre strani (a ridaje, ma quindi è tutto fatto apposta?). Mi spiego meglio: Oddity è il classico film che ti mostra un antefatto solo a pezzi, ti fa trarre delle conclusioni sbagliate e poi ti svela la verità pezzo dopo pezzo. Ma quelle tesserine del puzzle dovrebbero arrivare in determinati momenti per farti gridare “SONO UN COGLIONE!”, e invece arrivano o troppo presto, oppure in maniera maldestra e ridondante. Faccio un esempio con un piccolo spoiler: a un certo punto, qualcuno tenta di ammazzare Darcy, approfittando del fatto che è cieca per tenderle una trappolina. Ci viene mostrato un dialogo tra lei e questo personaggio, ma viene omessa l’azione del tendere la trappolina. Pochissimi minuti dopo, prima che Darcy si avvii verso la trappolina, un flashback ce la mostra. Ma perché?!? Signor Damian Mc Carthy, non hai letto Il cinema secondo Hitchcock? Potevi ottenere due cose da questa scena: suspense o sorpresa. Sei riuscito a bruciarti entrambe!
In ogni caso, se cercate qualcosa di esteticamente diverso sia dagli elevated horror a marchio A24, sia dagli horrorini mainstream cagati fuori in serie da Hollywood, Oddity potrebbe fare al caso vostro. Non tutto funziona come dovrebbe, ma quando funziona funziona. C’è solo da limare un po’ i dettagli, signor Mc Carthy.
DVD quote:
“E ora qualcosa di almeno un po’ diverso.”
George Rohmer, i400Calci.com
Nonostante le perplessità, direi che me l’hai venduto.
Forse un po’ troppo severo nel giudizio. Film godibile anche nei personaggi secondo me volutamente stoccafissi. Di questi tempi non è poco. Ciao
Effetto Mandela: ero convintissimo di aver letto la rece di Caveat proprio qui
Troppo severo
Troppo poco severo per me, film di una piattezza infinita, pieno di personaggi fastidiosi e mostro che non mostra. Bocciato
“ma credo che in generale siano diretti un po’ tutti male” vacca boia se fai bene a crederci. Ma porca miseria. Scusate ho appena visto il primo tempo e sono in imbarazzo, mi sfogo così. Che spreco di bellissime idee che è sto film.